PlayStation Showcase e i prezzi dei videogiochi: la settimana, commentata da voi

Ricordate la sezione della posta nelle riviste cartacee? Questa rubrica nasce con in mente quell'atmosfera: i fatti della settimana, ma raccontati da voi.

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Chi, tra i nostri lettori e lettrici, ricorda le riviste cartacee dedicate al mondo dei videogiochi, ricorderà sicuramente anche una sezione in particolare: quella della posta dei lettori.

Qui, la testata pubblicava contributi da parte del pubblico, che faceva magari domande su titoli in arrivo, si esprimeva su quelli già usciti o forniva feedback di qualsivoglia tipologia, in uno scambio non certo rapido come quello odierno – ma che non era avaro di spunti.

Ecco, abbiamo deciso di lanciare la rubrica SpazioGamers tenendo a mente quell'atmosfera. Ci siamo ritrovati a confrontarci sul fatto che, ai tempi dei social, purtroppo spesso i commenti siano tutt'altro che costruttivi, ma è importante dare spazio al fatto che non c'è solo questo.

In mezzo a chi magari commenta con frustrazione un videogioco lanciando improperi ad autori e publisher, ci sono lettori più equilibrati e consapevoli che offrono spunti di riflessione: è a quei lettori che vogliamo dare spazio in questa rubrica.

Abbiamo quindi deciso di raccontarvi i fatti di questa settimana, ma attraverso i vostri commenti. Per raccoglierli, abbiamo attinto ovviamente dal nostro sito, ma anche dai nostri canali social dove siete estremamente attivi, come Facebook, Instagram, Twitter, YouTube e perfino TikTok.

L'idea è quindi quella di una rubrica non solo utile, perché permette di ripercorrere i temi caldi dei giorni scorsi, ma anche costruttiva e positiva: i videogiocatori sanno dare spunti di riflessione interessanti su cui vale la pena soffermarsi – e commenti di un certo tono possono senz'altro incoraggiare altri lettori a esprimersi in modo simile.

Fatta questa doverosa introduzione per questo primo numero della rubrica, procediamo con i contenuti veri e propri.

PlayStation Showcase così così

La settimana è stata sicuramente quella del PlayStation Showcase (qui il nostro riepilogo completo), che non ha convinto in toto. O meglio: non convince l'assenza di date, non convince il fatto che i PlayStation Studios si siano limitati a mostrare in tre casi su quattro dei futuri GaaS, peraltro solo con trailer in CG anticipati dall'etichetta *not actual gameplay.

È una visione condivisa anche dai nostri lettori. Sulla nostra pagina Facebook, Christian offre uno spunto interessante, sottolineando come la generazione attuale non stia riuscendo a colpire nel segno – complici le fatiche legate alla reperibilità e quindi alla sua partenza, che ci hanno accompagnati fino a inizio 2023:

«Si evince anche da questo showcase come Sony al momento non abbia un'idea chiara di dove vuole andare a parare. Hardware buttato lì senza troppa convinzione, finestre di lancio abbozzate, tanti progetti game as a service per il futuro.

La PlayStation 5 è adesso tuttavia disponibile da due anni. Forse sarebbe da considerare pure questo, una generazione che ad ora anche se vende ha poco da offrire».

La stessa visione è riassunta perfettamente sul nostro sito da MapoSMP, che scrive come «anche se con qualche eccezione, credo che l'intera generazione sia veramente terribile».

Siamo in effetti ai primi vagiti dei giochi solo next-gen (se ancora di next-gen si può parlare), dopo quasi tre anni un po' sonnecchianti da una parte e dall'altra, all'infuori delle produzioni cross-gen. Diciamo che, da qui, si può solo migliorare.

Sul nostro sito, anche The Eraser è abbastanza dello stesso avviso su PlayStation Showcase: chiaro che Sony abbia voluto far capire come intende muoversi per il futuro – e se e come riuscirà a colpire nel segno con i GaaS, considerando che da sempre il suo punto di forza sono produzioni di tutt'altra vocazione, rimane da vedere.

Come scrive il nostro lettore:

«Not actual gameplay poi mi pare tutto tranne che un bello spot, se si parla di videogiochi. Andiamo allo spettacolo, criticato un po' ovunque. Solo Gaas, niente date, niente gameplay appunto, troppo poche esclusive (un paradosso per "la console delle esclusive").

Ok, volevano tracciare il futuro e retorica varia, ma per i giochi, quello che interessa veramente ai giocatori, praticamente è stato più un Xbox Showcase che altro! Non mi ha convinto».

