Brutto affare, parlare di Assassin’s Creed Syndicate. A livello commerciale, è ancora adesso il secondo peggior capitolo della saga. Arrivato l’anno successivo all’ambizioso ma frettoloso Unity, ha segnato il record negativo passato da 6-10 milioni di copie vendute a giungere a malapena 4 in un anno.
Ma questo bistrattato Assassin’s Creed era davvero così pessimo come si pensava nel 2015? A cinque anni da quel momento siamo tornati nella sua Londra del 1868, per raccontarvi perché, in attesa dell'imminente Valhalla, Syndicate è l’ultimo grande Assassin’s Creed.
La parità prima di tutto
Per fortuna, non c’è molto bisogno di descrivere il gameplay di Assassin’s Creed Syndicate. Proprio perché si è trattato dell’ultimo videogioco prima dello stravolgimento di Origins nel 2017, la tradizione dominava e solo timidamente qualche novità si affermava. Le maggiori erano tre: il lanciacorda, rampino necessario per scalare gli altissimi edifici di Londra e attraversarne velocemente gli stradoni, la possibilità di guidare le carrozze (con un sistema praticamente uguale a quello di Grand Theft Auto) e la capacità di cambiare personaggio in quasi ogni momento. Per la prima volta infatti a essere protagonisti erano due fratelli gemelli, Jacob ed Evie Frye.
Senza dubbio la novità più interessante è stata proprio quest’ultima, sia per la presenza di abilità e missioni uniche per entrambi (lei furtiva, lui manesco) ma anche per la sorprendente parità all’interno della trama. A livello narrativo è probabilmente questo il maggior contributo di Assassin’s Creed Syndicate, ovvero la sua capacità di scrivere due personaggi sia complementari che paritari. Evie non ha “privilegi” morali solo perché donna, è un personaggio indipendente il cui contrasto col fratello è sia fisiologico (non esistono fratelli che non litigano) che narrativo.
La visione di lei e quella di Jacob che si scontrano è infatti colonna portante della vicenda umana prima ancora che storica. Qualcosa di così serenamente solido che è stato in grado di farsi scivolare addosso le polemiche che ci furono ai tempi sull’argomento, e che oggi ha acquisito ancor più importanza anche alla luce delle recenti dichiarazioni a tema (“le donne non vendono”). Una volontà di ferro nel voler essere progressisti, che fa il paio con il fatto che Jacob Frye è il primo personaggio bisessuale della saga.
Assassin’s Creed Syndicate, ovvero Londra 1868
Un altro segno di come Assassin’s Creed Syndicate sia l’ultimo Assassin’s Creed tradizionale è il classico segreto in piena vista: l’ambientazione. La Londra ricreata per il videogioco è infatti l’ennesima dimostrazione plastica di quanto i ragazzi di Ubisoft Montreal avessero a cuore la rievocazione delle atmosfere dell’epoca di cui si occupavano. Un amore che ai tempi di Unity aveva finito per sopraffarli, facendo loro creare una mappa enorme ma allo stesso tempo sia piagata da un’incredibile quantità di bug, sia non sostenuta da una struttura di gioco altrettanto reinventata.
Con Syndicate tutto ciò è sparito, e l’avventura di Jacob ed Evie è finalmente tutto quello che ci si aspettava da un Assassin’s Creed su ottava generazione. Ma anche qui, ecco che si è affacciato il paradosso: molti hanno visto Syndicate solo come un ennesimo riciclo, non capendo che in realtà ne era un’evoluzione che non rinnegava ciò che è stato.
Il segno dell’amore che gli sviluppatori hanno riversato in Assassin’s Creed Syndicate si trova, ancora una volta, tanto nell’ambiente quanto nelle figure coinvolte. La città di Londra è stata ricostruita con la classica grande cura, stavolta con assai meno limitazioni proporzionali cui si era stati costretti su settima generazione.
La ricerca filologica ambientale si nota ancora una volta nei piccoli dettagli: data l’ambientazione, da quell’epoca ci sono giunte anche fotografie, che sono state un’assoluta novità per la rievocazione.
Sono le persone che fanno grande un’epoca
Oltre a misurarsi per la prima volta con fonti iconografiche autentiche, la vicinanza alla contemporaneità ha portato anche ad alcune “stranezze”, entrambe fatte per aggirare rischi legali. La prima era che le denominazioni dei pub nel gioco sono tutte di fantasia. Una precauzione per evitare controversie legali da parte dei veri proprietari dei locali di quelle strade. Per le denominazioni che si vedono nel gioco, il team chiamò Judith Flanders, storica specializzata proprio nell’epoca vittoriana.
