PlayStation Showcase e i videogiochi del futuro (*not actual gameplay)

Nel suo PlayStation Showcase, Sony ha presentato quattro giochi dai suoi PlayStation Studios: per tre abbiamo visto solo spot in computer grafica.

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Qualche giorno fa, scrivevamo che il modo di comunicare i videogiochi – sarà forse il modo diretto che oggi si ha di farlo, parlando con il pubblico – sta seguendo una linea peculiare. È una linea in cui stai davanti a show che arrivano anche a tre ore, dove però fatichi a distinguere i trailer in computer grafica dallo stacco pubblicitario.

Non riesco a immaginare uno show che avrebbe potuto dare più forza a quelle parole di quanto abbia fatto il PlayStation Showcase che si è tenuto nelle scorse ore.

Se è vero, come si vociferava, che Jim Ryan voleva che il mondo PlayStation ricominciasse a fare un po' di rumore, dopo un 2023 abbastanza quieto, la conferenza virtuale indubbiamente lo ha fatto, alzando il sipario su un futuro che per PlayStation sarà sicuramente diverso dalla strada già tracciata.

Ed è un futuro che poggia sulla fiducia conquistata nelle generazioni precedenti. Un futuro che ha bisogno di virare sul live service, ma che li mostra senza mostrarli, perché tanto di solito ai videogiocatori va bene così, no?

*Not actual gameplay

C'erano tanti third party, sul palcoscenico virtuale di Sony, e alcuni come Alan Wake 2 (edito Epic Games) e Dragon's Dogma 2 (edito Capcom) sono stati delle belle sorprese da rivedere da vicino.

Quello che Sony ha mostrato qui è la direzione che vuole prendere per il futuro, non i videogiochi.
Tuttavia, quando solitamente si scomoda il nome dello Showcase, che mancava da seicento giorni circa, è perché Sony stessa ha qualcosa da mostrare. In questo caso, invece, diciamo che quello che voleva mostrare era la sua direzione per il futuro, non i videogiochi.

La compagnia ha al suo arco delle frecce straordinarie: è diventata il paradigma di come realizzare gli action adventure di stampo narrativo e, con franchise come The Last of UsHorizon God of War, possiamo semplicemente dire che smuova le acque del mondo AAA con prodotti che sono molto ben affinati e che affiancano in modo intelligente avanzamento tecnologico e coinvolgimento dato dal gameplay.

Tuttavia, questi giochi hanno costi sempre più esorbitanti, motivo per cui servono delle entrate diverse rispetto al passato. Serve, ad esempio, avere degli incassi più costanti rispetto agli 80 euro di listino al lancio del singolo gioco dopo anni di sviluppo: è la direzione tentata anche dal nuovo PlayStation Plus, che vuole garantire a Sony delle entrate mensili cicliche inseguendo il modello on demand.

Ed è un obiettivo che si vuole provare a raggiungere con i live service. Si tratta dei "giochi come servizio", per chi fosse nuovo a questo mondo: titoli competitivi, di solito in un mondo condiviso online, che vengono aggiornati su base costante con nuove stagioni e nuovi contenuti, che si continuano ad acquistare via via. Pensate al modello Destiny – anche perché non è un caso che, tra le tante, Sony abbia acquisto proprio Bungie.

Nello Showcase delle scorse ore Sony ha presentato quattro videogiochi tutti suoi (ossia dei suoi Studios interni):

  • Marvel's Spider-Man 2 (Insomniac Games, con gameplay);
  • Concord (Firewalk Studios);
  • Marathon (Bungie);
  • Fairgame$ (Haven Studios).

Di questi quattro titoli, tre erano live service. Ma, soprattutto, sono stati presentati con veri e propri spot pubblicitari (perdonatemi, ma mi sembra più appropriato di "trailer") in computer grafica, che del gioco non solo non mostrano le meccaniche, ma nemmeno l'aspetto – niente di niente.

E, aggiungo, in quasi tutti i casi sono privi di qualsivoglia finestra di lancio, all'infuori di Spider-Man 2 che conferma il lancio in autunno ma non la data definitiva, forse affidata a un futuro State of Play dedicato.

