Come avvenuto anche lo scorso anno, abbiamo deciso di salutare questi ultimi giorni del 2023 proponendovi un articolo corale, in cui diversi membri della nostra redazione vi raccontano, da un punto di vista puramente soggettivo, quali sono stati i top e i flop del 2023 videoludico.
Sappiamo che è stato un anno molto particolare, che ha unito alla ricchezza incredibile delle uscite anche un dietro le quinte da mani nei capelli – tra licenziamenti, furti, tossicità, videogiochi usciti e tolti maldestramente dal commercio, e via dicendo. Gli spunti, insomma, in questo 2023 non sono mancati, nel bene e nel male.
Vediamo quali sono stati quelli da ricordare per la nostra redazione.
Domenico Musicò
Deputy Editor | Leggi i suoi articoli
Top: Alan Wake 2
Da amante del new weird, dell'horror e di trame complesse legate alla componente psicologica, non poteva che essere Alan Wake 2 il mio top del 2023. Mi ha totalmente rapito, sorpreso a più riprese (cosa non semplice, visto il copia e incolla ossessivo dei giochi moderni) e fatto tornare alla mente le sperimentazioni e l'audacia di cui solo Silent Hill 2 si rese protagonista ormai più di 23 anni fa. Mi ha anche fatto comprendere cosa significa essere dei liberi artisti che, se hanno in mente qualcosa da dire e da fare, si preoccupano il giusto di come verrà recepita la loro opera.
Forse non ha venduto come meriterebbe, ma i premi vinti e i riconoscimenti della critica dovrebbero bastare per far comprendere il valore di Alan Wake 2, autentico mostro e avanguardia del videogioco che non ha paura di osare e di mostrarsi unico e lontano anni luce dalle consuetudini affabulatrici del gaming degli ultimi anni. La speranza è che Alan Wake 2 possa fungere da apripista per nuovi progetti finalmente in grado di liberarsi da vuote tendenze e da schemi di cui ne abbiamo fin sopra ai capelli.
Quando ti vendono gli stessi giochi da anni ma con nomi diversi, vederti sbucare un gioco come Alan Wake 2 diventa automaticamente un evento più unico che raro.
Flop: Final Fantasy XVI
Final Fantasy XVI è la mia delusione dell'anno, il flop che non poteva non esser in cima alla mia lista personale. Intendiamoci, non è affatto un brutto gioco, ma è senza dubbio un gran brutto Final Fantasy. Anzi, di Final Fantasy non ha proprio più niente, e nemmeno del gioco di ruolo giapponese, a dirla tutta.
Non saprei se dare le colpe a Yoshida e al suo team o a Square Enix, ormai in piena crisi decisionale, quando si tratta di stabilire quale direzione deve prendere un progetto. Capisco bene l'intento di doversi rivolgere alla fetta di pubblico più ampia possibile, ma questo non significa che il gioco debba essere semplificato in ogni sua componente fino a banalizzarla del tutto.
La difficoltà imbarazzante e l'obbligo di giocare l'intera avventura a facile mi hanno frustrato moltissimo, perché il tutto si riduceva a spettacolari ma blandi combattimenti dove bastava ruotare in continuazione le mosse speciali degli Eikon e inframmezzare attacchi semplici in attesa che si ricaricassero le special per poter aggredire di nuovo i malcapitati di turno. E i danni elementali? E gli elementi da JRPG? E la gestione del party e di tutte le altre meccaniche? Un gran bel gioco da vedere e da vivere, sì, ma con un'impostazione completamente fuori fuoco e sbagliata.
Marcello Paolillo
Senior Staff Writer | Leggi i suoi articoli
Top: Alan Wake 2
Alan Wake 2: il gioco che mi ha fatto comprendere quanto Remedy sia cresciuta nel corso degli anni, oltre al fatto che parliamo di un titolo artisticamente ed esteticamente impressionante. Prendete il meglio di Silent Hill 2, metteteci sopra una spolverata di Twin Peaks, impostate il tutto come Resident Evil 4, e il capolavoro è servito.
A questo, aggiungeteci una colonna sonora da urlo (Old God of Asgard!), dei personaggi "veri" e ricchi di personalità, un comparto tecnico al top (anche su console) e capirete perché il ritorno dello scrittore maledetto è il mio GOTY personale assoluto.
«You Look Like You've Been Cooped Up In The Writer's Room For Few Too Many Years».
