Se finora ci siamo concentrati su PS5 e su come la console di Sony abbia una carenza di prospettiva, le ultime indicazioni che provengono dall'industria parlano di una Xbox la cui capacità di sfornare giochi e in particolare la sua velocità di produzione potrebbero essere sopravvalutate.
La compagnia di Redmond è stata brava nel portare il discorso su un territorio più congeniale agli sforzi messi in atto sin qui, come il continuo rimpolpo del catalogo di Xbox Game Pass e la costruzione di due hardware attorno alle modalità di fruizione del servizio, per non dimenticare la mole di acquisizioni senza pari (e senza badare a spese) utili a dare una visione a lungo termine che mancava da troppo tempo alla piattaforma.
Tuttavia, appare evidente come la conversazione condotta fino ad oggi dal platform owner americano sia la raffigurazione soltanto parziale della sua strategia, e come quest'ultima abbia potenzialmente delle lacune che potrebbero rappresentare l'ennesima pietra d'inciampo alla sua scalata al mondo dei videogiochi (e, più in generale, a quello dell'intrattenimento platform-agnostic).
Abbiamo sentito soltanto pochi giorni fa che le grandi esclusive Xbox potrebbero richiedere ancora più tempo di quanto non si fosse pronosticato, al punto che Christopher Dring, autorevole osservatore e guida di GamesIndustry, ha affermato tra il serio e il faceto che per vedere certi titoli concretizzarsi potrebbe servire addirittura un'altra console – un refresh di metà generazione sarebbe tutt'altro che improbabile, se consideriamo il tempo richiesto per completare il ciclo di sviluppo di un tripla-A e che PS4 Pro è arrivata poco più di tre anni dopo il modello base.
I vari State of Decay 3 di Undead Labs, Avowed di Obsidian Entertainment, Everwild di Rare, Senua's Saga Hellblade II e Project Mara di Ninja Theory, Perfect Dark di The Initiative sono tutti prodotti estremamente allettanti e in grado di dire "ok, stavolta vogliamo giocarcela anche noi". Ma il dubbio, affatto remoto, è che per quando questi big scenderanno in campo la partita sia già finita.
Senza prendere necessariamente le parole di Dring nel loro senso letterale, è chiaro che Xbox Series X stia pagando il ritardo accumulato nel corso della passata generazione in termini di output, con una produzione first-party che richiede tempo, forse troppo, per assestarsi su livelli di quantità e soprattutto qualità all'altezza della concorrenza (ammesso che lo sarà mai).
Tra lo staccare un assegno e far uscire un gioco passa moltissimo tempo, e che – nonostante siano state prese delle contromisure rispettabili – tutto questo tempo potrebbe condurre per l'ennesima volta ad una generazione di transizione per quanto riguarda la realizzazione di esclusive firmate Xbox Game Studios. Che, fintanto che i competitor sonnecchiano, non è un grosso dramma – forse è più un peccato, un'occasione di “aggressione” mancata –, ma quando il gigante giapponese si sveglierà dal letargo... ?
Una gara tra impreparati
Parlando di PS5 e Xbox Series X, si ha come l'impressione che per entrambe l'uscita nel 2020 fosse un dogma e non qualcosa che deve succedere perché si è pronti per farla capitare. Per un periodo, quando Sony non voleva proprio saperne di fare i suoi annunci su prezzo e giochi, la sensazione è stata che fosse PlayStation 5 ad essere indietro e non aver deciso di prima mano un lancio lo scorso anno; tuttavia, gradualmente, si è capito che una posizione più o meno simile era condivisa anche dalla nuova Xbox.
Basti pensare che la casa di Redmond è passata per un bug piuttosto profondo in una delle sue innovazioni più marcate, il Quick Resume, una difficoltà complessa nei kit di sviluppo che ha portato a prestazioni inferiori a ridosso del day one e, ultima ma non ultima, la necessità di rinviare Halo Infinite fino a quando non fosse risultato all'altezza del nome che porta. Eppure, nemmeno questo è bastato per Microsoft e, di fronte alla testardaggine di Phil Spencer e dei suoi, una concorrenza sempre più subdola non si è tirata indietro.
