La storia infinita di Final Fantasy VII Remake
Aspettando la prossima puntata all'E3 2019, ripercorriamo i passi della saga nella saga di Final Fantasy
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a cura di Paolo Sirio
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Square Enix
- Produttore: Square Enix
- Distributore: Koch Media
- Piattaforme: PC , PS4 , PS3 , PSX , PSP
- Generi: Gioco di Ruolo
- Data di uscita: 17 novembre 1997 PSX - 25 giugno 1998 PC - 4 giugno 2009 PSN - Inverno 2015 (PS4) - 20 agosto 2015 (iOS) - 10 aprile 2020 (Remake)
Vi siete mai fermati a pensare: ma perché si parla così tanto, e da così tanto, di un remake di Final Fantasy VII?
La risposta potrà sembrare ovvia – parliamo del capitolo per larghi tratti più amato del franchise, e di quello che ha visto più espansioni con altri titoli e opere transmediali – ma quello che ci chiederemo oggi non è tanto perché l’epopea di Cloud meriti o meno una trasposizione sulle console dell’era dell’alta o altissima definizione… quanto da cosa e quando sia scoccata la scintilla che ci ha gettati tutti in un’isteria di massa altresì nota col nome di hype per questo remake. Ne approfitteremo immancabilmente per dare un’occhiata nel dietro le quinte dello sviluppo così come per rinfrescarci le idee circa il gameplay del rifacimento. E come spesso accade con Square Enix di mezzo, lo abbiamo appena visto con Final Fantasy Versus XIII, è sempre il caso di raccattare del pop corn e mettersi comodi: ci sarà da divertirsi.
Final Fantasy VII Technical Demo per PS3
I guai, o i sogni a seconda di come li vogliamo chiamare, cominciarono quando qualcuno in Square Enix e Sony pensò bene di orchestre una tech demo di Final Fantasy VII rifatto con una grafica in alta definizione per il reveal di PlayStation 3 all’E3 2005. Fu un E3 stranissimo, lo ricorderete in tanto proprio perché il platform owner giapponese, all’epoca capitanato dal visionario Ken Kutaragi, volle dare una forte impressione di futurismo al mondo del gaming, enfatizzando profondamente, pur essendo di fatto arrivato impreparato all’appuntamento, il passaggio ad una nuova era per i videogiochi.
Capitarono per queste ragioni alcune delle cose più bizzarre che si siano viste all’E3, tra cui, senza passarle tutte in rassegna, un controller a forma di boomerang che non avrebbe mai visto la luce (ovviamente) e una demo di Final Fantasy VII realizzata sfruttando la potenza di calcolo del processore Cell. Intendiamo, appositamente per quello scopo: non c’era nessun altro obiettivo all’infuori di far vedere cosa PS3 avrebbe potuto produrre se si fosse voluto creare un prodotto di quelle dimensioni e di quelle ambizioni.
Chiaramente, come ebbe a dire Square negli anni successivi, mancava del tutto la volontà di cimentarsi in un’opera de genere, dal momento che rifare daccapo tutti gli ambienti e tutti i personaggi di un gioco di queste proporzioni sarebbe costato molto più che lanciare una nuova IP, per paradosso (anche da qui la scelta di dividerlo poi in episodi, su cui torneremo dopo).
Cosa successe quindi nel concreto? Sony alzò il telefono per chiedere la presenza di Square Enix in qualche modo e forma all’E3 2005, il publisher, per il legame che lo univa alla compagnia ormai da diversi anni (non solo amicizia ma pure quote azionarie, dopo l’età d’oro vissuta con Nintendo) e per il prestigio del palcoscenico, non si sottrasse all’impegno e chissà da chi dei due partì l’idea di rifare completamente daccapo la sequenza introduttiva di Final Fantasy VII con una grafica moderna.
