Final Fantasy XVI e gli antenati illustri: da Vagrant Story a Tactics Ogre

A cosa hanno lavorato in precedenza le figure chiave nel team di sviluppo di Final Fantasy XVI e come sono nate le idee dietro il gioco?

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a cura di Pia Colucci

Redattrice

La scorsa settimana, molti di noi hanno messo le mani sulla demo del tanto atteso Final Fantasy XVI. Malgrado qualche parere contrastante, molti utenti che hanno provato con mano il prologo dedicato al nuovo capitolo della Fantasia Finale hanno gettato via anche il più piccolo briciolo di indecisione e incertezza scaturita da anni di progetti travagliati e fallimentari per la saga: la sensazione che molti hanno percepito è stata quella di trovarsi davanti ad un nuovo battesimo per il franchise. 

La storia di Clive Rosfield, principale protagonista della vicenda, ingloba varie novità di gameplay rimanendo fedele ad alcuni elementi cardine che hanno reso grande quello che è considerato da tutti il più famoso JRPG della storia dei videogiochi.

Nella sua storia, Final Fantasy ha saputo crearsi da zero prendendo spunto dal passato e innovandosi. Partito da delle origini che girano intorno ai cristalli, Final Fantasy se ne è via via allontanato: al posto dei cristalli abbiamo avuto gli slums e i reattori Mako, guerre temporali, un pellegrinaggio spirituale. La saga di Sakaguchi è stata tutto questo, con la sua complessità, i suoi momenti indimenticabili, la colonna sonora che ti entra nelle orecchie e nel cuore. 

Con la fusione tra Squaresoft ed Enix qualcosa è irrimediabilmente andato storto. Non tanto per la fusione in sé, Square Enix continua a produrre giochi di evidente successo – sia di critica che di pubblico – quanto per i cambi all’interno dell’azienda, la partenza di menti illustri come Sakaguchi e Uematsu, i continui rinvii per problemi tecnici e scelte che hanno interdetto gli appassionati.

Senza dilungarci troppo, i cambiamenti troppo innovativi, come il battle system di Final Fantasy XV, o personaggi poco ispirati come quelli del XIII, hanno deluso una gran fetta di fan della vecchia scuola.

Per fortuna, per noi videogiocatori, se Final Fantasy è rimasto in stallo e ora proverà a recuperare terreno perso, nell’ambito dei videogiochi di ruolo giapponesi qualcuno è andato avanti.

Ed ecco che oltre Final Fantasy abbiamo avuto il nuovo Dragon Quest, Ni No Kuni, Nier Automata, il nostalgico Bravely Default, il “mittel-europeo” Trails of Cold Steel, il rilancio e il gradito successo di Persona. E nel frattempo Square Enix, capendo cosa fare con la saga, ha deciso di ritornare ai cristalli.

Per quanto visto e mostrato fino a oggi, Final Fantasy XVI vorrebbe tentare un gradito ritorno alle origini, guardando ai suoi predecessori. Alcuni hanno criticato lo stile medievale rispetto ai Final Fantasy più conosciuti e apprezzati – ma, in realtà, sono proprio i capitoli più famosi (come Final Fantasy VII) a essere, paradossalmente, lontani dalle storie che segnarono le origini della saga.

Per provare a dare vita pian piano questo ritorno Square Enix ha messo insieme un team di lavoro ad hoc – congedando Hajime Tabata che si ritrovò a capo da un progetto (Final Fantasy XV) che doveva rimodellare da zero – che si sarebbe dedicato esclusivamente al sedicesimo capitolo. 

A cosa hanno lavorato le figure chiave dentro la Creative Business Unit III impegnata con Final Fantasy XVI?
Quindi, memore dello straordinario successo del quattordicesimo capitolo MMORPG, Square ha lasciato la direzione creativa alla Creative Business Unit III composta appunto dal produttore e regista di FFXIV, Naoki Yoshida (conosciuto anche come YoshiP), Hiroshi Takai, che ha lavorato per la serie SaGa e The Last Remnant, Kazutoyo Maehiro che funge da direttore creativo e scrittore principale e Hiroshi Minagawa, nome ricorrente nella produzione di Square e attivo per videogiochi di straordinaria caratura come Ogre Battle e Tactics Ogre, voluto fortemente, all’epoca, da Sakaguchi per la creazione di quello che è poi diventato l’universo di Ivalice, con Final Fantasy Tactics, Vagrant Story e Final Fantasy XII.

