Top e flop: il meglio e il peggio dei videogiochi nel 2024

I top e flop dell'anno videoludico, ossia il meglio e il peggio del 2024 nell'universo dei videogiochi – secondo la nostra redazione.

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Ogni anno videoludico passa per un'infinità di montagne russe e, come abbiamo fatto nel 2023 e nel 2022, ci ritroviamo anche quest'anno con il Top e Flop della redazione di SpazioGames.

Abbiamo coinvolto tutti i redattori che hanno voluto condividere i loro pensieri sul meglio e il peggio dell'anno videoludico che sta per concludersi (no, non siamo tutti qui: trovate in questa pagina tutta la redazione al completo), per ripercorrere con voi i momenti più alti e quelli invece più deludenti e più bassi che hanno caratterizzato gli ultimi dodici mesi.

Vediamo allora, uno a uno, cosa ci ha colpito e cosa no del 2024.

Domenico Musicò

Deputy Editor | Leggi i suoi articoli

Top: Silent Hill 2

La verità è che non gli avrei dato una lira, dopo il materiale promozionale un po' equivoco e considerando la gestione delle IP di Konami non propriamente al top. La seconda verità, quella che di solito si tiene sempre un po' nascosta perché considerata troppo personale, è che ritenevo il gioco originale semplicemente irraggiungibile, e sentivo che fosse addirittura uno sfregio e al contempo un imperdonabile atto di lesa maestà rifarlo da zero e affidarlo addirittura a chi non fosse giapponese.

Sono contento di essere stato smentito, visti i risultati? Moltissimo: Silent Hill 2 Remake è esattamente ciò che avrei sempre voluto per una degna – e per me pressoché impossibile – riproposizione. Difficile trovare qualcosa fuori posto e ancora più complicato non affermare che per Bloober Team questo è stato il gioco della vita.

Un rilancio del genere apre le porte a una nuova alba per la serie, ma Konami deve stare molto più attenta a chi affida gli altri progetti collaterali: trovare dei team all'altezza di questa serie è di una difficoltà fuori scala. In bocca al lupo per il futuro.

Flop: i giochi fintamente inclusivi

Quest'onda anomala è già partita da un bel pezzo nel mondo del cinema americano, ha travolto anche l'editoria e si è abbattuta infine in questo settore, col risultati che sono davanti agli occhi di tutti. Parte tutto dai gloriosi (si fa per dire) Stati Uniti d'America, che spingono affinché vengano incluse minoranze di ogni tipo solo perché vogliono essere i pionieri di una necessità nobile negli intenti ma catastrofica nell'applicazione.

Quest'anno la lista di questi giochi che fanno finta di essere inclusivi solo perché vogliono mostrarsi come avanguardie moderne, ma che finiscono puntualmente per essere grotteschi, ridicoli e scherniti malamente, è cresciuta in modo incontrollato, con questi titoli che finiscono spesso per essere abiurati dai giocatori. Chiaramente non è questo il motivo principale dei ripetuti flop, ma tutti gli inserimenti palesemente forzati, fuori luogo, completamente decontestualizzati e spesso involontariamente ilari si abbinavano a giochi pessimi con storie deboli, personaggi finti e mai credibili.

Il nostro settore, come gli altri, sta perdendo una grandissima occasione e si sta coprendo di ridicolo.

Marcello Paolillo

Senior Staff Writer | Leggi i suoi articoli

Top: Astro Bot

Astro Bot è la scintilla che quest’anno ha incendiato l’apatia del mercato. Mentre molti titoli si perdevano in promesse vuote, mondi aperti fin troppo chiusi o microtransazioni degne di un casinò di quart’ordine, Astro Bot ha fatto una cosa rivoluzionaria: ha ricordato a tutti cosa vuol dire giocare. E lo ha fatto con una purezza disarmante.

