La notizia della morte del mangaka Akira Toriyama, arrivata ormai diversi giorni fa, ha sconvolto davvero tutti, per quanto sia stata inaspettata e prematura; la sua dipartita ha risvegliato i ricordi della nostra infanzia e tutte le emozioni ad essa collegate. Ognuno di noi ha voluto lasciare un contributo del tutto personale al celebre disegnatore giapponese, scomparso il 1° marzo 2024 all’età di 68 anni: persino celebrità o esponenti politici che hanno avuto modo di conoscere e apprezzare l’estro di Toriyama e le sue storie – prima tra tutti Dragon Ball, la sua opera più nota.
Il suo nome è indissolubilmente legato al mondo dei manga e degli anime, diventando – in modo informale – padrino di un’intera generazione di mangaka, ma il suo nome è anche solidamente legato al mondo dei videogiochi.
A qualche occhio attento non sarà mancato di notare l’indimenticabile tratto del disegnatore originario di Nagoya anche su alcune copertine di saghe famose, come quella storica di Dragon Quest, o di pietre miliari mai dimenticate, Chrono Trigger ad esempio.
Questo articolo vi mostrerà brevemente i lavori di Akira Toriyama nel mondo dei videogiochi, per celebrare la sua arte e la sua incredibile versatilità: il suo stile abbracciava diversi ambiti così come i diversi generi videoludici delle opere arricchite con il suo character design. Ambientazioni e costumi medievali, mostri o creature aliene, esperti di arti marziali o semplicemente incredibili bozzetti di veicoli e attrezzature meccaniche: Toriyama è stato tutto questo e siamo contenti di essere stati fruitori e testimoni della sua arte.
Anche nei videogiochi.
Tobal No.1 e 2 (1996/1997)
L’avvento di Playstation nel mercato dei videogiochi è considerato da molti un punto di svolta per diversi generi, soprattutto il picchiaduro, in quanto le software house, grazie alle potenzialità della scatoletta grigia di Sony, iniziarono a produrre e rilasciare sul mercato i primi fighting game in grafica 3D, sulla scia di Virtua Fighter nel 1993.
Squaresoft – software house di punta per i giochi di ruolo – decise di cimentarsi nel genere e, nel 1996, pubblicò Tobal No.1 che ebbe subito un discreto successo in Giappone ma fallì in Europa e in Nord America, malgrado fosse impreziosito dall’imperdibile demo giocabile di Final Fantasy VII, atteso per l’anno successivo.
I personaggi (umani, creature aliene e robot) sono stati disegnati proprio da Toriyama in persona, “fresco” dal successo di Dragon Ball in Occidente, ma non è l’unico nome illustre coinvolto nel progetto: Seiichi Ishii fu il principale designer del gioco e aveva già lavorato a Virtua Fighter e a Tekken 1 e 2, mentre l’eclettica colonna sonora fu affidata ad un “pool” di autori – Yasunori Mitsuda (Xenogears, Chrono Trigger), Yoko Shimomura (Parasite Eve, Kingdom Hearts) e Kenji Ito (compositore delle serie Mana e SaGa) tra gli altri.
Il titolo era considerato innovativo per l’epoca in quanto – oltre ad una modalità arcade e una modalità versus tra due giocatori – era possibile intraprendere una sorta di modalità “Quest” (come chiamata nel gioco) in cui il personaggio selezionato doveva procedere in un dungeon sconfiggendo vari nemici, compresi i personaggi giocabili (tra cui un personaggio segreto proprio ispirato all’alter ego di Toriyama dal nome Tori-bot), oltre ad avere la possibilità di raccogliere o acquistare oggetti.
Tale modalità, tuttavia, non prevedeva il salvataggio dei propri progressi e morire significava semplicemente iniziare dall’inizio.
La modalità “Quest” era stata pensata da Ishii proprio per incentivare il videogiocatore ad allenarsi e affrontare diversi avversari e boss in quanto Tobal No.1 (a differenza degli altri picchiaduro dell’epoca) era concepito sin dall’inizio come un titolo per una console casalinga e non per i cabinati.
Visto lo scarso successo in Occidente, il sequel Tobal No.2 rimase confinato al solo mercato giapponese per poi sparire definitivamente dai radar; Squaresoft qualche anno dopo provò a riproporre un altro picchiaduro, Ehrgeiz, ma senza la collaborazione di Toriyama.
Chrono Trigger (1995)
Chrono Trigger, prodotto da Squaresoft, uscì originariamente per Super Nintendo nel 1995, prodotto da quello che è considerato da molti il “Dream Team” dei videogiochi di ruolo giapponesi. Era composto da figure di spicco che, probabilmente, avete già sentito menzionare almeno una volta: Hironobu Sakaguchi, mente dietro alla celebre saga di Final Fantasy, Yuji Horii, progettista e produttore di Dragon Quest di Enix. Il design dei personaggi era stato invece affidato – appunto – ad Akira Toriyama.
