The Last Case of Benedict Fox | Recensione - Investigazione fallita
The Last Case of Benedict Fox è un prodotto poco rifinito dal punto di vista tecnico e da quello del sistema di gioco. Ecco la nostra recensione.
a cura di Domenico Musicò
Deputy Editor
In sintesi
- Atmosfera di grande mistero, con toni cupi
- Sistema di gioco con tante imprecisioni
- Tecnicamente si notano non poche sbavature
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Plot Twist
- Produttore: Rogue Games
- Distributore: Microsoft
- Testato su: PC
- Piattaforme: PC , XSX
- Generi: Avventura , Metroidvania
- Data di uscita: 27 aprile 2023
The Last Case of Benedict Fox è uno di quegli indie che al momento della presentazione ci aveva fatto brillare gli occhi, perché si percepiva chiaramente la scintilla di qualcosa di unico.
Non tanto per l'ormai sin troppo sbandierata vicinanza (solo presunta, purtroppo) alle opere di Lovecraft e alle atmosfere indimenticabili da lui create, ma per lo stile di gioco che sembrava poter elevare – da solo – questo atipico metroidvania rispetto agli altri titoli dello stesso genere.
Come sempre più spesso accade di testimoniare quando si appaia il materiale promozionale alla qualità effettiva riscontrata solo all'uscita (questo speciale dovrebbe farvi riflettere), The Last Case of Benedict Fox è un altro di quei giochi destinati a essere ricordati più per le loro mancanze, che non per le loro discrete qualità.
The Last Case of Benedict Fox, storia di un indagatore dell'incubo
The Last Case of Benedict Fox può di primo acchito sembrare ciò che non è, e basta già la prima mezz'ora per capire che di lovecraftiano, nel gioco, non c'è davvero granché (trovate su Amazon l'opera completa di Lovecraft). Se si eccettuano un paio di creature mostruose che alla lontana possono ricordare le iconiche figure di Innsmouth, i blandi riferimenti all'Ordine Esoterico di Dagon o a certe latitudini remote che ospitano esseri grotteschi, nell'opera di Plot Twist si viaggia in verità verso altri lidi. Sono quelli dell'ignoto della coscienza umana, da indagare scrupolosamente mentre ci si cala nell'agglomerato residuo delle memorie perdute delle persone coinvolte loro malgrado nella storia del protagonista.
The Last Case of Benedict Fox racconta delle indagini dell'autoproclamato detective privato che dà il nome al gioco, determinato a riportare alla luce quello che appare essere un ingarbugliato mistero che coinvolge direttamente anche suo padre. Siamo nell'immediato dopoguerra e, in una dimensione fittizia dove Ordini dell'Ignoto sembrano avere interessi nell'occulto e nelle macchinazioni sottotraccia che possono far accedere una ristretta cerchia di uomini a informazioni di grande interesse, atroci delitti si sono consumati senza lasciare traccia apparente.
In The Last Case of Benedict Fox, il protagonista è come tormentato da un'oscura presenza, da un compagno che lo abita, da una figura evanescente che – come vedremo – avrà un ruolo chiave anche su diversi aspetti del sistema di gioco. La sua funzione ricorda alla lontana quella de La Tenebra in The Darkness, entità del caos che vive in simbiosi con Jackie Estacado. E le abilità del protagonista dipendono in larga misura proprio dalle possibilità che essa è in grado di fornire al detective dell'occulto.
Per i giocatori più abili, o per quelli che sono stati forgiati dai giochi vecchio stile in cui non c'è sempre un dannato indicatore a imboccarli come dei bambini, l'avventura è terminabile in circa cinque o sei ore. Per tutti gli altri, bisogna invece specificare che a volte il gioco potrebbe lasciarvi in balia di voi stessi, costringendovi a tentare più approcci prima di capire sul serio come agire, con buona pace di chi negli ultimi anni è stato abituato a una marea di semplificazioni.
Non riteniamo che questo sia un difetto, nemmeno alla lontana. Si tratta semplicemente di un approccio deciso a monte dagli sviluppatori, che si appaia proprio alle velleità investigative del protagonista, costretto a trovare la quadra per scoprire ciò che è successo lungo un percorso di continue e graduali rivelazioni che è molto accidentato e mai davvero dritto al punto.