Ecco che così lo Showcase assume la figura di una dichiarazione d'intenti: per il futuro, stiamo facendo questo. E va bene non avere delle date, quando devi annunciarle senza cognizione di causa e rischiare rinvii su rinvii. Lascia molto più perplessi, invece, l'idea del reveal dove del gioco non c'è nulla – abbracciata in questo caso anche da Sony.

Tagliuzzate dei pezzettini dai trailer dei diversi progetti, mescolateli e pescatene uno a caso per accorgervi che probabilmente faticherete a distinguerli gli uni dagli altri – o da qualsiasi altro, un po' sullo stile di Outriders e di altri figli illegittimi di Destiny.

Fairgame$, il progetto del team di Jade Raymond dopo l'addio a Google, viene descritto dal team di sviluppo come «un nuovo tipo di gioco PvP con un gameplay sandbox emergente».

Per quanto riguarda Concord, Firewalk spiega che «è il nostro nuovo sparatutto multiplayer in prima persona PvP in arrivo nel 2024 su PS5 e PC».

Infine, Marathon viene descritto da Bungie (che lo mantiene multipiattaforma) come un «extraction shooter PvP fantascientifico» che vuole sia ricordare la storicità dell'IP, sia proporre una visione che sia «completamente nuova» rispetto a quella del 1994.

Il fatto che tutti questi progetti vengano annunciati con pirotecnici video anticipati dall'avviso *Not actual gameplay, rende la virata ancora più violenta. Tutti i video sono realizzati in computer grafica, non in engine di gioco, e del rispettivo gioco non svelano in realtà un bel niente – sono un biglietto da visita col logo della compagnia, ma senza indirizzo, che non dice granché su quello di cui ti occupi o del perché in ogni caso dovrei chiamarti.

Un filone seguito anche dalla nuova misteriosa e silente Konami, che il suo Metal Gear Solid Delta: Snake Eater lo ha presentato allo stesso modo, forte dell'effetto nostalgia: un trailer sopra le righe *Not actual gameplay* sulla catena alimentare che termina con lo Snake Eater per eccellenza che mangia tutti – ma con uno stile facilmente scambiabile con quello di Ark.

Niente dettagli concreti a parte tre righe di comunicato stampa, niente gameplay, niente finestra di lancio, addirittura niente team di sviluppo, tanto uno vale l'altro, no? Ma non aprirei questa parentesi qui, ora.

Tornando a lei, PlayStation non ha mai nascosto di voler affiancare i live service alle sue classiche esperienze single player, perché il mercato è troppo diverso da quando potevi spopolare con due-tre giochi l'anno.

Il modo anonimo in cui ha presentato dei giochi che spesso cadono nel dimenticatoio proprio per il loro anonimato, però, non è per niente un buon primo passo.

E se lo sommiamo alla confusione che circonda anche il resto della comunicazione, divenuta una costante sotto la gestione di Jim Ryan, viene da grattarsi un pochino la testa considerando che siamo a metà di una generazione che è nata solo per l'anagrafe.

La timidezza dei numeri primi

PlayStation, con il modello attuale per cui compri la console per seguire i giochi che ti interessano, vende come il pane. È un dato di fatto insindacabile: il pubblico si è prodotto in scazzottate virtuali quando PS5 non si trovava e, ora che è più facilmente acquistabile, i numeri sono di quelli importanti.

Sony sa bene cosa ha costruito nella scorsa generazione e sa bene che la sua forza risiede nell'eccellenza dei lavori single player (oltre che nelle mancanze altrui, che hanno aiutato).

Sta provando a differenziare, allora, la sua proposta davanti a un mercato che cambia e in cui ha sempre fatto dell'avanguardia tecnologica, della cinematograficità, il suo cuore pulsante. Un mondo dove un modello à la Game Pass con i giochi del day-one in abbonamento «non è sostenibile», disse tempo addietro la compagnia giapponese, e dove il costo di listino di lancio è di 80 euro. Ma solo per ora. In futuro chissà.