L’idea nacque da Sakaguchi e Horii, padri dei due JRPG più famosi dell’epoca, Dragon Quest e Final Fantasy, proprio perché volevano creare un titolo che fosse la commistione tra queste due grandi opere; il coinvolgimento di Toriyama arrivò perché lui aveva già prestato penne e matite per Dragon Quest e la sua motivazione fu proprio quella di sperimentare con diverse epoche e scenari, distaccandosi dallo stile medievaleggante che aveva sempre prevalso nella saga pubblicata da Enix.
La trama di Chrono Trigger passa attraverso diverse epoche che fanno da sfondo alla trama. I protagonisti principali – Crono, Lucca e Marle – incontreranno altri compagni di viaggio provenienti da epoche diverse, ognuno con un background e uno stile unico. Le ere visitabili, attraverso portali o la macchina del tempo "Epoch", sono sei: l'era Preistorica, l'Era Oscura, il Medioevo (la prima era in cui viaggiamo), il Presente di Crono, il Futuro, l'Apocalisse (non esplorabile ma disponibile solo per lo scontro finale con il villain del gioco) e la Fine del Tempo.
Per tal motivo, il mangaka ebbe possibilità di sbizzarrirsi nel disegno, mettendo in scena il suo tratto preciso per quanto riguarda la meccanica dei veicoli e dei robot, oppure sfoggiando la sua grande passione per i mostri e dinosauri giganteschi (qualcuno di voi si ricorderà la puntata di Dragon Ball Z con Gohan piccolo che cerca di fuggire da un temibile dinosauro); esistono davvero tanti bozzetti e artwork promozionali che mettono in risalto la sua maestria. Tuttavia, l’apporto di Akira Toriyama non è dovuto solo alla direzione artistica del prodotto: Chrono Trigger è ricco di scenette comiche e citazioni degne di un albo del mangaka.
Chrono Trigger è ancora oggi considerato uno dei migliori esempi di JRPG in quanto eccelse in tutto: un character design chiaro e ben riconoscibile dagli appassionati (non a caso Dragon Quest tutt’ora è considerato un fenomeno culturale in Giappone), una storia ben scritta e densa di particolari, una difficoltà ben bilanciata, una grafica per l’epoca all’avanguardia, un sistema di finali multipli e l’introduzione – per la prima volta all’interno di un videogioco – del New Game Plus, per dare la possibilità ai videogiocatori di rigiocare la storia di Crono per intraprendere nuovi dialoghi, scenari e uno dei tredici finali diversi.
Chrono Trigger ha un sequel, Chrono Cross, che tuttavia fece a meno del Dream Team, del quale rimasero solo Masato Kato alla scrittura e Yasunori Mitsuda alla colonna sonora.
Dragon Quest (1986 – oggi)
Dragon Quest è il videogioco di ruolo più popolare in Giappone tanto da essere considerato un vero e proprio fenomeno culturale; tutti – anche coloro che non si sono mai avvicinati ai videogiochi – hanno ben presente cos’è, ci sono tantissimi negozi dedicati e persino alcuni konbini, come la celebre catena di negozi Lawson, sono interamente dedicati al videogioco originariamente prodotto da Enix.
La popolarità è dovuta all’approccio con meccaniche semplici, turn-based e una trama ricca di colpi di scena e di comprimari, che rendono il titolo un vero e proprio evergreen; per questo motivo Dragon Quest funziona sempre, si sposa bene anche con la concezione di portabilità tutta giapponese (solitamente, soprattutto nelle grandi città come Tokyo, i giapponesi si spostano sui mezzi pubblici e i videogiochi sono il passatempo prediletto).
Toriyama fu coinvolto nel progetto di Dragon Quest dopo un anno e mezzo dalla serializzazione di Dragon Ball. I tratti distintivi dei personaggi ideati da Toriyama sono noti per la loro espressività, pose dinamiche e fascino unico, diventando un marchio indelebile della saga.
Il celeberrimo slime blu, diventato il simbolo del franchise con la sua semplice ma accattivante concezione, rappresenta in modo emblematico la capacità del “sensei” di creare figure indimenticabili e affascinanti.
Non solo personaggi, però: la maestria di Toriyama si è estesa oltre alla creazione dei principali volti del gioco, poiché il mangaka originario di Aichi abbracciò la costruzione del mondo e la narrazione visiva. Le sue illustrazioni e i colori donarono vita al fantastico universo di Dragon Quest, rendendolo presto riconoscibile da tutti.
In virtù di queste particolarità, l'estetica senza tempo di Akira Toriyama (e anche la sua incredibile popolarità in Giappone e all’estero) ha contribuito in maniera significativa alla longevità e alla popolarità della serie Dragon Quest, conquistando il cuore dei fan di tutto il mondo.
