Yu Suzuki, tra i sogni da realizzare e il futuro di Shenmue

Durante la recente edizione del Lucca Comics & Games abbiamo avuto l'opportunità di intervistare Yu Suzuki, il geniale game designer ex di Sega.

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a cura di Silvio Mazzitelli

Redattore

LUCCA – L’edizione di quest’anno del Lucca Comics & Games ha avuto tra i suoi ospiti d’onore una vera e propria leggenda del mondo videoludico: Yu Suzuki, ex game designer e producer di Sega e oggi a capo di Ys Net, software house da lui fondata.

La sua storia si lega indissolubilmente a quella del videogioco: entrato in Sega nel 1983, la maggior parte delle sue creazioni tra gli anni ’80 e ’90 hanno saputo innovare il mondo del gaming, diventando spesso delle vere pietre miliari. Titoli come Outrun, Hang-on, Space Harrier – per citarne alcuni – hanno contribuito in modo significativo a dare nuova linfa ai titoli arcade da sala giochi dopo la crisi del 1983, grazie agli speciali controlli che simulavano il volante di un’auto o la forma di una vera e propria moto da corsa. Yu Suzuki è stato il primo a pensare a un sistema simile per i suoi lavori.

Negli anni ’90, poi, fu pioniere nell’utilizzo delle tre dimensioni, realizzando Virtua Racing e Virtua Fighter, i primi titoli da sala giochi in 3D nel loro genere d’appartenenza. La sua opera magna è probabilmente Shenmue (potete recuperare i primi due storici capitoli su Amazon), uscito nel 1999 per Dreamcast.

Parliamo di un gioco che ebbe un valore seminale per tutti gli open world, grazie alla libertà d’azione data all'epoca al giocatore. Il titolo, inoltre, introdusse anche il concetto di QTE, ripreso poi da moltissimi altri giochi negli anni successivi, tanto da essere utilizzato ancora oggi.

Durante l’evento lucchese abbiamo avuto l’onore di intervistare proprio Yu Suzuki, potendo chiacchierare con lui della sua carriera, dei suoi piani futuri e di molto altro.

L’amore per il 3D

Yu Suzuki, durante il Lucca Comics & Games 2023, è stato protagonista di diversi panel in cui ha raccontato molto della sua carriera e della sua filosofia nel creare i giochi.

Ed è proprio da questo punto che abbiamo dato inizio alla nostra chiacchierata con il leggendario sviluppatore, chiedendogli quali fossero le idee, la filosofia e il metodo con cui è riuscito a innovare per così tanto tempo il settore videoludico.

«Ho sempre avuto una passione per il 3D, sin da quando ho studiato all’università. Anche quando ho sviluppato giochi in 2D ho sempre cercato la tridimensionalità» ci ha rivelato. 

Basta in effetti pensare a come sono impostati titoli come Space Harrier o After Burner per capire come la visuale di gioco e la struttura emulino una visione dell'azione in tre dimensioni.

«Finalmente, con Virtua Fighter e Virtua Racing sono riuscito a rendere la mia idea di gioco una realtà anche per il giocatore grazie alle nuove tecnologie. Il 3D si è poi sviluppato sempre di più, dando ai giocatori maggiori possibilità di esprimersi in tanti altri modi, ed è per questo motivo che ho creato Shenmue.

Con lo sviluppo della componente grafica nei videogiochi, anche le possibilità di espressione sono aumentate, e grazie a queste nuove possibilità ho potuto dare vita alle idee sulle tre dimensioni che avevo sempre avuto in testa».

Yu Suzuki aveva già svelato, durante una delle sue conferenze, di essersi laureato nel 1981 con una tesi dedicata proprio alla grafica in tre dimensioni, in un periodo in cui i computer erano ancora agli albori e la grafica era prevalentemente vettoriale in due dimensioni.

Una visione dunque proiettata al futuro, come ha poi dimostrato con molti suoi videogiochi. La nostra curiosità ci ha dunque spinto a chiedergli da dove sia nato questo amore per il 3D.

