Come ampiamente prevedibile, già dal materiale promozionale e dalla demo, Final Fantasy XVI ha fatto incetta di premi del web: quelli dati dagli utenti a cui in fondo basta guardare qualche video o provarlo per qualche minuto per asserire che si tratta indiscutibilmente di un capolavoro irrinunciabile.
La recensione di Final Fantasy XVI ha evidenziato in parecchi punti che non è andata esattamente così, e che tra le trionfali fanfare pubblicitarie della vittoria anticipata e la realtà dei fatti c'è stata una gran bella differenza.
Ci sono state diverse scelte a monte molto discutibili, che hanno finito per ridurre il progetto a un conglomerato di ottime volontà rimaste parzialmente inespresse. Non c'è mai stato (e mai ci dovrebbe essere) un processo alle intenzioni, perché un'opera va valutata sempre per quella che è e mai per ciò che avremmo voluto.
L'invito è chiaramente rivolto anche ai fan della saga, che hanno visto nel tempo, capitolo dopo capitolo, una trasformazione lenta e inesorabile che ha condotto finanche a un radicale cambio di genere.
Ma cosa ha sbagliato Final Fantasy XVI e perché ci risulta impossibile tesserne le lodi in maniera sperticata?
Final Fantasy XVI e la semplificazione radicale che sa di banalizzazione
C'era un tempo in cui coi vecchi Final Fantasy ci si perdeva tra menù, equipaggiamenti, selezioni di Junction, Materia, abilità dalla Sferografia, statistiche, party, accessori per avere vantaggi o evitare malus e tutta quella serie di accorgimenti che facevano scegliere le strategie migliori ai giocatori.
Quei giochi sono ancora lì e nessuno ve li toglierà, e per quanto l'eterno nostalgico sia recalcitrante al cambiamento, e si senta in qualche modo anche "tradito", deve giocoforza comprendere che le aziende guardano solo al proprio fatturato e devono fare i conti col pubblico e le diverse esigenze di mercato che cambiano con una velocità impressionante.
E parliamoci chiaramente, di buono c'è tanto in Final Fantasy XVI (potete comprarlo su Amazon), che dopo i brutti scivoloni degli ultimi due capitoli principali della saga aveva davvero parecchio da farsi perdonare.
Final Fantasy XVI sceglie quindi di abbandonare del tutto il genere di origine e di cucire il suo vestito migliore attorno alle schematicità degli action. Come spiegavo nella recensione, stavolta l'abbandono di quelle meccaniche è palese anche a chi non vuol vedere: la componente ruolistica è stata talmente asciugata all'osso da essere pressoché non pervenuta, dai menù non bisogna impostare nulla di rilevante, basta comprare l'ultima arma o accessorio per vedere aumentare di poco le proprie statistiche e ogni vittoria (per lo meno nella prima lunga partita di circa ottanta ore, se vorrete fare tutto) si risolve con pochi attacchi da ruotare di continuo.
Potreste in qualche modo giustificare questa decisa virata asserendo che Final Fantasy XVI in fondo non è più un JRPG, e che per ammissione dello stesso team di sviluppo è adesso un action che non soddisferà l'intera fanbase.
Tuttavia non potrete fare a meno di notare che questo è vero solo in parte, perché l'avanzamento di gioco e la direzione scelta per l'avventura tradiscono in pieno questo voler marcare le differenze tra presente e passato, e si configurano in definitiva come elementi pesantemente ancorati al passato.
Cosa vuole essere allora Final Fantasy XVI, un action con la volontà di segnare una ripartenza della saga o qualcosa che sta in mezzo per paura di tagliare definitivamente legacci e catene col glorioso passato? La domanda diventa ancora più legittima se si osservano la regia, il tenore del racconto, i temi ricorrenti della saga, quel modo di guardare squisitamente al passato quando si costruiscono rapporti e suggestioni, e le continue strizzate d'occhio che il progetto fa qua e là durante tutta l'avventura.
Probabilmente si è ritenuto giusto agire in questo modo perché il fan va ancora stuzzicato in qualche modo, lasciando intendere che in fondo è ancora un Final Fantasy anche al di là del nome pesante che si porta appresso.
Ci sono però parecchie contraddizioni che vanno a sbattere con forza contro il muro della realtà, che vanno anche a frenare tutte le grandi ambizioni che sembravano trionfanti sin dalla sua genesi, quando ancora nessuno poteva intuirne la reale forma finale.