– Warlin Door
Flop: The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom
The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom: meglio chiarirlo subito: con "flop" non intendo un brutto gioco, bensì un titolo che non ha attecchito come avrebbe dovuto. Il suo essere "solo" un sequel del gigantesco Breath of the Wild – un capolavoro assoluto e una delle perle massime della softeca di Switch – ha fatto sì che l'esperienza non si rivelasse per me memorabile come la precedente (sebbene parliamo di un gioco in ogni caso bellissimo e contenutisticamente mastodontico).
Forse, se Nintendo avesse preso la strada dell'autorialità cambiando totalmente la sua Hyrule, avrei avuto tra le mani lo Zelda che chiedevo. Ma è anche vero che non si può volere tutto dalla vita. Insomma, una "delusione" (notare le virgolette) totalmente soggettiva, che non intacca un'avventura a suo modo straordinaria.
Giulia Garassino
Redattrice | Leggi i suoi articoli
Top: Tchia
Top di questo 2023 altro non può essere che Tchia, una delle migliori scoperte che abbia fatto nell’anno. Non parliamo di una tripla A e non parliamo del capolavoro del secolo – eppure, quel viaggio nel meraviglioso arcipelago della Nuova Caledonia ha conquistato il mio cuore.
Quel senso di pace e di tranquillità che mi ha accompagnato in ogni passo non può essere cancellato. Un piccolo spezzone in questa vita frenetica che mi ha fatto capire quanto, a volte, sia necessario fermarsi anche solo a osservare un tramonto. Un titolo che insegna che non è importante la meta, ma è il viaggio quello che conta davvero.
Con il suo gameplay semplice, ma efficace, Tchia è stato in grado di farsi notare e di farsi spazio in quella lista di giochi che, alla fine, meritano un’occasione. Perchè, nonostante il mondo sia strapieno di titoli anche più impegnativi, il gioco dello studio Awaceb merita un posto nella libreria di tutti.
Flop: Redfall
La più grande delusione di quest’anno, invece, non può che essere Redfall, uno dei giochi con le migliori premesse che peggio sono state realizzate. Un lancio che è stato disastroso sia nelle prime fasi del debutto, sia nella sua continuazione. Il supporto al gioco è stato a conti fatti inesistente, seppure lo stesso Phil Spencer si sia scusato per la pessima uscita.
Cosa è andato male? Praticamente ogni cosa. Prestazioni quasi imbarazzanti, combattimenti veramente poco entusiasmanti, bug all’ordine del giorno, senza contare l’inesistenza quasi totale della storia. Il problema, però, non è stato solo il pessimo debutto, ma anche la gestione post-lancio, che ho trovato inadeguata. Il primo aggiornamento è arrivato dallo studio più di un mese dopo, lasciando l’utenza con l’amaro in bocca.
Le prestazioni in gioco, comunque, non hanno subito un vero miglioramento neppure dopo questa patch. Il team di sviluppo, dopo più di cinque mesi dalla sua uscita, ha allora lanciato un nuovo update. La community si aspettava una modalità offline, ma cosa abbiamo ottenuto? Un nuovo nuovo fucile di precisione.
Grandi premesse, pessima realizzazione: un vero peccato.
Francesco Corica
Staff Writer | Leggi i suoi articoli
Top: Baldur's Gate III
Probabilmente, chiamare quella di Baldur’s Gate III una “favola” potrebbe apparire esagerato, ma l’impatto che Larian Studios è riuscita ad avere con un videogioco ispirato all’universo di Dungeons & Dragons ci va senz’altro molto vicino. Baldur’s Gate III è riuscito a dare una profonda lezione all’intera industria videoludica: non solo dimostrando che c’è un grande mercato per i giochi di ruolo a turni (basta saperli fare bene!), ma realizzando un’avventura completa, estremamente rigiocabile e ricca di dettagli, in grado di rispondere anche alle decisioni più assurde dei giocatori.
E senza l’ombra di microtransazioni o prezzi a 80 euro, con aggiornamenti gratuiti che, spesso, hanno pure approfondito la storia in risposta ai feedback. Da appassionato di GDR a turni, non posso che fare i miei complimenti più sinceri a Larian per quanto fatto fino ad ora: un successo più che meritato.
