Negli ultimi anni sono aumentati esponenzialmente i casi in cui delle grandi software house presentano un videogioco in pompa magna e dopo il trailer l’unica cosa che viene da pensare è: ma perché?
Sono titoli talmente sbagliati alla radice che basta avere un minimo di conoscenza del medium videoludico per comprendere che sono la perfetta formula del fallimento. Un tempo veniva da pensare: “non è possibile che in aziende multimilionarie nessuno si sia reso conto di quanto questo progetto non abbia senso, sicuramente qualcosa ci sfugge e avranno qualche asso nella manica”. Spoiler: non è così.
Ogni caso fa una storia a sé, ma è chiaro che spesso ci sono progetti vittime dei cosiddetti uomini del marketing, che guardano solo a cosa vada per la maggiore in quel momento e prendono decisioni su quali titoli realizzare senza minimamente tenere in conto molti fattori, quali i tempi di sviluppo, la saturazione di un genere nel mercato e soprattutto l’importanza della qualità in un videogioco.
Su questo argomento Swen Vincke, capo di Larian Studios, ha detto tutto durante il suo discorso ai recenti The Game Awards 2024, che vi invito a recuperare, se non lo avete già visto/letto. Il discorso di Vincke va contro quel tipo di amministrazione che punta al guadagno a tutti i costi, non rispettando i desideri degli sviluppatori e trattando i giocatori come dei numeri da cui ricavare più soldi possibili.
Fortunatamente, il mondo dei videogiochi, nonostante i grandi problemi che lo affliggono negli ultimi anni, si mantiene perlopiù meritocratico, e lo dimostrano i grandi risultati di titoli come Baldur’s Gate 3, Elden Ring o i Resident Evil per citarne alcuni. Persino titoli più di massa, come il recente Call of Duty: Black Ops 6, sono alla fine dei giochi ben riusciti.
Certo, ci sono molti titoli che avrebbero meritato di più e altri di meno, ma rispetto ad altri media – come ad esempio quello musicale, in cui esiste un abominio come la trap che è tra i generi più ascoltati del momento (opinione puramente personale, e ci tengo a sottolineare quanto io sia stato pacato) – non ci possiamo di certo lamentare troppo per la qualità.
Ed è proprio vedendo i tanti titoli di alta qualità che escono con sufficiente costanza che non ci si capacita di come alcuni progetti siano stati approvati e portati avanti fino all’uscita. Visto che la mente umana tende a dimenticare facilmente le cose brutte, è bene ricordarvi quali siano stati i titoli usciti negli ultimi anni che, sin da quando erano stati presentati, non lasciavano presagire assolutamente nulla di buono – con la speranza che aumentare la consapevolezza dietro certo progetti anche un minimo possa scongiurare l’arrivo di nuovi fallimenti catastrofici, che non fanno bene né al settore e né agli sviluppatori.
Concord
Iniziamo direttamente da quello più ovvio e scontato, che tutti vi aspettavate in questa lista. Concord è riuscito a diventare il portabandiera di tutti quei giochi che era palese sin dal primo trailer che non si sarebbero dovuti fare.
I motivi del suo fallimento dimostrano che chiunque abbia deciso di mettere al lavoro su questo progetto i poveri sviluppatori dell’ormai defunto Firewalk Studios dovrebbe cambiare mestiere, soprattutto perché non ha nessuna capacità di leggere il mercato.
Il titolo, come ci ha spiegato il buon Marcello nella sua recensione, voleva essere un hero shooter à la Overwatch o Valorant, che provava a inserirsi in un mercato dominato dai free-to-play facendo pagare i giocatori per l’acquisto, ma non offrendo assolutamente nulla di nuovo o innovativo nel suo gameplay, con una art direction che copiava (male) I Guardiani della Galassia e altre parti assemblate alla bell'e meglio, solo guardando a ciò che funzionava negli altri titoli di questo tipo cinque anni fa.
Il risultato? Già la open beta era andata malissimo, con uno dei risultati più bassi di sempre per persone connesse. Il gioco, uscito il 23 agosto, ha avuto un picco massimo di utenti su Steam di 697 persone, con 25mila unità vendute sempre su Steam. Dopo neanche due settimane Concord è stato chiuso e cancellato per sempre, lasciando Sony con un buco senza senso che, a quanto pare, ammonterebbe a 400 milioni di dollari. Un disastro annunciato su tutta la linea.