Quei pochi secondi di video causarono una serie di problemi esiziali per la compagnia, che avrebbero avuto ripercussioni su molteplici titoli che sarebbero usciti da lì a qualche anno (chissà, forse addirittura lo stesso Versus XIII): i vertici chiesero infatti una sospensione di ben sei mesi sui lavori per Final Fantasy XIII, che al tempo era previsto per PlayStation 2, e incaricarono il team guidato dal director Toriyama di dedicarsi anima e corpo per arrivare pronto con questa demo all’appuntamento con l’allora next gen del partner asiatico.
L’obiettivo, a parte qualche balbettio sotto il profilo del frame rate, fu raggiunto, al punto che molte immagini che circolavano in rete prima del re-reveal dell’ultimo State of Play risalivano ancora a quella technical demo e non sfiguravano quasi per niente con gli standard attuali, ma soprattutto perché al giorno d’oggi l’eco dell’hype scatenato da quel filmato ha ancora un impatto tremendo sugli internauti e sugli appassionati di videogiochi.
Tra l’altro fu allora che Square, ammaliata dal potenziale di PS3 e ormai attardata sulla tabella di marcia, decise di trasferirsi integralmente sulla console di nuova generazione e portare con se Final Fantasy XIII, integrando il gioco originale con una mitologia comune che avrebbe dovuto servire come fondazione per altri due titoli, il Versus che abbiamo già menzionato e che si diceva già ai tempi avrebbe dovuto essere il vero FF next gen (cosa che a ben vedere è poi stato, solo con una generazione di ritardo e un altro nome) e Agito XIII, pure lui ribrandizzato (come Type-0) e portato da mobile a PSP, almeno per la release originale.
Insomma, in un certo senso e senza neanche drammatizzare troppo, i problemi vissuti dall’editore e sviluppatore nipponico nell’era PlayStation 3 si può dire siano partiti proprio quel giorno di maggio in cui fu tolto il velo alla demo del settimo capitolo rifatto ad hoc per quella console.
Final Fantasy VII Remake nel 2015
Passano dieci anni, un lungo periodo in cui i membri del dream team che si era occupato dell’originale Final Fantasy VII viene tartassato di richieste e deve rispondere sistematicamente ad ogni intervista ad almeno una domanda sul l’idea di un remake per un capitolo tanto amato.
L’E3 2015 passa alla storia come un E3 magico, uno di quelli che, fedele alla mission dell’evento al tempo (forse un po’ anacronistica al giorno d’oggi), fa sognare i fan del mezzo videoludico a prescindere dalle preferenze e dalle bandiere. Alla conferenza di Sony, infatti, vengono presentati tre giochi che mai avremmo potuto immaginare di vedere portati in scena: Shenmue III, per anni letteralmente la chimera del gaming, The Last Guardian, che si credeva definitivamente morto a causa dell’addio di Fumito Ueda al publisher, e Final Fantasy VII Remake.
Diversamente dal dimesso Shenmue, per il quale si aprì in mondovisione una campagna kickstarter da capogiro, e dal problematico The Last Guardian, per cui si ricorse ad una versione accelerata artificialmente di un gameplay girato ad una decina di fps, Square Enix optò per un approccio misurato ma d’effetto come suo solito, con un trailer in computer grafica di circa novanta secondi, guarda caso come quello della technical demo de 2005.
In quell’occasione viene rivelata la squadra alle spalle del progetto, con Yoshinori Kitase non più director ma producer, Katsushige Nojira di nuovo alla sceneggiatura e Tetsuya Nomura, che era stato appena malvolentieri escluso dallo sviluppo di Final Fantasy XV, nel ruolo di game director del quale curiosamente non era stato messo al corrente fino a quando non ha potuto vedere internamente allo studio un’anteprima del trailer.
Trailer che fu molto chiaro nel definire come il gioco sarebbe stato pubblicato “prima su PS4” e che ci sarebbe stata dunque un’esclusiva a tempo per la console di Sony, quasi come un cerchio che si chiude con quella technical demo della decade precedente.
