MILANO – Come anticipatovi, durante la nostra recente prova di Final Fantasy XVI, abbiamo avuto anche l’occasione di incontrare e intervistare Naoki Yoshida, producer del titolo, Hiroshi Minagawa, art director, e Michael-Christopher Koji-Fox, localization director. Abbiamo imparato molto sul mondo di Valisthea nelle nostre quattro ore giocate – ma, per carpire i segreti di un gioco, non c’è modo migliore che parlarne direttamente con chi lo ha creato.
Il team dietro il miracolo compiuto con Final Fantasy XIV ha sempre dimostrato una grande passione per la saga ammiraglia di Square Enix (basta vedere quante citazioni relative ai vecchi capitoli sono presenti nel MMORPG), ma più in generale per il mondo dei videogiochi nel suo insieme, e non solo.
Se siete rimasti sorpresi dal fatto che durante l’ultima presentazione degli update di FFXIV Yoshida si sia presentato giocando a The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, sappiate che durante l'evento tenutosi a Milano prima dell’uscita del capolavoro di Nintendo (come si evince anche dalla nostra recensione) aveva scherzosamente consigliato agli esponenti della stampa di non dimenticarsi delle anteprime perché troppo impegnati a giocare a Zelda, titolo che lui stesso ha poi dimostrato di attendere molto.
Non solo grandi sviluppatori, quindi, ma anche grandi appassionati di videogiochi e del mondo dell’intrattenimento in generale, come capirete presto leggendo la nostra intervista.
La genesi di Final Fantasy XVI
Negli ultimi anni le delusioni sono state molte, più delle soddisfazioni, tanto che la sfiducia è diventata il sentimento predominante per i fan. Partendo da questa situazione, abbiamo chiesto quali potessero essere le basi per costruire un nuovo capitolo, i pilastri per creare delle fondamenta solide.
Naoki Yoshida prende allora la parola e senza indugiare afferma: «L'aspetto principale su cui abbiamo deciso di focalizzarci sin da subito è la storia e i motivi sono due. Il primo è che questo è quello che ogni fan di Final Fantasy si aspetta: la serie è sempre stata famosa per unire una grande storia con un’esperienza di gioco divertente".
Quando però Yoshida passa al secondo motivo, ci sorprende: non pensavamo che, anche se consci dei problemi avuti nelle produzioni del passato, i nostri interlocutori ammettessero gli errori compiuti nella saga (non da loro, tra l’altro) con tanta naturalezza, perché difficilmente questo accade con gli sviluppatori giapponesi.
«Il secondo motivo», continua Yoshida, «è che prima di Final Fantasy XVI c’è stato Final Fantasy XV. Molti giocatori hanno amato il gioco, ma sono rimasti molto delusi dalla storia, dato che erano stati annunciati alcuni DLC che l’avrebbero completata, ma che poi sono stati cancellati lasciandola incompiuta».
In quel momento abbiamo pensato che Yoshida ci avesse letto nel pensiero, quando poi ha continuato:
«Ora che tocca a noi continuare la saga, il nostro primo pensiero è stato quello di evitare che i fan perdessero la fiducia in Final Fantasy. Ci siamo quindi focalizzati sull’aspetto che li aveva delusi nel precedente capitolo, ossia la storia, in modo che il nuovo titolo si potesse giocare dall’inizio alla fine senza problemi.
Naturalmente, il capitolo XV e il XVI sono completamente slegati tra loro e non c’è bisogno di giocare il precedente per capire il nostro gioco. Avendo però ereditato il compito di continuare la saga nel suo complesso, volevamo assicurarci che questa potesse progredire verso nuove direzioni senza deludere gli appassionati».
Proprio gli appassionati sono il perno della nostra prossima domanda.
D’altronde, Final Fantasy XVI (che potete preordinare su Amazon) si rivolge sia a un pubblico di vecchi fan che a nuovi giocatori che, per motivi anagrafici o di semplice gusto personale, non hanno mai giocato alla saga.
A proposito del pubblico che ama la saga, Yoshida ha spiegato:
«Ci sono in verità diversi tipi di fan della saga, ognuno infatti è particolarmente affezionato a un determinato titolo piuttosto che agli altri. Prima di iniziare lo sviluppo del gioco, abbiamo fatto molte ricerche di mercato chiedendo cosa piaceva e cosa non piaceva di Final Fantasy in tutto il mondo, a ogni tipo di persona, sia fan che non.