Yu Suzuki, rivangando il passato, ci risponde:

«L’ho sempre trovato molto interessante. Ricordo di aver visto per la prima volta in un negozio Mystery House per Apple II, che con una sola linea riusciva a ricreare un ambiente che simulava le tre dimensioni. Ne rimasi impressionato.

In un altro gioco, chiamato Time Zone, sempre per Apple II, era possibile utilizzare dei comandi appositi per spostare una grande roccia, che appariva ai miei occhi come se fosse tridimensionale; sotto di questa era presente un serpente. Era divertente e ne rimasi affascinato, nonostante per l’epoca quel gioco fosse costosissimo.

Vedendo queste immagini che sembravano in 3D, pensai subito che fosse qualcosa di davvero interessante!».

I titoli di Ken e Roberta Williams, fondatori di Sierra, furono dunque un punto di partenza per Yu Suzuki, che sviluppò poi una sua filosofia nel creare giochi, che si basava molto sulle possibilità offerte dalle tre dimensioni.

Il lavoro nel mondo dello sviluppo

Uno dei motivi che spinsero Yu Suzuki a scegliere Sega nel 1983, secondo quanto detto da lui stesso in un panel sempre a Lucca, non fu tanto una grande passione per i videogiochi, ma fu più la garanzia di avere due giorni di riposo a settimana, cosa che gli garantiva un buon bilanciamento tra vita e lavoro.

Come purtroppo si sente più spesso, il mondo dello sviluppo attuale è costellato da tante difficoltà, tra licenziamenti, problemi di crunch e condizioni di vita non molto positive in sempre più aziende. Abbiamo chiesto dunque se, secondo la sua opinione, serva un cambiamento nel mondo dello sviluppo, soprattutto per i tripla A, per garantire un po’ di serenità a chi lavora con i videogiochi.

Yu Suzuki ci parla dunque della situazione degli sviluppatori giapponesi, rivelandoci che negli ultimi anni è migliorata: «All’inizio era così anche in Giappone. Ricordo che in un mese avevo accumulato 360 ore di lavoro, mi segnavo tutti gli straordinari e praticamente vivevo in azienda». 

Il geniale designer ci racconta che ai tempi in cui lavorava per Sega era stato talmente tanto preso dal lavoro che in un’occasione gli staccarono luce e gas dall’appartamento per i prolungati periodi di assenza in cui non aveva avuto occasione di pagare le bollette.

Tra gli altri ricordi, ci confessa che all’epoca non aveva nemmeno il tempo di lavare i vestiti e per questo motivo continuava a comprarne di nuovi. «Adesso è diverso e non funziona più così», ci rassicura Suzuki, che nella sua esperienza ha visto diminuire questi eccessi, almeno per quanto riguarda il Giappone.

Sicuramente una testimonianza di crunch che ci ha lasciati senza parole, e che dimostra come questa tendenza nel mondo videoludico ci sia sempre stata.

Virtua Fighter, il primo picchiaduro 3D nell’epoca di Street Fighter II

Una nostra grande curiosità era legata alla creazione di Virtua Fighter, il primo picchiaduro in tre dimensioni della storia, nato nel 1993, in piena epoca del boom dei picchiaduro in 2D con Street Fighter II.

Yu Suzuki ci rivela che, oltre alla voglia di sperimentare con le tre dimensioni, come era possibile intuire, aveva altri motivi che lo spinsero a provare a realizzare il titolo: «Oltre al mio amore per il 3D, un altro motivo era che all'epoca Street Fighter II era il migliore. Ho perso il conto di quanti fossero i titoli che cercavano di replicarne il successo, spesso copiandolo… saranno stati almeno seicento. Ma nessuno è mai riuscito a superarlo. Proprio in quel momento ho dunque deciso di fare Virtua Fighter, per creare qualcosa di diverso».

Una scelta, però, che in Sega non fa condivisa da molti.

Suzuki prosegue il racconto:

«Street Fighter II sembrava imbattibile e molti mi dissero di non pensarci nemmeno a provare a entrare in competizione. Io però replicai che volevo almeno provarci, perché altrimenti non avrei mai potuto sapere se la mia idea poteva funzionare.

