Accidentalmente anticipato da Steam, il quarto Just Cause si è finalmente manifestato durante la conferenza Microsoft; dopo una serie quasi interminabile di leak (tra rumor, immagini del preorder e screenshot promozionali), il titolo è stato infine confermato in veste ufficiale all’E3 2018.
Just Cause 4 segna il ritorno di Rico Rodriguez, impegnato questa volta nella nazione sudamericana di Solís –un’ambientazione fittizia (caratterizzata da biomi particolarmente diversificati) ideata allo scopo di proporre la mappa più ampia e variegata dell’intera serie. Stando al trailer della conferenza Square, il protagonista dovrà “svelare l’oppressione, la paura e la violenza imposta da Gabriella, leader della compagnia militare privata La Mano Nera“. In occasione del reveal vero e proprio del titolo, diamo quindi un’occhiata alla storia di Just Cause (almeno, fino al terzo capitolo), rispolverando uno ad uno i vari villain della saga.
Just Cause
Il primo, vero antagonista della serie è il generale Salvador Mendoza; conosciuto come “El Presidente”, il dittatore governa con pugno di ferro la caraibica nazione fittizia di San Esperito. Il background del villain è tutto sommato generico, per trattarsi di un tiranno: poco prima degli eventi di Just Cause, l’esercito di Mendoza (allora militare d’alto rango) prese d’assalto il parlamento di Esperito City, in un golpe finalizzato a “liberare la nazione, scacciando lo stormo di avvoltoi che si nutre del cadavere della costituzione“. Mettendo in fuga l’ex presidente Hernan Augusto, il colpo di stato permise a Mendoza di assumere pieno potere sull’isola.
Nel corso dell’avventura, Rico scopre gradualmente la reale natura del dittatore: “El Presidente” sembra particolarmente incline a fare business/formare alleanze con organizzazioni estremamente losche, come la mafia dei Montano (una Famiglia prevalentemente attiva nella produzione di cocaina), i militari privati americani del gruppo la Mano Nera (impegnati nel contrabbando di testate nucleari), ed i cosiddetti specialisti di sicurezza esteri, mercenari assunti per sottomettere le regioni più esterne di San Esperito.
Per quanto concerne l’amministrazione dell’isola, lo stato di Mendoza ricalca in tutto e per tutto il tipico stereotipo di dittatura, tra propaganda onnipresente, smodata censura e frequenti arresti dei dissidenti. Per contrastare l’operato del dittatore, un gruppo di ribelli fonda quindi il Fronte di Rivoluzione (in origine, “Armata rivoluzionaria del popolo”), un gruppo paramilitare di guerrillas pronti a dare la vita, per spodestare El Presidente; toccherà a Rico, agente speciale dei Servizi, il compito di liberarne il leader (catturato e condannato dalle forze di stato).
Si speculava che “i Servizi”, situati a Washington, fossero una sorta di parodia in-game dell’intelligence americana; stando al materiale promozionale del terzo Just Cause, si tratterebbe però di un effettivo ramo sotto copertura della CIA. Nel primo capitolo della serie, l’interesse dell’agenzia di spionaggio è dovuto alle reali intenzioni di Salvador Mendoza: organizzare una serie di attacchi terroristici su larga scala, al fine di stimolare una totale guerra latino-americana. Poco prima degli eventi del gioco, i Servizi si alleano dunque al Fronte di Rivoluzione, affidando a Rico il compito di rovesciare la dittatura di Mendoza (quanto, possibilmente, eliminare definitivamente il despota).
Just Cause 2
Ambientato nell’arcipelago immaginario di Panau (nel Sud Est Asiatico), il secondo Just Cause ricalca grossomodo gli stilemi del prequel: un’ampia mappa da esplorare, esplosioni in stile Michael Bay ed una dittatura tutta nuova da sovvertire. Il titolo vanta anche di una trama inaspettatamente articolata (quantomeno, rispetto al primo capitolo), tra complotti politici, dubbie manovre dell’intelligence ed una -nemmeno troppo- velata critica al modus operandi delle odierne superpotenze mondiali.
Il villain del gioco è questa volta Pandak Panay, leader di Panau, ispirato concettualmente a Kim Jong-il (ex dittatore nordcoreano) e Baby Doc (politico haitiano).
Stando al database dei Servizi (anche noti come l’Agenzia), pare che Pandak sia direttamente responsabile della morte del padre, Papa Panay, allora presidente della nazione; in seguito ad un golpe, “Baby Panay” prese quindi pieno potere sull’arcipelago, instaurando una sorta di personale dittatura militare.
L’interesse dell’intelligence americana, in questo caso, è dovuto alla reale natura di Papa Panay: l’ex presidente fu infatti eletto con il supporto (non propriamente lecito) dei Servizi, attratti dalle risorse naturali di Panau (quanto, si suppone, dalla prospettiva di imporre allo stato un regime capitalista affine al proprio). Il giovane Panay, tuttavia, è fermamente contrario alle tradizioni politiche del padre. Voltando le spalle alle vecchie alleanze, il dittatore investe interi capitali (derivanti dalla vendita di petrolio) nella creazione di un’imponente armata personale; ignorando i reali problemi della nazione -tra tutti, la povertà ancora dilagante-, l’illecito leader privatizza inoltre intere aree dell’arcipelago, rendendole mete esclusive per turisti e milionari (impedendo quindi l’accesso alla popolazione locale).