Le risposte sono state molte: ad esempio, molti amano l’aspetto grafico e la musica dei capitoli passati, ma ci siamo concentrati molto anche sulle critiche. I giovani giocatori ad esempio trovano il ritmo dei combattimenti a turni troppo lento, per alcuni giocatori più vecchi invece era troppo per ragazzini o troppo in stile anime.
Inoltre, per quanto sia bellissimo che ci siano tantissimi fan molto appassionati della saga, per molti nuovi giocatori questi fan rappresentano una sorta di barriera protettiva che rende più difficile approcciare la saga».
Effettivamente sappiamo quanto ogni opera importante, a qualsiasi tipo di media appartenga, generi fan molto protettivi verso ciò che amano – e spesso anche tossici, purtroppo.
Riuscire a creare qualcosa che faccia felici tutti è però difficile, come ammette lo stesso producer:
«Per riuscire a superare queste differenze di vedute abbiamo deciso di creare una storia che fosse percepita dai giocatori come il più reale possibile e in cui si potessero anche immedesimare. Per questo abbiamo deciso di dividerla in tre diversi periodi, con il protagonista Clive che ha diverse età, passando dall’adolescenza all’età adulta.
Per quanto riguarda il problema del sistema action contro quello a turni, abbiamo scelto di creare un gioco d’azione sia perché volevamo avvicinare le nuove generazioni, più abituate a questo genere, sia perché noi stessi siamo dei grandi appassionati di giochi action e come sviluppatori volevamo metterci alla prova creandone uno.
Sappiamo però che ci sono molti fan che amano il sistema a turni dei capitoli passati e la nostra intenzione non è mai stata quella di tagliarli fuori da Final Fantasy XVI. Per questo abbiamo inserito un sistema che rende molto più accessibili le meccaniche action anche a chi non è abituato a questo genere.
La nostra speranza è che anche questi giocatori si possano appassionare ai giochi d’azione e imparino ad amarli tanto quanto li amiamo noi”.
Alla fine, dunque, è una questione di compromessi, dato che non si possono accontentare tutti. Yoshida conferma tutto questo dicendo: «Non si può fare tutto. Ognuno ha diverse opinioni e giochi che preferisce, ma a un certo punto bisogna decidere cosa si vuole fare e concentrarsi su quello che è meglio per il proprio target d’utenza, così da fare le cose nel miglior modo possibile».
L’ispirazione tra Oriente e Occidente
Una cosa di Final Fantasy XVI che ci ha colpiti sin dalla prima presentazione è il suo mondo, costruito con grande attenzione ai dettagli.
Abbiamo chiamato quindi in causa l’art director Hiroshi Minagawa, per capire come sia stato costruito quel mondo e come siano riusciti a renderlo così vivo. A tal proposito, Minagawa ci ha raccontato:
«Quando all’inizio del progetto eravamo solo 30 persone, Yoshida-San venne da noi con un box di Blu-ray contenti le prime quattro stagioni di Game of Thrones e ci disse che dovevamo assolutamente guardarle.
Ovviamente molti di noi avevano un background fantasy, avendo letto libri come Il Signore degli Anelli e molte altre importanti opere all’interno di questo genere. Abbiamo quindi unito queste due fonti d’ispirazione, fantasy classico e fantasy moderno, e le abbiamo poi fuse con lo stile di disegno del nostro principale artista e character designer Kazuya Takahashi».
Yoshida prende la parola per aggiungere: «Il nostro team ha la sua base in Giappone, ma ha un background che gli consente di conoscere bene storie come quelle del Signore degli Anelli o della saga di Re Artù. A questo, però, abbiamo unito anche molto della cultura giapponese e pensiamo di aver creato un bel mix tra Oriente e Occidente».
Effettivamente, ci viene in mente l’interessante boss battle con il Corvo di Mezzanotte che ha concluso la nostra prova: un assassino che fondeva mosse tipiche degli assassini dei giochi di ruolo occidentali e dei ninja nipponici.
Parlando di ispirazioni legate alla cultura giapponese, una curiosità è sorta in noi sin dalla nostra prima prova qualche mese fa.
Sappiamo che le battaglie spettacolari di Final Fantasy XVI hanno molte fonti d’ispirazione – innegabile quella di Devil May Cry V, dato che il Combat Director Ryota Suzuki si era occupato di quel gioco.
