Storie fatte con IA: innovazione o fine dei videogiochi?

L'industria si sta muovendo verso l'uso intensivo delle IA, anche per quanto riguarda la narrazione: rivoluzione utile o reale minaccia? L'opinione.

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Partiamo direttamente dalla notizia che ha generato la riflessione che sto per proporvi, che non è un fatto di pochi giorni fa, ma che affonda le sue radici già nel terreno vecchio di qualche anno fa. In sostanza, Microsoft ha depositato un brevetto che prevede l'uso dell'intelligenza artificiale generativa anche per quanto riguarda la narrazione.

Neanche a dirlo, l'iniziativa ha subito creato orrore e sgomento per chi ci tiene all'autorialità, all'arte intesa come racconto dell'esperienza umana, al lascito di chi ha ancora qualcosa di importante e unico da dire in un mondo di omologazione verso il basso e svilente nichilismo.

Eppure la medaglia va vista sempre da entrambi i lati, osservando con attenzione se esiste ancora da qualche parte una positività che il settore ci sta giorno dopo giorno rubando.

La domanda fondamentale su cui bisogna davvero riflettere – prima ancora di ogni possibile implicazione morale e artistica – è la seguente: siamo davvero sicuri che l'IA generativa per le storie sia una delle più grandi minacce per il videogioco o, al contrario, può essere utile per coadiuvare il lavoro degli sviluppatori e addirittura migliorare ciò che non va?

Il futuro dello sviluppo e il nodo intelligenza artificiale

Volenti o nolenti, prima o poi bisognerà fare i conti con l'intelligenza artificiale: pervasiva in ogni settore, sempre più presente nella quotidianità e talmente potente da rappresentare uno tsunami capace di squassare le fondamenta stesse delle più moderne tecnologie, anche nei videogiochi se ne fa già uso da diversi anni (nonostante in molti pensino il contrario).

Ve ne siete mai accorti? E soprattutto, siete così convinti che col suo ulteriore affinamento sarete in grado di rendervi conto se un determinato contenuto è stato creato dall'IA o dalla mente umana? I contorni delle risposte che non vi fornirò io, ma che inizierete a darvi inevitabilmente tra qualche anno, sono piuttosto inquietanti e rimettono in discussione tempi e modalità di sviluppo. 

L'IA avrà l'indubbio vantaggio di assottigliare i tempi di alcuni processi produttivi che prima erano impensabili senza un controllo lento e metodico di ogni singola implementazione, aiuterà a creare mondi più grandi e densi e darà alternative valide mentre offrirà spunti e idee che si tramuteranno in nuove quando interverrà l'uomo con la sua impareggiabile unicità.

E allora perché la narrazione generata da un'IA spaventa così tanto?

Dopo aver ricevuto precise istruzioni da parte di un sviluppatore che sa bene cosa vuole, l'IA generativa può creare storie di contorno che danno forma al vissuto di personaggi che prima era pressoché assente.

Facciamo un passo indietro e portiamo l'esempio dei gloriosi e amati JRPG di un tempo, che al netto dei progressi tecnologici non sono poi così tanto cambiati. Pensate a tutti quei personaggi secondari con cui parlare, che dicono due frasi in croce e poi smettono – oppure ripetono sempre le stesse cose.

Quante volte vi siete chiesti cosa c'era dietro quella dichiarazione ora un po' triste, ora gaudente o magari carica di disperazione? Quei personaggi non avrebbero meritato forse un maggior approfondimento e una storia personale un po' più elaborata?

Ecco, fate un attimo lo sforzo di pensare all'IA generativa per storie di questo tipo, in grado di creare il vissuto che prima mancava dopo aver ricevuto precise istruzioni da parte di un sviluppatore che sa bene cosa vuole ma non ha il tempo di dare la giusta dimensione a tutti quanti. Non è forse un vantaggio sia per il gioco, sia l'esperienza finale del giocatore (almeno potenzialmente)?