Come da copione, entrambe le console sono arrivate sul mercato mentre preparavano la flotta di big da schierare nella guerra delle esclusive e con un piano ben saldo in mente per riempire di contenuti la lunga attesa. Il problema di base è lo stesso, la partenza o ripartenza di studi interni appena assemblati oppure usciti da poco da un'altra esperienza tripla-A, e le soluzioni per sopperirvi si somigliano grossomodo, pur plasmate dalla visione di ciascuna delle due compagnie coinvolte.
PS5 lo sta facendo meglio: al di là di avere una lineup di lancio in senso stretto, cosa che non è riuscita a Xbox Series X (e non ha avuto neppure i sensi di colpa), ha chiuso accordi con grandi publisher third-party per esclusive a tempo e ne ha mostrato i frutti fin dal primo istante utile. Editori come Square Enix e Bethesda, giochi come Final Fantasy XVI, Forspoken, Deathloop, GhostWire Tokyo, con un peso specifico, in particolare nel discorso mediatico, di altissimo livello.
In più, ha esibito i suoi prossimi titoli in arrivo in un paio di anni con gameplay (Gran Turismo 7, ad esempio) o finestre di lancio (come per God of War Ragnarok); saranno state e saranno con ogni probabilità farlocche, risultato di un atteggiamento scorretto, ma sono un'assunzione di responsabilità e sono comunque lì: parliamo di prodotti che non hanno iniziato ieri il loro ciclo di sviluppo e non usciranno tra tre anni.
Nel caso peculiare di PlayStation 5, e lo abbiamo sottolineato pure attirandoci qualche critica, quello che manca è la prospettiva: qualcosa di paradossale, se consideriamo che il platform owner nipponico è stato così bravo a portare in giro per fiere quattro titoli per un'intera generazione e costruire tutto il momentum della sua PS4 su quello anziché sui giochi di prossima uscita, ma tant'è.
In questa fase iniziale, i grossi asset della scorsa gen – i blockbuster – si stanno trasformando in un potenziale boomerang, poiché ammanettano la nuova console a IP già esplorate che rischiano il more of the same con i loro seguiti e tolgono luce ai team che potrebbero osare qualcosa. Il ridimensionamento di realtà creative come Japan Studio e la rinuncia ad un Days Gone cooperativo in favore di Uncharted o The Last of Us Remake, di cui si chiacchiera ultimamente, la dice lunga al riguardo.
Se tale discorso è ormai assodato, Xbox Series X se ne sta in disparte camuffandosi abilmente con l'arredamento finché non sarà tirata in ballo da una next-gen davvero partita e famelica di una forza bruta che per il momento non è servita: per la prima volta, una console di questo rango si è presentata al giorno uno senza un'autentica lineup e, saltato Halo Infinite (manovra pro consumatore lodevole), non ha saputo trovare un modo per rimpiazzarlo.
Xbox Game Pass ne ha approfittato per rubare la scena ma, nell'idea di Microsoft, il servizio in abbonamento non è collegato ad una piattaforma in particolare e pertanto non ti serve necessariamente questa console per sfruttarlo. Ha aggiustato lievemente il tiro proponendo accordi d'inclusione fin dal day one agli sviluppatori di piccole e medie dimensioni soltanto su console, in modo da dare maggiore valore alla proposta di Series X (potete giocarci solo se avere una “scatola”, ed è probabile che il tipo di giocatore che attrae tipicamente Xbox abbia scelto la top di gamma) e persino di Series S (qui potete giocare questo titolo altamente dispendioso in termini di risorse su PC senza spendere i soldi di un PC); ma lo ha fatto appunto inimicandosi un'utenza, quella PC, che si è riavvicinata dopo decine di tentativi andati a vuoto.