Con un background così variegato, Final Fantasy XVI ha l’arduo compito di far rinascere dalle ceneri (metafora non messa qui a caso, ndr) non solo una saga che ha fatto la storia del mondo dei videogiochi, ma che ha anche l’obbligo di portare dentro di sé l’eredità di tanti titoli che sono ormai perduti nel tempo.

Forse pochi videogiocatori oggi ricordano cosa sono stati titoli come Ogre Battle e Vagrant Story e qual è la loro importanza all’interno del microcosmo JRPG che ha avuto il suo apice su Super Nintendo e PlayStation. 

Per questo motivo, il nostro obiettivo di oggi è ricordare i vecchi titoli del passato e celebrarli, perché sono stati dalle tappe e spesso ci dimentichiamo dell'importanza di ciò che c'è stato prima, quando guardiamo ai progetti dell'oggi: senza di loro l'imminente FFXVI non ci sarebbe. E se alcuni, provando la demo, hanno pensato che «questo non è Final Fantasy», è perché incarna, piuttosto, l'eredità di Squaresoft.

Tactics Ogre il suo dark political fantasy

Nato dalla mente di Yasumi Matsuno, Ogre Battle: March of the Black Queen fece il suo debutto nel 1993 su Super Famicom. Sviluppato da Quest (acquisita in seguito da Square), il titolo ad oggi è considerato come uno degli strategici più famosi nel mondo dei giochi di ruolo giapponesi, oltre ad essere uno dei videogiochi più difficili da reperire per i collezionisti.

Il primo capitolo doveva essere un racconto high fantasy incentrato sulla lotta tra bene e male: in Ogre Battle ci troviamo nel continente di Zetegenia, interamente conquistato dalla malvagia imperatrice Endora che ha ormai creato un clima di terrore e soprusi. Durante il suo regno totalitario, l’Esercito della Liberazione inizia ad elevarsi come fazione della resistenza e sarà alla guida di varie rivolte per riportare nel continente un clima di pace e prosperità.

Nel corso del gioco si scoprirà che dietro le trame dell’imperatrice Endora si nasconde il mago oscuro Rashidi, il cui obiettivo è quello di liberare il re degli Inferi Demundza. Il compito del protagonista, creato interamente dal giocatore, sarà quello di sigillare nuovamente il re degli Inferi e portare la pace.

Non soddisfatto del risultato, Matsuno decise di virare la rotta, trasformando il sequel, Tactics Ogre: Let Us Cling Together, (ritornato in veste rinnovata nel 2022) in un complesso e realistico racconto politico “dark fantasy”, scevro di qualsiasi altro elemento soprannaturale: a seguito di personali studi sulle guerre medioevali e sulla mitologia mondiale, Matsuno creò una trama complessa basata sulla storia dell’Europa medievale e sulla società presente all’epoca del Sacro Impero Romano.

Per i nomi dei titoli, invece, si ispirò alla sua band preferita, i Queen: "Ogre Battle", "March of the Black Queen" e "Let Us Cling Together" sono canzoni famose del gruppo britannico capeggiato da Freddie Mercury. 

Tactics Ogre riusciva ad avere toni e temi molto profondi, soprattutto per un videogioco dell'epoca.
Considerati i limiti della piattaforma che doveva ospitarlo e vista la tecnologia ancora poco matura in materia di sviluppo videoludico, i numeri erano da capogiro: i testi arrivavano a circa 300mila caratteri, una cifra a dir poco titanica per l’epoca, e per poter “rientrare” nei canoni Matsuno decise di modellare le varie scene narrative come se fossero all’interno di una rappresentazione teatrale.

La storia è tutt’altro che banale: sin dal primo capitolo del gioco due personaggi fondamentali per la trama, Hamilton e Tartare, si pongono le loro domande sul significato della giustizia e sul motivo per cui le persone combattono.

La narrazione più matura e più incentrata sul tema dei conflitti tra varie nazioni fu promossa per due motivi: la saga di Matsuno poteva direttamente competere con Final Fantasy e Dragon Quest, presentando delle scelte narrative e stilistiche decisamente più vicine alla realtà e alla storia del mondo occidentale; inoltre, la storia di Tactics Ogre – uscito nell’ottobre del 1995 – fu pesantemente influenzata da una serie di conflitti e crimini reali, tra cui gli scontri territoriali in Siria, Azerbaijan e Amenia, la guerra nei Balcani e il genocidio in Rwanda. Inoltre, la rappresentazione di un conflitto etnico era piuttosto rara nei videogiochi giapponesi dell’epoca.

