Mediterranea Inferno | Recensione – Un viaggio in Puglia alla ricerca di se stessi
Mediterranea Inferno è un viaggio onirico e glamour verso la Puglia, con i tre protagonisti che cercano di decifrare il loro futuro: vediamo la recensione.
a cura di Pia Colucci
Redattrice
In sintesi
- Un'avventura narrativa con brillanti riflessioni di straordinaria attualità sulla nostra generazione
- Dopo il riuscito Milky Way Prince, stavolta l'autore ci porta in Puglia
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Eyeguys, Lorenzo Redaelli
- Produttore: Santa Ragione
- Distributore: Santa Ragione
- Testato su: PC
- Piattaforme: PC , SWITCH , PS4 , PS5 , XSX
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 24 agosto 2023 - 5 marzo 2024 (Switch, PS4, PS5, Xbox)
Uno dei “poteri” che vengono attribuiti ai videogiochi è quello del viaggio. Un viaggio immaginario in posti sia fedeli alla realtà che fantastici: l’effetto catalizzatore è quello che ci resta più impresso in un’opera videoludica.
Questa possibilità mi ha sempre affascinato e ho sempre cercato videogiochi che potessero catapultarmi in qualche parte nel mondo, ma non solo.
Più di dieci anni fa inserivo nella mia ormai vetusta PS3 il blu-ray di Assassin’s Creed II; avevo sentito parlare troppo bene dell’opera di Ubisoft e quindi decisi di provarla. Ma non erano state solo le lodi della trama e del gameplay a convincermi: la storia di Ezio Auditore era ambientata in Italia e – tolta qualche eccezione – resta una rarità per noi giocare ad un videogioco ambientato nel nostro Paese.
Assassin’s Creed II mi rimase nella mente per mesi proprio perché avevo visitato – seppur virtualmente – due città famose come Firenze e Venezia, riprodotte in maniera fedele all’ambiente Rinascimentale del tempo. Non a caso, quando visitai effettivamente le due città ripensai davvero tanto al “mio” Ezio Auditore, a quando abbiamo scalato insieme la replica esatta del Campanile di Giotto.
In ogni caso i videogiochi, quando l’Italia viene riprodotta o anche solo un po’ accennata, contemplano i luoghi più famosi e riconoscibili da tutti: pensiamo alle strade di Roma o all’incantevole Costiera Amalfitana (ve la ricordate in Hitman?). Ben pochi videogiochi vanno oltre e si addentrano nelle vie dei paesini torridi del sud o nel folklore dei racconti popolari.
Qualcuno ci è riuscito e ha portato una ventata di aria fresca nel panorama videoludico italiano: un recente esempio è Saturnalia (qui la nostra recensione), videogioco ambientato in Sardegna.
Il team di Santa Ragione (publisher di Saturnalia appunto, Wheels of Aurelia e altri titoli) però, ha continuato ad evolvere e a ricercare storie parallele che alimentano scenari desolanti e rustici, in un’Italia che nei videogiochi può essere palcoscenico di prim’ordine proprio per via delle sue differenze e complessità.
Come avevo accennato prima, con i videogiochi ho sempre cercato di accorciare le distanze verso posti per me geograficamente poco accessibili e lontani, e il medium era un mezzo per facilitare questa lontananza difficile da colmare (se non con molti soldi a disposizione): tuttavia, non mi è mai capitato – nella mia lunga esperienza di videogiocatrice – di muovermi all’interno di un videogioco che avesse come ambientazione quella di casa mia. La Puglia.
La Puglia è esplosa, come diciamo spesso, negli ultimi anni, grazie a sagge mosse che hanno virato sul turismo e sulla ristorazione. La mia regione è diventata meta ambita di molti italiani e stranieri per via della cucina, dei paesaggi mozzafiato e del mare da sogno in cui tuffarsi.
Non ho mai sentito la voglia di visitare la mia regione in modi diversi, mi bastava semplicemente uscire di casa e tutto poteva essere a portata di mano.
Ma una necessità di ritrovare la Puglia in ogni dove è nata, mio malgrado, quando ho dovuto trasferirmi in un’altra regione per questioni lavorative.
