Vent'anni di The Sims - Speciale
Era il 4 febbraio 2000 quando Maxis dava ufficialmente i natali a The Sims, che sarebbe diventato uno dei maggiori successi di sempre su PC
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a cura di Stefania Sperandio
Editor-in-chief
Non sempre (o quasi mai, a dire il vero) siamo soddisfatti della nostra vita. O, magari, vorremmo fare delle cose in modo diverso, anche irrazionalmente, sapendo che non potrebbero funzionare, solo per vedere com’è che si fa. Com’è che andrebbero. Probabilmente, The Sims si inserì proprio in questo solco, vent’anni fa.
Era il 4 febbraio 2000 quando Electronic Arts pubblicò la più recente fatica di Maxis: Will Wright, questa volta, aveva portato avanti il franchise Sim, già celebre per gli appuntamenti con il longevo SimCity, portandolo nella micro-dimensione. Dalla città, all’appartamento prima e al quartiere poi. The Sims poneva nei panni di un me stesso alle prese con le quotidianità, ma una quotidianità diversa dalla mia e sulla quale ho il pieno controllo, che ebbe sul mercato un impatto storico.
Non si vive di soli §
Avviato il gioco ed entrati, fin dalla schermata iniziale, nelle sue atmosfere che non si prendevano mai troppo sul serio, ci si ritrovava ben presto a creare i propri Sim – che fosse uno solo, una famiglia, dei coinquilini scalmanati o qualsiasi soluzione si preferisse. Con un piccolo budget, intorno ai §20.000 (la valuta inventata dal gioco) ci si ritrovava così a dover comprare casa o un terreno, sul quale sbizzarrirsi per edificare la propria tenuta da sogno. O quasi.
Proprio come nella vita reale, infatti, i nostri poveri Sim dovevano guadagnarsi da vivere – a meno che non foste tra coloro che ricorrevano ai trucchi per allietarsi la vita e… sì, lo sappiamo, lo abbiamo fatto tutti. Ecco che così si delineava la quotidianità dei nostri personaggi: alzarsi, andare al lavoro, pagare le bollette e, in mezzo a tutto questo, magari vivere. Un gioco squisitamente e spietatamente realistico, se vogliamo.
A parte le battute sulle nostre routine, uno degli aspetti che più colpì nel segno, per The Sims, fu la possibilità di dedicarsi alla casa: un interessante editor consentiva di costruire la propria struttura dalle fondamenta, disegnandone stanze, ambienti, giardino, dedicandosi perfino a mettere su una piscina per far morire d’invidia i vicini virtuali. Oltretutto, progettata l’abitazione era possibile arredarla a piacimento, con tutta una serie di oggetti e mobili che consentirono ai giocatori di sbizzarrirsi nel trovare le combinazioni di proprio gusto – azzeccate o strampalate che fossero.
L’esperienza di gioco era caratterizzata anche dalla necessità di tessere le relazioni. Se, infatti, il Sim per mangiare doveva avere del denaro nelle tasche dei suoi jeans digitali, e quindi andare a lavorare – è anche vero che perfino per fare carriera era fondamentale socializzare con qualcuno e avere delle amicizie su cui contare. Oltretutto, tra i bisogni primari del Sim che bisognava soddisfare per mantenerlo felice, come un tamagotchi bipede ma molto più capriccioso, c’era anche quello della socialità, ritenuta quindi tanto importante quanto mangiare, dormire, lavarsi e non farsi pipì sui calzoni.
Le amicizie sono come le piante, diceva una celebre battuta all’interno del gioco, che si rifletteva pienamente nelle meccaniche di The Sims, votate alla socialità. Se però The Sims Online era, all’epoca, ancora tutto da realizzare e oggi con “socialità” penseremmo subito a un titolo online in cui interagire con altri giocatori, all’epoca “gli altri” erano rappresentati dagli NPC che venivano in visita nel nostro lotto, con i quali era possibile confrontarsi (nell’incomprensibile lingua dei Sim, anch’essa creata per l’occasione).
Per evitare ai Sim di rimanere immobili come lampioni in attesa di ordini dal giocatore, il titolo era mosso da un’intelligenza artificiale che consentiva alle nostre controparti virtuali di compiere in autonomia alcuni gesti. Il Sim, ad esempio, non moriva di fame, ma raggiungeva il frigo per arraffare qualcosa, se la sua barra di appetito ne segnalava il bisogno. Allo stesso modo, andava al bagno in caso di urgenza o a dormire quando la testa cominciava a barcollare sulle spalle. Si trattò di una soluzione abbastanza intelligente che, senza intaccare gesti fondamentali (il Sim non si cercava un lavoro da sé, ne provava a sposare qualcuno o a pagare le bollette senza l’input del giocatore) rendeva l’esperienza più scorrevole e godibile.
L’evoluzione dell’idea
Will Wright, autore del gioco, raccontò sulle pagine ufficiali di Electronic Arts che gli venne l’idea di realizzare The Sims quando i suoi averi rimasero colpiti da un incendio. Privo di casa, Wright si ritrovò così a meditare sull’importanza dei beni materiali per la propria quotidianità e sulla necessità di costruire una nuova abitazione. Proprio da questo inconveniente, nacque la fortunata serie The Sims.