Non sapevo se fosse possibile superarlo, però sentivo che almeno potevo fare qualcosa di diverso, che avrebbe avuto un suo valore».

Il racconto si fa più avvincente quando il creatore di Virtua Fighter ci dice: «Persino alcuni importanti membri di un’azienda concorrente mi dissero di smetterla con il mio progetto, e non me lo dissero in maniera gentile». 

Nonostante tutte queste opposizioni più o meno gentili, però, Suzuki riuscì a terminare il progetto, e nel 1993 arrivò il capitolo originario di Virtua Fighter, primo picchiaduro in 3D, che si rivelò un successo dando vita a una delle saghe più importanti di questo genere.

Pochi anni dopo arrivò anche un anime di successo e poi molte altre collaborazioni importanti. Suzuki fu il director della saga fino al quarto capitolo, uscito nel 2001.

Il futuro di Shenmue

Probabilmente il gioco più iconico di Yu Suzuki è ancora oggi Shenmue, che ha visto qualche anno fa l’uscita del terzo capitolo (che potete recuperare su Amazon) dopo una campagna Kickstarter di grande successo, mentre lo scorso anno è arrivato persino un anime che ri-narra la storia dei primi due giochi.

Eppure, le vicende che hanno per protagonista il giovane artista marziale Ryo Hazuki non si sono ancora concluse e proprio l’incontro con il creatore della saga ci ha dato l’opportunità di chiedergli se in futuro potremo vedere la continuazione della storia.

Il padre di Shenmue ci svela: «Sì, vorrei continuarlo, però da solo non posso farlo, avrei bisogno di partner per portare avanti il progetto. Potrei concluderlo in un’altra forma, ma sto cercando di realizzarlo come videogioco». 

Essendo lui anche lo scenario writer del titolo, la storia è già tutta scritta e Suzuki ci ha confermato che già all’epoca del primo gioco aveva in mente la conclusione dell’epopea di Ryo Hazuki.

Tutta la storia, infatti, è stata elaborata in una sorta di romanzo che è nelle mani di Suzuki stesso, e dopo queste dichiarazioni la nostra curiosità è cresciuta a dismisura e non abbiamo potuto fare a meno di chiedergli se riuscirebbe a mettere la parola fine alla trama con un solo altro gioco o se ne servirebbero di più.

«Non l’ho ancora deciso in realtà. Se facessi come in Shenmue III, in cui un gioco adatta un capitolo della trama, dovrei farne molti altri. Il problema è che io ho scritto praticamente un romanzo in cui è narrata tutta la storia, ed è difficile quantificare quanto materiale scritto sia possibile inserire in un singolo videogioco».

Le parole di Suzuki ci invogliano a scoprire come proseguiranno le vicende di Ryo Hazuki nel suo viaggio per vendicarsi di Lan Di, assassino di suo padre. Speriamo quindi che il creatore di questa importante saga possa presto riuscire a portare avanti la storia in un nuovo videogioco.

Il desiderio di Yu Suzuki

Per concludere la nostra intervista, abbiamo voluto semplicemente chiedere al maestro se nella sua carriera ci sia mai stato un progetto che ha sempre desiderato fare, ma che finora non è riuscito a concretizzare.

Senza pensarci due volte, Suzuki ci dice: «Vorrei fare un titolo multiplayer online, anche se non ho molta esperienza a riguardo. Magari un 4vs4 in cui due team si affrontano».

Abbiamo dunque citato Overwatch come stile di gioco da cui prendere spunto e Suzuki ha approvato, aggiungendo: «Non so molto di Overwatch, però quello che conosco mi piace parecchio. Sarei interessato a creare un titolo simile».

Ringraziamo dunque Yu Suzuki per l’interessantissima chiacchierata e per il tempo a noi concesso, sperando di poterlo rivedere in futuro in Italia e pronti a conoscere al più presto i suoi progetti in lavorazione.

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