Per questo motivo, laddove non arrivano i libri e i film, ecco che con la loro impetuosa forza narrativa arrivano le opere videoludiche: lavori interattivi che riescono nel loro intento, trasportando il videogiocatore, in maniera catartica, in luoghi da sogno che diventano contenitore di storie e passioni.
È anche il caso del gioco di cui parliamo oggi, che a modo suo mi ha riportata a casa. E questa recensione, così diversa dal solito, è il racconto di com'è andato questo viaggio.
Oh Puglia mia...
«... Ti porto nel cuore quando vado via», cantava Caparezza nella sua celebre Vieni a Ballare in Puglia, descrivendo la triste decadenza del tacco d’Italia mascherata da allegri e gioiosi stornelli e pizziche popolari.
Ho canticchiato spesso questa canzone mentre giocavo alla visual novel creata da quel prezioso talento dal nome Lorenzo Redaelli. Sì, perché il ballo e la movida sono alla base di tutto: è proprio dalla movida milanese che nasce la storia di Claudio, Mida e Andrea, i tre personaggi principali della nostra vicenda.
Il lockdown e le discoteche chiuse portano a dividere i tre ragazzi che approfittano di quel tempo per ritirarsi nel privato dei propri angusti monolocali, in una Milano irriconoscibile e spettrale.
Due anni dopo la pandemia, i protagonisti cercano di riaccendere la loro amicizia con un viaggio tra le spiagge e la campagna arida pugliese; ad un certo punto, uno dei tre Ragazzi del Sole si sarà posto la terribile domanda che un po’ scansiamo (odiamo?) tutti: «Cosa facciamo a Ferragosto?».
Proprio in quell’istante si sarà ricordato della casa vuota di suo nonno a Martina Franca, un piccolo paese immerso in Valle D’Itria, tra le province di Brindisi e Taranto. Gli altri due ragazzi accettano, eccitati all'idea di passare il Ferragosto nel suggestivo “tacco d’Italia”.
Questa esperienza li aiuterà a riavvicinarsi o metterà in luce la fragilità dei loro rapporti? La storia culmina proprio a ridosso di Ferragosto, una data simbolica per i credenti, il 15 agosto è il giorno dell'Assunzione, con la festa religiosa intrinsecamente legata alle storie personali dei personaggi e alla loro ricerca di redenzione.
Madonne chiuse in una teca
Nella sua canzone Lo Stretto Necessario, la cantautrice Levante parla della sua Sicilia e lo fa con alcuni versi che un po’ ricordano anche i paesaggi pugliesi, in quanto le due regioni non sono identiche ma per alcuni versi simili: «Le Madonne chiuse in una teca, le tende spiegate, casa mia sembra una nave».
È una frase che ho spesso pensato e ripensato giocando a Mediterranea Inferno e solitamente non faccio mai parallelismi tra musica e videogiochi. Con il titolo di Redaelli tutto quanto è avvenuto in maniera silenziosa e spontanea, proprio perché la rappresentazione così fedele di un posto natìo è in grado di stimolare sensazioni, emozioni, ricordi e perfino di rievocare canzoni che hanno avuto spazio nella nostra vita.
Ed è proprio da una Madonna in una teca che parte il viaggio dei “Ragazzi del Sole”. È agosto 2022 quando i tre decidono realizzare la loro piccola fuga pugliese, nel casolare del nonno di Claudio scomparso durante la pandemia.
Immersi nella campagna di Martina Franca, i tre ragazzi riflettono su loro stessi, sulle loro paure, sulla loro sessualità e le esperienze traumatiche vissute.
È un racconto corale e generazionale, perché i tre ragazzi nutrono speranze e disillusioni condivise da molti di noi, incertezza riguardo al futuro e smarrimento provato sul finire della pandemia, tra titubanze e paura.
Seguendo gli stilemi di una visual novel tradizionale, ci sono diversi bivi narrativi che possiamo intraprendere. Una creatura fantastica chiamata Madama approccia i protagonisti e li introduce ai miraggi.
I miraggi sono rappresentati sotto forma di frutti tipici del sud Italia e non solo, i fichi d’India, famosi per essere dei frutti resistenti al clima arido. Succhiare la polpa di un fico d’India catapulterà colui che lo mangerà in un vero e proprio sogno lucido. Secondo da promessa fatta da Madama, colui che ne mangerà quattro entro il 15 agosto, ascenderà in Paradiso.