Non diciamo fortunata per puro caso: il gioco originale, che divenne un vero e proprio fenomeno, è ancora oggi ricordato per le sue caratteristiche e per i suoi siparietti. Se ci avete giocato, vi sfidiamo, ad esempio, a non ricordare il momento in cui vi è balzato un ladro in casa e avete provato a chiamare la polizia per evitare che vi rubasse il televisore, perché – porca miseria! Ho appena pagato le bollette, come faccio a permettermi un’altra TV, ora?
Vi sfidiamo a negare di aver provato ad ammazzare i vostri Sim nei modi più creativi possibili (perché noi videogiocatori siamo così, un incontro imprevedibile tra creatività e stron*aggine) e siamo certi che ricordiate anche i momenti di panico in cui la vostra cucina di quinta mano si incendiava mentre preparavate la cena per i vostri ospiti, scatenando il panico nel lotto.
Diciamo fortunata anche per il successo commerciale che ebbe: per lungo tempo, The Sims si affermò come il gioco per PC dalle vendite più vertiginose, al punto che venne seguito da una valanga di espansioni che ne ampliarono l’esperienza. Se le prime si concentrarono soprattutto sull’aggiunta di contenuti (che richiedevano sempre anche l’acquisto del gioco base), quando si arrivò a The Sims: Hot Date e The Sims: Vacation, la formula si arricchì ulteriormente. La prima consentiva infatti di vivere appuntamenti galanti all’infuori dal proprio lotto. Comparivano così scenari cittadini come ristoranti, in cui incontrare altri Sim e, perché no, andare in cerca della propria dolce metà. La seconda, addirittura, aggiungeva scenari vacanzieri in cui far divertire il proprio alter ego, che poteva staccare per un po’ dalle noie del vicinato per godersi il sole virtuale di una spiaggia virtuale.
Espansione dopo espansione, l’esperienza di The Sims si espanse (ci sarà un motivo se si chiamano espansioni…) consentendo ai giocatori di dare veri e propri festini domestici, di provare a diventare delle superstar, di adottare dei cuccioli e di mettersi in imbarazzo davanti ai conoscenti tanto quanto l’ingegner Howard Wolowitz, provando a mettere in atto dei trucchi di magia. Un impegno, quello di Maxis nella costante realizzazione di contenuti, che teneva alto l’engagement dei giocatori, dando loro sempre nuovi strumenti sandbox con cui intrattenersi e da cui attingere per riempire la vita dei propri Sim.
Oltretutto, vent’anni dopo sappiamo quanto l’aggiunta di contenuti extra sia diventata una costante del mondo dei videogiochi. All’epoca, le espansioni di The Sims venivano vendute su supporti fisici con tanto di custodia: si portava a casa il CD, lo si installava sul gioco originale e si godeva dei nuovi contenuti. Oggi, tutto questo dà l’idea di DLC e season pass digitali – e non stupisce, infatti, che The Sims 4 trabocchi di extra acquistabili a discrezione del giocatore, come già proponeva il suo illustre capostipite.
Un fenomeno videoludico
Nato come satira della cultura statunitense e dei suoi ritmi, The Sims divenne un grande successo commerciale, con oltre 16 milioni di copie vendute nei primi cinque anni sul mercato. La saga nata da questo iniziatore, che oggi festeggia il suo compleanno, ha messo insieme incassi per oltre $5 miliardi – che non sappiamo quanto sia, in §. La serie, nel suo complesso, ha raggiunto i 50 milioni di unità vendute, conquistando anche dei Guinness World Record per il mondo PC.
Vent’anni dopo, insomma, siamo abbastanza sicuri che l’inconveniente capitato al buon Will Wright, che lo costrinse a reimmaginare la sua casa e la sua vita, abbia avuto un riscontro positivo sia su di lui, che su EA, che sul mondo dei videogiocatori, che hanno dimostrato a colpi di banconote (vere) di essere più che interessati a stare vicini ai loro Sim.
La più recente uscita del franchise, The Sims 4, è arrivata nel 2014 e, dopo aver aiutato la saga ad aprirsi di più anche nella rappresentazione della comunità LGBT+, sarà supportata almeno fino al 2021 – ed è recentemente uscita anche su console.
Proprio in questi giorni, oltretutto, si parla della prospettiva di un possibile The Sims 5, che vorrebbe essere social e competitivo, forse per rincorrere gli stilemi videoludici odierni, dove a quanto pare non c’è divertimento se non si prevale su qualcuno. La speranza, ovviamente, è che The Sims si ricordi anche per il futuro degli aspetti che hanno reso questa serie popolare per gli ultimi vent’anni, piuttosto che rinunciare alla sua satira, ai suoi buffi e imbranati personaggi, all’essere quella finestrella aperta su un mondo in cui possiamo essere insicuri, sbruffoni, furbetti, pigri o libertini quanto ci pare – ché tanto è solo un videogioco.
Sono passati esattamente vent’anni dall’esordio della serie The Sims, che si propose al mercato nordamericano il 4 febbraio 2000 – l’11 febbraio in Europa. Da allora, il sotto-franchise nato da Will Wright è diventato una sorta di istituzione videoludica e, come segnalano anche gli incassi, è sicuramente una delle proprietà intellettuali sulle quali EA sa di poter contare per il suo futuro.
Vi ricordate ancora del vostro primo impatto con The Sims? Giocate ancora agli eredi del titolo di casa Maxis o il vostro amore per i Sim è appassito nel lungo corso?
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