Flop: Ubisoft e i copia-incolla
Una volta, Ubisoft riusciva a conquistare il pubblico creando giochi originali e reinventandosi a ogni occasione, riuscendo spesso a imporsi con saghe inaspettate. Ma da qualche tempo a questa parte, ormai il lavoro del publisher è diventato spesso sinonimo di “copia-incolla”, e ritengo che mai come nel 2023 abbiamo avuto esempi di questo atteggiamento: un Assassin’s Creed Mirage che richiama i vecchi capitoli, ma lo fa anche troppo; un Avatar Frontiers of Pandora che, invece di sfruttare al meglio l’universo immaginato da James Cameron, realizza una sorta di Far Cry ambientalista con alieni blu; un Just Dance che neanche si è sforzato a creare un gioco originale, ma solo – letteralmente – ad aggiornare quello precedente (non che le edizioni di prima mostrassero più impegno, ma almeno un piccolo sforzo si vedeva).
E se pensiamo alle prime impressioni su alcuni progetti in arrivo, come Xdefiant e Skull and Bones — ammesso che escano — c’è sicuramente da preoccuparsi non poco. Forse Prince of Persia The Lost Crown potrebbe rappresentare una sorta di luce della speranza: mi auguro con tutto il cuore che sia così, perché voglio tornare a vedere idee fresche, nuove e soprattutto divertenti da parte di Ubisoft.
Gianluca Arena
Senior Editor | Leggi i suoi articoli
Top: Alan Wake 2
Ad essere onesti avrei dovuto citare l’intero 2023 videoludico come top, visto che non mi capitava di essere così indeciso sul GOTY da anni, per merito di un trittico di giochi clamorosi.
A giugno avrei votato Tears of the Kingdom, una perla indimenticabile che riesce a migliorare un capolavoro come Breath of the Wild. Ad ottobre, dopo una cavalcata entusiasmante durata oltre centoventi ore, avrei spostato la mia preferenza su Baldur’s Gate III, che rimane il GOTY più giusto per portata, ambizione e passione infusa nel progetto.
Eppure, quando pensavo di aver visto tutto, è arrivato Alan Wake 2 a sparigliare le carte in tavola: al culmine di un percorso iniziato decenni fa, Remedy ha confezionato un titolo clamoroso, tanto a livello (meta)narrativo quanto tecnico, capace di sfornare momenti WTF che rimarranno nella storia del medium molto a lungo.
E mi inorgoglisce che in un anno così prolifico, due dei titoli migliori in assoluto siano stati partoriti ed interamente realizzati nella vecchia Europa, troppo spesso bistrattata rispetto a Giappone e Stati Uniti.
Flop: Flashback 2
Meno dico di uno degli ultimi giochi che ho recensito quest’anno, e meglio è. Non si tratta solo di non aver reso giustizia ad uno dei titoli più amati e venerati della storia del medium videoludico, capostipite di un certo modo di fare videogiochi che strizzava palesemente l’occhio al grande schermo: si tratta di aver consegnato al mercato un guazzabuglio incompleto, pieno di bug, con crash frequenti, boss fight che non si caricavano e nemici completamente privi di qualsivoglia intelligenza artificiale.
In un colpo solo, Microids si è alienata tanto i veterani, che vestirono all’epoca i panni di Conrad Hart, quanto i neofiti, che si sono magari incautamente avvicinati al prodotto anche solo per curiosità.
Non c’era alcuna fretta, se non quella di centrare la finestra pre-natalizia, non c’era alcuna pressione e le aspettative della community erano piuttosto basse: c’erano quindi le premesse per creare una sleeper hit, un titolo finanche di nicchia ma discretamente realizzato, che potesse sopperire con la passione e i richiami nostalgici ai limiti di budget e alle nefandezze di un motore grafico inadeguato. E invece...
Giulia Francolino
Redattrice | Leggi i suoi articoli
Top: le piccole produzioni
A gennaio ho deciso di dedicare il mio 2023 ai giochi indie e alle produzioni meno da vetrina, e sono proprio loro a rappresentare il mio top dell’anno. Chiaramente non tutti i giochi di case di sviluppo indipendenti o di publisher più piccoli usciti quest’anno sono perfetti, ma molti di loro mi hanno regalato momenti magici, teneri e divertenti che porterò con me per molto tempo.