Chiara anche l’ispirazione alle battaglie tra kaiju in stile Godzilla, ma nelle varie fasi di trasformazione dei Dominant e nelle loro spettacolari mosse speciali abbiamo visto molte caratteristiche tipiche degli shonen manga e sappiamo che in passato Yoshida aveva dichiarato di essere un grande fan di One Piece, tanto che per lui tutti dovrebbero leggerlo.
Per questo motivo abbiamo chiesto se anche anime e manga come One Piece o Naruto hanno ispirato i poteri dei Dominant e le spettacolari battaglie al cardiopalma viste finora. Yoshida ci svela l’arcano:
«Per l'idea di una persona che si trasforma in qualcos’altro, anche qualcosa di gigante, a pensarci bene mi vengono in mente come prima ispirazione i Tokusatsu che guardavo da bambino, come Ultraman, Kamen Rider o Godzilla.
Anche un po’ Gundam, devo dire, per via del pilota che comanda il robot come il Dominant fa con l’Eikon. Anime come One Piece, Naruto, Evangelion o L’Attacco dei Giganti hanno però ispirato molto sia l’impatto scenico che soprattutto l’aspetto emozionale di queste trasformazioni.
Gran parte del nostro staff ama anime e manga e molti altri media, per questo, quando giocherete le battaglie tra Eikon, noterete molte fonti d’ispirazione diverse che sono saltate fuori durante lo sviluppo».
Minagawa ci tiene ad aggiungere: «Queste ispirazioni però non sono presenti perché qualcuno ha detto: 'Ok, questa battaglia deve somigliare a quest’opera', ma il tutto è avvenuto con naturalezza, perché queste fonti d’ispirazione erano nel DNA del nostro staff».
I segreti del Combat System e del party
Passando al gameplay di Final Fantasy XVI (potete già prenotarlo su Amazon), abbiamo voluto capire meglio quale fosse il cuore centrale del suo combat system e quanto la sinergia tra i poteri sia importante con così tanti Eikon da poter equipaggiare.
Yoshida ci inizia a spiegare: «Nel gioco potrete equipaggiare fino a tre poteri Eikon, avendo poi a disposizione tre abilità e sei attacchi speciali. Il focus sarà nel gestire i tempi di ricarica di questi attacchi mentre si combinano al meglio per creare combo sempre più efficaci. Ottenuti punti abilità combattendo, poi, si potrà scegliere se acquisire nuove abilità e attacchi speciali o potenziare quelli che già si possiedono».
Non soltanto le sinergie tra elementi, ma soprattutto la personalizzazione è uno degli aspetti più importanti del combat system di Final Fantasy XVI.
«Una volta che si avranno abbastanza poteri Eikon e abilità, starà al giocatore trovare la combinazione che più si adatta al suo stile di gioco» prosegue Yoshida. «Ognuno potrà personalizzare poteri Eikon e attacchi speciali equipaggiati come più preferisce e in base alle situazioni. Il sistema dei poteri Eikon è paragonabile a sistemi storici come il Job System o il Materia System ed è interamente basato sulla personalizzazione e la libertà data al giocatore nel gestire i propri strumenti offensivi».
Si è poi molto parlato, in passato, del party e della possibilità di usare altri personaggi oltre a Clive, oppure anche solo di gestirne il comportamento in battaglia. Sappiamo però che, tolto il fido Torgal, gli altri personaggi, come ad esempio Jill e Cid, agiranno per conto proprio e il giocatore utilizzerà soltanto Clive in combattimento.
Quello che però ci preme sapere è se potremo scegliere quale personaggio portarci dietro nelle nostre avventure, perché da fan storici di Final Fantasy riteniamo che, più che a livello di gameplay, avere con sé i membri del party sarà importante per poter approfondire i rapporti tra i personaggi e vederli evolvere a livello narrativo nel corso dell’avventura.
Per questo ci è parso importante sapere se Clive, quando si ritroverà a viaggiare per il mondo di Valisthea, potrà sempre avere dei compagni. In merito, Yoshida spiega:
«Come ho ricordato prima, la storia è stata il nostro focus principale nel creare Final Fantasy XVI e il nostro desiderio era che il giocatore si concentrasse su questa al 100%.
Quando dei personaggi accompagnano Clive, c’è sempre dietro un motivo, giustificato dalla narrativa, e per questa ragione abbiamo dovuto abbandonare l’idea di dare la possibilità ai giocatori di creare un party».
