Ma le esclusive hanno ancora senso di esistere?

Di tanto in tanto, PlayStation sceglie il lancio simultaneo su PC e PS5. Xbox spedisce Indiana Jones su PS5: il tempo delle esclusive è finito?

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

I grandi cambiamenti di solito sono accompagnati da momenti di grande confusione. Se questa formula storica è vera anche per l'industria dei videogiochi, allora siamo un momento di cambiamento, perché di confusione ne stiamo vedendo parecchia.

Il concetto di esclusiva, con il tempo, si è fatto sempre più fumoso, dai confini radi, fino ad arrivare alla condizione odierna in cui PlayStation apre le porte al mondo PC e Xbox apre le porte addirittura al mondo PlayStation. Nintendo, invece, ancora una volta come una sorta di Apple videoludica, continua a rimanere l'unica che fa a modo suo.

Ma cosa ci dicono questi cambiamenti sulla direzione che sta prendendo l'industria dei videogiochi e sulle scelte dei platform holder?

Più una staccionata che un muro

Partiamo da una premessa evidente: creare videogiochi costa tanto, per non dire tantissimo, se sei nell'industria dei cosiddetti AAA. Per sostenere progetti di questo tipo – senza scomodare investimenti fuori dalla concezione umana come quelli fatti da Microsoft – devi trovare il modo di avere un ritorno.

Al momento, MicrosoftSony stanno tentando vie differenti, ma che stanno conducendo a una conclusione simile: aprire le maglie delle catene dell'esclusività. Se in passato si poteva immaginare una PlayStation molto gelosa delle sue esclusive, quasi sulla falsariga di Nintendo, sappiamo che oggi la compagnia giapponese porta i suoi giochi anche su PC – pensiamo anche al recentissimo annuncio di Marvel's Spider-Man 2.

Al momento, Microsoft e Sony stanno tentando vie differenti, ma che stanno conducendo a una conclusione simile: aprire le maglie delle catene dell'esclusività.
E lo fa con modalità diverse: quando si tratta di single player
prodotti dai suoi PlayStation Studios, passa qualche tempo – a volte anche un paio d'anni – prima che Kratos, Aloy o chicchessia sbarchino su cataloghi come Steam. Quando però i giochi sono live service, come Helldivers II o come il tremendo Concord, il lancio su computer è simultaneo. 

In un certo senso, Sony sta tenendo il piede in due scarpe: vuole le esclusive console per usarle come leva che spinga gli utenti verso l'acquisto PS5. Le vuole così tanto che di tanto in tanto sigla accordi per assicurarsele, come nei casi di Final Fantasy XVI e simili, o da provarci anche quando non vanno in porto, come sarebbe accaduto con Crimson Desert.

Eppure, quando vuole raggiungere il pubblico di massa con i GaaS, quando vuole cercare monetizzazioni di lungo corso – che passano per coinvolgere più a lungo possibile l'utente pagante – si rivolge anche alla sterminata platea PC. L'esclusività smette di contare, perché evidentemente ritiene che non sarebbero un Helldivers II o un Concord a vendere PS5 agli utenti, ma ha bisogno che siano giochi popolati da chiunque ami questo tipo di produzione.

Abbiamo così una specie di generazione PS5 di Schrödinger, dove le esclusive sono sia importantissime che dirottabili al mondo PC a seconda di quanto hai bisogno che si aprano a un pubblico che magari con PlayStation non ci ha mai avuto a che fare.

Anche qui, però, con un po' di confusione, perché comunque anche gli utenti PC vengono dirottati su PlayStation Network – e la cosa ha generato più di un grattacapo a Helldivers II e alla commercializzazione su PC in Paesi (numerosi) dove PSN non è disponibile.

Possiamo dire che, in un certo senso, più che da un muro ora le esclusive di PlayStation sono trincerate dietro una bassa staccionata, dalla quale Sony può affacciarsi per vedere come va fuori e, magari, farle scavalcare all'occorrenza. Con la speranza che tornino all'ovile come successi, anche se con operazioni come Concord sembra difficile anche solo immaginarlo...

Nell'immaginario di quest'anno, però, non ci sono dubbi che l'assenza di esclusive proprie e di peso sul fronte PS5 si faccia sentire, se togliamo il meraviglioso Astro Bot (che però non ha la forza centralizzante di un God of War o un The Last of Us, ovviamente). Ci siamo detti tante volte che non è automatico che chi si è innamorato dei giochi PlayStation per i single player story-driven si fiondi anche sui live service, e quest'anno ne è la prova. 

I due pubblici non sono del tutto sovrapponibili, quindi sul fronte delle esclusive Sony si divide tra i single player che arrivano su PC in ritardo e i live service che ci sbarcano subito, ma che non sanno bene come diventare dei successi di lungo corso.

Che confusione, sarà perché acquisiamo

Se il fronte di Sony che tenta una strategia pigliatutto segnala un po' un piede in due scarpe, da una parte all'altra della staccionata delle esclusive, guardando a Microsoft i piedi ormai sono diventati tre e tutti in scarpe diverse, con tutte quelle acquisizioni.

Quello che si evidenzia è soprattutto il fatto che Xbox non stia più scegliendo la corsia nella quale vuole stare. L'unica cosa rimasta coerente nella sua strategia è la non centralità della console Xbox, che rimane solo un mezzo per accedere ai giochi Xbox, non il mezzo. Il contrario di PS5, che invece rimane il cuore pulsante dell'ecosistema di Sony, a costo di farne uscire anche una versione Pro.