Come prima cosa, voglio dedicare un pensiero a Jusant, che con le sue atmosfere intime ed emozionanti e i suoi colori a pastello si è rivelato essere una delle migliori scoperte dell’anno. E poi, impossibile non nominare Tchia, un’avventura unica nel suo genere che è riuscita a stregarmi sotto tutti i punti di vista. Con una storia adorabile, un’ambientazione con paesaggi mozzafiato, una splendida colonna sonora e un importantissimo messaggio sociale, la creatura di Awaceb e Kepler Interactive ha tutto ciò che cerco in un videogioco.
Insomma, i giochi indie mi hanno fatto compagnia tutto l’anno e hanno reso il 2023 davvero speciale.
Flop: dare importanza al graficone
Il 2023, più di altri anni, è stato teatro di polemiche e lamentele sotto innumerevoli punti di vista, sacrosante se non vanno a impedire a chi ha la passione per i videogiochi di godersi appieno un’opera magnifica – o, peggio, di fruirne del tutto. Nel corso dell’anno ho visto giocatori e giocatrici privarsi del piacere di giocare a opere che aspettavano da tempo solo perché “non graficamente al top”, o perché considerate ingiocabili utilizzando il counter degli FPS come metro di giudizio assoluto e imprescindibile, anche quando lo stesso counter non aveva effettivamente alcun impatto sull’esperienza di gioco.
Inoltre, in un momento storico in cui i giochi indie continuano a regalarci delle vere e proprie perle, c’è ancora chi considera la grafica fotorealistica e incredibilmente dettagliata come l’unico modo per presentare un videogioco di valore al pubblico, etichettando assurdamente alcuni titoli (il caso più eclatante è stato sicuramente The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom) come “giochi per bambini”, a mo' di insulto.
Siamo cresciuti con opere che non avevano bisogno di una grafica incredibile e di 120 FPS per farci innamorare: vorrei che nel 2024 imparassimo a fare un passo indietro e tornassimo ad apprezzare anche altri aspetti, anch’essi fondamentali per rendere speciale la nostra esperienza all’interno dei giochi.
Valentino Cinefra
Staff Writer | Leggi i suoi articoli
Top: Hi-Fi Rush
È difficile trovare un singolo “top” all’interno di un 2023 che non ci ha dato pausa in termini di uscite, soprattutto di grandissima qualità. Potrei citare The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom (che strano pensare che un gioco da 10/10 sia quasi scomparso dalle cronache) e il suo essere stato una sorpresa inconcepibile, la grandiosità di Baldur’s Gate III che si è fatto conoscere negli anni fino ad esplodere alla sua uscita, così come la meraviglia di Alan Wake 2 che rimesso al centro l’autorialità nei videogiochi chiudendo un’annata stellare.
Quindi scelgo Hi-Fi Rush. Il titolo di Tango Gameworks è stata una sorpresa, è uscito dal nulla con una impronta creativa enorme che affonda nelle potenzialità complete del videogioco: sonoro, estetica, gameplay. Inoltre è la cosa più vicina a Viewtiful Joe 3 che potremmo mai avere, soprattutto ora che Shinji Mikami si è preso una pausa dall’industria dei videogiochi.
Flop: i videogiocatori, ancora una volta
Alla fine dello scorso anno mi chiedevo a quale pubblico avremo parlato quest’anno. Purtroppo è arrivata la risposta.
Tentare di avere un rapporto sano con la community dei videogiocatori è stato sempre più difficile quest’anno, se non impossibile a tratti. I discorsi rischiano di essere tristemente gli stessi, e ancora una volta ci ritroviamo a dover constatare come le sole chiacchiere videoludiche siano state relative unicamente alle polemiche su presunte agende gender degli sviluppatori, analisi totalmente sbilenche sulla grafica nei videogiochi, console war generica – ma soprattutto i voti delle recensioni.
Questo è stato forse l’anno peggiore da questo punto di vista. Complice la mole di produzioni importanti uscite su tutte le piattaforme, non c’è stata una singola uscita in cui non si è fatto altro che parlare del numerino in fondo alla recensione (che poi nessuno legge) con attacchi gratuiti, analisi di mercato del tutto sballate e analisi supportate da teorie al limite del complotto.
Non è facile da questo lato riuscire a parlare serenamente con i videogiocatori. Al punto che, forse, conviene davvero evitare di farlo. Dispiace per quelle persone che vorrebbero avere un dialogo più sereno che non meriterebbero di essere ignorate. Fatevi sentire di più nel 2024, per favore.