Nel frattempo, Project Q...

Una delle cose che ha lasciato maggiormente perplessi i nostri lettori, al di là della questione GaaS e dei trailer in CG dagli studi interni, è l'idea stessa di Project Q, la periferica che fungerà da "console" (ma non è una console vera e propria) per il Remote Play da PlayStation 5.

Sappiamo che in passato Sony relegò PS Vita a una funzione simile, prima di staccarle la spina affermando che sul mercato lo spazio delle handheld fosse stato fagocitato dagli smartphone. Oggi, si riaffaccia nel mondo dei dispositivi portatili, con però una periferica che fa quello che fa qualsiasi smartphone scaricando l'app PlayStation per il Remote Play.

A tal proposito, Shenutza su Instagram ci scrive:

«Comodo considerando gli spazi e i tempi di utilizzo della TV in casa mia, ma una console che non posso portare fuori di casa come la Nintendo Switch – e l’unica cosa che fa è farmi giocare da remoto (e quindi non è una vera e propria console) – non la pagherei più di 150€».

Proprio il prezzo potrebbe essere un importante punto di snodo per Q: sappiamo che Sony di recente non è stata esattamente magnanima con i costi di listino, ma in questo caso un prezzo troppo alto – che deve vedersela, appunto, con il fatto che tutti abbiamo già in tasca uno smartphone se vogliamo approfittare del Remote Play, oltre alle handheld vere e proprie che supportano anche il gioco remoto – sarebbe un clamoroso autogol.

Il ritorno di Metal Gear Solid

L'annuncio rimasto più nell'immaginario dello Showcase, nonostante sia multipiattaforma, è stato senz'altro quello di Metal Gear Solid Delta: Snake Eater, il remake dell'originale Metal Gear Solid 3 di Kojima Productions, curato in questo caso da Konami e Virtuos.

Le reazioni degli appassionati si sono sensatamente divise tra entusiasmo per il ritorno dell'IP e incertezza perché non sappiamo abbastanza della nuova Konami, né di come e quanto è coinvolta Virtuos nello sviluppo.

Su Facebook, Stefania ci scrive che «avrei preferito un remake del primo, perché il terzo è già un capolavoro di per sé, ma comunque splendida notizia». Vero però anche che con i suoi micro-sistemi affidati al mettere in pausa il gioco (cibarsi, curarsi, cambiare uniforme), Snake Eater risulta invecchiato un po' peggio dei suoi fratelli maggiori proprio controller alla mano – ed è qualcosa che Konami dovrà trovare il modo di affinare, rendendo più scorrevole l'uso delle mimetiche, ad esempio.

Ciò che invece è palese e non condivisibile, più che altro perché suona un po' come quei fidanzatini che si sono tolti la parola dopo essersi tanto amati, è come sia stato oscurato un po' da ovunque il nome di Kojima Productions, autrice del gioco e della saga stessa, perfino dal cofanetto Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1.

Il dettaglio non sfugge a Massimo, che su Facebook fa notare:

«Guarda come sono attenti a non nominare mai Kojima...»

Il divorzio, si è capito, non è stato dei migliori. Se è vero che Kojima stesso da anni voleva allontanarsi dalla saga, lo sarà altrettanto che non avrebbe mai immaginato di farlo così, con una specie di damnatio memoriae che non fa bene alla saga, a Konami e a Virtuous – e, anzi, sappiamo che alcuni riferimenti in Ground Zeroes al nome di Kojima oscurato dal publisher parlavano abbastanza chiaro, in tal senso.

Ci godremo sicuramente i futuri giochi della nuova Kojima Productions indipendente, che può sperimentare (finalmente) all'infuori delle briglie di Metal Gear. Ma rimane l'amaro in bocca perché viene fatta ancora passare quella sensazione, molto videoludica, che non contino poi tanto le persone dietro un videogioco, no? L'importante è il nome del gioco, come quando Telltale naufragò e The Walking Dead passò di mano, per arrivare all'epilogo, come se nulla fosse.

Uscire solo in digitale

L'argomento si lega a doppio mandato a un altro tema caldo di questa settimana: Remedy ed Epic Games hanno confermato che il loro Alan Wake 2 non avrà una release fisica, ma uscirà soltanto in formato digitale. La notizia stride invece con la scelta di Konami, che pubblicherà anche in formato retail la Master Collection Vol. 1 con i primi tre Metal Gear Solid originali.