Quest’affermazione un po’ ci rattrista, perché avremmo voluto poter scegliere con quali personaggi andare all’avventura, ma Yoshida ci rincuora subito aggiungendo:
«I giocatori lo vedranno quando giocheranno, ma i membri all’interno del party parleranno continuamente tra loro portando la trama avanti, perché questa non è solo la storia di Clive, ma è la storia di Clive e dei suoi compagni: esploreranno il mondo insieme e cresceranno insieme.
Per creare alcune scene e avere l’effetto desiderato in certi momenti della storia, abbiamo dovuto scegliere di abbandonare la gestione del party. Ad ogni modo, so che nei trailer insieme a Clive si sono visti principalmente Jill e Cid, ma oltre a loro ci saranno moltissimi altri personaggi ad accompagnarlo.
Per il momento, però, non possiamo dirvi altro, altrimenti sarebbe uno spoiler!».
Nel dirlo, Yoshida se la ride insieme a Minagawa e Koji Fox.
Se in realtà Clive non sarà mai solo, ma ogni personaggio che lo accompagnerà e ogni interazione con questi servirà a portare avanti la storia, allora possiamo capire e accettare l’idea di non avere il party inteso in maniera tradizionale: il gioco vuole dare la priorità alla narrativa, anche in questo.
Il futuro di Final Fantasy
Giunti alla fine dell’intervista, abbiamo voluto chiedere a Yoshida e agli altri membri del team della Creative Business Unit III lì presenti una cosa che ci aveva incuriosito sin dalla prima presentazione del gioco.
Final Fantasy XVI è stato presentato con la frase: “L'eredità dei cristalli ha plasmato la nostra storia troppo a lungo”.
Oltre alle implicazioni nella narrativa del gioco, ci siamo chiesti fin da subito se questa frase volesse anche indicare un cambio di direzione per Final Fantasy in generale, la creazione di una direzione che loro vorrebbero che la saga prendesse in futuro, così da non rimanere troppo legata ai limiti imposti dal passato e da potersi evolvere verso nuove strade.
Yoshida prende la parola:
«Ci sono molte ragioni per cui abbiamo scelto quella frase quando eravamo ancora un team di trenta persone intente a progettare il gioco.
Il primo motivo era perché volevamo qualcosa che avesse un certo impatto nel pubblico, qualcosa che andasse contro quello che molte persone pensavano fosse Final Fantasy. La saga infatti è sempre stata legata ai cristalli e alla benedizione che essi portavano.
Stavolta volevamo fare qualcosa di diverso, qualcosa che rompesse questa tradizione legata ai cristalli».
Le impressioni di rottura con il passato della saga sono dunque esatte, ma queste vogliono anche tracciare una nuova direzione per il futuro di Final Fantasy.
Yoshida infatti continua dicendo:
«Tornando al discorso fatto in precedenza riguardo alle impressioni delle persone di tutto il mondo su cosa fosse Final Fantasy, c’è sempre questa sensazione per cui sembra che Final Fantasy debba essere per forza o in un modo o in un altro.
Noi invece volevamo far sapere ai giocatori che non esiste per forza un modo soltanto, che in realtà c’è molta libertà di creazione quando si crea un Final Fantasy. Per questo volevamo rompere le regole che le stesse persone hanno imposto alla saga».
Yoshida ci rivela inoltre come dovrebbe essere un Final Fantasy secondo il parere della persona più importante della saga, il suo creatore Hironobu Sakaguchi:
«Il padre di Final Fantasy, Hironobu Sakaguchi, mi ha detto una volta: 'Final Fantasy è quello che il director pensa sia la cosa migliore da fare in quel momento storico'. Non ci sono regole in realtà e c’è molta più libertà di quanto sembri.
Allontanandoci dalla tradizione dei cristalli stiamo facendo un Final Fantasy diverso, ma lo vogliamo fare diverso perché questo è quello che è Final Fantasy».
Parole che rispondono perfettamente all’eterno dibattito dei fan su cosa sia in realtà l’essenza di un Final Fantasy.
Infine, Yoshida non poteva concludere la nostra chiacchierata in un modo migliore se non dicendo: «Alla fine il nostro desiderio è solo quello che le persone di qualsiasi generazione si divertano con Final Fantasy XVI e si godano l’esperienza senza essere vincolati all’idea di cosa Final Fantasy debba essere”.
Ringraziamo Naoki Yoshida, Hiroshi Minagawa e Michael-Christopher Koji-Fox per averci concesso quest’intervista.