Marino Puntorieri
Redattore | Leggi i suoi articoli
Top: Street Fighter 6
Street Fighter 6 è il titolo che più di tutti è riuscito a sorprendermi in questo 2023, rimanendo scolpito tanto nella mia mente quanto nel mio cuore. Tra le sue qualità è impossibile non elogiare proprio la capacità di Capcom, con quest’ultimo capitolo, di aver realizzato il progetto ideale per i fan di vecchia data, tendendo adeguatamente la mano verso i neofiti.
Un perfetto equilibro tra profondità e accessibilità che si riflette in un gameplay, grazie anche alle varie opzioni dedicate ai comandi, godibile per chi riesce a giocare solo saltuariamente, ma che si ramifica su numerosissime opzioni per i più attenti ed esperti. Nel mio caso si è trattato di un amore sbocciato quasi per caso, rientrando nella categoria di coloro che giocano poco ai picchiaduro, che mi ha permesso di scoprire e approfondire tantissime chicche legate al passato più e meno recente del franchise.
Street Fighter 6 mi ha attirato con la sua stravagante campagna per giocatore singolo, ma soprattutto è riuscito a catturare il mio tempo libero con le numerose opzioni del comparto online per testare le sfaccettature del ricco combat system. Il tutto riaccendendo una fiamma, ovvero la passione per i picchiaduro, che pensavo difficile da alimentare in questo periodo così ricco di opzioni tra i più svariati generi videoludici.
Flop: Call of Duty Modern Warfare III
In un 2023 così ricco di titoli qualitativamente di spessore, mai come quest’anno potevo pensare di rimanere deluso da un lavoro di casa Activision, eppure – anche senza chissà quali aspettative – Call of Duty: Modern Warfare III è riuscito a fare ben peggio sotto ogni punto di vista.
Senza mezze misure, rappresenta un tonfo abbastanza clamoroso, una presa in giro nei confronti degli appassionati che, anche con le uscite dal valore più altalenante, erano comunque riusciti a trovare momenti frenetici e coinvolgenti. Ancora peggio pensare a una trilogia di remake cominciata con il migliore dei risultati nel 2019, proseguita con i primi scricchiolii del suo secondo progetto e completamente naufragata con questa sua terza trasposizione.
Una trasposizione che, in realtà, riesuma il secondo storico capitolo di Modern Warfare datato 2009, ma che ne esce con le ossa rotte sotto qualsiasi confronto. Partendo da una campagna banalissima tanto nella narrazione quanto nelle situazioni vissute pad alla mano, proseguendo su una modalità Zombie eccessivamente rivoluzionata per avvicinarsi all’approccio di Warzone, fino a un online PvP che non propone niente che non sappia di già visto nella storica edizione.
La natura di mero DLC aggiuntivo si evince fin dalle prime ore di gioco, ed è clamoroso che il gioco sia invece stato venduto a prezzo pieno, come il più meritevole dei tripla A.
Silvio Mazzitelli
Redattore | Leggi i suoi articoli
Top: il videogioco
Difficile trovare un solo momento o gioco che svetti su tutti gli altri in questo 2023 incredibile per il mondo videoludico. Per questo il mio momento top è dedicato alla celebrazione del videogioco in tutte le sue forme. Quest’anno i videogiochi hanno dimostrato tutta la loro potenza creativa incarnata in tanti titoli diversi.
Basta guardare la sfida del GOTY, combattuta soprattutto da tre capolavori come The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, Baldur’s Gate III e Alan Wake 2, tre giochi completamente differenti l’uno dall’altro, ma ognuno in grado di mostrare la sua visione autoriale, portando a un picco qualitativo nei loro generi d’appartenenza e non solo.
Senza contare tutti quegli indie – come Sea of Stars, Dredge o Cocoon – che con la loro originalità e passione hanno saputo distinguersi come esperienze alternative ai soliti tripla A. Un anno insomma che dimostra come il videogioco continui a vivere soprattutto come forma d’arte e non solo come mero prodotto di marketing e consumo, come sempre più aziende lo comunicano.
Flop: l'industria del videogioco
Se il mio top è dedicato alla bellezza insita nelle tante forme con cui si è mostrato il videogioco soprattutto in quest’ultimo anno, il mio momento flop è dedicato alla sempre meno voglia di mettere al centro dell’attenzione il videogioco e chi questo lo crea. Basti vedere la triste vicenda dei The Game Awards, dove gli sviluppatori premiati (almeno quei pochi in mezzo alle tante categorie) avevano solo trenta secondi per il loro discorso, un tempo troppo breve per i dovuti ringraziamenti.
