Prima, durante e dopo l'uscita di Final Fantasy XVI si è discusso molto dell'essenza stessa dei JRPG, con molte voci autorevoli che hanno detto la loro.
Il sedicesimo capitolo della fantasia finale, che trovate su Amazon al miglior prezzo, ha in questo senso dato una percezione del tutto nuova del genere.
La tanto chiacchierata svolta action® è stata al centro di molte critiche, perché risultata troppo lontana da quella che è l'essenza dei Final Fantasy secondo molti.
Sebbene anche il suo creatore, Hironobu Sakaguchi, abbia detto che non c'è esattamente un canone per definire quello che è un "vero" Final Fantasy, si discute ancora molto della loro natura.
Tanto che Naoki Yoshida è arrivato a dire di non definire Final Fantasy XVI un "JRPG" perché, secondo il director, è addirittura discriminatorio.
Ma Hideki Kamiya non è affatto d'accordo.
Il fumantino director di Platinum Games, i cui giochi dall'azione sfrenata sono stati spesso accostati per altro a Final Fantasy XVI in modo dispregiativo, ha dichiarato che l'industria giapponese deve essere fiera del termine JRPG (tramite VGC).
E, se proprio non si vuole usare questa definizione perché la si ritiene offensiva, ne ha una nuova da utilizzare: J-Action.
«Ho un sentimento positivo quando si tratta del termine JRPG. In effetti, penso che sia qualcosa di cui dovremmo essere orgogliosi», ha risposto Kamiya iniziando l'intervista.
Nella lunga chiacchierata ha spiegato molte delle differenze culturali di Giappone e Occidente che hanno coinvolto i creativi delle relative zone del mondo.
Passando tra serie TV e manga, Kamiya parla di come vengono rappresentati i videogiochi di uno stesso genere da parte delle due industrie prendendo ad esempio God of War e Bayonetta:
«Quando guardi God of War, hai Kratos. È muscoloso, è enorme, è calvo, sembra davvero un figo, in pratica. Quindi abbiamo pensato, "ok, abbiamo giochi come questo che stanno diventando più popolari a livello globale, potremmo creare qualcosa di simile dal punto di vista giapponese?". Ne abbiamo discusso internamente e la conclusione è stata che no, ovviamente non possiamo, perché questo è qualcosa che non è unico per noi come creatori giapponesi. Quindi, per realizzare un gioco d'azione che si distinguesse, dovevamo creare qualcosa che esprimesse la nostra sensibilità unica come creatori giapponesi, e Bayonetta ne è stato il risultato.»
Da questo ragionamento, il termine JRPG per Kamiya è qualcosa che «solo i creatori giapponesi possono realizzare con la loro sensibilità unica», quindi dovrebbero esserne fieri.
Ma, visto che JRPG può risultare discriminatorio, Kamiya ha detto la sua sull'eventuale uso del termine J-Action, per definire prodotti del genere nati dall'industria Giapponese:
«Al contrario, sarei molto orgoglioso se usassi quel termine. È più focalizzato rispetto al vasto genere di azione e mette in evidenza gli elementi unici che solo gli sviluppatori giapponesi possono realizzare. Saremmo orgogliosi più di ogni altra cosa.»
Chissà se questo termine prenderà piede, a questo punto.
Relativamente alla storia dei JRPG si è espresso qualche tempo fa di nuovo Sakaguchi, spiegando perché c'è stato un declino secondo lui negli anni.