Matsuno stesso dichiarò in seguito che lo scenario era stato scritto per descrivere un conflitto basato su qualsiasi differenza tra gruppi, quindi non solo etnica ma anche dovuto da differenze sociali, politiche e di lignaggio, non così dissimile dalle forti differenze sociali a cui sembra alludere Final Fantasy XVI – che con la saga di Ogre ha in comune il talento di Minagawa.

Le fasi finali dello sviluppo di Final Fantasy XVI sono coincise con lo scoppio della guerra tra Russia ed Ucraina; anche qui, purtroppo, un ulteriore segnale di una pace mai scontata, come recita Jill Warrick con Clive nella demo di FFXVI: «da quando sono arrivata ho dato per scontata la pace. Ho pensato che la guerra tra le nostre nazioni potesse finire, ma non finisce mai, vero?».

Il divisivo e dimenticato The Last Remnant 

Meno celebre della saga di Ogre di Matsuno è sicuramente The Last Remnant, un JRPG a dir poco divisivo. Debutta nel 2008, in un periodo di estrema decadenza per il genere: Square Enix si trovava in una fase di rinnovo e di cambi di piattaforma.

The Last Remnant è uno dei pochi titoli che, cosa insolita per l’epoca, uscì in esclusiva per Xbox 360 e per PC (la versione PS3 originariamente annunciata fu cancellata per via delle scarse vendite), solo nel 2018 il gioco è arrivato – grazie ad una remastered – su PS4 e successivamente anche su Nintendo Switch. Il titolo, inoltre, ha un altro primato: è il primo gioco Square Enix ad essere sviluppato tramite Unreal Engine 3.

Venne considerato da alcuni addetti ai lavori come “Final Fantasy 12.5” per via di alcuni elementi in comune non proprio positivi: un protagonista principale eccessivamente fastidioso, la generale superficialità di tutti i protagonisti che ruotano intorno a lui e un battle system poco user friendly.

Insomma, avrà pure qualcosa di positivo The Last Remnant?

La storia è ambientata in un mondo dove regna la pace grazie ai Remnant, antichi artefatti creati da società scomparse da secoli, che grazie al loro enorme potere sono usati dai governanti per mantenere stabile l'equilibrio mondiale. Il protagonista risponde al nome di Rush Sykes, cresciuto sull'isola di Eulam con la sorella Irina e i loro due genitori, scienziati che studiano proprio gli artefatti magici che tengono in ordine il mondo.

Il director Hiroshi Takai lavorò anche a The Last Remnant: è da lì che arriva Torgal.
Le cose peggiorano già dal prologo in cui la sorella di Rush viene rapita da alcuni sconosciuti. Tale avvenimento darà origine all'avventura del protagonista, che per salvare la sorella viaggerà per il mondo e recluterà vari compagni tra i più vari.

Pesantemente influenzato dallo sviluppo di Final Fantasy XII, The Last Remnant presenta ampi spazi completamente esplorabili, dungeon e città principali in un mondo diviso in città-stato che controllano i vari territori. In ogni città è presente un Remnant unico che, essendo legato al reggente, ne permette la difesa in caso di attacco – un po’ come gli Eikon e i Dominanti che vedremo in Final Fantasy XVI

L’aspetto più divisivo, oltre ai personaggi privi di carisma e ad alcuni giganteschi buchi di trama soprattutto in merito ai riferimenti fantapolitici e alla lore del mondo, è il sistema di combattimento reso inspiegabilmente difficile e macchinoso.

A differenza di un party, The Last Remnant permette al videogiocatore di controllare un’unità composta da diversi personaggi (fino ad un massimo di quindici!) che uniranno le loro forze a quelle di Rush. Il sistema di attacco e difesa è particolarmente aleatorio, inspiegabilmente complesso e molto basato sulla gestione poco intuitiva di comprimari e attacchi. Insomma, è l’aspetto che più ha diviso la critica e il pubblico.

The Last Remnant non riuscì a imporsi, soprattutto per via di un combat system inutilmente confuso.
Ciò che accomuna l’ultimo titolo di Final Fantasy e lo sfortunato The Last Remnant è il personaggio di nome Torgal, sicuramente un riferimento voluto dal director Hiroshi Takai che ha lavorato ad entrambi i titoli. Torgal ha duecento anni ed è uno dei quattro generali della città-stato di Athlum. Appartiene ai Sovani, ovvero esseri antropomorfi simili a felini con quattro braccia.