Con PS VR 2, come può il pubblico investire con convinzione i soldi in un concetto di gioco in cui non sembra volerli investire nemmeno Sony?
Con la spinta a cambiare per diventare la PlayStation del futuro, un brand che è diventato sineddoche stessa di videogioco (quante persone vi dicono che giocate "con la PlayStation" per intendere "coi videogiochi"?) continua però a portare avanti una comunicazione nella quale non sembra credere troppo nemmeno lui.

Pensiamo a PlayStation VR 2. Posta la buona risposta avuta per adesso, la sensazione durante lo Showcase è che gli sia stato dato uno spazio solo perché era venuto alla festa e sarebbe stato scortese metterlo alla porta. «Ti darò cinque minuti, fai il tuo numero e poi stattene tranquillo», qualcosa del genere.

Come può il pubblico investire con convinzione i soldi in un concetto di gioco in cui non sembra volerli investire nemmeno Sony? Ora che la febbre da VR è finita (ma è finita con il 2017, praticamente), qual è l'idea di supporto a lungo termine per la VR, per evitare che finisca come con la miope eutanasia di PlayStation Vita?

Ed è ancora più timida la questione di PlayStation Q (il nome non è definitivo), la handheld pensata unicamente per il gioco remoto da PS5. Per chi non fosse pratico, funziona come il GamePad di Wii U: sincronizzandola con PS5, potete trasmettere l'immagine di ciò che state giocando alla vostra Q, magari per continuare un'avventura mentre la TV è occupata da qualcun altro, o per giocare in una stanza diversa da quella della console.

Sony uccise PS Vita affermando che ormai gli smartphone avessero soppiantato le console handheld. Si riaffaccia su questo segmento con una proposta che fa solo quello che potrebbe fare proprio un qualsiasi smartphone.
Ma è un progetto pensato solo per il Remote Play: se uscite di casa, a quanto sappiamo ora, non ve ne fate nulla, perché deve essere sotto lo stesso raggio Wi-Fi a cui è connessa PS5 per condividere lo streaming del gioco remoto.

Jim Ryan l'ha annunciata in una manciata di secondi, confermando che uscirà entro l'anno e che ne sapremo di più a breve, e mostrando un design a metà tra quello di Razer Edge e un (brutto) mock-up che ha spiaccicato un telefono sopra un DualSense.

Anche qui, però, parliamo di confusione. Sony uccise PS Vita affermando che ormai gli smartphone avessero soppiantato le console handheld; torna ad affacciarsi su questo segmento – oggi più florido che mai, pensate a Steam Deck, ROG Ally, o alla cloud-based Logitech G Cloud, se non volete scomodare Switch – con una proposta che fa solo quello che potrebbe fare proprio un qualsiasi smartphone, con l'app ufficiale di PlayStation per il gioco remoto.

Una direzione e il suo opposto, un tentativo di fare in tempo a correre verso tutti col rischio di farlo non al meglio.

È sicuramente un 2023 di transizione, vissuto come se fosse il primo anno di PS5, per ovvi motivi che non sono dipesi da Sony stessa. Un anno concentrato su DualSense Edge, poi PS VR 2, che passerà per Final Fantasy XVIMarvel's Spider-Man 2 e PlayStation Q.

Per tutti gli altri progetti, vedremo. Nel futuro però ci sono tanti live service, ché tanto peggio di Destruction All-Stars non possono fare – sia per la proposta ludica non esaltante, sia per la sua gestione un po' schizofrenica.

Per sapere come saranno e cosa porteranno, per provare a strappare chi i live service li apprezza dai mondi che già ama, però, riempire uno Showcase di dichiarazioni di intenti anonime e in CG è troppo (TROPPO) poco per chi ha abituato i palati all'eccellenza come ha fatto PlayStation.

Questi giochi toccherà quantomeno vederli, per farsi un'idea di verso dove stiamo correndo e di come lo si stia facendo. E, per favore, per il futuro ricordiamoci di un po' di actual gameplay.

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