Astro Bot è un concentrato di creatività e gioia, un platform che sfrutta ogni singolo angolo del suo universo per incantarti e farti sorridere come quando avevi otto anni davanti al tuo primo Mario. È un ritorno alle origini, ma senza nostalgia ruffiana: ogni livello è una celebrazione di ciò che i videogiochi sono sempre stati e dovrebbero tornare a essere.

In un panorama dominato da ansia da prestazione e formule stanche, Astro Bot ha avuto il coraggio di mostrarsi per ciò che è: un videogioco puro, cristallino, sincero. La cosa migliore del 2024? Assolutamente sì. Perché è un titolo che non cerca di impressionarti con inutili piroette, ma ti ricorda che i videogiochi devono essere (in questo caso specifico) divertenti. E Astro Bot lo è in modo sublime.

Flop: l'industria dei videogiochi

Quest’anno il mercato dei videogiochi ha toccato un nuovo fondo, dimostrando che l’avidità può distruggere anche l’industria più creativa. Il 2024 sarà ricordato come l’anno dei flop annunciati e dei licenziamenti di massa, un disastro orchestrato da manager che giocano con i soldi altrui (e con le persone) come fossero noccioline.

E poi, i giochi: Concord e Suicide Squad, due capolavori, ma di mediocrità. Il primo, un titolo multigiocatore di cui nessuno sentiva il bisogno (e infatti è stato chiuso per sempre), e il secondo, una caricatura sbiadita che ha trasformato i personaggi DC in un meme imbarazzante. Questi giochi (ma ce ne sono tanti altri) non solo hanno fallito, ma sono diventati simboli di un’industria che ignora i giocatori per inseguire mode e modelli di business tossici.

E poi ci sono i licenziamenti: migliaia di sviluppatori lasciati a casa da colossi come Embracer e Bungie. Il motivo? L’incapacità di pianificare e il continuo inseguimento di guadagni a breve termine. È come se i CEO avessero scelto il “game over” per i loro dipendenti, mentre loro continuano a intascare bonus milionari.

Il mercato videoludico quest’anno non è stato quindi solo deludente: è stato il riflesso di un sistema marcio, dove la creatività è stata sacrificata sull’altare dell’avidità. Se questo è il futuro, non c’è molto da festeggiare.

Francesco Corica

Staff Writer | Leggi i suoi articoli

Top: la vittoria di Astro Bot ai The Game Awards

Possiamo discutere a lungo sul fatto che un prodotto che celebra la storia di PlayStation possa davvero essere definito un "gioco piccolo", ma a mio parere il trionfo di Astro Bot ai The Game Awards 2024 ha mandato un messaggio di vitale importanza all'industria videoludica.

In un'era in cui l'industria sembra implodere su sé stessa alla ricerca del "graficone" a tutti i costi, il fatto che abbia vinto un titolo annunciato e rilasciato quasi per caso, come fosse un "tappabuchi" per dare ai fan PS5 qualcosa da giocare in attesa dei grandi nomi, ribadisce un aspetto fondamentale: le idee e la passione vincono sempre su tutto.

E se il suo director durante la cerimonia di premiazione ha voluto ringraziare pubblicamente Nintendo — pur senza farne mai direttamente il nome — forse è il caso che la stessa PlayStation si faccia qualche domanda, riflettendo su ciò su cui vuole davvero investire per il futuro.

Flop: la corsa ai live service (e i fallimenti)

Che sia difficile lanciare i live-service è ormai evidente a chiunque ci segua sulle nostre pagine, ma è proprio per questo motivo che mi sento in dovere di sottolineare come questa caccia in cui non si accettano più rischi, se non sono in grado di promettere guadagni costanti dopo l'uscita, sta provocando più danni che benefici.

Nel 2024 abbiamo assistito, salvo rarissime eccezioni, a un disastro dietro l'altro: il più clamoroso è stato sicuramente Concord, buttato giù dopo neanche una settimana per poi essere cancellato definitivamente, con conseguente chiusura dello studio e licenziamenti annessi. Ma anche Suicide Squad non scherza, con Warner Bros. che si è ritrovata perfino a doverlo offrire a poco più di 3 euro in saldo o addirittura offrirlo gratis.

