Nintendo avrebbe bisogno di un altro videogioco come Conker’s Bad Fur Day

Un videogioco come Conker's Bad Fur Day ci assolve da tutti i nostri mali e tutte le nostre malefatte.

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a cura di Valentino Cinefra

Staff Writer

Se Nintendo, oggi, è riuscita con grande maestria a scrollarsi di dosso l’immagine dell’azienda per famiglie mantenendo comunque quel target, ma andando anche ad abbracciare tutto un altro tipo di pubblico che comprende il giovanissimo gamer come il 30-40enne padre di famiglia, qualche anno fa le console della Grande N erano percepite solo ed esclusivamente come macchine dove giocare ai “giochini” per bambini.

La storia di come Sony abbia convinto tutto il mondo che PlayStation fosse la console per adulti è nota, fatta di una comunicazione soprattutto in Europa molto forte, di matrice britannica, che puntava tutto sul concetto di figaggine nell’avere in casa una macchina come PlayStation in grado di far girare giochi per adulti, in perfetto contrasto con il mondo Nintendo che era ancora molto “ludico”.

In questo contesto c’è una storia che, guardando alla contemporaneità di Nintendo Switch, è a dir poco interessante. Oggi sulla console ibrida, che continua a vendere come il pane ed è leader indiscussa di almeno un paio di annate natalizie, ci sono prodotti per tutti i gusti. Insieme a The Witcher 3 e DOOM Eternal troviamo Animal Crossing: New Horizons, Super Mario 3D-All Stars e una serie di indie di grande successo e di varie carature tematiche e produttive, spesso in esclusiva console come Hades.

Tornando a vent’anni fa quando PlayStation dominava e Nintendo 64 era una console in grado di sfornare capolavori di game design immortali come Super Mario 64 e The Legend of Zelda: Ocarina of Time (tra i migliori Zelda e videogiochi di sempre), come di essere totalmente inesistente per una grandissima parte del target di riferimento dell’epoca che già era ben più di nicchia di oggi, sulla stessa console dal controller a tridente c’era un videogioco come Conker’s Bad Fur Day.

Conker's Bad Fur Day: storia di uno scherzo finito benissimo

Un titolo di quella Rare che oggi non esiste più, uno studio che più londinese non si può nel genio e nella sregolatezza, che affiancava titoli come Banjo-Kazooie e Donkey Kong 64 ad un videogioco con protagonista uno scoiattolo alcolizzato che, dopo una notte di bagordi, va a salvare la sua fidanzata. Non che su Nintendo 64 non ci fossero giochi per un target più maturo, ma decisamente non grotteschi e surreali come Conker’s Bad Fur Day.

La storia stessa dello sviluppo del titolo è avvincente, una di quelle vicende che oggi finirebbe per fare cronaca. Un gruppo di appassionati designer, creativi ed eclettici, folli, letteralmente dei punk nel mondo dei videogiochi.

All’E3 del 1997, con Banjo-Kazooie in sviluppo nella stessa scuderia, Rare stava preparando un nuovo titolo per Nintendo 64 chiamato Conker’s Quest: un platform in 3D ispirato a Super Mario 64 con protagonista il solito scoiattolino. Il titolo venne molto apprezzato dalla stampa durante i primi coverage, perché sfruttava bene le risorse della console ed in generale era molto piacevole, ma la critica più comune e diffusa fu che il titolo rischiava di somigliare troppo a Banjo-Kazooie per il suo stile cartoonesco, finendo per non riuscire ad emergere.

All’edizione della convention dell’anno dopo il gioco cambia nome, si chiama Twelve Tales: Conker 64, raccoglie tantissimi giudizi positivi sul lato tecnico e dei contenuti, in particolare per i collezionabili e le modalità multigiocatore aggiuntive, ma rimane la stessa critica dell’anno prima: troppo per bambini, troppo simile a Banjo, roba già vista.

Mentre l’impressione generale, dentro e fuori Rare, era quella che Twelve Tales sarebbe stato cancellato del tutto, il lead artist del progetto Chris Seavor propose un concept per cambiare radicalmente l’umore dell’avventura di Conker: una di quelle idee che vengono ad una persona folle, o creativa, o al termine di una serata in un pub finita con un paio di decine di pinte vuote sul tavolo.