Remedy ed Epic hanno spiegato che ormai molti sono passati al digitale (e che è anche una questione di costi, ma ci torneremo nel prossimo paragrafo). Tuttavia, le reazioni dei giocatori sono state prevedibilmente amareggiate. Sulla nostra pagina Facebook, Marco ricorda:

«È un peccato, anche perché il primo ebbe una bella edizione fisica, con tanto di mini-torcia dedicata».

Certo, l'anno di debutto era il 2010 e da allora il mercato digitale è cresciuto esponenzialmente (complici poi anche gli anni dal 2020 al 2022, direi, ndr), ma in virtù della sua forza sulla distribuzione digitale – con quella retail che richiede sforzi e impegni diversi – Epic sembra comunque aver preso la sua decisione.

Videogiochi a 80 euro, videogiochi a qualcosa in meno

Questo ci porta all'ultimo tema caldo di questa settimana, ossia il prezzo dei videogiochi. In merito alle motivazioni dietro alla release digitale, Remedy ed Epic hanno spiegato che Alan Wake 2 può così presentarsi sul mercato costando meno: 49 euro per l'edizione PC, 59 euro per quella console. Nell'epoca dei giochi a 80 euro, è almeno qualcosa.

Molti però, non sono comunque convinti: primo, per collezionismo; secondo, perché la copia fisica rimane mia qualsiasi cosa succeda (o qualsiasi store digitale chiuda); terzo, perché altri titoli di recente hanno confermato un prezzo più "budget" dei soliti, ma usciranno anche in formato fisico.

Lo riassume Davide, che su Facebook fa notare:

«Anche Assassin's Creed Mirage costerà a prezzo budget, ma ci sono le copie fisiche. Speriamo davvero che THQ voglia fare le copie di Alan Wake 2 perché davvero non me ne capacito, di questa scelta. Un gioco presumibilmente così fantastico da quel poco che si è visto, per quanto mi riguarda, deve avere una copia fisica».

Il riferimento è al fatto che, sui social, THQ Nordic si sia proposta di farsi carico della distribuzione fisica del gioco. Difficile, però, che Epic la assecondi.

Il prezzo dei videogiochi è stato un tema caldo anche per le dichiarazioni di Jim Ryan, il dirigente di PlayStation – non al massimo della popolarità in questo periodo, va detto – per il quale la compagnia, con le fluttuazioni di mercato e monete, potrebbe riservarsi di modificare ancora i prezzi di videogame e console, in futuro. PS5, sappiamo, dalle nostre parti è già aumentata di 50 euro rispetto al lancio, mentre i giochi del day-one di solito arrivano a 79,99 euro.

Proprio quest'ultima, la soglia degli 80 euro, non convince i nostri lettori. Su Facebok, Gianmarco scrive:

«Gli 80 euro non sono niente per un ragazzino/bambino, perché non ha ancora una concezione matura del valore dei soldi. [...]
D'altro canto, nel mio caso di età e confrontandomi con altri coetanei (nella fascia dei 30), il prezzo di 80 euro ci ha tolto molta voglia di 'provare' a prendere un gioco, ora si va solo quando siamo sicuri al 1000%. Non perché sia tanto per noi, ma per un discorso di non voler buttare i soldi: in fondo è un hobby. E non scordiamoci dell'inflazione».

La riflessione è molto sensata: con un prezzo non proprio accessibile, sicuramente bisogna aspettare degli sconti, prima di tuffarsi su qualcosa perché "mi ispira, vediamo com'è". Quel tipo di approccio, oggi, è stato sostituito dai saldi sulle vendite digitali, o dai servizi di abbonamento, dove trovi un po' di tutto e lo provi: il biglietto lo hai già pagato all'ingresso nell'abbonamento.

Sempre su Facebook, Davide sottolinea come, oltretutto, oggi pagando 80 euro sia difficile andare sul sicuro, perché sono tanti i giochi che escono avendo ancora bisogno di una mano di nastro che tenga insieme i pezzi.

Come ragiona il nostro lettore:

«Per 80 euro, secondo me, un prodotto deve essere perfetto: significa che lo devo installare e giocare senza problemi fino alla fine. Se devo fare da tester, dovrebbero darmi loro gli 80 euro. [...]
Ad ogni modo, ho sempre una fila di giochi da giocare: si può attendere che quegli 80 euro diventino 30 euro».

Speriamo, quantomeno, che quegli 80 euro rimangano 80 euro e non abbiano altre impennate. Altrimenti, sarà difficile immaginare qualcuno – come accadde con il director di Days Gone – con l'ardire di lamentarsi del fatto che i giocatori attendano degli sconti, anziché spendere subito al day-one.

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