The Kids We Were | Recensione - Viaggi nel tempo nel Giappone anni '80
The Kids We Were ci catapulta negli anni '80 giapponesi in cui, tra nostalgia e folklore, avremo a che fare con temi profondi quali la malattia e lo scontro generazionale "genitori-figli"
a cura di Pia Colucci
Redattrice
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Gagex
- Produttore: Gagex
- Piattaforme: PC , SWITCH
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 13 gennaio 2022
The Kids We Were, il titolo di Gagex che abbiamo giocato su Nintendo Switch, è ambientato in una piccola città giapponese ed è proprio tra le sue strade che si sviluppa la storia di questo titolo, fatta di misteri e viaggi nel tempo.
Spesso, quando pensiamo al Giappone non facciamo fatica ad immaginare gli aggrovigliati nodi di strade e luci a neon di Tokyo. Sin dal dopoguerra, la capitale giapponese è stata sinonimo di resilienza e di innovazione tecnologica, tanto da essere presa come modello, nell'immaginario cyberpunk, per descrivere la metropoli del futuro.
Tuttavia, dimentichiamo che il Giappone è anche fatto da piccoli paesini di campagne, circondati da risaie e santuari shintoisti. Questi paesini sono spesso al centro di racconti folkloristici e non. Se volessimo prendere un esempio nel mondo videoludico, non possiamo non pensare alla trama di Persona 4, che si basa proprio sui misteri che hanno avuto luogo in una fittizia cittadina di provincia, posto bucolico in cui succede poco o nulla e la quotidianità scorre senza intoppi.
I viaggi nel tempo sono una tematica molto cara alla narrazione videoludica, basti pensare ai recenti titoli usciti da qualche mese sul mercato, come ad esempio Life is Strange: True Colors (qui la nostra recensione), ambientato in un piccolo paese di provincia statunitense, ai piedi dei monti del Colorado. Ed è così che, in modo simile, The Kids we were ci riporta proprio negli anni '80, ma in Giappone, in un viaggio del tempo interattivo che pone il racconto al centro di tutto, accompagnandolo a una direzione artistica peculiare.
Il Giappone anni '80: tra Famicom e City Pop
The Kids We Were è ambientato nel 1987 e noi videogiocatori ci caliamo nei panni un ragazzino di undici anni, di nome Minato. Il giovane è in viaggio in treno verso la piccola cittadina di Kagami, situata nella estrema periferia della capitale giapponese, nella regione del Kanto. Minato è insieme alla sua mamma e alla sorellina; una volta arrivati nel paesino, dovranno partecipare ad una cerimonia commemorativa dedicata ad alcuni vecchi amici della madre.
Il piccolo ma coraggioso Minato avrà anche un'altra missione da compiere nella città, ovvero trovare suo padre per un motivo che - come ammonisce - è davvero "top secret". I genitori di Minato, infatti, sono divorziati e i due fratelli non hanno più i contatti con il padre da molti anni. Per questo motivo, il ragazzino spera di trovarlo nella città d'origine della madre, con la speranza di riabbracciarlo. Tuttavia, gli succede qualcosa di davvero incredibile.
Il ragazzo, già dalle prime ore del viaggio, viene "scosso" da sogni intrusivi e molto vividi. In questi sogni, Minato raggiunge dei luoghi che non ha mai visto prima e parla con gente sconosciuta, come ad esempio un monaco buddhista che sembra conoscerlo.
Mentre la madre va a questa commemorazione, lascia i due ragazzi liberi di esplorare le vie della città – e il giocatore libero di giocare. L'ambiente circostante racchiude ogni dettaglio della quotidianità giapponese: konbini, ufficio postale, un torii alle porte di un tempio, terme e così via. Nella libera esplorazione, nei panni di Minato, possiamo raccogliere delle monete sparse in giro per la città e vari indizi.