Sotto molteplici aspetti, il regime di Baby Panay ricorda quello di Salvador Mendoza: non mancano dunque le tipiche, imponenti statue in onore del presidente, l’uso quasi smodato della propaganda, ed un atteggiamento apertamente ostile nei confronti di qualunque forma di critica. Privi della semplice libertà di parola, gli innocenti abitanti di Panau vengono spesso detenuti ingiustamente; i veri e propri dissidenti, al contempo, sono generalmente destinati ad un inappellabile ergastolo. Nel corso dell’inevitabile rivoluzione popolare, il dittatore arriva perino a torturare (e, talvolta, uccidere) i prigionieri politici di turno; per tentare di stanare il leader, Rico si vede costretto ad allearsi alle altrettanto losche fazioni criminali di Panau -scoprendo infine la verità sull’arcipelago. Il setting del gioco corrisponde infatti al più ricco giacimento di petrolio al mondo, conteso (non ufficialmente) tra USA, Cina, Russia e Giappone; il protagonista dovrà quindi liberare la popolazione di Panau dalla dittatura, impedendo inoltre alle superpotenze (interessate da tempo al territorio) di scatenare l’eventuale, terza guerra mondiale per il controllo dell’arcipelago.
L’antagonista del terzo Just Cause, infine, è Sebastiano Di Ravello, dittatore della fittizia Repubblica di Medici.
Per la prima volta, il background del villain s’intreccia a tutti gli effetti con quello del protagonista: Rico è infatti originario della soleggiata regione mediterranea del gioco -tramutata, nel giro di una ventina d’anni, nell’ennesimo totalitarismo della serie. Nonostante l’aspetto piuttosto generico ed il carattere relativamente stereotipato, il terzo dittatore vanta indubbiamente della backstory più delineata della saga.
Generale dal dubbio valore, Di Ravello pianifica -vent’anni prima degli eventi narrati- di conquistare l’intera regione di Medici, sostituendo il vecchio governo democratico con un regime militare fondato sulla paura e l’intimidazione. Implicato da tempo in affari di dubbia natura con l’Agenzia, il futuro despota convince l’intelligence americana a finanziare e supportare attivamente una vera e propria rivolta locale: in seguito all’insurrezione (capitanata da un paio di ex ufficiali dell’esercito), la regione sprofonda quindi nel caos più totale. L’allora presidente Dante, ormai impopolare agli occhi dell’intera nazione, supplica il Generale Di Ravello di ripristinare l’ordine nell’arcipelago; in vista di nuove elezioni, il popolo sembra però favorire il principale rivale politico di Dante, la candidata Rosa Manuela. Intimorito dalla prospettiva di passare (politicamente) in secondo piano, Di Ravello concede dunque ai ribelli la possibilità di uccidere, inaspettatamente, il presidente -scatenando ancora una volta il panico nell’intera regione. Il pretesto dell’assassinio permette quindi al generale imporre la legge marziale, cancellare le elezioni ed assumere pieno controllo della Repubblica di Medici.
In quanto dittatore, Di Ravello sembra imporre uno spiccato culto della personalità -saturando l’arcipelago di poster, cartelloni propagandistici ed imponenti statue a propria immagine. Definito “mentalmente instabile”, il leader instaura un totalitarismo particolarmente oppressivo; per contrastare l’operato del governo, un gruppo di ribelli azzarda quindi una controffensiva, scatenando una serie di guerre civili destinate a protrarsi nel tempo.
Incarnando il più classico dei cliché, Di Ravello punta inoltre alla conquista del mondo: l’arcipelago di Medici è infatti ricco di Bavarium, rarissimo elemento (dall’apparente potenziale bellico) accumulato nel tempo dall’esercito del dittatore. Toccherà nuovamente a Rico, questa volta indipendente dall’Agenzia, il compito di scongiurare la minaccia globale -quanto, chiaramente, liberare il proprio Paese natale.
Votata apparentemente al puro divertimento spensierato, la saga di Just Cause nasconde in realtà una trama sorprendentemente delineata, con una critica di fondo spesso ignorata dal grande pubblico. Le avventure di Rico, agente speciale dei Servizi, non possono che celare una retorica necessariamente matura, consapevole quanto inevitabilmente politica; al protagonista è infatti riservato il compito di destabilizzare -senza mezzi termini- intere nazioni “autonome” (seppur oppresse), col sacrosanto pretesto di liberarle dalla dittatura. Di gioco in gioco, Rico viene però a conoscenza dei reali fini dell’Agenzia, non sempre motivata dall’effettiva volontà di “portare la democrazia” (talvolta, implicata direttamente nella formazione degli stessi regimi da rovesciare). La serie delinea inoltre la realtà oppressiva di differenti forme di tirannia -finora, dittatura standard, governo autoritario militare e totalitarismo-, illustrando senza timore le conseguenze concrete della dittatura. La storia di Rico, ormai del tutto indipendente dai Servizi, continua quindi con Just Cause 4; il titolo è previsto per il 4 dicembre su PC, PS4 e Xbox One.