Come capacità produttiva di Xbox Game Studios, c'è qualcosa di non annunciato (come Forza Horizon 5) che dovrebbe arrivare tra quest'anno e la prima metà del prossimo, e sono state acquisite etichette con titoli pronti o quasi (pensiamo a Double Fine con Psychonauts 2, non esclusiva, o Bethesda Game Studios con Starfield), ma la verità è che formalmente dopo Halo Infinite c'è il vuoto.
Un gap con la concorrenza, acclarato in seguito alle chiusure scellerate della prima Xbox One e i conseguenti remi in barca in attesa della rifondazione di Spencer, che non è stato colmato da second-party di alto livello ma che si sta provando ad assottigliare in maniera piuttosto tardiva con operazioni come quelle che starebbe coinvolgendo una Kojima Productions “scartata” da Sony dopo Death Stranding.
Mentre, aperta e chiusa parentesi, l'abboccamento con Kojima è sacrosanto ed è stato doloroso vedere uno dei padri del gaming moderno trattare con Stadia, PlayStation ha fatto tutto questo prima dell'avvio della generazione, a bocce ferme, non in piena febbre da calciomercato e magari perché qualche conto non è tornato.
D'altronde, questa pratica non è passata mai di moda in Sony (basti pensare al recente Final Fantasy VII Remake, oltre alle new entry menzionate in precedenza); al contrario, per Microsoft era un business abbandonato o quasi dopo quel Rise of the Tomb Raider pensato come risposta ad Uncharted 4 Fine di un Ladro. L'abitudine a fare affari in questo campo non solo per occasioni ma in maniera strutturata ha evidentemente pagato nel restituire un'immagine di corposità della lineup pure aspettando Kratos, Aloy e soci.
Di contro, questa è una console che, grazie alle nuove proprietà intellettuali presentate e ai reboot di serie che si pensa abbiano una certa risonanza con il pubblico, ha per ora una gittata più lunga: parliamo di prodotti “immaginifici” che portano con sé un po' di brivido dell'ignoto, un po' di quell'eccitazione trasmessa dai nomi roboanti uniti alla squadra di recente, una varietà che evidentemente altrove non hanno intenzione di navigare e, cosa da non sottovalutare, sarà tutto disponibile fin dall'immissione sul mercato su Xbox Game Pass ad un prezzo irrisorio rispetto al valore offerto in teoria.
Per cui il dubbio non è tanto se Xbox Series X ci arriverà o meno, ma come e quando lo farà; un passo in avanti notevole se pensiamo al deserto che era diventata la piattaforma nell'ultimo decennio, eppure non ancora abbastanza per proporsi come alternativa credibile a livello di pubblicazione di esclusive first-party.
Il palliativo Xbox Game Pass
Discutere di generazioni con una compagnia che non crede più in questo concetto da anni, ma vede in un servizio che va oltre le singole console (tale è il termine usato per l'introduzione di nuovi titoli su Xbox One e Xbox Series X|S, semplicemente “console”) il suo centro di gravità permanente, potrebbe sembrare superfluo.
Allo stesso modo, il percorso di Xbox Game Pass è stato sin qui virtuoso: ci sono state settimane in cui si sono susseguiti un annuncio dopo l'altro e questa cavalcata è stata estremamente entusiasmante, perché ha reso bene l'idea del valore della proposta della libreria on demand – con sempre più contenuti, sempre più freschi e rilevanti mano a mano che la next-gen serrava le fila – contro un altro stile di fruizione che vedeva i giochi latitare e costare all'improvviso di più.
È parso pacifico, quindi, come Microsoft abbia usato Xbox Game Pass allo stesso modo in cui Sony ha messo in campo la sfilza di second e third-party con esclusive a tempo per PS5: come un riempitivo di lusso in attesa che gli studi interni vecchi e nuovi fossero pronti a mostrare i muscoli, e i team di sviluppo appena acquisiti si liberassero dai vincoli stretti prima della chiusura delle trattative.