Per non parlare di Ubisoft, che sembra non sapere più che pesci prendere, pubblicizzando Skull and Bones come suo quadrupla-A e chiudendo xDefiant dopo aver promesso fino a pochi mesi prima che non sarebbe mai successo. E non contenta di questi suoi successi, decide invece di smantellare il team di Prince of Persia: The Lost Crown, che avrebbe meritato ben altra sorte.

Tutti casi da cui l'industria, purtroppo, pare non voglia imparare nulla.

Valentino Cinefra

Staff Writer | Leggi i suoi articoli

Top: Arcane

La prima stagione di Arcane mi era piaciuta moltissimo, ma non avrei mai creduto che un franchise così scialbo dal punto di vista narrativo come League of Legends potesse generare un'opera d'arte come la serie Netflix in questione.

Merito di uno studio di talenti di razza come Fortiche, che ci ha regalato una di quelle opere che restituiscono fonti d'ispirazione anche per la vita di tutti i giorni. Ho già detto molto nella mia recensione, e non posso che aggiungere che è bello vedere come in un momento storico generalmente deludente dal punto di vista dell'intrattenimento ci sia ancora chi è capace di scrivere storie del genere. Spero sia una stella polare per molti altri autori in tutti i medium d'intrattenimento.

Flop: i content creator di videogiochi

Tolto qualche caso (non faccio name dropping perché non posso permettermi un avvocato, parliamone in privato), credo che il 2024 sia stato un anno molto deludente per quanto riguarda il mondo dei content creator dedicati verticalmente (più o meno) ai videogiochi.

Ne abbiamo parlato spesso su queste pagine perché, per chi lavora con la comunicazione, è fondamentale osservare e analizzare ciò che succede nel proprio ecosistema-mondo. Se è quindi evidente che la critica, intesa come persone che danno voti ai videogiochi su siti web, sia totalmente sconfitta perché non riesce ad avere più nessun dialogo con un pubblico che non fa altro che inneggiare ad una connivenza a rotazione verso l'azienda di turno, perché nel 2024 devo ancora sentire parlare di corruzione, conflitto d'interessi, dietrologia spicciola sempre e solo da un fronte che agita una community già problematica di suo?

I videogiocatori sono già confusi tra deliri sulla presunta agenda woke delle aziende, videogiochi che diventano politica solo quando fa comodo (spesso a destra, ma sarà un caso) e assurde teorie del complotto, ci mancano solo i content creator che aizzano la propria fanbase contro chi ogni giorno tenta di trovare un senso nella bolgia comunicativa che si è creata.

Mi dispiace molto perché sono sempre stato a favore dei content creator che lavorano bene. Sono fortemente ostile verso la nostalgia dei Bei Tempi delle Riviste® e sono felice di vedere come evolve la comunicazione videoludica. Tuttavia credo che quest'anno sia emersa, da parte di molti soggetti di cui sopra, forse una poca capacità di costruire un proprio ecosistema narrativo e lavorativo che non sia legato solo al puntare il dito contro gli altri e cavalcare la polemica del momento.

Spero di vedere qualcosa di più solido e interessante nel 2025.

Gianluca Arena

Senior Editor | Leggi i suoi articoli

Top: Metaphor ReFantazio

Un gioco incredibile, che poggia sulle fondamenta della formula inaugurata e raffinata negli anni dal franchise Persona ma cambia completamente setting, toni, tematiche.

Scommettere su una nuova proprietà intellettuale è sempre più difficile nel mercato odierno, ma Atlus e lo Studio Zero hanno avuto coraggio nel provare qualcosa di nuovo, e hanno confezionato un prodotto immenso per ambizione, respiro e quantità di contenuti, impossibile da non consigliare a chiunque nutra anche solo un minimo interesse non solo nei confronti dei giochi di ruolo giapponesi, ma anche dei giochi narrativamente pregnanti o in quelli artisticamente rilevanti.

