Venom Recensione | Un cinecomic controcorrente
a cura di Marcello Paolillo
Senior Staff Writer
Due decadi fa, diciamo attorno al calare degli anni ’80 e verso l’inizio dei ’90, i cosiddetti cinecomic (termine moderno coniato dopo l’avvento del primo Iron Man) erano realizzati ben diversamente. Spesso si avevano registi in erba, o quasi, capaci di dare luce a visioni artistiche ultrapersonali (come ad esempio i due Batman di Tim Burton) o ad immani schifezze (come ad esempio il Punisher di Dolph Lundgreen, dimenticato dai più). Con l’arrivo degli sgargianti anni novanta, i film sui fumetti hanno invece attraversato quell’era tra il kitsch e il tamarro che ha visto uscire al cinema prodotti come Spawn, Batman Forever o The Mask. Film non perfetti, spesso piuttosto vacui, ma dotati di quel qualcosa che ti faceva uscire dal cinema esclamando “beh, tutto sommato mi sono divertito”. Sì, il divertimento. Quello che, nell’era post-Avengers sembra non dover mai mancare, coadiuvato da una valanga di effetti speciali e quella sgradevole sensazione dei film fatti con lo stampino (non tutti, badate bene, ma prima di Infinity War la sensazione era piuttosto diffusa). Dall’altra parte della barricata, vi è un nugolo di personaggi che (vuoi per licenze cadute nel limbo delle contrattazioni tra major, vuoi perché proprio non sa da fare) tengono “botta” con film standalone a cui non frega nulla di Fasi, universi condivisi o espansi. Film a tutto tondo, proprio come ne uscivano a metà anni ’90. Proprio come Venom.
Noi siamo anni novanta
Il regista Ruben Fleicher ha infatti preso quel modo di fare fumetti oltre vent’anni fa e lo ha impiantato in una pellicola che grida nostalgia lontano un miglio. Il risultato è un prodotto che farà storcere il naso ai fondamentalisti del MCU (ossia tutti coloro che senza un cammeo di Tony Stark o Nick Fury un film proprio non riescono a farselo piacere). Ciò lo si capisce a partire dalla trama del film, un mix tra alcune delle saghe più note dedicate al simbionte mangiacervelli: la prima è infatti Protettore Letale, di Mark Bagley, David Michelinie, Ron Lim, seguita anche da accenni a Il pianeta dei simbionti, scritta da David Michelinie e con protagonisti l’Uomo Ragno, il Ragno Rosso e Venom. Uomo Ragno che, poco sorprendentemente, è il vero grande assente della pellicola. E le origini classiche, quindi? Tutto riscritto, da zero. Eddie Brock è sì un giornalista, ma non sarà Peter Parker a ridurlo sul lastrico. Non sarà in in una chiesa che farà il suo primo incontro con il nero simbionte e, soprattutto, le sue (loro) motivazioni saranno ben diverse rispetto a quanto ideato da Todd McFarlane sui fumetti originali. Un personaggio stravolto, quindi? Paradossalmente, niente affatto.
Il rapporto tra Eddie e il simbionte è esattamente ciò che per anni abbiamo letto sui comics dedicati al personaggio: battute ironiche costantemente al plurale, accompagnate da una dose di violenza il più delle volte edulcorata (Venom non era Spawn, così come di cervelli mangiati se ne vedevano davvero pochi). Nel film, aspettatevi lo stesso grado di crudeltà (al netto del PG-13), sebbene vada sottolineato che parte del girato del film è rimasto in sala montaggio (e, a detta di Tom Hardy, era materiale davvero niente male). Poco importa: il film di Ruben Fleischer ha davvero tutto quello serve per un cinecomic “indipendente”: sequenze d’azione senza particolari velleità coreografiche, colpi di scena telefonati ma funzionali al contesto e, dulcis in fundo, quella piacevole aria da film sui fumetti d’essai che ogni tanto fa bene al cuore e allo spirito.
Gran parte dei problemi di Venom sono infatti nella percezione del quadro generale: innestato nell’ottica dei cinecomic del 2018, il film ne esce distrutto. Anzi, a pezzi, smembrato e dato in pasto ai simbionti. Se invece lo si inquadra come tentativo di dare una dimensione più “modesta” alle pellicole tratte da fumetti di nicchia, non si può non apprezzarne il tentativo. A ciò va detto che anche il cast sembra trovarsi piuttosto a suo agio: da Tom Hardy, che nonostante sia ormai una star internazionale adori prendere parte a progetti “alternativi” come Venom, passando per Michelle Williams, nei panni di un personaggio femminile che forse avrebbe potuto esprimersi al meglio ma che non è detto non lo faccia nei sequel (semmai se ne faranno). E poi c’è il personaggio di Riz Ahmed, aka Carlton Drake, leader della Life Foundation, un cattivo che sembra uscito di peso da un film di serie B del secolo scorso. Perché gli anni novanta si ripresentano prepotenti a ogni dialogo, a ogni battuta e ad ogni sequenza (inclusa quella dopo i titoli di coda, immancabile e che farà venire un brivido lungo la schiena al fan del personaggio). Se ciò sia necessariamente un difetto, non sta a noi dirlo.
Venom è visivamente perfetto
Non piacerà ai fan fondamentalisti del Marvel Cinematic Universe
6.7
Venom è un film uscito con oltre vent’anni di ritardo, ma non per questo non meritevole di attenzioni. Il cinecomic di Ruben Fleischer proviene infatti dalla “vecchia scuola” dei film tratti dai fumetti, lo stesso ambiente in cui stazionano anche Deadpool 2 e Suicide Squad. Un brutto film, quindi? Niente affatto. Un prodotto al livello dei più blasonati prodotti Marvel? Neppure. La pellicola dedicata al personaggio di Todd McFarlane si piazza esattamente nel mezzo, con tutti i pro e i contro del caso. Francamente, di tanto in tanto è anche piacevole vedere un film che non abbia paura a farci fare un bel salto indietro nel tempo, con un intrattenimento genuino e controcorrente. Prendere o lasciare.
Voto Recensione di Venom Recensione | Un cinecomic controcorrente - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Look e stile tipicamente anni '90 Venom è visivamente perfetto
Contro
-
Ritmo altalenante Non piacerà ai fan fondamentalisti del Marvel Cinematic Universe