Ma questo è solo il caso più eclatante: sentire cos’hanno da dire gli sviluppatori non interessa ormai a quasi nessuno nel pubblico dei cosiddetti fan. Spesso non interessa nemmeno il videogioco in sé, che viene messo in secondo piano dai discorsi sul gioco del momento dei vari influencer e content creator (spesso dalle conoscenze molto dubbie), che diventano il fulcro dell’attenzione. Senza contare le aziende, che non solo promuovono questo modo di fare nel nome del marketing, ma rendono le condizioni di lavoro all’interno dell’industria videoludica sempre più difficili, uccidendo la creatività con la produzione dell’ennesimo live service nonostante quest’anno ne siano falliti tantissimi, e licenziando i loro dipendenti per far quadrare i conti dell’anno fiscale.
Per fortuna, come quest’anno appena concluso ha dimostrato, non tutte le aziende del settore sono così, e mi auguro che successi come quello di Baldur’s Gate III e Alan Wake 2 facciano capire che la cosa a cui dare sempre la priorità sia creare un bel videogioco: le vendite arriveranno da sole.
Pia Colucci
Redattrice | Leggi i suoi articoli
Top: Lies of P
Il soulslike dedicato alle Avventure di Pinocchio, celebre opera di Carlo Collodi (a cui è dedicato il titolo) ha ricevuto elogi per la sua coinvolgente narrazione e l'innovativa struttura narrativa. Una delle caratteristiche distintive è il sistema dinamico di prendere decisioni, che consente ai giocatori di plasmare la storia in base alle loro scelte, portando a molteplici possibili esiti, come la possibilità di fare una run raccontando la verità oppure delle bugie, tratto distintivo del burattino più famoso della letteratura.
Il gioco ha ottenuto un forte seguito nella comunità, favorendo discussioni sulle intricate svolte della trama e sui temi che fanno riflettere, oltre a diverse speculazioni riguardo il sequel – ma non faremo spoiler in questa sede.
Lies of P è sicuramente il mio top dell'anno ed è stato anche il primo soulslike al quale mi sono avvicinata, grazie alla sua presenza sul Game Pass: sono passata dal tentativo fatto solo per provare, perché "tanto lo abbandonerò vista la difficoltà" alle circa 80 ore spese durante la mia prima run, non esente da difficoltà.
Flop: Starfield
Da amante dei titoli ambientati nello spazio e dei giochi di ruolo, Starfield ha da sempre avuto la mia attenzione. La possibilità di andare in giro per i pianeti disseminati in vari angoli della galassia è stata una delle esperienze videoludiche che più hanno avuto un impatto in questo anno che sta per concludersi – il quale per me è iniziato, tra l'altro, proprio con un titolo ambientato nello spazio, Deliver Us The Moon.
Tuttavia, la trama non ha fatto breccia nel mio cuore e ho abbandonato la storia a più riprese. Anche le principali fazioni (che possono essere liberamente scelte) non hanno lasciato nessun impatto su di me e sulla mia avventura ludica, tranne le quest dedicate alla Ryujin Industries che ho trovato molto ben fatte e hanno riacceso in me la mia assopita voglia di cyberpunk.
Starfield non è un gioco brutto. Starfield è un gioco ben fatto, la mia "killer app" che ha incentivato l'acquisto di Xbox Series S: semplicemente mi aspettavo di più a livello di trama e di esplorazione, che ho trovato noiose e ripetitive; ad esempio, ho sofferto molto la mancanza di veicoli presenti sui alcuni pianeti (ed emulare tanto l'effetto Mad Max sulla terra marziana, che brutto non è!).
Daniele Spelta
Redattore | Leggi i suoi articoli
Top: i videogiochi
Sarà banale, ma il mio top di questo 2023 sono proprio i videogiochi. Questo spazio potrebbe infatti benissimo essere un copia e incolla di tutti i titoli pubblicati durante l’ultimo anno, dodici mesi di cui faccio fatica a ricordare una qualità media così alta nel passato. La cosa bella è che ce ne sono davvero per tutti i gusti, da RPG mastodontici come Baldur’s Gate III a nomi più autoriali come Alan Wake 2, da grandi classici come The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom fino ad arrivare a sorprese venute fuori dal nulla come Dave The Diver.
