In particolare l’MMO Shooter dei ragazzi di Massive Entertainment sposta l’azione da New York a Washington D.C., aggiungendo elementi fondamentali in una struttura ludica cooperativa, dalle classi per l’end-game fino ai Raid ad 8 giocatori. Purtroppo di tutto quanto ci è stato promesso durante la conferenza, siamo riusciti a scalfire solo la superficie, dato che l’occasione ci ha concesso in prova solamente pochi minuti di gioco. Essi sono stati però efficaci nell’offrirci una panoramica a livello di gameplay di The Division 2, ma vi anticipiamo già che durante la fiera avremo modo di provare più approfonditamente il gioco e di trarre conclusioni più concrete.
La demo giocabile, disponibile per la prima volta in assoluto al pubblico, ci ha collocato nel bel mezzo di Washington, in quei quartieri devastati e apocalittici che fanno da campo di battaglia per la guerriglia urbana che il gioco vuole raccontare. Siamo stati messi nei panni di un personaggio che ha raggiunto il level cap e che quindi ha già fatto la sua scelta per la specializzazione dell’end game. Fra Sharpshooter, Survivalist e Demolitionist, ognuno con un evidente propensione a un approccio più o meno aggressivo, avevamo in dote un Survivalist, opportunamente dotato di una balestra in grado di infliggere status alterati ai nemici. Le altre due classi invece abbracciano più la natura DPS, con Demolitionist che punta tutto sul danno ad area, mentre Sharpshooter sulla precisione dalla distanza.
Fin da subito, pad alla mano, la sensazione è stata di grande famigliarità con il prodotto. The Division 2, come facilmente intuibile dai gameplay trailer mostrati, a livello di meccaniche si discosta davvero poco dal suo predecessore. Lo shooting leggero accompagna un’interfaccia di gioco oramai nota, che racchiude in pochi e semplici tasti le azioni da dover compiere durante l’avanzata.
Le abilità concedono uno spunto aggiuntivo per i giocatori, che possono utilizzare determinati gadget in attacco o in difesa. Abbiamo la mina a ricerca, il nido di minidroni, il chem launcher e il drone d’assalto. A livello di utilità essi riescono con facilità a risolvere situazioni in cui la copertura nei nemici ci impedisce di progredire. Purtroppo l’intelligenza artificiale non sorprendente dei nemici, spinti sempre a progredire dopo una prima copertura, ci ha portato a un approccio fin troppo classico agli scontri, senza dover per forza sfruttare la strumentazione a disposizione.
L’obiettivo che ci è stato affidato era quello di sconfiggere un gruppo di esaltati belligeranti, chiamati True Sons, in modo tale da liberare l’accampamento da loro dominato, per poi difenderlo da ondate di nemici in cerca di una sortita. Niente di complesso, ma evidentemente indicativo di quelle che saranno le principali dinamiche di questo secondo capitolo di The Division. Quello che però più ci ha colpito è l’evoluzione del level design, rispetto alle strade del primo capitolo e ai cunicoli instanziati a cui portavano, ora siamo di fronte a un completo open world. La scelta di Washington infatti, con la sua politica urbanistica molto più orizzontale rispetto a quella di New York, ci ha permesso di avere una mappa aperta all’interno di cui agire, con le missioni che si attivano una volta raggiunta l’area dedicata. Abbiamo apprezzato particolarmente anche la decisione di calcare la mano sulla vegetazione selvatica di questi territori, perchè riesce a regalare una sensazione genuina di abbandono dell’uomo sulla società.Anche a livello tecnico The Division 2 vive in continuità del suo passato, a parte l’apertura a una maggiore estensione delle mappe e un arricchimento generale delle ambientazioni (abbiamo giocato su Xbox One X devkit), non segnaliamo infatti nessuna particolare rivoluzione rispetto alla già ottima resa dell’engine Snowdrop ottenuta pochi anni fa.