Adesso il futuro di Zelda può essere (anche) in 2D?

Non si vede da un po' un nuovo titolo in due dimensioni di The Legend of Zelda: dopo Tears of the Kingdom sarà una delle strade da seguire?

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a cura di Salvatore Pilò

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È lecito domandarsi, dopo l'accoglienza davvero caldissima avuta da The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom sia dalla critica che dal pubblico (se volete partire per Hyrule, lo trovate su Amazon), cosa ne sarà della saga dopo questo capitolo.

Sappiamo che il filone open world sarà tenuto come riferimento futuro, come rimarcato da Nintendo, poiché Breath of the Wild ha indicato una direzione netta e di enorme valore.

Quindi, cosa c'è nel futuro di The Legend of ZeldaQualche indicazione ce l'abbiamo, certo. Ma siamo qui per parlare soprattutto di una piccola speranza... bidimensionale.

Il futuro della saga è in 3D, ma quello prossimo potrebbe essere... in 2D?

Se gli ultimi anni in compagnia della saga leggendaria ci hanno, per così dire, abituato ad un certo ritmo di pubblicazioni che vedono l’alternarsi di un capitolo in tre dimensioni con un capitolo a due dimensioni (magari ripescato dal passato), resta quel senso di “vuoto” di fronte a quello che sembrerebbe a tutti gli effetti scrivere la parola “fine” a quella che è la serie ad oggi.

Ma proprio in virtù di quello che ha tutta l’aria di essere l’epilogo di una delle timeline più raffazzonate della storia videoludica che possiamo trarre qualche ipotesi di quello che verrà dopo, delle nuove avventure di Link e compagnia.

Tralasciando un ancora troppo fumoso futuro per quanto concerne le avventure in 3D della serie, che senza alcun dubbio ci regaleranno qualcosa di leggendario come sempre, il futuro prossimo della saga potrebbe, e dovrebbe, vedere protagonista un ottimo capitolo in 2D.

È dai tempi di A Link Between Worlds che manca dalla scena un capitolo in 2D originale.
Il motivo è presto detto: manca un capitolo, originale, in due dimensioni da un po’ sulla scena e più precisamente dall’ottimo The Legend of Zelda: A Link Between Worlds che ci ha regalato un meraviglioso seguito di A Link to the Past ormai dieci anni fa.

Ma non solo le due dimensioni: non vediamo nemmeno “toon link” da un po’ di tempo a questa parte e un suo ritorno potrebbe non essere un’idea da sottovalutare – sia perché il personaggio ha funzionato fin troppo bene, sia perché i titoli che lo vedono protagonista sono molto interessanti e hanno sempre saputo sfruttare pienamente l’hardware di riferimento.

Sebbene sia comunque “complesso” riportare su Switch (o qualunque cosa le succederà) i capitoli per Nintendo DS per via di un legame molto forte fra la console e i puzzle di gioco, non sarebbe niente male dare una bella rispolverata a quel particolare ramo della timeline con qualche capitolo originale.

Dovessimo invece pensare un po’ più a quello che Nintendo sta facendo in questi ultimi anni, è impossibile non correre col pensiero a qualche nuovo remake dopo Tears of the Kingdome, visto l’ottimo lavoro di restauro fatto con Link’s Awakening, potrebbe essere arrivato il momento di dare un po’ più di lustro anche ai due Oracles, sviluppati da Capcom per Game Boy Color, che meriterebbero di vivere senza alcun dubbio di una nuova vita.

C'erano una volta, gli Oracles

Si tratta di due fra i capitoli più interessanti in due dimensioni della saga, che all’epoca presentavano un sistema narrativo molto particolare che vedeva la storia dell’uno concludersi nell’altro capitolo (e viceversa) attraverso la generazioni di alcuni codici (i segreti) da trovare in una versione e da inserire nell’altra – così da avere un intreccio narrativo molto avvincente racchiuso fra le due versioni.

Non solo, i due titoli erano piuttosto interessanti anche nelle meccaniche proposte con dei puzzle (specie in Oracle of Ages) fra i migliori mai concepiti nell’universo della serie.