Volete un’altra misura dello standard di questo 2023? Vi basti pensare che il remake di Dead Space, l’ottimo Star Wars Jedi: Survivor e il sorprendente Atomic Heart non hanno trovato molti spazi alle premiazioni di fine anno, mentre opere tutto sommato più che piacevoli come Dead Island 2, il nuovo-vecchio System Shock e Wild Hearts sono pressoché finite nel dimenticatoio.
Il rovescio della medaglia è il solito backlog che non fa altro che allungarsi, soprattutto se come il sottoscritto avete preferito spendere altre trecento ore su Europa Universalis IV.
Flop: l'industria dei videogiochi
Il discorso si rovescia se si guarda il dietro le quinte. Per chi sviluppa i videogiochi, il 2023 è stato un anno drammatico e, purtroppo, troppo spesso ce ne si dimentica o si fa proprio finta che tutto vada a gonfie vele, sbandierano numeri in continua crescita. Tralascio episodi come quello del recente The Day Before, che ci ha regalato punte notevoli di tragicomicità e anche un lungo elenco di tutto ciò che ci sia di sbagliato nel sistema marketing moderno.
Per spiegarmi meglio, voglio invece soffermarmi su due nomi emblematici, anche se distanti: i The Games Awards e Embracer. Il primo tutti lo conosciamo, un evento dove anche chi vince il premio di gioco dell’anno deve essere sacrificato in nome dell’ennesimo spazio pubblicitario venduto. Embracer ha invece deciso di tenere un breve corso su come non si dovrebbe fare business nel mondo dei videogiochi e di come purtroppo spesso viene al contrario fatto.
Dopo aver acquistato studi a destra e a sinistra e non sapendo bene cosa farne, ha ben pensato di “ristrutturare“ l’azienda, ossia tagliare molto del personale delle stesse software house acquistate nei mesi precedenti, di chiudere direttamente Volition e Free Radical Design e di cancellare oltre una decina di progetti.
Salvatore Pilò
Contributor | Leggi i suoi articoli
Top: il luogo buio di Alan Wake 2
Il primo momento in cui si prende il controllo di Alan Wake all’interno del secondo capitolo è semplicemente “magico”: le parole prendono forma, letteralmente, rendendo come mai prima d’ora la narrazione una parte integrante del gameplay offrendo al giocatore uno spunto fantasioso decisamente fuori dagli schemi.
“Scrivere” si fa “realtà” e la realtà stessa si mescolo a quanto Alan Wake sta scrivendo seduto alla sua scrivania, dando così vita ad un artefatto videoludico ineguagliabile e dalla potenza notevole, una potenza che permea ogni singolo angolo del Luogo Buio, un posto che genera una sensazione di sgradevolissimo terrore che fa da sottofondo continuo e costante, quasi martellante, ad una delle idee di game design più belle e originali degli ultimi anni.
È difficile condensare in poco quello che rappresenta lo “switch” di alter-ego in Alan Wake 2 così come è impossibile riuscire a spiegare perché è così difficile giocarci per più di dieci minuti di fila senza essere costretti a prendersi una pausa per respirare, così sopraffatti da quei sussurri incessanti che si fanno largo nelle nostre orecchie e si prendono gioco delle nostre più recondite paure. E proprio la difficoltà nel riuscire a “spiegare” il Luogo Buio che lo rende una delle “cose” videoludiche più belle dell’anno.
Flop: i DLC di Pokémon Scarlatto e Violetto
Che Pokémon Scarlatto e Violetto si siano rivelati come il capitolo più scadente del franchise, sotto molteplici punti di vista, è una cosa nota a chiunque abbia bazzicato il mondo videoludico nel periodo di lancio della nona generazione. Che, invece, ci siano stati anche degli aspetti positivi all’interno dei due titoli è una cosa nota solo a chi ha avuto quel “coraggio” di giocarsi l’intera avventura a Paldea scoprendo che in effetti qualcosa da salvare, qualcosa da cui poter “ripartire”, esiste.
In mezzo a questi piccoli "qualcosa", c’è l’idea narrativa che fa da sfondo a Scarlatto e Violetto, un’idea che, pur peccando in originalità, funziona e funziona anche piuttosto bene al punto che le fasi finali dell’avventura sono le più riuscite. Proprio in virtù di questo, e della “non-compiutezza” delle vicende, nutrivo enormi speranze nei due episodi del DLC, Il Tesoro dell’Area Zero, che avrebbero avuto il compito di ampliare e potenziare uno dei pochi aspetti felici del gioco.