Un cambiamento epocale alle porte

Chiaramente questo è soltanto uno dei tantissimi esempi a cui si può pensare, perché lo stesso concetto sarebbe applicabile anche a giochi persistenti che dopo poco tempo non hanno più nulla dire.

Le opere in questione potrebbero essere rivitalizzate proprio grazie a degli spunti narrativi che rimetterebbero in discussione il tessuto narrativo ormai un po' sbiadito, offrendo la possibilità di un rilancio, di un rimpolpamento e di generare introiti da reinvestire in nuovi progetti.

Come sono solito ripetere, "più grande ed elaborato" non fa necessariamente rima con "migliore", pertanto non è detto che le infinite possibilità offerte dall'IA possano garantire giochi migliori.

Ci sarà la solita rincorsa alla grandezza, ai contenuti ipertrofici e non necessari, alle fanfare in cui si annunciano grandi manovre e ci saranno come ormai di consueto i soliti grossolani errori di valutazione che faranno cadere teste e faranno perdere posti di lavoro

Eppure, bisogna sforzarsi di guardare oltre l'orizzonte e liberarsi dall'abitudine di osservare le zone di comfort come caldi e accoglienti giacigli dove ci si sente sempre protetti: i giochi non sono più quelli di una volta, l'industria men che meno e adesso ci si deve confrontare con quotazioni in borsa, investitori, enormi conglomerati e affaristi che non sanno nulla di videogiochi, ma che hanno il potere di prendere decisioni.

Decisioni, appunto.

Tutto dipende proprio dall'uso che si farà di questa IA generativa e di quale impatto avrà anche sulla percezione stessa che avranno i giocatori. In un settore dominato dalla guerra dei cloni, come possiamo anche solo pretendere di poter discernere l'autenticità della storie?

Sono abbastanza convinto che la linea di demarcazione tra opera dell'ingegno e opera artificiale sarà sempre più sfumata, e che in fin dei conti gli utenti si faranno andare bene anche questo boccone amaro, se incontrerà ugualmente i loro discutibili gusti. 

In fondo che differenza fa avere di fronte l'ennesimo titolo sci-fi a tema spaziale con una storia priva di sforzo, se anche quelle partorite dagli autori sono soltanto banali riproposizioni di racconti triti e ritriti senza uno straccio di originalità?

Provocazioni a parte (col solito fondo di verità), è ormai questo il futuro che siamo destinati ad avere, nonostante tutto: lo spazio per l'originalità è relegato solo al mercato indipendente e i titoli devono essere sempre più di massa e per tutti, per non generare perdite. 

Eppure, anche così, le perdite si generano lo stesso, perché si grida alla mancanza di originalità. Il cane che si morde la coda sta iniziando ad auto-divorarsi già da qualche anno, lasciando i grandi attori dell'industria con una serie di grattacapi che non riescono a risolvere. L'IA non sarà una pietra tombale, ma potrebbe mettere finalmente fine all'idea che i videogiochi siano arte.

Non lo sono: sono solo dei prodotti da vendere che si imbellettano per darsi un tono. E al di là di pochissimi esponenti in grado di poter essere associati a questa nobile parolina, se li priviamo anche del potere delle storie, delle esperienze personali da raccontare, di ogni valido intento di nobilitazione, cosa ci resta? Davvero arriveremo al punto da giocare solo per riempire il tempo, senza interesse per un'esperienza che è solo la rimescolanza di ciò che esiste già?

Non saprei, perché dietro questo fatalismo da conto alla rovescia che corre in modo forsennato, ci vedo anche degli sviluppi che possono funzionare, che possono dare nuova dimensione a ciò che fino a oggi è rimasto troppo nell'ombra, troppo superficiale, appena piantato e mai davvero maturato.

Ma per poter godere dei frutti migliori, dovremo prima vedere quel terreno avvelenato dalle scelleratezze di chi usa gli strumenti del futuro con la tossicità di chi ha in testa un solo obiettivo... Prima di capitolare e lasciare spazio a chi saprà prendersi cura di un'industria malata e da curare al più presto.

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