L'ex presidente di PlayStation US Shawn Layden è intervenuto sul tema della conservazione dei videogiochi durante una chiacchierata con Lan Parties, affermando che i grandi operatori del settore dovrebbero fare di più per contribuire alla preservazione dei loro progetti.
Del resto, i videogiochi hanno un problema con la preservazione, e uno studio rivela che la stragrande maggioranza dei giochi classici non viene più stampata.
Come riportato anche da VGC, Layden ha infatti spiegato: «La conservazione è importante. Spero che un maggior numero di persone nell'industria, sicuramente i grandi operatori, comincino a rendersi conto che c'è un obbligo e una responsabilità».
E ancora: «Non è roba da buttare quella che stiamo producendo. È roba che dovrebbe rimanere in circolazione per molto tempo, perché le generazioni future ne godranno come noi, ed è criminale che non si faccia di più per proteggerla.»
Sony, in particolare, è stata attaccata per il suo scarso atteggiamento nei confronti della conservazione dei giochi, avendo inizialmente annunciato l'intenzione di chiudere gli store di PSP, PS Vita e PS3 a marzo 2021.
L'annuncio è stato accolto da una forte reazione da parte dei giocatori e degli addetti ai lavori, che ha portato il detentore del formato a confermare che gli store per Vita e PS3 sarebbero rimasti aperti.
Nel frattempo, Layden ha anche condiviso il suo punto di vista sul consolidamento, suggerendo che esso influisce negativamente sulla creatività, un concetto che l'ex dirigente di Sony ha espresso in più di un'occasione.
«La mia preoccupazione riguardo al consolidamento è che spesso ha un impatto sulla creatività. [...] Mi preoccupa anche il fatto che gli studios vengano acquistati e che, invece di consentire la creazione del loro gioco, vengano assorbiti in un'impresa più grande che sta realizzando un gioco più grande [...]».
Il tema è stato trattato negli anni anche da nomi illustri come Hideo Kojima e l'ormai ex PlatinumGames Hideki Kamiya, tanto per citarne un paio.
Ricordiamo che sempre Layden ritiene che non ci sia solo un problema di «prezzi bassi», ma anche di costi di sviluppo troppo elevati.
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