Purtroppo la delusione era dietro l’angolo e nonostante le ottime premesse i due contenuti aggiuntivi hanno mostrato le debolezze di un impianto narrativo messo insieme per sbaglio, riducendosi al compitino a casa senza dare un vero e proprio senso alle promesse che faceva. Un vero peccato, ancora, che non fa altro che ricordarmi che da questa nona generazione dovrei proprio prendere le distanze.
Stefania Sperandio
Editor-in-chief | Leggi i suoi articoli
Top: il boom delle handheld
Da amante delle piattaforme da gioco portatili – o che almeno provano a esserlo – il 2023 è stato particolarmente interessante. Il successo di Steam Deck, con il suo lancio nel 2022, ha creato parecchi discepoli, riportando in auge un modo di giocare che anche Nintendo Switch ci dimostrava su base quotidiana essere in realtà molto gradito.
Al di là delle tante produzioni che arrivano dall'Oriente, ecco che così sono diverse le proposte dei grandi marchi: da ASUS ROG Ally a Lenovo Legion Go, passando per Logitech G Cloud che si orienta sul remote play e il cloud gaming, arrivando fino a una PlayStation Portal che, pur troppo limitata nelle sue funzionalità, fa riaffacciare anche Sony nel panorama dei dispositivi da gioco portatili.
Considerando quanto agguerrita sia stata la concorrenza quest'anno, culminata nel lancio di una Steam Deck OLED che fa da mid-gen, migliorando tutti i punti deboli che l'originale aveva al momento del lancio, sarà molto interessante vedere dove condurranno gli esperimenti dei produttori nei prossimi mesi: tanta concorrenza significa costringersi a tante migliorie e questo, per i giocatori armati di handheld, non può che essere un buon segnale.
Flop: i pattern dell'industria AAA (e dei suoi giochi)
È stato veramente difficile, quest'anno, concentrarmi su un solo flop, perché ne ho avuto tanti che mi sono rimasti impressi. L'andamento dell'industria e il suo atteggiamento inumano con chi i videogiochi li crea, ad esempio – ma vedo che ci sono colleghi in redazione che ne hanno già parlato e va bene così. Avrei potuto citare anche Starfield, perché volevo con tutta me stessa che fosse uno dei candidati al GOTY, mentre abbiamo avuto un titolo del 2011 buttato fuori nel 2023, spinto ad abbracciare la quantità al posto della qualità, con una situazione che si fa ancora più grottesca se pensiamo a Bethesda che continua a fare orecchie da mercante sui problemi accecanti di design e progettazione dell'esplorazione e del loop di gameplay, che mal adatta l'anima di Fallout a miriadi di pianeti vuoti e inconcludenti. Ma ne ha già parlato Pia, come avete letto.
Quindi non è di questo che voglio parlare, il discorso che vorrei fare per il mio flop è più generale: mai come quest'anno, in mezzo a decine e decine di giochi bellissimi, ho sofferto la politica a rischio zero dei giochi AAA. Creare videogiochi che puntino su tecnologie fotorealistiche, sempre più grandi, ha costi che sono diventati via via esorbitanti: questo non permette di prendersi nessun rischio, compresi quelli creativi.
Ecco che così, nel 2023, la sensazione di giocare qualcosa che ho già giocato decine di volte, solo che aveva un altro nome, si è fatta veramente onnipresente. Mi è venuto difficile trovare stimoli e sorprese, nell'industria dei grandi giochi da vetrina – con poche eccezioni, che sono state poi in effetti le eccellenze di quest'anno. La sensazione di già visto, di già giocato, quando sei una videogiocatrice da molti anni si fa sempre più forte.
E fino a quando i giochi continueranno a rincorrere la non sostenibilità, trovandosi costretti ad avere il "graficone" per attirare il pubblico pop che si meraviglia davanti al fotorealismo e gli open world enormi ma vuoti, sarà difficile prendersi dei rischi in termini di esperienza e meccaniche. Col risultato che ci ritroviamo a giocare sempre stessa cosa: è sempre successo, non si reinventa ogni volta la ruota di gioco in gioco, ma da qualche anno è più manifesto. E per me, personalmente, è una cosa che in questo 2023 è diventata davvero indigesta.