Per dare un tono più maturo ed irriverente, Seavor rielaborò una delle missioni già costruite per Twelve Tales chiamata “Wasps and the Queen Bee”. L’idea è che l’ape regina doveva andare a riprendersi il suo alveare rubato dalle vespe, una storia sulla carta innocente, tipica da narrazione per bambini, alla quale Seavor aggiunse una scena in cui l’ape regina imbraccia una mitragliatrice e comincia a falciare le vespe. Questa idea, lo stravolgimento dissacrante della violenza inserita in un contesto apparentemente docile in stile South Park o Happy Tree Friends, insieme al fatto che il gioco sarebbe stato ambientato tutto in una giornata pessima per Conker, fu la scintilla che portò allo stravolgimento totale del progetto.

Il platform Twelve Tales: Conker 64 finisce nel cestino e nasce Conker’s Bad Fur Day. A Seavor viene chiesto di riempire il gioco di scene come quella dell’ape che spara con il mitra, con quello stesso tono e violenza. Il titolo diventa quindi un platform pieno di umorismo scatologico, black humor, doppi sensi e citazioni alla cultura pop.

Conker deve salvare la sua amata Berri che è stata rapita, combattendo un dopo sbornia ed il Panther King, il sovrano del regno nel quale è ambientata l’avventura, il cui punto debole è un frenetico ed irresistibile desiderio di masturbarsi, e che vuole mettere lo scoiattolo al posto di una delle gambe rotte della sedia del suo trono. Un vero e proprio delirio di humor tagliente, dove i livelli citano apertamente Terminator, Matrix, Arancia Meccanica, Lo Squalo, Aliens ed una marea di altri film.

Lo stesso protagonista rompe spesso la quarta parte, rivolgendosi al giocatore e lamentandosi di quanto sceme siano le sue missioni, così come altri comprimari che si rivolgono a Conker dicendo quanto siano inutili come personaggi ma che siano messi lì solo per dare un senso alla storia, mentre i boss si sconfiggono con quattro colpi, invece dei canonici tre dei platform dell’epoca.

Un videogioco squisitamente figlio del suo tempo

Ve lo immaginate un videogioco come Conker’s Bad Fur Day pubblicato nel 2021? Dove, per dirne una, ad un certo punto si combatte il Mighty Poo, un mostro gigante fatto di materia fecale che esordisce con tanto di canzone di presentazione. Questa, per la precisione:

Vederne la pubblicazione sarebbe una storia interessante da seguire, oggi. Con tutta l’attenzione che c’è adesso per la cura dell’esposizione dei contenuti, per proteggere certe fasce di utenti, Conker’s Bad Fur Day forse non vedrebbe la luce se non come videogioco indipendente che diventa famoso su Twitch.

La stessa Nintendo all’epoca fece molta fatica nell’accettare la pubblicazione del gioco, nonostante la fiducia guadagnata da Rare con le produzioni passate. La paura era che i bambini potessero scambiare Bad Fur Day come un videogioco nel loro target visto che come protagonista c’è uno scoiattolo, mentre i contenuti sarebbero stati ben lontani da quelli compatibili con un videogiocatore molto giovane. Il Los Angeles Time riportò all’epoca le dichiarazioni di alcune famiglie le quali, abituate ai tipi di giochi che Nintendo portava sulle sue console, rimasero inorridite da Conker’s Bad Fur Day: «è come se Disney pubblicasse pornografia», disse una delle madri intervistate.

Mentre alcune catene di negozi di giocattoli si rifiutavano di commercializzare il gioco (per i lettori più giovani: vent’anni fa i negozi specializzati di videogiochi non esistevano, praticamente), e la rivista di Nintendo Power dove si parlava di Bad Fur Day veniva venduta all’interno di sacchetti di plastica neri opachi con tanto di adesivo di avvertimento all’esterno, THQ e Rare si sarebbero occupate di pubblicare il titolo rispettivamente in Europa e negli USA.

Per fare il proverbiale trentuno, la campagna marketing del titolo non fu per niente morigerata. Starcom, l’agenzia che si occupava del titolo, decise di puntare tutto sul pubblico maschile prettamente adolescente o poco più, creando eventi nelle confraternite dei collage, con pubblicità piazzate nei bar, durante gli stacchi della programmazione notturna e nelle riviste per adulti.

