Quando è stato mostrato sul palcoscenico di Los Angeles nel 2014, No Man’s Sky è riuscito con un breve trailer ad attirare su di sé l’attenzione di critica e pubblico con forza inaudita. Una presentazione premiata a più riprese e considerata protagonista dell’intero palcoscenico imbastito da Sony in quell’anno, o comunque meritevole di essere paragonata ad esponenti ben più noti e blasonati. Un hype che, citando la Forza di Star Wars, "scorreva potente" nel progetto del team di Hello Games fin dal suo primo annuncio, ma che alla fine dei conti si è rivelato estremamente difficile da controllare.
A quattro anni di distanza da quell'uscita ufficiale sul mercato che ha fatto discutere e spaccato a metà critica e pubblico – tra visionari entusiasti per le potenziali avventure intergalattiche e dissidenti letteralmente traumatizzati dalla reale resa del titolo rispetto alle presentazioni – No Man’s Sky è considerabile un gioco nuovo di zecca, cambiato e plasmato dai feedback dell’utenza e non solo.
La software house con sede nel Regno Unito era partita in fase di progettazione con un’idea ben precisa riguardante l’offerta da proporre al pubblico, con il chiaro obiettivo di lasciare il segno nell’intero panorama videoludico: creare un’esperienza basata sull’esplorazione spaziale totalmente libera da qualsiasi binario, dove il giocatore plasma la propria avventura attraverso viaggi intergalattici ricchi di stimoli sempre nuovi e che incentivano l’esplorazione stessa.
Il risultato finale non è stato proprio quello sperato e c’è voluto un enorme lavoro sotto l’aspetto del supporto post lancio – durato ben quattro anni – per tentare di riconquistare la fiducia dei videogiocatori giorno dopo giorno. Al netto dei numerosi aggiornamenti usciti, però, quanto ci si è avvicinati alla visione iniziale?
Odissea procedurale nello spazio
Se c’è una lezione che il capo del team di sviluppo, Sean Murray, ha imparato sulla propria pelle è che una buona strategia di marketing non può tenere conto solo di come accademicamente deve essere mostrato un determinato prodotto, ma deve considerare le possibili reazioni, e conseguenti aspettative, del consumatore finale. Il problema principale di No Man’s Sky nel suo primo anno di vita trova origine in un’errata campagna comunicativa, gestita in modo approssimativo e senza tener conto della reale percezione dell’utenza.
Il video di presentazione di No Man’s Sky, come anticipato, ha infiammato il pubblico e fatto sognare numerosi videogiocatori circa le possibilità di plasmare l’avventura a seconda di pianeti, flora, fauna e contesti sempre diversi e generati proceduralmente. Sostanzialmente il progetto di Hello Games è costituito da un elaboratore capace di rimescolare in modo casuale i numerosi input informatici per ottenere su schermo output sempre diversi per ogni giocatore; una proceduralità che sulla carta avrebbe permesso una longevità pressoché infinita e capace di mantenere sempre alta l’attenzione, ma che a conti fatti si è scontrata ugualmente con una realtà ben più crudele e ripetitiva. Una ridondanza negli asset e nelle meccaniche proposte che ha fatto piovere sul titolo una mole spropositata di critiche e conseguenti richieste di rimborso.
Alla fine dei conti No Man’s Sky è nato come progetto indie dal sogno di un minuto e talentuoso team di ragazzi, con Sony come alleato fondamentale per la strategia di marketing; una scelta alla quale non ha giovato però il limitato budget a disposizione. Proprio ritornando sul discorso della percezione del videogiocatore non si può non menzionare anche il prezzo di vendita, colpevole di alzare eccessivamente l’asticella delle aspettative: 60 euro che per molti significava avere a che fare con un gioco tripla A, ovvero una visione ben diversa dallo stato effettivo del progetto. Sarebbe stato ben più saggio, considerando le risorse a disposizione, gestire il tutto come game as a service in modo similare a quanto fatto da Xbox con Sea of Thieves nell’anno successivo.
Parliamo non solo dell'uscita di contenuti costanti o aggiornamenti, ma della necessità di agire in totale trasparenza per consolidare in prima battuta una community da far crescere e sviluppare in parallelo al gioco stesso. Ovviamente il titolo piratesco di casa Rare aveva dalla sua parte anche il fattore Game Pass per conquistare credibilità fin dal lancio, ed è curioso come proprio l’aggiunta di No Man’s Sky nel catalogo digitale di Microsoft, quest’estate, abbia permesso un miglioramento sostanziale dell’immagine con risultati esponenziali, una scelta che affiancata ai numerosi aggiornamenti non poteva non dimostrarsi vincente.