Flop: Dragon Age: The Veilguard

Dopo i disastri di Mass Effect Andromeda e, soprattutto, di Anthem, Bioware torna sul luogo del delitto e confeziona un gioco di ruolo in cui le scelte del giocatore avrebbero dovuto essere centrali, come i dialoghi e la scrittura dei personaggi.

Invece Dragon Age The Veilguard fraintende tutto ciò che aveva reso indimenticabile Origins, puntando forte sulla fedeltà grafica e su un buon combat system (quasi come un action game...) per coprire enormi magagne in alcuni dei campi più importanti per un gioco di ruolo, come la qualità dei dialoghi, la profondità del sistema di crescita, il loot e la caratterizzazione del mondo di gioco.

Un discreto gioco di per sé, ma un pessimo esponente di quella che una volta era una delle nostre serie preferite.

Silvio Mazzitelli

Redattore | Leggi i suoi articoli

Top: l'anno dei JRPG

Anche se, come era prevedibile, il 2024 non è stato all'altezza di un anno unico come il 2023, ha riservato davvero molte belle sorprese. Per me personalmente il 2024 è stato un anno di grandi JRPG: ne sono infatti usciti tantissimi, quasi tutti di ottima qualità – e, anzi, siccome purtroppo le mie giornate non sono ancora di 48 ore, non sono ancora riuscito a giocarli tutti purtroppo.

I due che però si sono dimostrati maggiormente validi, secondo me, sono Final Fantasy VII Rebirth e Metaphor: ReFantazio, ognuno per motivi diversi e complementari tra loro. Il primo lo reputo infatti la migliore evoluzione della struttura dei classici JRPG degli anni ’90, riuscendo anche a rendere in maniera ottima i rapporti tra i personaggi. Peccato solo per i soliti strafalcioni delle parti aggiunte alla storia classica.

Metaphor invece ha il problema inverso: in alcuni momenti la sua struttura è troppo ancorata al passato, nonostante l’ottima aggiunta degli Archetipi che offrono un sistema, non nuovo, ma sicuramente ben confezionato. Il suo punto di forza maggiore è però la sua storia, avvincente, profonda e piena di tanti livelli di lettura differenti, cosa che lo rende un vero capolavoro.

Flop: la morte di BioWare

L’uscita di Dragon Age: The Veilguard era la prova del nove per BioWare, per capire se a distanza di tutti questi anni fosse ancora in grado di creare quella magia che tra la fine degli anni ’90 e gli anni 2000 l’aveva contraddistinta. Purtroppo per me la prova è stata fallita miseramente: il nuovo Dragon Age è un RPG mediocre in ogni suo aspetto, dal gameplay blando e poco rifinito fino a una narrativa pessima di cui non c’è niente da salvare, né l’intreccio principale, né i personaggi e la loro caratterizzazione.

Se questo è dunque lo stato attuale di Bioware spero veramente che il già annunciato nuovo capitolo di Mass Effect non arrivi mai: sarebbe un secondo colpo al cuore, se uscisse con questa qualità.

Daniele Spelta

Redattore | Leggi i suoi articoli

Top: le storie dei videogiochi

Già vi vedo. Le storie dei videogiochi e pensate a qualche tripla A magari targato Naughty Dog, il recente remake di Silent Hill 2 o il secondo capitolo di Alan Wake. Siete lontanissimi dal bersaglio. I tre titoli che hanno segnato per me questo 2024 sono forse i migliori esempi di come le potenzialità di un videogioco dovrebbero essere sfruttate per creare delle storie. Per la precisione sto parlando di Caves of Qud, Norland e di Roads to Power, DLC per Crusader Kings 3

Queste opere sono delle vere perle di game design e soprattutto di narrativa emergente, dove i complessi sistemi di gioco riescono a dare vita a situazioni che forse nemmeno i team di sviluppo avevano previsto, libri dalle pagine bianche che si riempiono di volta in volta grazie a strane combinazioni.