In una pubblicità chiamata “Girl Talk” c’era una ragazza mezza nuda ed uno scoiattolo distesi su un letto dopo una notte di bagordi ed acrobazie sessuali. L’agenzia arrivò addirittura a mettere l’URL del sito ufficiale all’interno di alcuni orinatoi sparsi per il paese, così come a creare un concorso con Playboy e la modella Miriam Gonzalez che dava in premio una copia del gioco ed alcune console ai vincitori.

Un vero e proprio delirio in un momento in cui i videogiochi non erano il mercato che sono adesso, ma allo stesso tempo c’era una libertà di sperimentare ed osare in maniera creativa che oggi non c’è più.

Tra il 5 marzo ed il 13 aprile 2001 negli USA e in Europa usciva Conker’s Bad Fur Day su Nintendo 64 collezionando un sonoro 92 di Metacritic. Un titolo in cui il protagonista taglia in due il logo della console con una motosega nella schermata di avvio. Nel 2005 venne fatto un remake per Xbox chiamato Conker: Live & Reloaded, ma Microsoft decise di mettere mano agli aspetti più controversi censurando alcune delle linee di dialogo più estreme.

Difficilmente rivedremo un videogioco come Conker’s Bad Fur Day, oggi. Ma Nintendo ne avrebbe bisogno, e anche noi.

La comicità nei videogiochi è un problema?

Ai videogiochi serve più commedia, di ogni tipo.

Che sia scurrile, volgare, elaborata, elegante, satirica o parodistica. Ovviamente esistono già videogiochi più o meno comici, ma pochi sono interamente incentrati su questo genere, e quando succede l’elemento comedy è relegato solo ad alcuni momenti. Tales from the Borderlands è un esempio di ciò che intendo per videogiochi comedy. Così come il videogioco di Deadpool del 2013, un terribile action ma con dei tempi comici perfetti.

Il videogioco ha dimostrato di avere i mezzi, ma soprattutto i talenti negli studi di sviluppo, per raccontare ogni tipo di storia. È tempo, quindi, che si cominci anche a dimostrare sempre di più come i videogiochi possano genuinamente far ridere con una scrittura pensata sin dall’inizio come una commedia.

Certo c’è un problema molto importante in questo genere di racconti, ed è il controllo “condiviso” con il giocatore. Sebbene l’umorismo non si basi su una formula matematica precisa come suggerisce Stanis La Rochelle (il personaggio di Pietro Sermonti) in una scena della serie Boris, ci sono delle strutture molto ferree da rispettare perché funzioni. «Far ridere è molto più difficile che far piangere», lo avrete sentito dire molto spesso, ed è la verità.

Nel teatro (nel quale si incastra anche la stand-up comedy, se vogliamo, negli ultimi anni esplosa anche in Italia), cinema, fumetto, televisione, ma anche la musica il controllo totale è nelle mani dell’artista e del creatore dell’opera. Nel videogioco l’opera viene messa in mano all’utente che decide come usufruirne. Anche il walking simulator più guidato dà comunque al giocatore la possibilità di fare alcune piccole scelte.

Forse per questo non si vedono troppi videogiochi umoristici, perché quando si passa il controllo del tempismo della battuta o dello sketch in mano a qualcun altro c’è il rischio che non possa funzionare. Ma senza arrivare, magari, all’eccessiva trivialità di un Conker’s Bad Fur Day che è figlia chiaramente di un’epoca in cui il videogioco stava appena per entrare nel mondo dei mass media e poteva ancora permettersi di sperimentare e fare il bambinone, credo che abbiamo bisogno di molta più commedia nei videogiochi.

Nintendo ne avrebbe bisogno per tentare di togliersi di torno qualche altro pregiudizio, dimostrare ancora una volta che di videogiochi scorretti (non bastassero anche produzioni come No More Heroes, con un terzo capitolo in arrivo su Switch) ce ne sono, sulle proprie console. E noi, come videogiocatori, per apprezzare un genere di narrazione che è molto più complesso di quanto l’opinione pubblica possa far credere, e far compiere al medium un ulteriore salto in avanti in termini di varietà di esposizione narrativa del mezzo.

Se non avete mai giocato Conker's Bad Fur Day, lo trovate all'interno del pacchetto Rare Replay!
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