No, il ritorno di Red Dead Redemption non costa troppo | Occhio critico

Il ritorno di Red Dead Redemption tra chi grida allo scandalo e chi sconsiglia uno dei migliori giochi degli ultimi quindici anni per dieci miseri euro.

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Da poche settimane, Read Dead Redemption, uno dei più titoli più apprezzati tra quelli pubblicati da Rockstar, è giunto nuovamente sul mercato per PS4 e Switch, nella forma di un port estremamente solido, soprattutto sulla macchina Nintendo, che comprende anche Undead Nightmare, il DLC, anch'esso molto ben accolto all'epoca, che metteva zombie e western nella stessa scodella.

Un titolo di grandissima qualità, che consente a chi ha apprezzato l'ancora migliore sequel, di scoprire informazioni sconosciute sulla lore ed i personaggi, a partire dal protagonista John Marston, su due console sulle quali non era precedentemente disponibile.
Una situazione in cui vincono tutti?

Non proprio, a quanto pare. Benvenuti nella nuova puntata di Occhio Critico.

Videogiocare, quanto mi costi?

Non è la prima volta che apro una puntata di Occhio Critico con una premessa, e ormai avrete capito che le premesse fanno parte della mia comfort zone: sono utili a contestualizzare un discorso, a focalizzare l'attenzione tanto mia quanto dei lettori sull'argomento di giornata e, soprattutto, evitano una piccola parte di commenti totalmente fuori luogo, di modo che la discussione (perché è sempre quella che ogni Occhio Critico vuole generare) rimanga sul pezzo senza divagare troppo.

La premessa di oggi (una al giorno, a quanto pare, toglie il troll di torno) è che, contrariamente alla narrativa imperante tra certi strati di appassionati videogiocatori, oggi videogiocare costa mediamente meno di quanto non costasse in passato.

Vi sarete sicuramente imbattuti in una di quelle (noiose ma efficaci) tabelline sul costo di un videogioco ai tempi del Super Nintendo e quello di uno di oggi, al netto del cambio di moneta e dell'inflazione.

Innumerevoli fattori, tra cui la massificazione del medium, la moltiplicazione dei canali attraverso i quali è possibile acquistare una copia (digitale o fisica che sia) e la maggiore frequenza dei saldi, per non dire della nascita dei giochi free-to-play, hanno abbassato consistentemente le barriere d'ingresso a livello monetario per chi volesse entrare nel mondo videoludico oggi.

Chi vi scrive, ad esempio, in tenera età ha dovuto per anni rivendere le copie dei giochi portati a termine per potersi permettere quelli successivi, e ha speso un patrimonio per farsi arrivare copie di importazione, quando oggi basta attendere appena un paio di mesi per trovare un gioco nuovo in sconto del 30 o 40%, quando non proprio della metà.

Per non parlare della possibilità di godersi l'attuale generazione di console con costi contenutissimi accoppiando una Xbox Serie S ed un abbonamento annuale al Game Pass, pur con qualche compromesso.

Nuovi e differenziati modelli di vendita oggi hanno abbassato la barriera di ingresso ai videogiochi, a livello monetario.
Stiamo comunque parlando di una passione assai più dispendiosa di altre
, soprattutto in considerazione del fatto che molti videogiocatori soffrono di bulimia ludica (presente!), ma ai nostri figli videogiocare continuerà a costare meno, in proporzione, rispetto ai meno giovani tra noi ed ai nostri genitori, pionieri del Commodore Vic 20.

Ciò detto, da diversi giorni leggo delle reiterate lamentele di una fetta (piuttosto larga, a quanto pare) di videogiocatori per il prezzo a cui viene proposto il port di Red Dead Redemption – ritenuto invece (e ovviamente) adeguato da Take-Two.

Se chiedete a me, una decina di euro in meno sul prezzo finale di acquisto (quindi quaranta euro invece di cinquanta) non mi avrebbero affatto disturbato, anzi, ma, nel complesso, ritengo che la questione sia un po' più complicata di così e che, una volta ancora, si stia cantando la serenata sotto la finestra della ragazza sbagliata, per dirla in maniera cortese e carina.

Polemica artefatta o necessaria?

Certo, stiamo parlando di un port e non di un remake o di una rimasterizzazione, e qualcuno ha puntato il dito contro la mancanza della modalità multigiocatore, qualcun altro contro quella dei 60 fps, ma siamo davvero sicuri che la richiesta di Rockstar sia poi così esosa?

Riepiloghiamo: stiamo parlando probabilmente di uno dei migliori tre titoli del 2010 (se non del migliore in assoluto, ma qui entrano in gioco anche i gusti personali), con uno score Metacritic altissimo ancora oggi, nonché uno dei cinque (tre?) migliori titoli della sterminata libreria Rockstar in tanti anni di onorata carriera.

Il port non è una semplice trasposizione, se è vero che tutte e due le versioni, anche quella Switch, sulla carta la più debole delle due, possono vantare prestazioni e risoluzione decisamente superiori rispetto a quella per Xbox 360, all'epoca la migliore delle due pubblicate.

Ho avuto modo di provare personalmente la versione per la console ibrida Nintendo, la quale, oltre a portare in dote il mai troppo lodato vantaggio della portabilità, offre 720p e 30 fps granitici in modalità portatile, e 1080p allo stesso frame rate in modalità docked, quando i miei ricordi della versione Xbox 360 erano di rallentamenti continui e di un gioco troppo ambizioso per le macchine dell'epoca, che viaggiava molto più spesso tra i 20 ed i 25 fps di quanto non facesse a 30 fps.