Non ho mai capito il perché, ma le mie famiglie regnanti in Norland avevano una strana passione per i sacrifici umani, in Caves of Qud delle pozze chimiche sono diventate degli esseri senzienti e i miei migliori companion e Roads to Power ha narrato alla perfezione le gesta errabonde di un nobile senza fissa dimora. 

Flop: lamentarsi sempre, lamentarsi comunque

Vuoi per l’età che avanza, per il poco tempo da perdere o per gli orari improponibili, ma le varie conferenze di presentazione sono diventate impossibili da seguire per il sottoscritto. Così, cercando qualche interessante annuncio il giorno successivo, mi ritrovo solo inondato di polemiche, analisi craniometriche che Lombroso spostati proprio e invettive contro chissà quale cospirazione segreta o lobby che esiste solo nella testa di chi spreca energie per nulla.

E i giochi? Praticamente le informazioni che vorrei leggere, le agognate date di uscita o delle analisi sui personaggi o sui contesti narrativi spariscono del tutto sommersi da fiumi e fiumi di “Signora mia, una volta sì che i videogiochi erano cose da veri uomini”.

Questa tendenza iniziata già da qualche anno è letteralmente esplosa nel 2024 e ha raggiunto vette di assurdità mai viste proprio in questi ultimi mesi durante i The Games Awards. Purtroppo anche noi testate non siamo esenti da critiche e l’augurio per il 2025 è che tutti si faccia uno sforzo per concentrarsi su quello che realmente esiste e non su un singolo frame per trarre strampalate conclusioni. Lo so, sono un illuso.

Marino Puntorieri

Redattore | Leggi i suoi articoli

Top: la seconda stagione di Arcane

Il 2024 è stato un anno molto importante per il livello qualitativo delle serie tv tratte dal mondo videoludico. Un elemento confermato dai risultati ottenuti dalla serie di Fallout tra critica e pubblico (vincitore anche della categoria ai recenti The Game Adwards, e meritatamente), anche se nel mio cuore e nella mia testa non è rimasto molto spazio libero dopo aver visto la seconda stagione di Arcane.

Francamente non pensavo che riuscisse a conquistarmi ancora di più della prima tornata di episodi lanciata nel 2021, ma – soprattutto considerando la necessità di chiudere le principali ramificazioni narrative in ulteriori nove puntate – non potevo desiderare un finale migliore.

Non sono mai stato attratto dall’universo di LoL, per quante ne riconoscessi l’incredibile fascino, ma il team di Fortiche Production è riuscito ad attirare e conquistare i neofiti come il sottoscritto con maestria incredibile, senza dimenticarsi delle elevate aspettative dei fan più accaniti.

Un risultato che tra musiche, animazioni e storytelling è stato elevato all’ennesima potenza proprio in questa seconda stagione, confermando con incredibile dirompenza quanto Arcane sia riuscita a demolire tutti i preconcetti e a farsi spazio nel mio cuore.

Flop: lo stato dei videogiochi di calcio

Il 2024 doveva essere un anno incredibilmente frizzante per gli appassionati di pallone virtuale, ma si è rivelato come il più deludente in assoluto. Nulla togliere a un EA Sports FC 25 che – nonostante continui a stare sul suo trono con una certa consapevolezza – ha in parte voluto osare con la nuova concezione delle tattiche, ma i competitor non sono riusciti minimamente a farsi trovare preparati, o quanto meno a rispondere alle esigenze dei videogiocatori.

Tra un eFootball che, tra svariate partnership commerciali, temporeggia e cerca di consolidarsi solo per una nicchia molto ristretta di giocatori, ed un UFL fresco di release 1.0 tutt’altro che completo, la sensazione è che i numerosi giocatori che speravano in qualche opzione completamente diversa dai prodotti di EA continueranno a rimanere a bocca asciutta.