Venivano introdotti dei compagni animali (come Dimitri e Ricky), da sfruttare per la risoluzione di alcuni puzzle ambientali, dei quali uno poteva essere sbloccato per tutto il resto dell’avventura e richiamabile tramite un apposito flauto che cambiava a seconda del modo in cui si otteneva il dato strumento.

Oracle of Seasons introduceva una nuova “razza” con tanto di seconda mappa interamente esplorabile in cui fare la conoscenza dei Subrosiani; Ages dalla sua costruiva una Labrynna esplorabile sia nel presente che nel passato con azioni di gioco che si ripercuotevano fra le linee temporali.

Il potenziale dei due Oracles andrebbe senza dubbio rispolverato.
Insomma, due capitoli che hanno avuto modo di esprimere parecchio potenziale che andrebbe senza alcun dubbio spolverato – nonostante la mitologia di The Legend of Zelda, una volta cucitagli addosso la sua timeline, abbia seguito una deriva differente rispetto a quanto introdotto in questi due capitoli (e nonostante si sia trovata qualche giustificazione per le “forme” delle tre dee sui due giochi).

Nintendo ha già confermato la loro pubblicazione (finalmente) nell’abbonamento di Nintendo Switch Online per poter permettere a tutti di poterli rigiocare (probabilmente con qualche miglioria tecnica come già successo con altri titoli del catalogo), pertanto non sarebbe male poterne far godere anche le nuove leve, che magari mal digeriscono la veste grafica degli originali, di due prodotti eccezionali.

Ma non solo. I due Oracles sarebbero dovuti essere inizialmente una trilogia il cui terzo capitolo non ha mai visto la luce relegando Farore, il terzo degli oracoli, alla “semplice” funzione di oracolo dei segreti tramite il quale gestire i codici con cui “trasferire” oggetti da una versione all’altra di gioco.

Un terzo capitolo che Capcom fa notare anche in Minish Cap, in cui ritornano tutte e tre le divinità di Hyrule nella loro forma più umana e per le quali saremo chiamati a trovare delle case in affitto: se Din e Naryu troveranno una dimora, Farore, esattamente come per il terzo capitolo mancante, sarà l’unica senza una casa.

Un easter egg molto carino che ci lascia, al solito, pensare che questo terzo capitolo potrebbe arrivare assieme ai remake degli altri due per completare una bellissima trilogia. Un po’ come A Link Between Worlds che fa da seguito diretto di A Link to the Past.

Ma il 2D perché?

Arrivati a questo punto però è lecito chiedersi perché tanta enfasi sui titoli in due dimensioni della serie. Cos’hanno di così speciale tutti questi Zelda da voler a tutti i costi un nuovo capitolo in 2D invece di una nuova Hyrule in tre dimensioni come quella di Breath of the Wild e Tears of the Kingdom?

I motivi sono tanti e sempre diversi a seconda di chi sentirete parlare della cosa: si potrebbe dire di essere più affezionati a quello stile, che i puzzle sono più “interessanti” perché contenuti all’interno di una singola schermata, che l’idea di equipaggiare uno o due strumenti alla volta era un ulteriore puzzle più grande da gestire o molto più semplicemente si potrebbe rispondere che respiravano un tipo di magia e atmosfere differenti.

Insomma, comunque vadano le cose è innegabile che un nuovo capitolo della serie in due dimensioni manchi da troppo tempo ed è altrettanto innegabile quanto i giocatori ci siano affezionati – chi per un motivo e chi per un altro – e lo dimostrano gli infiniti cloni indie che cercano di emularne il successo senza nemmeno riuscirci ad avvicinarsi.

Il filone open-world lo abbiamo, lo stiamo amando (il counter delle ore su Nintendo Switch ci è testimone) e continuerà a piacerci facendo parlare di sé, ma abbiamo tutti un po’ bisogno che parallelamente qualcuno pensi anche ad altri generi di avventura per Link e i suoi compagni e al netto di remake altamente probabili (un po’ per preservare la memoria storica di certi titoli, un po’ perché chi vi scrive ha bisogno di vedere una nuova veste per gli Oracles) una nuova avventura di Link in 2D è qualcosa di realmente necessario.

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