Già al tempo era noto (dall’E3 2013 dove fu annunciato FFXV) che Nomura sarebbe stato impegnato su Kingdom Hearts III prima che sul remake, però, e la cosa non faceva affatto ben sperare, come del resto abbiamo avuto prova in questi lunghi mesi di attesa. Ma l’idea del revival, suggerita dal brand director Shinji Hashimoto che aveva lavorato nel marketing del primo FF7, era troppo ghiotta per non venire raccolta.
La suddivisione in “atti”
Nonostante questa nomea sui tempi biblici che non sappiamo (assolutamente!) da dove arrivi, Square Enix sembra voler tenere un passo veloce con il progetto Final Fantasy VII Remake ed è per questo che, dopo appena sei mesi e cioè alla PlayStation Experience del dicembre 2015, il titolo torna a farsi vedere e stavolta con qualcosa in più rispetto al semplice filmato in computer grafica dell’E3.
Per questo inatteso bis fu infatti proposto un primo gameplay trailer, che cominciava da quelle sequenze in CG per articolarsi in passaggi estrapolati direttamente dal gioco vero e proprio. Tutto sembrava filare per il verso giusto, quindi, e Square lanciò persino l’originale FFVII per la prima volta sul PlayStation Store per PS4 (una versione simile a quella per PC a dire il vero ma in tempi di hype vale tutto, com’è noto).
Nel comunicato che ancora conserviamo nella nostra mail come una reliquia ci viene detto che il gioco “sarà narrato attraverso una serie in più atti” ed è in questa occasione dunque che si viene a parlare per la prima volta dell’atipica modalità di lancio, incoraggiata probabilmente da un’altra esperienza di successo in quel ramo che SE teneva proprio in casa, ovvero Life Is Strange.
L’appellativo di atti è quanto di più dibattuto ci sia tra i fan: non solo non è chiaro quanti ce ne saranno ma ad oggi è ambiguo persino il loro stesso mantenimento alla base di quello che è un vero cantiere aperto. Il post sul blog di Square Enix che la stampa internazionale ha passato come garanzia della release episodica a noi risulta (da una banale traduzione con Google Translate) tutt’altro che tale, visto che si parlava di un’uscita “separata” dell’originale, nel senso di distinta da quel gioco, non suddivisa in porzioni standalone – non necessariamente, almeno. L’ultimo rumor parla di due atti e sembrerebbe abbastanza credibile, soprattutto per la gestione di un open world ormai imprescindibile nelle produzioni ruolistiche.
Ad ogni modo, Kitase lanciò qualche indizio nel 2016, quando spiegò che ciascun atto sarebbe stato pari per dimensioni ai giochi della trilogia di Final Fantasy XIII, dunque prodotti completi e non prodotti masticabili nell’arco di due ore. Questo è da un lato confortante circa la quantità di gameplay e la sua profondità che vedremo innestata in ciascun capitolo, dall’altro getta qualche ombra sul calendario di uscite pensato negli uffici di Tokyo.
Il trailer portava in dote, comunque, momenti di esplorazione di Midgar, affascinante per quanto vuota, combattimenti un po’ scattosi ma brillanti e in stile Kingdom Hearts (meno action, si saprà poi), la stessa interfaccia che abbiamo avuto modo di vedere allo State of Play e qualche ambiente interno, con Cloud e gli altri impegnati a farsi spazio tra delle macerie.
Uno sviluppo complicato e il silenzio
Ai magazine giapponesi i vari membri dello staff forniscono ulteriori dettagli circa il gioco: la suddivisione in parti, viene confermato, è stata scelta per evitare di dover rinunciare a qualche contenuto o ambientazione per ragioni di spazio e risorse, ma anche per il desiderio di potervi aggiungere quanto più elementi nuovi sia possibile; il termine “Remake” è invece nel titolo per evitare che si pensasse ad uno spin off o ad un altro capitolo post FFVII.
Vecchio pallino di Nomura, che ci aveva provato invano con Versus XIII/XV, il party di tre elementi prevederà la possibilità di cambiare in tempo reale il proprio personaggio, e vengono garantite sorprese pure per quanti abbiano finito il gioco originale. Tuttavia, non c’è da aspettarsi nuovi personaggi: Nomura e il suo braccio destro Roberto Ferrari (da Final Fantasy XV), si sono occupati solo di redesign, peraltro ispirato ad Advent Children, e nient’altro.