Babylon’s Fall
Qui entriamo nel personale, essendo un gioco che ho recensito io nel marzo 2022, quando uscì con grande sofferenza. Il primo trailer di Babylon’s Fall era estremamente convincente, d’altronde rispettava gli alti standard degli action realizzati da PlatinumGames, una maestra in questo genere. A un certo punto, però, qualcosa è cambiato drasticamente, dato che già dal secondo trailer il titolo aveva perso la sua identità, diventando un live service cooperativo come se ne sono visti tanti.
Platinum non è mai stata ferrata con i giochi online – infatti ricordiamo tutti la cancellazione di Scalebound, che doveva avere una componente multiplayer che creò enormi problemi allo studio. A quanto pare, Square Enix ha voluto trasformare il progetto in un live service per cercare di sfruttare questa fallace miniera d’oro che per anni è stato il sogno di tantissime grandi aziende videoludiche.
Square Enix, come vedremo in seguito, ha buttato anni di sviluppo e il lavoro di talentuosi sviluppatori all’inseguimento di questa chimera, facendo fallire praticamente quasi tutti i progetti di questo tipo a cui si è dedicata.
Al suo debutto, Babylon’s Fall era un action incommentabile che sbagliava ogni elemento da cui era composto. Sbagliò totalmente persino il periodo di lancio, essendo uscito il 3 marzo 2022, a pochi giorni di distanza da Elden Ring.
Non si sarebbe salvato nemmeno in un altro periodo, ma anche giochi buoni arrivati in quel momento ne risentirono pesantemente (vero, Horizon?), figuriamoci un gioco così malfatto. Già nel primo mese il picco massimo di giocatori su Steam fu intorno ai 1.100, che in qualche settimana calarono rapidamente a poche centinaia.
Neanche un anno dopo, il 27 febbraio 2023, i server del gioco furono chiusi per sempre, facendo calare il sipario su uno dei capitoli più bui di PlatinumGames – che, peraltro, aveva fallacemente promesso un supporto a lungo termine...
Skull and Bones
Se c’è un altro grande publisher che ha chiuso più live service di quanti ne abbia aperti – oltre a Square Enix – quella è Ubisoft. Vi ricordate Hyper Scape, Rainbow Six Extraction, Roller Champions o XDefiant? Probabilmente no, ma nessuno di questi titoli ormai o chiusi o finiti nel dimenticatoio raggiunge il livello fallimentare di Skull and Bones, il gioco piratesco live service ispirato alle battaglie navali di Assassin’s Creed 4: Black Flag.
Ubisoft ha annunciato il gioco come il primo quadrupla A – che a questo punto sembra più un urlo disperato che un pregio – presentandolo per la prima volta nel 2017, ma pare fosse in sviluppo dal 2013. Il titolo è uscito ben sette anni dopo, il 16 febbraio 2024 e, come si può evincere dalla recensione firmata dal nostro Nicolò, è un gioco di pirati senza mordente, ed è difficile sbagliare un gioco di pirati.
Persino Black Flag, a cui si ispira, aveva più fascino, ed è un gioco del 2013. Qui non esiste una storia coinvolgente, il gameplay è limitato solo alle battaglie navali, alcuni momenti clou sono relegati a schermate dove premere "conferma" e bisogna grindare un sacco per potenziare il proprio vascello, il che porta (troppo) presto i giocatori alla noia.
Persino SEGA, con il folle progetto, in uscita a breve, Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii, creato in pochi anni riciclando le ambientazioni di Infinite Wealth e aggiungendo qualche nuovo sistema, potrebbe aver fatto un gioco sui pirati decisamente migliore, anche solo a giudicare dalle idee espresse nei trailer.
Tra i tanti sbagli di Skull and Bones c’è stata anche la presunzione di venderlo a prezzo pieno, cosa che ha portato un picco massimo di utenti su Steam di 2.615, con sole 38mila copie vendute circa, sempre stando alle statistiche della piattaforma di Valve. Attualmente il gioco fatica ad arrivare, su Steam, a 100 giocatori connessi contemporaneamente.
Molti si chiedono come sia possibile che Skull and Bones sia ancora vivo, mentre XDefiant, che aveva avuto un'accoglienza migliore a livello di utenza, sia stato chiuso. Stando alle indiscrezioni, l’unico motivo per cui il titolo piratesco non sia mai stato cancellato è che è stato finanziato in parte dai fondi del Governo di Singapore, dato che il titolo è frutto soprattutto di Ubisoft Singapore.
Il risultato però è un costo di circa 200 milioni di dollari che non ritorneranno mai.
Suicide Squad: Kill the Justice League
A nulla è servito rinviare di quasi un anno Suicide Squad: Kill the Justice League, dopo la presentazione avvenuta nel 2023 e accolta in maniera terribile dal pubblico – anche a ragione, diremmo.