La seconda riguarda i personaggi storici: la storia principale abbonda di personalità di spicco ancora adesso studiate e ricordate. Tra queste vi sono Charles Dickens, Charles Darwin e Karl Marx. La filologia del gioco si spinge anche a mettere sotto i riflettori anche Florence Nightingale e il commissario Frederick George Abberline, figure storicamente molto specifiche e per somma parte sconosciute ai non britannici.
La Nightingale è considerata la fondatrice della scienza infermieristica moderna, mentre Abberline è ricordato per essere l’ufficiale di polizia che indagò su Jack lo Squartatore. Come ultimo segno di qualità, gli sceneggiatori di Assassin’s Creed Syndicate hanno trovato il modo di inserire nella trama anche personaggi storici vissuti decenni dopo il 1868; in questo caso però lasciamo a voi l’onore di capire come abbiano fatto.
La particolarità è come tutte queste personalità abbiano un ruolo fondamentalmente positivo, aiutando i fratelli Frye durante la loro impresa di sottrarre Londra ai Templari.
La giustificazione ufficiale a tale scelta è che Assassin’s Creed Syndicate è il primo della serie, dopo molti anni, ad ambientarsi in un periodo di pace; quella ufficiosa è che i discendenti dei suddetti personaggi storici sono ancora rintracciabili, e alla Ubisoft non volevano rischiare controversie (legali e non) qualora uno di questi fosse divenuto bersaglio di Jacob e Evie.
Curiosamente, Alexander Graham Bell è rappresentato come impacciatamente invaghito proprio di Evie. La storia ci dice che Bell si sarebbe sposato nove anni dopo (1877) con la sordomuta Mabel Gardiner Hubbard; la donna sarebbe stata di ispirazione per i suoi studi sulla trasmissione vocale che l’avrebbero portato all’invenzione del telefono, nonché all’aspra diatriba giudiziaria con Antonio Meucci riguardo il brevetto di tale invenzione.
Nonostante la stessa giurisprudenza statunitense dal 2002 abbia richiesto l’accredito di Meucci come inventore dell’apparecchio, a livello internazionale il telefono è ancora attribuito a Bell, che come tale compare in Assassin’s Creed Syndicate. L’impresa di Bell è anche responsabile della definizione del Bel, l’unità di misura dell’intensità sonora e dei segnali di potenza nel settore delle telecomunicazioni. Per una questione di comodità di calcolo, nella quotidianità del Bel viene soprattutto usato il decibel (corrispondente a 1/10 di Bel).
Gangs of London
Smettendo per un momento i panni del rievocatore, c’è anche da dire che Assassin’s Creed Syndicate non ha avuto una vita molto facile. Trapelato ben prima del suo annuncio ufficiale con il titolo provvisorio Assassin’s Creed Victory, ebbe un’ulteriore doppia sfortuna.
La prima fu di capitare in un’annata in cui lo steampunk/vittoriano aveva già due pesi massimi quali The Order 1886 e Bloodborne; la seconda fu il venire commercializzato dopo il brutto exploit di Unity. Una cosa così palese che venne pubblicamente ammessa pure dal CEO Yves Guillemot: egli, pur sapendo che Syndicate era oggettivamente migliore di Unity, aveva a ragione predetto che il pubblico l’avrebbe snobbato.
Quindi, l’avventura dei gemelli Frye avrebbe fatto da “vittima sacrificale” perché la saga potesse proseguire e provare davvero a reinventarsi (percorso poi intrapreso a partire dal 2017 con Origins e che continuerà quest’anno con Valhalla). Ed effettivamente così fu: peggio di Syndicate fece solo l’altrettanto controverso Rogue.
Una “punizione” che il pubblico ha dato al brand per contestarne la sua ormai insostenibile politica delle pubblicazioni annuali. Eppure Assassin’s Creed Syndicate era il capitolo della saga che meno si meritava tutto questo, non solo per il talento rievocatorio ma anche per la volontà di riportare alla luce temi e riferimenti culturali importanti.
Il gioco infatti non si impegnava solo alla ricostruzione della città in piena rivoluzione industriale, ma ne portava alla luce anche le storture sociali, dagli operai alienati al lavoro minorile, fino allo sviluppo del crimine organizzato. In tal senso anzi la sceneggiatura si premura di aggiungere anche una sfumatura di ambiguità: l’unico modo per togliere Londra dall’influenza criminale dei Templari è fondare un’ulteriore banda di strada. Come se alla fine il progresso c’è ma si ricorre sempre ai soliti metodi.