La scelta dei progetti di Konami e Strikerz Inc. di perseverare come free-to-play, principalmente focalizzati su un online competitivo simile a Ultimate Team, è da ritenersi abbastanza deludente fin dalle intenzioni, per quanto si tratti comunque di opzioni più arcade.

In tutto questo, in sostanza, è da tempo che un videogioco calcistico non riesce realmente a sorprendermi in termini di qualità – e quest’anno abbiamo avuto l’ennesima (mediocre) conferma.

Stefania Sperandio

Editor-in-chief | Leggi i suoi articoli

Top: la serata dei The Game Awards

Sono stata molto indecisa: il mio gioco top dell'anno è di certo Metaphor: ReFantazio, ma essendo già stato citato dal nostro zelante Gianluca ho deciso di citare qualcos'altro. In seconda posizione c'era Manor Lords, un titolo che nonostante l'accesso anticipato è stato già capace di rapirmi per parecchie ore, e a seguirlo Astro Bot. Alla fine, però, vorrei mettere l'accento sulla serata dei The Game Awards, che con mia immensa sorpresa è stata uno dei momenti più piacevoli dell'anno. E ve lo dice una che odia gli show che durano tantissimo, i momenti vuoti e le chiacchiere, e che ogni anno aspetta la notte infinita dei TGA con tutt'altro che entusiasmo.

Eppure, nel decimo anniversario finalmente lo show di Geoff Keighley è riuscito a mettere a fuoco ciò che c'era bisogno di fare, ha smesso di mettere la polvere sotto il tappeto in merito agli spigoli dell'industria ed è riuscito a tenersi fedele all'idea di «vediamo cosa aspettarci dai videogiochi dei prossimi dieci anni».

Per quanto sia stato in alcuni momenti surreale pensare che, nel pubblico in sala che applaudiva il premio Game Changer, ci fossero anche dirigenti che magari hanno tagliato dei team per aumentare i dividendi, lo show nell'insieme è stato un passo in avanti gigantesco rispetto a quelli degli scorsi anni, ed è parso finalmente e davvero una celebrazione dei videogiochi.

Se riuscirà a tenere questo standard, i videogiocatori avranno infine un reale momento da incorniciare a fine anno, anziché una carrellata aritmica che alterna trailer, spot fotocopia e siparietti con i Muppets.

Flop: PS5 Pro

Non sarà di certo un flop di vendite e in fondo questa è l'unica cosa che conta per i publisher, ma come avrete notato sia dal video unboxing che dalla recensione, PS5 Pro è uno dei prodotti videoludici che ho trovato meno convincenti quest'anno.

L'insieme del prezzo richiesto, della spinta forzata al digital delivery e delle differenze tutt'altro che fondamentali di cui permette di godere incarna un po' tutto quello che sta andando storto nell'industria di questi tempi – e in PlayStation. Una corsa al miglioramento grafico incrementale che diventa quasi impercettibile nell'uso reale, quello che conta davvero, e che in qualche modo sposa l'idea di giochi AAA tutti effetti, fotorealismo, milioni di budget e... licenziamenti.

Potrei riassumere il concetto in «ridatemi la PlayStation che conoscevo» al posto di una che deve mandare Mark Cerny a dare volto alla presentazione di una console potenziata di cui non si sentiva la necessità, o di quella distaccata dalla realtà che si aspettava veramente il successo di Concord.

La mia speranza è che la confusione vista in Sony anche quest'anno, per me coronata dalla strategia di prezzo di PS5 Pro, possa migliorare con il cambio di management – ma staremo a vedere cosa succederà nei prossimi anni. Per il momento, quantomeno lo sblocco di PlayStation Portal a console anche per il cloud è un segnale di maggior vicinanza alla realtà e ai cambiamenti del mercato. Il 2025 si promette movimentato, quindi staremo a vedere.

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