Per quanto per mesi Rocksteady abbia provato a dire che il gioco non sarebbe stato un live service, una volta uscito la sua struttura da live service fu evidente, come specifica anche il nostro Marcello nella sua recensione.
Non si può stravolgere un gioco in un anno di sviluppo e il risultato di questo tentativo è stato un action adventure multiplayer dal gameplay blando con una evidente mancanza di direzione generale. È un peccato vedere lo studio dietro alla grande serie Arkham dedicata a Batman ridursi a far uscire una produzione del genere, ma suppongo che la colpa non sia direttamente ascrivile al team, ma a chi, in dirigenza, ha gestito la stanza dei bottoni.
D’altronde Warner Bros. ha al momento uno dei peggiori CEO in circolazione, in termini di idee relative al mondo videoludico: basta leggere alcuni discorsi di David Zaslav su videogiochi e film di Warner per comprendere quanto la direzione presa dall’azienda sia sbagliata a ogni livello.
Un'altra prova di questa folle gestione è il trattamento ricevuto da Multiversus: chiuso per più di un anno e fatto uscire in uno stato anche peggiore della beta, con una manovra che ha ucciso un gioco che aveva del gran potenziale, che aveva esordito ottimamente salvo poi tornare in sviluppo, in una procedura che non era chiara a nessuno – nemmeno ai consumatori che lo avevano preso e che per oltre un anno non hanno più potuto giocarci.
Ovviamente Zaslav si è lamentato delle perdite di Suicide Squad, incurante di tutti i problemi che il titolo ha avuto – avendolo affidato a un team i cui punti di forza erano all'opposto di quanto fatto – e dei 200 milioni di dollari spesi per la realizzazione di questo progetto senza senso.
La parte peggiore è che sembra non aver imparato nulla dal successo di Hogwarts Legacy, un gioco single player in cui gli sviluppatori hanno messo passione, e la paura che il seguito di questo titolo diventi anch’esso un live service è forte.
Alla fine Suicide Squad ha totalizzato un picco di 13.500 giocatori circa, ma in questi ultimi mesi le cifre sono calate pesantemente al di sotto dei mille, e non pensiamo che il fatto di averlo regalato con PlayStation Plus di gennaio abbia giovato molto al numero di utenti presenti.
La cosa certa è che questo gennaio 2025 il gioco ha ricevuto l’ultimo aggiornamento ufficiale; da ora in poi si può considerare un gioco abbandonato a sé stesso dagli stessi sviluppatori di Rocksteady, che speriamo possano riscattarsi con il loro prossimo progetto. Possibilmente, qualcosa che li rimetta in condizione di esprimere idee nelle loro corde, e non di inseguire modelli di mercato calati dall'alto e nati morti.
Foamstars
Nella sua folle corsa alla ricerca del live service di successo, Square Enix ha rilasciato anche Foamstars, ossia uno spudorato clone di Splatoon – ma insaponato. È uscito a febbraio dell’anno scorso, ma nessuno si ricorda più di questo titolo. Al suo debutto era un gioco a pagamento, ma chi era iscritto a PlayStation Plus poteva ottenerlo gratuitamente. A due settimane dal lancio aveva perso oltre la metà degli utenti e lo scorso ottobre fu rilanciato come free-to-play.
Questo rilancio però non è riuscito a salvarlo, avendo aumentato i giocatori solo del 48%: un’inezia, dato che il gioco non aveva questi grandi numeri. Recente è la notizia che il gioco non verrà più supportato dagli sviluppatori con nuovi aggiornamenti, ma almeno i server rimarranno aperti per permettere ai (pochi) appassionati di continuare a giocare, rilanciando anche tutti i contenuti dei pass stagionali usciti nel suo unico anno di vita.
Anche in questo caso parliamo di un risultato preannunciato; anche se il gioco non era pessimo, era troppo derivativo in ogni suo aspetto, sia per il gameplay troppo copiato da Splatoon che per la sua estetica da cartoon, troppo anonima e scopiazzata un po’ dall'art direction di Fortnite. Non è dunque una sorpresa che un progetto con così poca personalità non abbia conquistato il pubblico. Più che creare qualcosa di suo, pur con un gameplay gradevole, Foamstars ha cercato di cucire insieme elementi di altri titoli di successo, con il risultato peggiore possibile per un videogioco: essere dimenticabile.