Nelle fasi iniziali della scrittura, The Last Remnant era stato concepito come un capitolo di SaGa, altra serie JRPG di straordinario successo in Giappone, in quanto aveva riunito gran parte del team di sviluppo.

Takai è stato battle director di Romancing SaGa The Minstrel Song, uno dei vecchi cavalli di battaglia di Squaresoft – il quale unisce, sotto un unico universo narrativo, la storia di diversi protagonisti con le proprie quest principali, il che ne fa in qualche modo un antesignano del più celebre e fortunato Octopath Traveler.

Insomma, ora diventato director di FFXVI, Takai ha voluto omaggiare uno dei personaggi del titolo dando il nome di Torgal al fido amico peloso di Clive, che abbiamo avuto modo di apprezzare nella demo del gioco. Certo, la speranza è che l'eredità di The Last Remnant si fermi qui, considerando l'impopolarità e i problemi che il gioco presentava.

Temi maturi e fantapolitica: l’universo espanso di Ivalice

Final Fantasy XII, Final Fantasy Tactics e Vagrant Story sono tre titoli sostanzialmente diversi nel gameplay ma uniti dallo stesso universo narrativo di Ivalice.

Tradizionalmente, ogni capitolo di Final Fantasy ha una storia e una lore a sé stante, a parte qualche piccola incursione o sequel diretto; tuttavia, quello di Ivalice è il primo universo espanso della saga di Final Fantasy e le varie ramificazioni sociali, politiche e fantastiche sono perfettamente coerenti con i titoli che ne fanno parte.

L’idea di un universo espanso nacque dall’onnipresente Yasumi Matsumo, già citato all’interno di questo articolo e padre della serie Ogre.

Dopo il debutto del fortunato Tactics Ogre, Matsumo e Minagawa passarono all’allora Squaresoft poiché fortemente voluti da Hironobu Sakaguchi. All’epoca, la software house giapponese era alla prime fasi di sviluppo di un titolo tattico (diventato poi Final Fantasy Tactics) e Sakaguchi volle l’estro creativo di Matsumo per creare un mondo coerente e realistico.

Grazie alla vasta conoscenza di Matsumo in merito alla storia europea medievale, Ivalice è un tetro palcoscenico di intrighi di corte e guerre sanguinose. Abbiamo un universo descritto come complesso con una lunga storia alle spalle diviso in tre continenti: Valendia, Ordalia e Kerwon.

Le condizioni atmosferiche di ciascuna zona sono in stretto rapporto con la densità di Mystes nell'aria: il Mystes non è altro che energia naturale presente in varie zone, che agisce sul clima e sull’intero ecosistema del mondo. Innesca, inoltre, diversi fenomeni, tra cui la magia contenuta in un minerale chiamato Magilite

Sulla base di tutti questi elementi fu creato Final Fantasy Tactics, considerato da parte dei fan e della stampa come uno dei migliori Final Fantasy, se non il migliore, malgrado non seguisse la numerazione progressiva tipica della saga.

Final Fantasy Tactics presenta un gameplay non dissimile da quello trovato in Tactics Ogre, in cui i personaggi possono liberamente muoversi in un campo di battaglia “a scacchiera”.

Ci sono forti influenze, seppur mai esplicitamente dichiarate dagli autori, di famose guerre medioevali: come punto cardine della trama di FFT c’è la Guerra dei Leoni (The War of the Lions) che ha luogo dopo la Guerra dei Cinquant'anni – un importante conflitto tra Ivalice e Ordalia, il cui contesto includeva il fatto che il re di Ivalice, Denamda II, rivendicasse il diritto di governare Ordalia quando il re Devanne III, nipote di Denmada II, morì senza nominare un erede.

Nella storia, la Guerra delle Due Rose è stata preceduta dalla Guerra dei Cent’Anni, combattuta tra Inghilterra e Francia, il cui contesto comprendeva il fatto che la famiglia reale inglese rivendicasse la corona francese per discendenza.

Matsumo continuò il suo lavoro in Squaresoft unendo le sue forze con quelle di Hiroyuki Ito, creando quella che è considerata un’altra pietra miliare del genere: Vagrant Story.