Con la sua dipartita ci siamo chiesti un po’ tutti che cosa succederà all’estetica di Dragon Quest e se questa dovesse subire variazioni; Dragon Quest XII: The Flames of Fate, annunciato nel 2021, non ha ancora mostrato nulla del gameplay o del character design, ma con forte probabilità sarà l’ultimo lavoro di Toriyama (a meno che non abbia già lavorato a bozzetti per il lancio del remake di Dragon Quest III o per l’uscita del nuovo DQ Monsters).
È troppo presto per capire cosa succederà, ma Toriyama da tempo aveva nominato come suo successore, almeno per la sua opera di punta, il mangaka Toyotaro, visto l’incredibile somiglianza tra gli stili dei due artisti.
Blue Dragon (2006)
La collaborazione tra Toriyama e Sakaguchi ritorna a metà degli anni Duemila, dopo la fondazione – da parte del papà di Final Fantasy – dello studio Mistwalker.
Mistwalker lavorò prevalentemente per Microsoft e portò su Xbox 360 due videogiochi di ruolo, Blue Dragon e Lost Odyssey, che divennero presto dei must-have per i possessori della console della casa di Redmond.
Di fatto, Microsoft tentò in questo modo di aumentare la popolarità della sua console in Giappone, proponendo dei JRPG abbastanza vicini stilisticamente sia a Dragon Quest che a Final Fantasy ma – malgrado un’impennata iniziale nelle vendite – fallì miseramente sotto le certezze dei colossi del gaming di casa.
Per la creazione del character design delle due opere Sakaguchi scelse due mangaka d’eccezione: per Lost Odyssey la scelta cadde sul talentuoso Takehiko Inoue (padre di Slam Dunk e Vagabond), per quanto riguarda Blue Dragon invece la sua scelta ricadde proprio su Toriyama.
Sakaguchi in un’intervista del 2014 dichiarò che non era stato semplice essere in linea con il mangaka di Dr. Slump e Arale, in quanto poco “avvezzo” alle nuove tecnologie; sul suo computer, infatti, Toriyama aveva installata una vecchia versione di Photoshop, ad esempio, e questo rese le prime fasi della produzione difficoltose.
Tuttavia, il lavoro del celebre artista fu come sempre sopraffino, attento e particolareggiato sia nella creazione di mostri che dei personaggi. Lo stile fanciullesco rimanda ovviamente ai due cavalli di battaglia di Toriyama, Dragon Ball e Arale, e la spensieratezza del protagonista che risponde al nome di Shu hanno reso Blue Dragon un prodotto discreto, che vanta di diversi sequel e anche un adattamento anime curato da Studio Pierrot.
Riguardo l’anime di Blue Dragon, Toriyama dichiarò: «Questo potrebbe essere il mio ultimo anime, sono un po' preoccupato (per questo). C'è una pressione incredibile, ma allo stesso tempo c'è un senso di realizzazione: vale la pena farlo. Blue Dragon sarà un capolavoro, non solo perché ci sto lavorando duramente, ma perché lo staff non si aspetta niente di meno».
Conclusione
L'addio a Toriyama lascerà un solco enorme non solo all’interno del mondo dei manga e degli anime ma anche in quello dei videogiochi, dal momento che il maestro ha saputo lasciare il suo tratto distintivo in opere famosissime. Malgrado non fosse più all’attivo nella realizzazione di manga, Toriyama non si è mai tirato indietro per nuove collaborazioni e per la creazione di nuovi inediti personaggi per i videogiochi dedicati alle sue opere più famose.
Per il videogioco Dragon Ball FighterZ, ad esempio, ha creato da zero l’antagonista Androide 21 (l’unico personaggio ad essere “canon” nell’universo espanso di Dragon Ball), per Dragon Ball Z Kakarot realizzò un membro segreto della Squadra Ginew, Bonyu, mentre per il gioco mobile Dragon Ball Legends firmò due personaggi inediti, Shallot e Zahha.
Il 26 aprile 2024 debutterà su PS4/PS5, PC e Xbox Series S|X il videogioco dedicato al suo manga, Sand Land, con protagonista il piccolo Principe dei Demoni, Belzebub, e altri due amici pronti ad avventurarsi nel deserto alla ricerca della Sorgente Leggendaria.
Sarà l’ultima opera del “sensei” ad avere una trasposizione videoludica – senza contare i futuri Dragon Ball – malgrado non fosse tanto conosciuta quanto i suoi titoli di punta.
Insomma, il talento e la versatilità di Toriyama hanno lasciato un segno non solo su tavole e carta, ma anche nel cuore di chi ha amato e ama i videogiochi – dove il suo talento ha continuato a esprimersi, dando vita a personaggi unici e stravaganti, oltre che a mondi fantastici che hanno popolato giornate e sogni di milioni di appassionati.