I colleghi di Digital Foundry – noti per le loro analisi tecniche – hanno sviscerato a fondo il titolo e se ne sono detti soddisfatti, ma la maggioranza della gente evidentemente no, insomma.

Peraltro, come si accennava il bundle include Undead Nightmare, per quanto mi riguarda uno dei migliori contenuti scaricabili della scorsa generazione di console insieme ai due di GTA IV, ovvero The Ballad of Gay Tony e The Lost and Damned.

E si badi bene, quando c'era da tirare fuori i forconi e urlare allo scandalo, ovvero in occasione della pubblicazione da parte della stessa Rockstar della GTA Trilogy, peraltro più costosa di dieci euro, in uno stato ignominioso, il sottoscritto era tra la folla a gridare a farlo, non tanto per il valore percepito (lì si parlava di tre giochi e qui di uno) ma per la scarsa considerazione riservata al pubblico in primis ed alle opere stesse in second'ordine.

Peraltro, e qui chiudo la disamina su Red Dead Redemption in sé e allargo leggermente il discorso, ad oggi, la versione per Xbox 360 disponibile sullo store Microsoft ed il DLC, inferiori in tutto alla nuova versione, se acquistati insieme ammontano a solo dieci euro in meno degli "scandalosi" cinquanta chiesti da Rockstar per questo port...

Varrebbe la pena attizzare il fuoco delle polemiche solo nel caso in cui i giocatori si mostrassero altrettanto virtuosi ed attenti ad aprire il portafogli in altri casi, su cui ci soffermeremo a breve.

Scandali quotidiani (o annuali)

Adesso, la parte più difficile, ovvero sottolineare qualche stortura che, tramandandosi ormai da anni, è diventata ormai quotidianità, e farlo senza che la cosa sembri una lunga ed odiosa lista della spesa.

Perché si fa polemica sul ritorno di un capolavoro per dieci euro, mentre non si batte più ciglio di fronte a reskin rivenduti a prezzo pieno su base annuale?
Ci stiamo davvero lamentando del prezzo del port di Red Dead Redemption quando ci sono milioni di giocatori che comprano a prezzo pieno, con cadenza annuale, sparatutto con campagna da quattro ore e mezza, di cui una di filmati non interattivi?

Vogliamo davvero fare la guerra ad uno tra i titoli più belli della recente storia del medium quando compriamo ogni anno, sempre a prezzo pieno, versioni reskinnate, o con differenze minime, del titolo sportivo (calcistico, basket, F1 e tanti altri) di dodici mesi prima?

Serve lamentarsi dei cinquanta euro richiesti per le avventure di John Marston quando moltissimi videogiocatori comprano oggetti cosmetici (COSMETICI, santo cielo) a cinque o anche dieci euro? Mi fermo qui, ma spero tanto di aver reso l'idea.

Il mercato videoludico è così vasto e frastagliato, ormai, con utenti di tutti i tipi, età, preferenze ed esperienza di gioco, che risulta quanto mai difficile stabilire il reale valore economico di un gioco.

E, nondimeno, secondo la modestissima opinione personale del vostro, milioni di giocatori nel mondo spendono oggigiorno una fortuna per cose assai meno attraenti, longeve ed emozionanti delle avventure di John Marston, come oggetti in-game, pacchetti di mappe aggiuntive et similia, per non parlare dei giochi che strizzano l'occhio al sistema dei gacha e delle loot box.

Il valore percepito è quindi molto soggettivo, e trovo quindi eccessiva questa levata di scudi nei confronti di Rockstar e della sua politica di prezzi, a maggior ragione a due settimane dal calcistico che raccoglie ogni anno critiche simili, ma anche dati di vendita da capogiro.

E chiudo sottolineando come la Legacy Edition di FIFA, uscita fino all'anno scorso per Nintendo Switch, pur essendo dichiaratamente un reskin, ha sempre venduto benone, peraltro a prezzo pieno, sebbene non con numeri paragonabili alle versioni per le sorelle maggiori. Quando si dice meditate, gente, meditate...

In conclusione

Gente che compra lo stesso titolo sportivo con differenze minime da quindici anni, e con piena soddisfazione, altra gente che si accontenta di cinque ore scarse di campagna ed è poi costretta a pagare un abbonamento per giocare in multigiocatore. C'è persino chi spende centinaia di euro al mese per oggetti cosmetici, loot box, o mappe aggiuntive – e va bene tutto, per carità.

Finché il prezzo pagato non è percepito come ingiusto o smisurato da chi lo paga, il libero mercato veleggerà sempre in acque tranquille.

Ma allora andiamoci piano con le critiche quando un capolavoro torna dal passato più in forma di come ce lo ricordavamo, con incluso un contenuto scaricabile decisamente corposo, consentendo a due utenze (PS4 e Switch) di goderselo per la prima volta.

Poteva essere venduto a dieci euro in meno, pareggiando così il prezzo del bundle composto dalla versione per Xbox 360 e Undead Nightmare sullo store Microsoft? Probabilmente sì.

Ha senso alzare gli scudi per non consigliarlo a chi non lo avesse mai giocato perché troppo costoso, quando ci sono titoli free-to-play sui quali videogiocatori in tutto il mondo spendono gran parte dei loro soldi in oggetti cosmetici? Sicuramente no.

Nota: Occhio Critico è una rubrica di articoli di opinione in cui il senior editor Gianluca Arena fornisce il suo punto di vista su temi di attualità videoludica. La sua visione non rispecchia necessariamente quella della testata nel suo insieme – che, come ogni gruppo di lavoro, è composta da persone che hanno pluralità di idee e di visioni.

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