Tuttavia, mentre Sony ha piazzato colpi presso major dei videogiochi del livello di Square Enix e Bethesda, a Redmond si sono focalizzati sull'aspetto quantitativo, andando a discutere con indie e AA non irrinunciabili per quanto riguarda le nuove uscite (The Medium, Scorn, Stalker 2, e decine di altri attraenti ma chiaramente molto lontani dalle luci della ribalta e dal grado di preparazione che queste richiedono).
Al contempo, si è pensato di lavorare su giochi lanciati in precedenza che fanno catalogo e rumore – alimentando quella macchina dell'entusiasmo per cui sei quasi soverchiato dai continui aggiornamenti della libreria –, ma tutto questo può avere una durata breve o media e, soprattutto, può essere visto come un palliativo e non un sostitutivo del numero o delle qualità delle release che dovranno arrivare.
Intendiamoci – per una piattaforma simile è fondamentale avere un'ampia gamma di titoli tra cui scegliere: i classici come l'originale Final Fantasy VII, ad esempio, i recuperi allettanti quali Octopath Traveler, i day one che probabilmente non proveresti mai quali Outriders perché posizionati in un genere piuttosto particolari, le produzioni solo digitali di cui non saresti a conoscenza perché oscure come Genesis Noir, e via discorrendo.
Il lavoro di estensione è stato capillare negli ultimi tempi e ha fatto sì che tutti avessero qualcosa da addentare che fosse di loro gradimento, ma i titoli minori e gli indie saranno abbastanza da reggere fino a quando i Perfect Dark, i Fable, gli Avowed e gli altri saranno finalmente pronti? O si rischia di perdere l'attimo – che si è creato quasi da solo, un po' col tempo, un po' con la situazione globale non florida, un po' perché i tuoi competitor hanno avallato aumenti dei prezzi – quando “l'inganno” rischierà di essere rivelato e i giocatori intuiranno che l'asticella non sarà mai alzata davvero?
Un altro tema da tenere presente, e che costituisce in realtà il punto interrogativo più grosso ogni volta che ci ritroviamo ad analizzare Xbox Game Pass, è se il servizio sarà in grado di superare la staccionata dell'appeal à la Netflix; se i giochi che ci arriveranno avranno mai il fascino e le dimensioni di un The Last of Us Part II, per essere precisi, o saranno destinati ad libitum ad essere prodotti discreti perché servono, possibilmente in fretta, per fare numero.
È una sfida molto importante su cui si giocano non solo il destino di una piattaforma, non solo le sorti di un servizio, e neppure soltanto quello di una console; in ballo è il futuro della visione del gaming proposta da Microsoft, in base alla riuscita della quale l'intero mondo dei videogiochi potrebbe prendere una direzione anziché un'altra. Ci sta mettendo almeno un anno di troppo per dare le risposte che aspettiamo ma con Halo Infinite in autunno dovremmo iniziare ad avere le idee più chiare.
Sarà troppo tardi?
Il rischio è che, per quando i puntini sulle i saranno infine stati messi, la forbice con PlayStation 5 sia già troppo ampia, sia per quanto concerne le vendite (un risultato che diamo per scontato in questa generazione, vista la popolarità del marchio del competitor) che, soprattutto, sul versante della produzione e pubblicazione di esclusive dagli studi interni.
La fiducia in un Xbox Game Pass così come se lo stanno sognando gli appassionati, all'infuori del valore oggettivamente importante imbastito dalla sua lineup attuale, potrebbe ridursi in maniera drastica nel momento in cui il colosso statunitense non riuscisse in uno-due anni ad assestare almeno alcuni contenuti del “livello” PlayStation che la gente inizia ad aspettarsi sulle ali dell'entusiasmo per le roboanti acquisizioni.
Il portfolio, per la prima volta in tanti (troppi) anni, ha cominciato a costruirsi e avere una parvenza di credibilità che fino a qualche tempo fa, quando si era finiti nel loop di Halo, Gears e Forza, ci si poteva sognare; e lo ha fatto mantenendo una prerogativa del brand, l'esplorazione di una pletora di generi, che gli appassionati stanno iniziando ad apprezzare soltanto adesso che vedono le conseguenze estreme della nozione di blockbuster sulle esclusive PS5.