Unknown 9: Awakening
Non sono soltanto i titoli live service a fallire, a volte capita anche con dei single player. Proprio in questi giorni è arrivata la notizia che qualsiasi progetto su un possibile seguito o espansione dell'universo di Unknown 9: Awakening è stato cancellato. Già a novembre, appena un mese dopo l’uscita del gioco, la software house che aveva curato il titolo, Reflector Entertainment, aveva annunciato che il 18% della sua forza lavoro era stato licenziato.
Purtroppo ho già spiegato nella mia recensione quanto questo gioco, che ha raggiunto a stento la sufficienza, non potesse minimamente sperare di competere con altri action adventure simili. Nonostante le buone idee alla base del progetto di creare un universo transmediale, queste si sono scontrate contro un grosso muro fatto da un gameplay con meccaniche obsolete e poco curate, una narrativa davvero poco convincente e parecchi problemi tecnici.
Non è bastata la presenza dell’attrice Anya Chalotra a salvare il gioco o a far interessare gli utenti al progetto: il titolo, secondo i dati di Steam, ha venduto sulla piattaforma solo 18mila copie circa e ha avuto un picco massimo di 285 giocatori in contemporanea.
D’altronde poteva anche coinvolgere l’attrice più brava e più popolare del mondo, ma alla fine conta solo la qualità finale del titolo. Ed è lì che Unknown 9 si è accasciato, ben prima di diventare l'universo cross-mediale che Bandai Namco sperava.
Final Fantasy VII: The First Soldier
Quanti hanno mai pensato che trasformare Final Fantasy VII, uno dei più iconici JRPG della storia, in un battle royale fosse un’idea geniale? Forse in modo un po' brutale, ma la parte più risoluta di me pensa che chiunque possa osare fare una proposta del genere seriamente dovrebbe prendere un bel respiro, pensarci un attimo su e alla fine tenersela per sé. A quanto pare però non la pensano allo stesso modo in Square Enix e così, a novembre del 2021, è arrivato Final Fantasy VII: The First Soldier, un battle royale che in teoria doveva anche fare da prequel all’intera saga di FFVII, diretto da Tetsuya Nomura.
Mi limiterò a dire che il nome di Nomura associato a Final Fantasy VII ha fatto solo danni in tempi recenti, ma alla fine non soltanto l’idea di un battle royale basato su Final Fantasy VII aveva poco senso di per sé, ma il gioco soffriva di numerosi problemi sia nel suo gameplay con controlli poco precisi che nella sua struttura davvero poco ispirata, come riporta anche Nicolò nella sua recensione.
Il gioco visse all’incirca per un anno e i server chiusero definitivamente a gennaio 2023, visto che, in soldoni, non ci giocava nessuno.
La cosa positiva, in tutto questo. è che ora possiamo far finta che Final Fantasy VII: The First Soldier sia stato solo un brutto sogno collettivo e che non sia mai esistito.
Extra: I live service defunti di Sony
Chiudiamo questa carrellata con una nota dolce amara, che si spera possa portare in futuro positività. Di recente è stato scoperto che nell’ultimo periodo Sony ha chiuso due suoi live service: secondo un report di Bloomberg questi erano stati sviluppati da Bend Studios e da Bluepoint Games. In particolare, molti sono rimasti perplessi all’idea che Bluepoint Games, un team nemmeno troppo vasto in quanto a forza lavoro e specializzato nella realizzazione di remake (anche con ottimi risultati), fosse impiegato nella realizzazione di un live service dedicato a God of War come primo progetto inedito.
Una decisione che non ha minimamente senso in nessun universo possibile e che nessuno avrebbe mai dovuto nemmeno concepire, per la sua assurdità. Ora però si spera che la cancellazione del progetto possa voler dire che la lezione di Concord e, speriamo, la vittoria di Astro Bot come Game of the Year ai TGA del 2024, abbia fatto rinsavire qualcuno nei piani alti di Sony. I live service in cantiere erano tantissimi, voluti sotto la direzione di Jim Ryan, un CEO che, dal punto di vista dell'identità ludica di PlayStation, ha fatto principalmente danni, rischiando di compromettere l’intera generazione di esclusive di PlayStation 5.
Il punto forte di Sony sono sempre stati i titoli single player con una forte componente narrativa; ha senso voler diversificare il proprio catalogo, ma non trasformarlo interamente in un elenco di live service di dubbia qualità, come dimostrato da Concord. Il 2024 ha avuto solo Astro Bot come esclusiva first party, che è riuscito da solo a salvare la situazione, mentre il 2025 al momento ha solo il futuro Ghost of Yōtei in arrivo dai PlayStation Studios. Si spera che il management di Sony sia ancora in tempo per evitare un possibile iceberg di nulla cosmico tra le sue esclusive, perché ma solo il tempo ci saprà dare questa risposta.