Semmai è della storia che bisognerebbe lamentarsi, la quale risulta essere sbrigativa nel suo prologo, poco soddisfacente nel finale e solo di discreta fattura nella gestione dei colpi di scena nel troncone centrale. Potrete seguire serenamente il racconto grazie all'ausilio della lingua in italiano, con sottotitoli puntuali anche nelle descrizioni di oggetti ed enigmi.
La sovrabbondanza di oggetti poco utili è un'altra dimostrazione di come si sia scelto di delegare a degli asset di poco conto alcuni dettagli che invece avrebbero trovato più ampio respiro negli ambienti. E questo lo diciamo perché gran parte delle aree di gioco sono ambientate proprio negli oscuri recessi delle memorie di chi è passato a miglior vita.
L'avventura si estende lungo una duplice dimensione che s'intreccia in continuazione: quella reale, che vede la villa di famiglia con numerose porte chiuse da lucchetti, numeri e strani simboli di difficile lettura; e quella che potremo invece chiamare onirica, estesa in macro aree dalla tipica struttura da metroidvania (trovate su Amazon l'ottimo Metroid Dread), con punti accessibili solo quando lo sblocco di certe abilità diventerà effettivo.
Un gameplay impreciso e poco soddisfacente
Sebbene siano da apprezzare gli enigmi non scontati e spesso legati al reperimento di determinati indizi lungo le aree di gioco, non è possibile chiudere un occhio sui tanti difetti che affliggono la produzione. Non si tratta infatti di problematiche di poco conto, risolvibili tramite patch o su cui alla lunga ci si abitua senza che l'esperienza di gioco venga gravemente compromessa. Ci sono talmente tante imprecisioni nel sistema di gioco, e talmente sommaria è la ripulitura del codice finale, che alcuni parametri fondanti legati a hitbox, input e precisione generale ne escono irrimediabilmente guasti.
In The Last Case of Benedict Fox tutto questo va a influire anche su determinate sezioni di gioco che potrebbe sembrare mal calcolate, ma che invece sono vittima della legnosità del sistema di controllo. Nella fattispecie, Benedict è piuttosto impacciato mentre balza da una piattaforma all'altra, mentre l'uso del doppio salto va talvolta a vuoto o non è esattamente reattivo come dovrebbe. Lo stesso vale per l'attacco e per la reattività generale, non certamente tra le migliori.
Se ad esempio mirare con la pistola e sparare un singolo colpo è un'azione più facile da controllare grazie al fatto che il tempo viene rallentato per qualche attimo, lo stesso non si può dire per tutto il resto. L'entità che si muove assieme al protagonista vi concede la possibilità di innalzare una sorta di scudo, o di scaraventare per aria il nemico o di saltare per poi rituffarvi con violenza verso il basso, ma non avrete mai la sensazione che tutto avvenga con la fluidità prevista.
Per gli attacchi vale lo stesso discorso, con l'aggravante che le hitbox non sono esattamente tra le più precise, e si avverte a più riprese una certa insoddisfazione nel non andare a segno con rapidità quando per esempio si viene accerchiati dai nemici, soprattutto in determinate sezioni di sbarramento.
Proprio queste, che ad onor del vero non sono tante, possono causare frustrazione per via della lentezza con cui le azioni vengono esperite, portando a dei game over non imputabili direttamente all'abilità del giocatore, che anzi deve sopportare il fiatone rauco promanato da un gameplay affaticato e mai agile.
A corollario delle debolezze del sistema di gioco, troviamo anche un comparto tecnico poco rifinito, che a dispetto di uno stile di gioco asciutto a suo modo identitario, sfoggia – si fa per dire – una modellazione poligonale non sempre così elaborata, con un design dei mostri poco ispirato e alcune sezioni in cui si verificano compenetrazioni, bug e glitch.
La struttura da metroidvania, sebbene non così elaborata, lascia spazio a numerosi ritorni nelle aree proposte, complice il buon posizionamento di checkpoint per il viaggio rapido e per salvare i progressi senza perdere ciò che con fatica si è guadagnato. Poco lusinghiero, infine, il giudizio sulla progressione delle abilità, delegata a un albero spogliato dai propri rami che non concede spazio alla personalizzazione.
Voto Recensione di The Last Case of Benedict Fox | Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Struttura di gioco non banale, a cavallo tra realtà e mondo interiore da indagare
Contro
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Comparto tecnico poco rifinito
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Gameplay grezzo, con sin troppe imperfezioni
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Hitbox talvolta approssimative, così come la precisione degli input per salti e attacchi