Abbiamo perso il conto di tutte le volte che abbiamo detto agli appassionati di non preordinare nulla, perché non si può mai sapere come sarà il prodotto che si ritroveranno tra le mani o quali possono essere le sue reali problematiche.
Questo dato di fatto è diventato ancora più vero alla luce di tutto ciò che sta succedendo ormai da diversi anni: giochi che arrivano puntualmente incompleti, da rifinire per bene, e che richiedono tempo extra agli sviluppatori anche dopo l'uscita, con buona pace di chi ha ritenuto opportuno offrire la propria piena fiducia e i propri sudati risparmi.
Si potrebbe dire che adesso le opere sono molto più grandi rispetto a prima, mastodontiche, con una miriade di variabili molto difficili da tenere sotto controllo senza che accada qualcosa di imponderabile. Questa è però solo una parte della verità, perché è importante dire che non è più accettabile spendere ottanta euro sulla fiducia per avere qualcosa che forse, un domani, verrà sistemato. E non è neanche detto ciò avvenga pienamente o con tutte le buone intenzioni del caso.
Tempi moderni e disastri annunciati divenuti normalità
Si può dare la colpa al marketing ingannevole ed esageratamente pompato, alle promesse puntualmente disattese, all'avidità delle aziende. Ma perché per una volta non incolpate anche voi stessi, che fate sì che queste pratiche continuino ad andare avanti impunite mentre vi fate travolgere dalla febbre dell'hype? Perché il giocatore non si ferma un attimo a pensare che senza i suoi soldi le grandi aziende saranno costrette a fermarsi e a rivedere certi modelli di produzione che conducono a pratiche poco corrette e non trasparenti?
Il consumatore ha l'arma più potente di tutte e non la usa mai, scegliendo al contrario di lamentarsi tutte le volte perché ha speso soldi e non sta giocando a quello che si aspettava, che così è un'ingiustizia, che è sempre maltrattato. Chiaramente questo non succede sempre, ma gli episodi stanno aumentando talmente tanto che si sta andando via via verso una situazione di normalità tossica, tacitamente accettata da tutte le parti coinvolte. Quando è iniziato tutto questo? E cosa si può fare per invertire la tendenza?
All'epoca dei floppy disk, delle cassette, delle cartucce, dei CD e dei DVD non potevi sbagliare. Non avevi modo di correggere eventuali difetti marchiani o bug in grado di farti bloccare per sempre o rompere letteralmente il gioco. C'era un'attenzione maggiore? C'era una migliore etica del lavoro e più onestà? Non proprio. Andiamo con ordine e cerchiamo un attimo di capire come si è evoluta la tecnologia a supporto dello sviluppatore e come le aziende ne hanno approfittato e hanno alzato sempre di più l'asticella del disgusto.
Non c'è un reale rovescio della medaglia nell'evoluzione tecnologica, ma è l'uso sconsiderato da parte dell'uomo che apre scenari non sempre così benefici. L'introduzione della connessione perpetua, dopo le prime ingiustificate resistenze di chi teme il futuro, ha di fatto portato numerosi vantaggi e al contempo ha aperto le porte alla possibilità di intervenire tramite patch per correggere piccole imperfezioni.
Col tempo, come ormai testimoniato anche dalle ultime uscite e da una marea di prodotti degli scorsi anni, le aziende si sono appoggiate a questa nuova possibilità per far uscire giochi in beta (o in stato persino peggiore) che poi sarebbero stati aggiornati man mano, lasciando i consumatori a chiedersi se si trattasse soltanto di un brutto scherzo.
Senza guardarci troppo indietro, basterebbe osservare in quale stato versa ancora la versione PC di The Last of Us, che a un mese di distanza dall'arrivo sul mercato è ancora in un mare di guai. Ci siamo lamentati del comparto tecnico di Redfall che è ingiustificabile, e anche dell'ultimo Star Wars (lo trovate su Amazon in versione PS5, casomai voleste saggiare la cosa).
A proposito di quest'ultimo in versione PC, la lettera di scuse è la classica toppa che è peggio del buco, perché viene detto in modo chiaro che il team di sviluppo è «Pienamente a conoscenza dei problemi tecnici del gioco» e che «Non esiste una soluzione unica e ci vorrà del tempo», spiegando anche che il motivo sarebbe da imputare alle diverse tipologie di configurazioni e di conseguenza anche alle tempistiche dilatate per una corretta e più attenta ottimizzazione.
Non è necessariamente colpa di Respawn o di Arkane o di altre illustri vittime, perché dovete sempre ricordarvi che lo sviluppatore si trova suo malgrado tra l'incudine di chi decide dall'alto e il martello di chi ha investito denaro su un progetto. A volerla vedere da un'altra prospettiva, si potrebbe anche affermare che le lettere di scusa sono come un voler dire: «Sì, lo sappiamo bene, ma abbiamo le mani legate e il massimo che possiamo fare è continuare a perfezionare un prodotto che sarebbe dovuto rimanere ai box per molto più tempo».