Intorno a tutto questo, però, si è costruita una confusione che può competere con quella che abbiamo visto in questa generazione anche su PlayStation e della quale abbiamo parlato abbondantemente in questi anni. Xbox loda studi che poi taglia e chiude – come è stato per Tango Gameworks e il successo di Hi-Fi Rush. Promette un Game Pass con i giochi al day-one, salvo poi virare e relegare i titoli di lancio solo al tier più alto dell'abbonamento, l'Ultimate, che costa di più ai consumatori.

Se dietro a queste manovre ci sono sicuramente le importanti acquisizioni, dietro la gestione delle esclusive-non-più-esclusive c'è probabilmente anche il peso di quanto discusso (lungamente) con la FTC. Posto che Game Pass rimane il modo centrale con cui Microsoft vuole monetizzare l'industria videoludica – su cui poi si sommano le vendite dei giochi e quelle delle console, e non il contrario, in una proprietà commutativa dove qua gli addendi hanno pesi diversi – la gestione, ad esempio, di un titolo come Indiana Jones e l'Antico Cerchio offre degli spunti interessanti. Confusi, ma interessanti.

Nel corso della Opening Night Live della Gamescom di qualche mese fa, come ricorderete, Xbox ha annunciato che potremo seguire Indy nella sua avventura dal 9 dicembre su PC e Xbox Series X|S, e che il gioco sarà da quel giorno anche su Game Pass Ultimate. Quello che sorprende, nella gestione, è che già da ora sia stato confermato che a primavera 2025 sarà anche su PS5, svelando così una esclusiva temporale molto corta, che vanifica la leva dell'appeal del gioco.

Se sei un utente PS5 amante di Indiana Jones che stava pensando, magari, di abbonarsi a Game Pass Ultimate per giocare il gioco in cloud, probabilmente non lo farai: prima o poi arriva anche sulla tua console e ci giochi in locale, senza possibili intoppi dovuti alla tua connessione, quindi perché dovresti?

O, peggio ancora, perché mai dovresti comprare una Xbox se il cloud non ti interessa, se sai già precisamente quando Indiana Jones e l'Antico Cerchio arriverà sulla console che hai già?

Posto che, se fosse per chi vi scrive, tutti i giochi dovrebbero essere su tutto – per la maggior parte dei titoli, io gioco su PC, prima che si gridi alla solita console war – la scelta di Xbox di mettere subito le mani avanti per confermare l'arrivo di Indiana Jones su PS5 sembra quasi un modo di strizzare l'occhio agli impegni presi con gli enti preposti dopo le sue acquisizioni di peso, e dopo il caso Activision Blizzard.

Considerando però che Game Pass è sempre stata il cuore pulsante della strategia, è difficile immaginare come questo annuncio possa favorire l'abbonamento e accrescere lo sviluppo del panorama Xbox.

Lo farà perché, chiaramente, un mese di Ultimate costa meno che comprare il gioco a prezzo pieno su PS5? In un mercato dove, però, gli utenti sono ancora legatissimi al "possesso" del gioco, anche se effettivo possesso non è?

Un'epoca diversa

Il quadro che emerge da questi continui cambi di fronte e da queste aperture, è che anche chi crede fermamente nelle esclusive, come PlayStation, deve riadattarsi alle necessità (e ai costi) di un mercato che non fa prigionieri.

Se è vero che Xbox ha sempre detto, sotto la gestione Spencer, di voler portare i giochi ovunque e di ritenere la console solo uno dei mezzi possibili per attrarre il pubblico, è anche vero che fino a questi ultimi annunci comunque questo veniva dichiarato in favore di Game Pass: non ti serve la console, ti bastano il nostro abbonamento e uno schermo, qualsiasi esso sia.

Adesso, a questo messaggio si aggiunge che ti basta perfino una PlayStation, per giocare alcune delle produzioni Xbox. Che sono, chiaramente, quelle di massa che parlano a tutti: non parliamo di un Halo o di un Fable, parliamo di un Call of Duty, di un Doom e di un Indiana Jones. Ma, alla luce di questo, sembra lecito aspettarsi qualcosa di simile anche per, magari, il futuro The Elder Scrolls VI.

È un'epoca diversa in cui l'esclusiva, che nel caso di Xbox poi può venire svelata come a tempo e così breve (pensiamo a Indiana Jones), perde la sua forza di leva verso l'ecosistema, diventando più un biglietto da visita della propria filosofia ludica: "siamo Xbox, produciamo questo e quello".

E viene solo da domandarsi se questo non sia un passo verso quel mercato dove le console come le intendiamo oggi sono solo un retaggio del passato (Nintendo esclusa, come dicevamo, che ha un mercato, ambizioni e spese tutti suoi e a parte), in favore del cloud o di un'apertura totale: qualcuno diceva, dopotutto, che quando compravamo una videocassetta o un DVD non ci preoccupavamo della marca del lettore in cui inserirle, per fruirne – e in effetti non ti serviva un videoregistratore Sony per goderti i film di Sony

Sulle console, però, è sempre stato diverso – ma questo è un periodo di confusione. E la confusione di solito va di pari passo con i cambiamenti: staremo a vedere verso dove.

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