Uscito nel 2000 per PlayStation, il titolo è considerato un JRPG dungeon crawler in cui il videogiocatore si mette nei panni di Ashley Riot, agente d’élite e membro del gruppo chiamato “Riskbreakers” inviato nella cittadina di Leà Monde, facente parte del regno di Valendia, per investigare su un possibile collegamento tra un leader di un culto misterioso e il Duca Bardorba, del quale proprio i Riskbreakers sono le guardie del corpo.

Valendia fa parte di uno dei mondi presenti in Ivalice (è possibile trovarlo anche in Final Fantasy XII); tuttavia, all’uscita di Vagrant Story, qualsiasi tipo di riferimento ad un universo espanso creato ad hoc fu smentito da Matsumo stesso, malgrado avesse usato più o meno gli stessi nomi e riferimenti già rintracciabili in FFT: il tutto venne minimizzato, suggerendo che si trattasse semplicemente di easter egg.

Soltanto anni dopo, Square Enix ufficializzò la presenza di un universo espanso creando la Ivalice Alliance, che si popolò di altri titoli tra cui remake, spin-off e sequel.

La scrittura fantapolitica di questi titoli ha trovato recentemente nuovi sfoghi in opere come Triangle Strategy.
Con un gameplay unico per l’epoca, il titolo era più orientato ad un rudimentale action-RPG sulla scia di un altro fortunato titolo di Square, Parasite Eve. Inoltre, il videogioco non presentava negozi o altro: l’equipaggiamento e le armi di Ashley potevano essere integralmente create dal giocatore attraverso oggetti assemblati all’interno di appositi workshop.

Le opinioni della stampa furono entusiaste, parole positive furono spese per la storia e la sua progressione, fatta da colpi di scena e intrighi, accostando il titolo di Square per qualità a Metal Gear Solid. Ad oggi, con grande sorpresa, il gioco non è stato riproposto sulle console moderne e da quello che è trapelato fino a ora non è nei piani neanche un suo porting.

Matsuno aveva in mente anche un sequel, mai venuto alla luce – e, malgrado il suo lavoro sulle prime bozze di Final Fantasy XII, il director abbandonò Square nel 2005. I riferimenti dedicati al sequel di Vagrant Story furono poi implementati, parecchi anni dopo, sottoforma di quest secondaria “Save the Queen” nell’universo di Final Fantasy XIV Shadowbringers

Malgrado l'abbandono nel 2005, Matsuno resta una figura di spicco all'interno della software house di Shinjuku: Naoki Yoshida, director di Final Fantasy XIV e producer di Final Fantasy XVI, ha espressamente dichiarato che Tactics Ogre è uno dei suoi videogiochi preferiti – e l'impatto è stato tale da convincerlo a costruire la sua carriera da sviluppatore per avere l'opportunità di lavorare con Matsuno e creare un gioco insieme.

Sui social molti amanti della saga hanno iniziato a creare parallelismi tra Final Fantasy XVI e la storia della saga letteraria fantasy Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin (divenuta celebre grazie alla serie Il Trono di Spade); nella nostra intervista, anche gli sviluppatori ci hanno confermato che c'è molto degli intrighi di Westeros, nelle vicende che vedremo nel gioco.

In realtà, comunque, è più complesso di così, in quanto l’estetica high fantasy e il riferimento a reali intrighi e lotte per il potere sono tematiche care e onnipresenti nella storia di Final Fantasy e di Square stessa.

Il ritorno in titoli maturi e recenti come The Diofield Chronicle e Triangle Strategy non fanno che ribadire questa linea di pensiero, che è più orientata su temi più complessi e con una lore da sviscerare. E questo, in parte, si deve anche al successo dei soulslike, che hanno messo il contesto al centro di tutto.

Dalle origini al futuro

Alle spalle di un'opera ambiziosa come Final Fantasy XVI ci sono, letteralmente, anni di storia. Ci rincuora che nel suo team ci siano sviluppatori con un curriculum vasto e che hanno dato vita ad alcuni dei titoli che abbiamo voluto riportare sotto i riflettori in questa piccola retrospettiva.

Speriamo che l'attenzione alle origini e le premesse di Final Fantasy XVI, per ora esibite nella demo, si confermino nell'opera completa – e che il gioco si riveli all'altezza del suo prologo e dei più che illustri precedessori. La sua uscita è attesa per il 22 giugno su PlayStation 5.

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