Durante il nostro, seppur limitato, free roaming, arriveremo al cimitero cittadino in cui, con grande stupore, Minato troverà il monaco buddhista che ha incontrato nel sogno lucido. Stessa, esatta location. Appreso qui che in realtà non ha modo di riabbracciare suo padre e che la sua vita non sta andando come spera, per motivi che non vi spoileriamo, il nostro protagonista si ritrova ben presto con una missione: cambiare il futuro, entro 72 ore. Se non lo farà, non riuscirà ad avere la vita che aveva sperato, e non potrà più tornare indietro per riprovarci.
Nostalgia a cubetti
Parlando di gameplay, The Kids We Were offre davvero una modalità di gioco molto basilare la quale sottolinea la centralità totalmente narrativa dell'opera, che si pone come una vera e propria avventura grafica, in cui la nostra attività sta nel recarci nei luoghi di Kagami e parlare con i cittadini di questo luogo "sospeso nel tempo".
Come anticipato poc'anzi, la storia di Minato è abbastanza lineare, ma possiamo trascorrere tempo nel cercare monete oppure oggetti in voga nei meravigliosi anni '80 (e che resta un'attività del tutto secondaria alla narrazione). Nel corso della storia si aggiungeranno altri comprimari pronti ad aiutare Minato nella sua ricerca dei sette misteri.
La grafica in stile voxel è semplice ma efficace e molto dettagliata; riesce a donare agli occhi del videogiocatore quel gusto retrò e anche il menù di gioco è abbastanza intuitivo e user friendly. Per il resto, non esiste un tasto "Forward" per avanzare velocemente nella narrazione, tutto prosegue secondo un ritmo slow-paced, come se fossimo davanti a una delle serie TV più in voga.
La colonna sonora scandisce ogni momento della storia e i suoni della campagna estiva giapponese riecheggiano chiari e distinti, come il solito gracchiare delle cicale, che ci catapultano in quella realtà così lontana ma per certi versi familiare, come se stessimo guardando un anime slice of life o leggendo un racconto di Haruki Murakami.
Il racconto della trama si snoda in 15 capitoli canonici di cui uno extra dedicato alla versione per Nintendo Switch. Il titolo è disponibile anche su mobile e PC (Steam). Tuttavia, non è presente una traduzione in italiano e il titolo è disponibile solo in lingua inglese: questo può essere un ostacolo per chi non lo mastica in quanto è prevalente un'avventura di tipo narrativo con poco spazio all'azione.
Misteriosa, bucolica provincia
The Kids We Were è un buon titolo senza troppe pretese che fa della sua storia il suo punto di forza. Un gameplay assolutamente semplice e lineare si scontra con una trama che include diversi elementi ma che non diventa mai banale: il titolo prodotto da Gagex riporta in modo più o meno esplicito diversi punti profondi, quali la malattia e il difficile rapporto genitori-figli. L'espediente narrativo del viaggio nel tempo diventa una metafora che mette in primo piano il tema del destino e di quanto il passato possa influenzare la personalità di ognuno di noi.
Quante volte ci siamo detti: "se tornassi indietro cambierei tutto?". Minato ha questa grande responsabilità, il che lo rende alla pari dei supereroi, o meglio, dei protagonisti di un super sentai, giusto per rimanere culturalmente fermi nel Giappone degli anni Ottanta.
A fare da eco alle vicende sono sicuramente la nostalgia e la spensieratezza dell'infanzia che contraddistingue Minato e i suoi giovani amici, senza dimenticare la risolutezza e la speranza nel futuro, aspetti che purtroppo molti adulti tendono a perdere.
Versione recensita: Nintendo Switch
Se volete vivere un altro videogioco dalle atmosfere orientali su Nintendo Switch, potete rivolgervi al recente Leggende Pokémon Arceus.
Voto Recensione di The Kids we were - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Storia coinvolgente e ben raccontata
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Ambientazioni e cultura pop giapponese anni 80 ricreati fedelmente
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Gameplay lineare...
Contro
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... forse fin troppo
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Stile voxel che può non piacere a tutti
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Poca rigiocabilità