Leggi di più, mi dicevano…Nel mondo di Metro 2033, già piuttosto pericoloso di suo, la Biblioteca è uno dei luoghi più inospitali. Si arrivava in questo livello dopo aver già superato circa tre quarti di gioco; per esigenze narrative che non ricordiamo in questa sede, il povero Artyom si ritrovava da solo a dover recuperare dei documenti proprio passando per la libreria. Mi ricordo che il gioco trattava questo stage con una certa cura: già prima di approcciare il livello, infatti, il giocatore era a conoscenza del fatto che avrebbe incontrato nemici potenti e diversi dalla maggioranza delle minacce affrontate fino a quel punto. A differenza di molti livelli di Metro 2033, inoltre, l’atmosfera della biblioteca era diversa. Rarefatta, silenziosa, in alcuni casi illuminata dalla luce (malata) del sole. Mi ricordo chiaramente che ho giocato questo livello a tarda sera, al buio, e avevo una sincera strizza. Non essendo particolarmente amante di titoli horror e stealth, la prospettiva di dovermi fare strada silenziosamente tra scimmioni semi-pensanti che avrebbero potuto farmi la pelle non mi esaltava molto. Ma volevo finire il gioco, per cui mi spinsi tra le varie aree della biblioteca. E dopo non molto ho incontrato il primo di quelli che il titolo chiama Bibliotecari, la categoria di mutanti più simile all’uomo e, probabilmente, la più intelligente.
Sguardi intensiCos’erano, in realtà, questi Bibliotecari? A guardarli bene, si trattava di una sorta di ibrido tra gorilla e uomo. Le proporzioni tra gli arti vedevano le braccia muscolose e più lunghe delle gambe, mentre la testa poteva ricordare, in certi casi, quella di un uomo, con il naso ormai quasi fuso con l’area della bocca, gli occhi vitrei e riflettenti e il corpo dotato di una pelle spessa. La cosa interessante dei Bibliotecari era il loro comportamento. Si trattava di mutanti particolarmente territoriali, talmente potenti e attaccati alla propria zona che in una cutscene di un certo impatto li si poteva vedere combattere addirittura un demone, il mutante alato che rendeva ogni viaggio all’aperto di Artyom una sfida contro la sorte. La prova della loro (relativa) intelligenza la si aveva quando arrivava il momento affrontarli. Le opzioni a disposizione non erano particolarmente tante: se si sparava all’impazzata senza un piano, probabilmente si era destinati a essere fatti fuori. Scappare subito era un’alternativa, ma un po’ complicata: i Bibliotecari erano molto veloci e, cosa da non sottovalutare, la Biblioteca era spesso ricca di porte chiuse, vie strette e in generale altri elementi in cui ci si poteva “incastrare” con facilità, specie se si correva all’indietro o a perdifiato. La strategia migliore, peraltro anche quella che consigliava il gioco, era allora quella di fissare questi esseri. Non appena un mutante del genere faceva capolino, era importante stabilire un contatto visivo. Guardarlo negli occhi garantiva una certa probabilità di sopravvivenza, ma bisognava stare attenti. Se ci si girava per un attimo, o il mostro ci perdeva ci vista, partiva la caccia al povero Artyom, con conseguenze spesso disastrose. In alcuni casi, invece, era possibile osservare una piccola variazione al comportamento dei Bibliotecari, che dopo averci osservato per un po’ potevano decidere di avvicinarsi per guardarci meglio. In queste occasioni era possibile muoversi lentamente, assecondando l’avanzare dei mutanti. L’importante, in ogni caso, era non smettere mai di fissarli. Dopo poco, infatti, i Bibliotecari perdevano interesse e scomparivano nei tanti cunicoli di cui si componeva la Biblioteca.
Come un gorilla in una libreriaIn Metro 2033 si affrontavano due tipi di Bibliotecari; oltre a quelli comuni, incrociati nella Biblioteca, ci si poteva imbattere anche nella variante nera, che popolava alcune aree specifiche della metropolitana. Su questi esseri funzionava altrettanto efficacemente la tattica dello sguardo descritta in precedenza, anche se i mutanti di questo tipo si presentavano un po’ più ostili, e bisognava fare attenzione a mantenere le giuste distanze. Ma non basta: i Bibliotecari erano presenti anche in Metro: Last Light, sebbene esclusivamente nel DLC comprendente il livello Kshatriya. Anche in questo caso il loro comportamento era simile, sebbene il livello di sfida fosse stato reso leggermente più basso; un preciso colpo di arma da fuoco in testa, ad esempio, poteva stordire un Bibliotecario e dare modo di aggirarlo più velocemente. Al di là di queste differenze, quello che mi ha sempre affascinato dei Bibliotecari è la loro intelligenza, sempre al limite tra l’essere animalesca e umana. In una sequenza ben precisa del livello della Biblioteca, ad esempio, era possibile vedere delle munizioni poste vicino a un buco in un muro. Se si andava a prendere le munizioni, si veniva istantaneamente attaccati da un mutante, il che poteva fare pensare che fosse stato proprio lui a piazzare là i rifornimenti, a mo’ di trappola. Se ci si rivolge ai libri di Glukhovsky, d’altra parte, è possibile vedere che i Bibliotecari erano in grado di imitare più o meno coscientemente il modo di parlare degli umani, un po’ come i Phantom di Prey. In origine, pertanto, questi esseri forse erano davvero degli uomini, rimasti intrappolati nella Biblioteca durante l’apocalisse nucleare e, in seguito, venuti a contatto con gli animali di un vicino zoo. Si tratta, Google Maps alla mano, di una ipotesi plausibile: la biblioteca di Stato Russa di Mosca, che è proprio quella ripresa nel gioco, dista appena tre chilometri di distanza dallo zoo cittadino.
Metro 2033 è un gioco che ancora oggi si dimostra molto valido, sia sul fronte del gameplay che su quello della narrativa. Il livello della Biblioteca ne è un chiaro esempio: a una leggera variazione delle dinamiche di gioco si accompagna una storia, quella dei Bibliotecari e della Biblioteca, che riesce ad affascinare e a creare momenti di tensione. Qual è la vostra esperienza con questo livello di Metro 2033? Siete riusciti a superare la Biblioteca tutti interi al primo colpo, o avete dovuto sudare sette camicie?