Stadia mobile è un'esperienza next-gen, ma ha limitazioni inspiegabili – Speciale
Qualità nei fatti e nel potenziale, ma Google dovrà rimboccarsi le maniche per arrivare pronta alla sfida di fine anno
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a cura di Paolo Sirio
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Google
- Piattaforme: STADIA
- Data di uscita: 19 Novembre 2019
Il lancio di Google Stadia è stato, dal punto di vista degli osservatori, per certi versi molto più appassionante della stessa Stadia. I dubbi legati all’arrivo nel nostro Paese, e su scala globale, di qualcosa di così dirompente rispetto al gaming tradizionale ci hanno accompagnato fino allo scorso novembre e continuano a farlo ancora oggi, trovando talvolta risposte confortanti, talvolta silenzi imbarazzanti per chi li fa e chi li ascolta.
Se la questione tecnica è diventata rapidamente una problematica del passato, dal momento che vi abbiamo raccontato in una nostra analisi di pochi mesi fa delle performance sorprendenti oltre ogni più rosea aspettativa a prescindere dal setup di rete e hardware, a lasciare basiti è stata la mancanza di chiarezza sull’evoluzione della libreria fin dalle poche settimane successive al day one.
Senza contare che una piattaforma di cloud gaming dovrebbe, teoricamente almeno, puntare sulla disponibilità dei propri giochi in qualunque frangente della giornata e in qualunque postazione, e ciò si tradurrebbe in una presenza massiccia su quanti più dispositivi possibile; questo non è stato possibile fino a poche settimane fa, quando, precisamente il 20 febbraio, Stadia ha abbattuto il muro dei Pixel e si è affacciata, nonostante un ventaglio ancora relativamente ridotto, a device di Samsung, Asus e Razer.
Le inspiegabili limitazioni di Stadia su smartphone
L’ampliamento della linea di dispositivi supportati in chiave mobile ci ha permesso di provare l’esperienza di Google Stadia su uno smartphone Samsung Galaxy S9+, godendo di quanto di buono l’idea di un gaming tripla-A quasi letteralmente dappertutto in casa possa portare con sé. Tuttavia, come abbiamo imparato in occasione delle nuove release, non sono affatto mancate delle carenze spiazzanti.
Cominciamo da quella più palese – il controller Stadia non funziona su smartphone. Il dispositivo che di fatto è stato il “volto” della piattaforma, dal momento che una piattaforma fisica non esiste e non esisterà mai, è stato tenuto fuori dal grande momento di gloria di Google nel campo di videogiochi, con la promessa che Android – un sistema operativo della stessa compagnia di Mountain View – lo supporterà soltanto in un secondo, non ancora precisato momento.
Dal lancio di novembre ad oggi non ci sono stati cambiamenti da questo punto di vista: il controller funziona senza fili soltanto con una Chromecast Ultra collegata allo schermo di un televisore, mentre richiede un cavo USB su PC fissi e portatili, dai quali viene riconosciuto come un normalissimo pad e non in qualità di device ufficiale di Stadia. In sua assenza, su mobile, non è possibile scattare foto dei giochi.
Questa è soltanto una delle limitazioni, e probabilmente niente di trascendentale nell’economia della fruizione del servizio, ma la dice lunga sullo stato di quest’ultimo, evidentemente se non embrionale ancora in una battuta iniziale della sua evoluzione; curiosamente, si sarebbe potuto sopperire in altri modi ma, come vedremo tra poco, non lo si è fatto per qualche misteriosa ragione.
Uno di questi modi avrebbe potuto essere l’implementazione di un’interfaccia touch, esattamente la stessa disponibile su Project xCloud di Microsoft o nel remote play di PlayStation 4; sfortunatamente, però, la versione Stadia non dispone di comandi a schermo e per tale ragione bisognerà disporre per forza di cose di un controller compatibile con Android (da acquistare quindi a parte) che possa essere quello di Xbox One – usato nella nostra prova -, di PS4 o di qualunque altra marca supportata.
Lungi da noi essere alfieri dell’interfaccia touch, che non immaginiamo utilizzeremmo mai visto che a una piattaforma del genere chiediamo principalmente la replica in portabilità dell’esperienza console, ma è chiaro che approdando sul dispositivo simbolo del casual gaming si sarebbe potuto (dovuto, a nostro parere) adottarne una per abbracciare da subito il bacino di possessori di Samsung, Asus e Razer non particolarmente avvezzi al mondo dei videogiochi.
Nell’ottica di un lancio beta, ci sta ancora avere una carenza del genere – spassosamente, i giocatori hanno già creato un plugin per Google Chrome per introdurla, e pare funzionare anche abbastanza bene – ma basta essere chiari, così come sarebbe bastato esserlo già a novembre: siamo in un lungo early access che presumibilmente finirà con l’uscita delle console next-gen il prossimo Natale.