Questa è la seconda e ultima occasione per un blowout di informazioni, dal momento che – a parte una key art celebrativa il 31 gennaio 2017 – del gioco non se ne sente parlare fino a un paio di settimane fa.
Non sarebbe Square Enix se non ci fossero alla base di questo silenzio numerosi colpi di scena nello sviluppo. Final Fantasy VII Remake ha avuto due grossi intoppi sul proprio cammino: il primo, e solo relativamente significativo, riguarda la molteplicità di incarichi assegnati a Nomura.
Il character designer giapponese fu sganciato “con la forza” nel 2014 da Final Fantasy XV, dopo il rebranding da Versus XIII e l’arrivo di Tabata che raddrizzò la barca dopo sette anni di testacoda continui, e al tempo il CEO di Square Enix volle indirizzarlo su prodotti di cui solo lui avrebbe potuto occuparsi – Kingdom Hearts, la licenza Disney era troppo importante perché potessero venire sprecate tempo e risorse, ma soprattutto perché si deludessero la fanbase sostanziosissima e la casa di Topolino. Fu abbastanza una sorpresa, non soltanto per lui, vederlo quindi incaricato di questo remake ma la dirigenza aveva le idee alquanto chiare in merito: i tempi sarebbero stati lunghi; una software house esterna avrebbe fatto il lavoro sporco.
E qui arriviamo al secondo problema, e quello fondamentale, del progetto: il lavoro di quel team non fu mai all’altezza delle aspettative di Square Enix. Lo sviluppo di condotto con diverse partnership esterne ma con CyberConnect2 (diversi Naruto e l’apprezzato Asura’s Wrath alle spalle) alla guida, selezionata per il suo curriculum in fatto di action e proprio perché SE voleva una mano a rendere più dinamico il proprio gameplay e di maggiore appeal la produzione video. Non furono mai fatti proclami in tal senso ma la collaborazione divenne di dominio pubblico nel 2015, in occasione della pubblicazione del gameplay trailer della PSX.
In quella circostanza, Nomura si sbilanciò in maniera decisa e inaspettata su quanto si era visto, dicendo che a suo modo di vedere le cose quel trailer era poco Square Enix (e preannunciando di fatto dei cambiamenti). Parole dalle quali si deduceva già una bocciatura da parte sua, e chi più del game director avrebbe potuto decretare le sorti di questa cooperazione? Nel sottobosco dei rumor si disse poi che la spina alla relazione di staccata nel 2016, a causa principalmente dell’eccessivo outsourcing di CyberConnect2 ad altre compagnie che, nel tentativo di accelerare i tempi della consegna, aveva deteriorato la qualità al di sotto di una soglia di accettabilità per gli standard richiesti, e che in quell’anno sarebbero stati totalmente riavviati in house i lavori sul gioco.
Non sapremo mai cosa sia stato tenuto e cosa no del pregresso, fatto sta che Naoki Hamaguchi – ora co-director – rese nota la decisione (“con la produzione e la qualità in mente”) della compagnia il 29 maggio 2017 con l’obiettivo di “controllare la qualità” e “mantenere la schedule stabile”. Nella peggiore delle ipotesi, pertanto, lo sviluppo o gran parte di esso sarebbero stati avviati due anni fa, con i risultati che abbiamo potuto apprezzato allo State of Play.
Abbiamo fatto un lungo giro in quel fantastico luna park che è Final Fantasy VII Remake, con la speranza, da fan ma anche da addetti ai lavori, che la prossima volta in cui ve ne parleremo sarà per tessere le lodi di un prodotto lungamente atteso e assai promettente. L’appuntamento con l’ennesimo reveal è fissato all’E3 di giugno: siamo certi che non mancherete.
Voto Recensione di Final Fantasy VII - Recensione
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