Ma è un catalogo che ha davanti a sé molteplici partite da vincere. La prima è ovviamente quella della qualità: da Halo Infinite in poi sarà un continuo misurare la bontà di un progetto per capire se sia stato o meno annacquato, se sia stato o meno tagliato, per rendere profittevole la sua inclusione su Xbox Game Pass, e Microsoft farebbe bene ad abituarcisi e, soprattutto in una battuta iniziale, fare in modo che non si notino storture di questo tipo.
La seconda è quella delle tempistiche: tenendo come faro il benessere degli individui che compongono i singoli team di sviluppo, e avendo davanti agli occhi le difficoltà del lavoro sotto COVID-19, è importante che Xbox Game Studios – già nata in ritardo – provi a bruciare qualche tappa per tentare il più possibile di sfruttare le incertezze e le lacune di PlayStation 5 in termini di ludoteca (e non solo sul punto forte ormai acclamato dei servizi).
Ma, soprattutto, diventa fondamentale farlo, fosse anche solo da una mera prospettiva di marketing, per non restituire di nuovo l'impressione di una Xbox che annaspa di fronte ai personaggi, alle storie, ai mondi che arrivano a iosa da PlayStation Studios. Va bene Xbox Game Pass, va bene che le generazioni non esistono più e persino che non interessa piazzare console, ma è arrivato il momento di agire per non sperperare il tesoretto creato in questo nuovo inizio.
Dopo lo showcase di luglio che ha gettato le basi della ripartenza, Microsoft dovrà dare seguito già all'E3 2021 con un'opera di concretezza: c'è da mostrare e datare Halo Infinite, certo, ma fermarsi allo shooter di 343 Industries sarebbe un errore perché è comunque un gioco che sarebbe dovuto arrivare nei negozi a novembre, è dunque in un certo senso già “vecchio” rispetto a quanto anticipato la scorsa estate, e l'utente medio ha dubbi, più che su quello, sul resto della libreria.
Per cui, fa quasi specie dirlo di una Xbox che ha faticato a sfornare reveal di primo pelo, mostrare gameplay e indicare finestre di lancio è adesso più importante che sganciare l'annuncio di un nuovo titolo (qualcuno dei team interni manca ancora all'appello, come Compulsion Games) o dell'ennesima acquisizione.
In conclusione
In sintesi, se da un lato abbiamo passato sotto la lente d'ingrandimento la strategia di Sony e il quadro sembra esserci sempre più chiaro (a volte tristemente), è anche il caso di non lasciarsi ammaliare oltre il dovuto dalle chiassose aggiunte a Xbox Game Pass o dall'eleganza del design di Xbox Series X.
Xbox è tuttora in una fase di rifondazione dopo anni difficili e questo processo, per quanti miliardi possano venire investiti, richiederà sempre tempo; nonostante l'asimmetria di alcune scelte fatte in termini di acquisizioni, la ratio è del resto stata sempre questa, niente fretta e niente competizione diretta perché si sta puntando a qualcosa di più in alto della semplice console.
Appare però chiaro che, tra il punto A del ground zero lasciato da Xbox One e il punto B dell'ascesa di Xbox Game Pass, si sarebbero potute prendere delle decisioni più aggressive sui contenuti (pensate ad un Final Fantasy XVI sul servizio in abbonamento dal day one al posto di The Medium, per dirne una), perché il rischio di farsi rivedere quando sarà troppo tardi, relativamente ai contenuti proprietari, è dietro l'angolo.
In un colpo solo, Microsoft avrebbe portato avanti la sua visione del gaming basata sui servizi e avrebbe alleggerito la pressione sugli studi interni, sulle cui spalle grava ora il peso del rischio di saltare una generazione, o giù di lì, quando i big avranno legittimamente gestazioni lunghissime e una copertura appena discreta.
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