Ogni scelta ha delle conseguenze
Di una cosa possiamo essere certi: Final Fantasy XVI è un gioco che vorrebbe arrivare a tutti, anche a chi conosce a malapena la forma di un pad e potrebbe potenzialmente comprare il gioco solo perché ha un nome di grande richiamo. Questo lo si evince dalla scelta di impostare l'avventura in modalità facile, tarando tutto verso il basso e infischiandosene del fatto che lì fuori i giocatori sono diversi e hanno esigenze non proprio così elementari.
Mentre provavo giorno e notte Final Fantasy XVI mi sono sentito trattato da stupido, privato della possibilità di avere sin da subito un'opzione che invece mi è stata data solo dopo ottanta ore.
E sono piuttosto certo che vi sentirete allo stesso modo, quando risolverete ogni scontro senza nessun impegno e senza nessuna particolare abilità. Il che è piuttosto ironico se si pensa che il sistema di combattimento è stato creato da Ryota Suzuki, costretto a semplificare tutto per renderlo più "pop" possibile.
Questa scelta dimostra una profonda miopia e una grande contraddizione di fondo, perché se si vuole essere inclusivi con tutti abbassando l'asticella, come si può pensare che il resto dei giocatori possa essere contento?
Per quale motivo un giocatore dovrebbe usare combo un po' più elaborate, schivate con conseguente attacco punitivo, cancel, launcher, attacchi in salto prolungati, attacchi perfetti per contrastare quelli dei nemici e tutta una serie di finezze che si rivelano totalmente inutili ai fini dell'obiettivo?
Se basta semplicemente ruotare di continuo gli attacchi super degli Eikon per averla sempre vinta in ogni occasione, dove va a finire la presunta profondità dei combattimenti se non a ramengo? Cosa ce ne facciamo di una Ferrari se possiamo guidarla soltanto nel corridoio di casa nostra?
La modalità Final Fantasy, per stessa ammissione degli sviluppatori, era stata inizialmente pensata per essere la difficoltà standard di Final Fantasy XVI.
Sappiamo però com'è andata a finire, e a questo si accompagnano conseguenze tutt'altro che trascurabili, poiché trasformano l'intero gioco in una grande esperienza visiva in cui si va avanti col pilota automatico.
Non credete? Provate a non premere il quadrato durante i QTE e guardate cosa succede. Volete saperlo in anticipo? Ve lo dico subito: nulla. Non succede assolutamente nulla se non premete quel tasto, perché il gioco è lì ad aspettare i vostri comodi, come quando ho ricevuto una telefonata e sono tornato un quarto d'ora dopo a far avanzare il filmato camuffato in tutta serenità, col mio nemico che non avrebbe mai potuto vincere la battaglia.
In definitiva
Final Fantasy XVI dimostra di essere legato al passato anche per come presenta le missioni, con quel modo di piazzare le fetch quest in successione una dopo l'altra, non cambiando mai lo schema, proprio come si faceva un tempo.
Al giocatore viene chiesto di fare avanti indietro da un punto all'altro, spesso raccogliendo delle piante o ingredienti qua e là o discutere con un paio di personaggi che dimenticherete ben presto. E questo succede anche con le primarie, quando arriverete a circa tre quarti della storia principale, perché serve rimpolpare. Ormai serve sempre, se vuoi dire al pubblico che il tuo gioco dura tanto.
Frizzi, lazzi e spettacolarità fine a se stessa daranno una grandissima mano alle vendite, su questo possiamo metterci la mano sul fuoco, perché siamo nell'epoca delle apparenze che contano più della sostanza. E Final Fantasy XVI appare agli occhi di tutti in maniera superba, non c'è che dire, anche se questo significa ridurre i dungeon a semplici corridoi per fini registici e gli scontri tra Eikon a un insieme di esagerazioni in contrasto coi toni della prima metà dell'ottimo racconto.
Non siamo così tanto sicuri che che Square Enix proseguirà su questa strada, perché tutto dipenderà dalle vendite e dalla ricezione che il progetto avrà nel mondo. Diciamo però che sarebbe un gran peccato gettare tutto alle ortiche, perché questo cambio totale di genere sta portando in dote un'impronta ben riconoscibile, che coi dovuti accorgimenti potrebbe sul serio funzionare alla grande.
Si tratta di un nuovo inizio, è vero, ma partire col freno a mano tirato ha avuto l'effetto di ridimensionare una grandiosità che era solo supposta e non veramente reale.