Ci sono altre carenze abbastanza sorprendenti e che speriamo di vedere colmate a breve: gli achievement, introdotti dopo l’uscita originale, vengono ad esempio visualizzati soltanto nella controparte per PC e TV; inoltre, l’applicazione di Stadia viene visualizzata esclusivamente in modalità verticale, per cui noi che abbiamo giocato collegando lo smartphone ad una clip con il controller di Xbox One ci siamo ritrovati in una posizione alquanto scomoda (sic) prima di lanciarci nella sessione vera e propria. E questo era già stato notato a novembre dagli utenti Pixel così come dagli altri Android e iOS che potevano visualizzarci solo lo store e la libreria.
Un’altra dinamica che è bene sottolineare è che il cloud gaming è una questione esclusiva dei router 5GHz, pena la sostanziale impossibilità di sfruttarlo; nella nostra prova abbiamo adoperato un normalissimo device TIM per la fibra ottica e non abbiamo avuto problemi di sorta, come approfondiremo tra poco. Beninteso, però: non è un problema di Google Stadia ma del settore nella sua complessità, anche per Project xCloud o più banalmente il remote play di PS4 e Xbox One.
Per cui sognatevi di utilizzarlo tramite un extender o un dispositivo a 2.4GHz, sfortunatamente ancora i più diffusi per l’intensità del segnale e il risparmio sul costo della tecnologia, e che però sono sufficienti per lo streaming di musica, film o serie TV e pertanto andrebbero ottimizzati a tale fine per un’espansione seria di questo ramo.
Ma anche un’esperienza next-gen
Lo abbiamo sottolineato fin dai primi speciali sulla piattaforma e ribadito nel momento in cui abbiamo potuto provarla con mano: l’esperienza garantita da Google Stadia è qualcosa di next-gen qualunque sia l’angolazione da cui la si guardi. Fino ad un anno fa si rideva dei report che parlavano di videogiochi tripla-A che potevano girare in una scheda di Chrome, e guardate adesso dove siamo arrivati.
Siamo arrivati al punto in cui ci si gioca Metro Exodus al massimo delle potenzialità del port realizzato da 4A Games su uno smartphone, senza alcun compromesso sul comparto tecnico dettato dalla piattaforma su cui sia stato eseguito l’accesso e con un’infrastruttura che ha già dato prova di grande affidabilità negli ultimi mesi.
L’adattamento al mondo mobile, al netto delle limitazioni di cui abbiamo parlato sin qui e che rivelano semplicemente l’acerbità del progetto, è riuscito da questo punto di vista piuttosto bene: anche ad una certa distanza dal router – per intenderci, l’icona del Wi-Fi di Android è arrivata ad indicarci una sola linea di disponibilità del segnale – non ci sono state interruzioni sul servizio, con soltanto qualche artefatto su schermo a sottolineare il calo di qualità.
Complice l’utilizzo del comodissimo controller di Xbox One e di un’economica clip, poi, abbiamo potuto affrontare sessioni abbastanza lunghe e continuative senza incappare nella stanchezza di stringere il pad tra le mani e tenere i gomiti alti per disporre dello schermo dello smartphone all’altezza del nostro sguardo.
Nel giro di un weekend abbiamo iniziato e finito Gylt di Tequila Works, dalla durata di circa otto ore, e lo abbiamo trovato particolarmente indicato alla fruizione via mobile vista la sua profondità non eccessiva e l’inquadratura dietro le spalle della protagonista che ha facilitato la visibilità su uno schermo per quanto grande (quello del Samsung Galaxy S9+, ripetiamo) non è comunque pari a quello di un PC o televisore.
Qualche ora su GRID e Metro Exodus, che abbiamo già spolpato in versione console, ci ha convinti anche del fatto che – contro le nostre aspettative – non ci siano generi che siano particolarmente adatti o inadatti al gaming su smartphone e su Stadia; certo, c’è chi funziona meglio e chi peggio come per tutte le piattaforme così come contano le dimensioni del device utilizzato, eppure pensavamo che uno sparatutto in prima persona avrebbe richiesto una postazione ben diversa dalla portabilità. Tuttavia, la produzione di 4A Games ci ha smentiti, perlomeno per quanto riguarda la modalità Storia di uno sparatutto.
Se è il caso di sottolineare come, al pari del servizio su PC fisso, i requisiti in termini di disponibilità di rete e connessione siano molto meno influenti di quanto preventivato all’annuncio di Stadia, notiamo con un certo dispiacere che il gioco sul nostro Galaxy S9+ non occupa lo schermo nella sua interezza ma ha barre nere laterali rivelatrici della mancanza di un’ottimizzazione a tappeto; niente che vi ruberà l’occhio durante le sessioni di gioco, per fortuna, ma su mobile riteniamo che ogni pixel conti e sarebbe il caso di sfruttarli tutti per davvero.
Per quanto ci riguarda, il gioco in streaming ha i contorni di una vera next-gen e Stadia, complice la qualità della sua infrastruttura, ha dalla sua la capacità di recitarvi un ruolo da protagonista. Oltre i dubbi sul business model adottato, ancora legato ad un abbonamento per la sola permanenza, ci sono però delle carenze oggettive difficili da spiegarsi e che vanno risolte rapidamente per far sì che la loro ombra non copra del tutto le innegabili qualità della piattaforma di cloud gaming.
Voto Recensione di Google Stadia - Recensione
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