Ovviamente la scelta ricadrà solo su uno dei tre ragazzi: quale storia vogliamo scoprire? Quale dei tre ci intriga di più e a chi ci sentiamo più vicini? Ci abbandoniamo ad avventure passionali o andiamo a visitare la celebre città bianca, Ostuni?
Il mondo in cui il racconto è strutturato permette al videogiocatore di compiere delle scelte, ma lascia anche spazio per un eventuale ritorno in Mediterranea Inferno, per scoprire quali sono le scelte e le sorti degli altri due protagonisti, tramite un sistema di avanzamento veloce di animazioni e dialoghi.
Tra sacro e profano
Sembra quasi banale dirlo, ma Mediterranea Inferno (forse anche più del precedente Milky Way Prince, dello stesso autore) non è un gioco per tutti; chiaro, nel mondo videoludico non esiste un videogioco che possa andar bene a tutti, ma Redaelli con coraggio si spinge verso alcuni confini che spesso sono stati valicati solo da pochi game designer, parlando liberamente di sessualità e di una generazionale ansia da prestazione, di incertezze e anemie emozionali – il che non è qualcosa di semplice.
Una terra poco battuta ma necessaria da percorrere, perché – come ho detto all’inizio di questa recensione – il videogioco ha un potere unico nel suo genere: ti trasporta in luoghi e sensazioni. Diventa linguaggio comune per tutti, attraverso i colori acidi, le vignette veloci che compongono le schermate, le risposte multiple e i diversi finali. È un messaggio che, veicolato dall'interazione, arriva a tutti. Sta a noi ascoltarlo o voltarci dall’altra parte.
Per quanto concerne l'art direction, le scelte operate dall'autore sono particolarissime e attente a qualsiasi dettaglio della cultura pop e folkloristica italiana. Riferimenti ad alcune icone del nostro Bel Paese ci possono strappare un sorriso e ci fanno stare un po’ più attenti ai piccoli dettagli su schermo (un po’ come quando ci si diverte a scovare l’easter egg sugli sfondi della serie di Zerocalcare, ndr).
Qualcuno canterà Se Telefonando di Mina e questo non può non strapparci un sorriso. In ogni caso, a oggi stando alle indicazioni di Steam (è passato qualche tempo dal lancio della build review a cui abbiamo giocato) dovrebbero essere presenti anche i testi nella nostra lingua.
Menzione d’onore va alla colonna sonora che è ricercata, in alcuni casi sinistra e in altri catartica; si evolve seguendo l’arco narrativo della storia, gli sviluppi e gli stati d’animo dei protagonisti. Non potevano mancare sonorità un po’ italodisco che hanno ricordato i vecchi successi del grande Giorgio Moroder.
La durata di una run si piazza intorno alle tre ore, ma come accennavamo il titolo prevede una ampia rigiocabilità per via delle ramificazioni narrative e delle possibilità di scelta.
Mediterranea Inferno è una lode all’Italia di oggi, che non è solo il Paese delle distese di ulivi o delle alcoliche serate meneghine. Lorenzo Redaelli manda un forte messaggio all’Italia istituzionale, così poco aperta e bigotta verso la comunità LGBTQ+ e le altre minoranze. I personaggi si muovono quindi incerti, accompagnati da frustrazione e minority stress – non indifferente perché ad ignorarci sono proprio le persone che dall’altro dovrebbero tutelarci.
Ecco che così l'opera valica i muretti a secco ed entra con forza nelle nostre attualità, un po’ come se rompesse la “quarta parete” videoludica, parlandoci e guardandoci negli occhi. Apprendiamo, ci portiamo a casa un messaggio importante – che è quello di avere coraggio. Sempre.
Voto Recensione di Mediterranea Inferno | Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Diversi temi importanti trattati con chiarezza e coraggio
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Tanti riferimenti alla cultura pop e al folklore italiano
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Direzione artistica davvero molto ispirata
Contro
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Poche interazioni limitate più che altro alla fase dei miraggi
Commento
È tremendamente crudo nelle sue realtà e verità che anche io – come i giovani protagonisti – cerco sempre nel familiare muro bianco, nelle vie anguste, nell’angolo di mare e nella terra rossa di campagna, per ritrovare me stessa e le mie origini: casa, l’unica cosa granitica, definitiva, che mi tiene ancorata al mondo.