Anche in una cosa apparentemente banale come il fatto che Jacob decida di battezzare la sua banda come “Rooks” nasconde in realtà ben più di un significato. In inglese infatti la parola rook significa sia “corvo” che “imbroglione”, e quando usata in funzione di verbo diventa appunto “imbrogliare”, forse una metonimia appunto sulla figura del corvo accreditata come un emissario intelligente ma anche ingannatore e quindi simbolo di malaugurio. In tal senso questa credenza è stata cristallizzata da Edgar Allan Poe nella sua poesia Il Corvo del 1845.
Inoltre la parola rook viene utilizzata per indicare il pezzo della torre negli scacchi, quindi potrebbe essere un riferimento alla forza bruta che Jacob impiega (in Oriente il pezzo della torre era in realtà un elefante, appunto inarrestabile ma capace di muoversi solo in avanti). Curiosamente i Rooks hanno come colore sociale il verde chiaro: questo potrebbe essere un rimando o una citazione a Grand Theft Auto San Andreas, dove i membri della gang delle Groove Street Families di cui fa parte il protagonista Carl “CJ” Johnson utilizzano proprio il verde come colore identificativo.
Assassin’s Creed Syndicate, dal Rinascimento verso il futuro
Concludiamo con la considerazione più importante, seppure finora solo accennata: il parallelismo di Assassin’s Creed Syndicate con Assassin’s Creed II. Prima di tutto bisogna dire che non si tratta di una comparazione ipotizzata da pubblico o stampa; bensì è qualcosa di ammesso dagli sviluppatori stessi, partiti in sede di concept proprio dall’avventura di Ezio. Questo perché rinascimento ed età vittoriana sono state immaginate con alla base gli stessi principi: un’era in cui il il cambiamento e il progresso avvengono attraverso la pace e la creatività.
Le ragioni e gli sforzi a supporto di queste intenzioni sono tante, dentro e fuori dallo schermo: la prima e più evidente è l’ambientazione puramente cittadina in un periodo di prosperità. L’ultima volta che la saga aveva proposto qualcosa di simile era stata (guarda caso) con Assassin’s Creed II. Da questo punto di vista, tutte le figure storiche che si incontrano nella Londra di Syndicate formano una “squadra” con lo stesso compito narrativo che la parabola di Ezio affidava a Leonardo Da Vinci. Dove il genio rinascimentale incarnava la mentalità di chi indaga per capire, gli studiosi e gli inventori dell’Ottocento creano e diffondono il progresso, inseguendo il sogno di dare a tutti una vita migliore.
La seconda sta nella medesima attenzione dei due capitoli nell’impostare l’operato del protagonista. Questo non è solo un’egoistica ricerca di vendetta, ma si spinge all’idea di non relegare a pochi i vantaggi della prosperità. Anzi, al giocatore spetta il compito di raddrizzare i torti e gli effetti collaterali del progresso tecnologico, dall’eliminazione dei capibanda alla liberazione dei bambini costretti a lavorare in condizioni di schiavitù. Allo stesso modo, nel 2009 il giocatore veniva spinto a investire i guadagni di Ezio su Monteriggioni con l’attrattiva di costruire una rendita passiva, salvo poi fargli realizzare come il restauro del borgo portasse benessere a tutti gli abitanti.
Infine, basta vedere i titoli di coda per capire come ACII e Syndicate condividano i medesimi sceneggiatori, Corey May e Jeffrey Yohalem. Ai tempi di ACII questa coppia era stata affiancata da Joshua Rubin, ma May è di suo sceneggiatore storico del brand, avendo lui scritto addirittura il capostipite. E in tal senso non deve stupire che, esattamente come ACII lo era per l’Italia, Assassin’s Creed Syndicate sia una lettera d’amore all’età vittoriana e all’Inghilterra tutta, tanto nelle sue bellezze quanto nelle sue mancanze.
In conclusione
Assassin’s Creed Syndicate, a cinque anni dalla sua uscita, non si è mosso ed è giusto che sia così. Come altri suoi fratelli ha dovuto fare i conti con l’essere pubblicato in annate difficili, sia per la concorrenza che per il passato recente. È rimasto quieto e concentrato, e non ha mollato mai un colpo. E volendo, non poteva essere altrimenti: l’avventura di Jacob ed Evie è appunto la terza lettera d’amore prodotta dalla saga, che dopo il Rinascimento e l’America coloniale ha voluto omaggiare un’epoca di cambiamenti, di menti brillanti e idee esplosive.
Una prosperità che, come al solito, andava pagata con pregi e difetti, con l’idiosincrasia del progresso accessibile a tutti ma che aveva dimenticato come farsi apprezzare. Negli anni, questo era diventato Assassin’s Creed: un araldo del progresso dentro e fuori dalla videoludica, ma che metteva in guardia sul fatto che il progresso non bisogna solo cercarlo: bisogna imparare a usarlo.
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