Poco importa se nel frattempo quel gioco lo avete già finito e lo avete messo da parte per passare al prossimo, e poco importa (a loro) se la vostra esperienza non è stata tra le migliori, perché nel frattempo i soldi li hanno incassati – e quindi pazienza, dai, la prossima volta vi promettiamo che andrà meglio e vi chiederemo di fidarvi perché abbiamo appreso dai nostri errori. E via che il circo ricomincia, fino alla prossima scusa raccontata alla buona.
L'importanza del filtro della critica
Abbiamo spiegato nella nostra recensione di Star Wars Jedi: Survivor che anche su PS5 la situazione non è esattamente rosea, e tutte le volte che ci è stato concesso dalle aziende con altri titoli (dipende dal codice inviato per la review, ndr), siamo sempre stati puntuali nell'avvisarvi che qualcosa non stava esattamente andando per il verso giusto.
Proprio a questo punto è di importanza capitale sottolineare della funzione di filtro della stampa e degli operatori del settore, unica via per non pendere dalle labbra delle aziende che in fondo hanno solo la necessità di vendere il prodotto e sono disposte a fare quello che serve pur di portare a casa il risultato, anche usare come megafono chi ha il ruolo di influenzarvi.
Devono farlo perché il mercato è cambiato parecchio e si è trasformato in qualcos'altro, si è ampliato a livelli mastodontici e continua ancora a crescere, e gli attori da tempo non sono più solo piccole aziende o gruppi di appassionati che programmano dal proprio garage o dal PC della propria stanzetta. Dietro ci sono mega corporazioni, giganti della big tech, investitori a cui dare conto e da cui si dipende, interessi nell'alta finanza, gruppi e major che inglobano altre enormi realtà. Il rispetto del consumatore si misura in corde tirate e limiti della sopportazione e, a quanto pare, visto che ogni scandalo non porta a nessuna inversione di tendenza, va benissimo così.
L'indipendenza della stampa di settore è dunque vitale e resta importantissima per disinnescare pratiche simili che fanno male solo al consumatore, e d'altra parte il nostro mondo iperconnesso dà tutti gli strumenti che servono per evitare di cadere in tentazione o in errore, lasciandosi prendere da urgenze e premure che ormai riteniamo davvero ingiustificabili.
Persino uno sprovveduto può informarsi a sufficienza per porre un freno alla propria libidine videoludica, ma evidentemente non lo si vuole fare a sufficienza e si preferisce lamentarsi su un social, urlando alla propria minuscola cerchia che questo settore è ormai andato in malora e che ormai videogiocare non è più come una volta.
Dobbiamo anche dirvi un'altra verità: questo filtro della stampa specializzata è molto temuto da quelle aziende che talvolta hanno qualcosa da tenere sotto il tappeto fino all'ultimo e sono coinvolte in gestazioni assai problematiche, e molto spesso c'è del dolo (avete letto bene: dolo) nel mandare i giochi solo all'ultimo minuto, in modo tale che i professionisti del settore non riescano in tempo a giocare a fondo, scrivere e avvertirvi di stare molto attenti a cosa state per acquistare. Dietro ogni dichiarazione che fa finta di coinvolgere giocatori, influencer e giornalisti per provare tutti allo stesso tempo un prodotto, c'è spesso solo una volontà di eliminare delle dighe che evitano sempre di farvi travolgere da uno tsunami.
La mancanza di rispetto, in questo caso, è duplice: per voi consumatori, perché vi viene occultata la verità; per noi della stampa, perché ci viene messo il bastone tra le ruote e ci vengono forniti embarghi impossibili da rispettare (ma questo è un altro discorso ancora, di cui vi parleremo a tempo debito e senza troppi giri di parole).
Tutto questo viene fatto scientemente quando un gioco ha dei problemi, perché in questo modo non avrete il tempo di annullare i vostri preordini e spesso desisterete dal farvi rimborsare perché quel gioco non è in fin dei conti un disastro totale e vi farete persino andare bene il vostro acquisto. Nessuno potrà avvisarvi in tempo, i soldi li avrete spesi, il day one sarà già scaduto e rimarrete lì appesi nella speranza che delle patch risolutive possano essere sufficientemente riparatrici.
In definitiva
Abbiamo visto come talvolta ci sia addirittura uno scollamento totale tra capi d'azienda e sviluppatori, con questi ultimi che sono spesso delle vittime sacrificali tanto quanto i giocatori. Vengono richieste loro delle tempistiche impossibili da rispettare, vengono imposte delle scadenze che non corrispondono a quelle necessarie per il completamento di un'opera con tutti i crismi, e in ultima battuta si fa il possibile per portare a casa capra e cavoli nonostante ritmi folli e richieste insensate.
E se d'improvviso questi anni fiscali li faceste finire malissimo proprio voi? Se la gente smettesse di comprare sulla fiducia (quale fiducia poi, se è continuamente tradita?) e mandasse in rosso queste grandi aziende, pensate sul serio che la tendenza rimarrebbe identica a quella di adesso?
Sappiamo benissimo che non accadrà mai e che anzi la situazione diventerà ancora meno sostenibile, perché per ogni consumatore informato ce n'è almeno un migliaio che fa scattare il pre-ordine dopo una pubblicità alla tv, dopo una campagna social ben studiata o dopo aver visto un video tutto lustrini e paillettes, giustificando indirettamente questo modus operandi che va anche a scapito di chi questa valanga prova tutti i giorni a fermarla a mani nude.