Il (nuovo) primo viaggio non si scorda mai
L’Update 3.0 di No Man’s Sky, dal nome Origins, è disponibile da diversi giorni, ma è bastato poco per convincere l’utenza della bontà della nuova espansione, considerata il punto più alto dell’intera produzione. Occasione ghiotta come non mai per tornare alla scoperta di un universo che ha sempre avuto un certo fascino, al netto dei diversi limiti. Aggiornamenti come Foundation, Nexus e Desolation, senza dimenticare svariate patch e implementazioni minori, hanno permesso al lavoro di Hello Games di tracciare la giusta strada per la redenzione, ma solo quest’ultimo macro-contenuto segna la svolta, permettendo al team inglese di riavvicinarsi alla visione iniziale tanto decantata in svariati trailer antecedenti alla pubblicazione.
Accendendo per la prima volta al nuovo aggiornamento di No Man’s Sky sembra effettivamente di avere a che fare con un gioco nuovo, in grado di incanalare tutta la buona forza di volontà mostrata in questi anni dagli sviluppatori in un’unica soluzione. Il fascino dell’ignoto tanto apprezzato già al lancio del gioco, ad esempio, era stato limitato da un’interfaccia tanto sommaria quanto confusionaria; situazione scomoda per pianificare i viaggi tra pianeti e gestire le varie risorse necessarie per il sistema di crafting. Con Origins l’interfaccia dei vari menù è molto più ordinata e fin dai primi istanti di gioco gli utenti possono essere seguiti e introdotti alle svariate meccaniche con incredibile naturalezza.
Ovviamente è anche possibile seguire le svariate quest e sub-quest disponibili per iniziare un percorso che per diverse ore, oltre che farci apprendere i rudimenti della sopravvivenza e della creazione di risorse e oggetti nello spazio sconfinato, permette di scoprire svariate curiosità che sotto l’aspetto narrativo imbastiscono una vera e propria lore legata al raggiungimento del centro dell’universo. Il nostro consiglio rimane però quello di abbandonarle il prima possibile e gettarsi alla scoperta dell’ignoto apprendendo man mano le varie meccaniche a seconda delle reali necessità in gioco, allineandosi effettivamente al primordiale pensiero degli sviluppatori.
No Man’s Sky: Origins enfatizza proprio questo approccio, perché introduce numerosi elementi che arricchiscono il viaggio in sé e lo rendono a tutti gli effetti più importante della meta finale. Il sistema di generazione procedurale di qualsiasi output in gioco si espande con nuovi elementi che aumentano le diverse tipologie di creature (anche bio-meccaniche) da incontrare e studiare, oltre che di pianeti estremamente più variegati e ricchi di condizioni climatiche innovative per la serie – come tempeste di fulmini, vulcani in piena eruttazione e tornado.
Il mondo di gioco creato da Hello Games, prima inteso come luogo desolato e perfetto per avventurieri principalmente solitari, permette adesso un maggior numero di interazioni e incontri sia con la fauna sia con le tre fazioni disseminate per la galassia, senza dimenticare la presenza delle tracce degli altri giocatori reali a seconda delle rispettive scoperte. Attraversare pianeti dalla palette cromatica variegata come non mai mentre si passa con la navicella a pochi centimetri da qualche appariscente medusa spaziale ha un certo fascino, così come fuggire da un pianeta estremamente pericoloso perché abitato da creature ostili come vermi delle sabbie o perché bersagliato da letali meteoriti.
In conclusione
No Man’s Sky: Origins è il vero inizio che tutti avremmo voluto quattro anni fa per il progetto di Hello Games. Dopo svariate implementazioni più o meno centrali come le missioni e la personalizzazione delle basi o delle navicelle, senza dimenticare l’arrivo sul Game Pass o l’introduzione del cross-play tra le varie piattaforme per unificare la community, Sean Murray ha finalmente dato il giusto risalto alla visione enfatizzata ben sei anni addietro, al primo annuncio ufficiale.
No Man’s Sky è un viaggio unico nella storia dei videogiochi capace di lasciare ad ogni utente qualcosa di estremamente personale: con la next-gen alle porte non vediamo l’ora di scoprire fin dove le ambizioni di un minuto team di sognatori possano portare i videogiocatori.
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