Gli amichevoli notturni di Dying Light – il dettaglio

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a cura di Francesco Ursino

Dying Light è stata una piacevole sorpresa: ho giocato il titolo diverso tempo dopo la sua uscita e ho affrontato l’intera avventura in cooperativa. Il titolo Techland era divertente e proponeva una rappresentazione anche piuttosto originale della tematica legata all’apocalisse zombi. In un mondo che sfruttava molto la verticalità, infatti, era necessario sfuggire a velocissimi non morti arrampicandosi su palazzi e sporgenze, sfruttando le abilità da parkour del nostro personaggio. Una certa tipologia di zombi, però, sfuggiva al nostro controllo, e costringeva a muoverci con particolare attenzione. Cari lettori, benvenuti a una nuova puntata de Il Dettaglio, dove vi parlerò dei notturni di Dying Light e dei loro carinissimi nidi.

È giunta mezzanotte, buona fortuna a tuttiNel mondo di Dying Light funzionava così: di giorno le strade pullulavano di zombi cattivi, veloci e, in certi casi, capaci di arrampicarsi su superfici verticali pur di “assaggiarci”. Di notte, invece, qualcosa cambiava. Per un qualche motivo al calare del sole spuntavano i notturni, esseri molto più potenti dei classici non morti e particolarmente sensibili ai rumori. Diciamo che il titolo era piuttosto benevolo, e tutto sommato obbligava ad avere a che fare con questi esseri poco pacifici solo in poche occasioni. Nella mia esperienza di gioco, infatti, sono stato ben alla larga dai notturni, scegliendo quasi sempre di passare la notte in uno dei rifugi e di ripartire all’avventura la mattina dopo, in relativa sicurezza. È vero che le azioni compiute durante la notte garantivano esperienza supplementare, ma tutto sommato il gioco non mi sembrava valere la candela, anche perché l’albero delle abilità non era ricco di opzioni così interessanti da spingere a livellare a tutti i costi. Per tutti questi motivi, il mio rapporto con i notturni nell’avventura base di Dying Light è stato piuttosto tranquillo. Le cose sono cambiate, però, con l’arrivo dell’espansione The Following, che ci portava nelle campagne circostanti la città in cui era ambientato il gioco, Harran.

Ma perché infilarci nella tana del nemico?L’idea che quella dei notturni fosse una bella pensata sfruttata forse un po’ troppo poco nella versione base di Dying Light deve essere venuta in mente anche agli sviluppatori, visto che in The Following il tema dei mostriciattoli che operano nell’ombra è stato ulteriormente approfondito. L’introduzione delle vetture, infatti, ha permesso di sfruttare anche i territori più estremi della nuova mappa di gioco, dando la possibilità di creare missioni diverse da quelle viste fino a quel punto. Una serie di quest riguardava proprio i notturni, presenti peraltro in una versione potenziata. Con molta serenità, bisognava infiltrarsi nei loro nidi ed eliminare gli esseri responsabili della loro riproduzione. Per fare tutto ciò era consigliabile agire di notte: entrare in una di queste aree di giorno rappresentava spesso morte certa, visto che durante le ore diurne si sarebbero dovuti fare i conti con tanti, tantissimi notturni. L’unica cosa da fare, perciò, era aspettare la notte nelle vicinanze di un nido e, appena scattata l’ora X, iniziare a infiltrarsi.

Il rampino è tuo amico, più o menoTanto per mettere meno ansia, il gioco ci forniva un puntuale countdown, che indicava quanto tempo ci separava dal sorgere del sole. Una volta che il conteggio arrivava allo 0, i notturni sarebbero spawnati all’interno del nido facendoci la pelle in comode, semplici mosse. L’unica cosa sensata da fare, pertanto, era infilarsi velocemente nei nidi appena calata la notte, far fuori gli zombi “normali” che comunque infestavano i nidi a qualsiasi ora, e passare velocemente a sparacchiare quelle specie di mostri saldati a terra che, in qualche modo, davano luce ai teneri notturni. Il gioco, in queste occasioni, era piuttosto cattivo, visto che non indicava in nessun modo cosa si dovesse fare e quale dei tanti zombi presenti bisognava colpire per riuscire a snidare l’area. Se ci si coordinava in maniera decente con il proprio compagno di avventura, o comunque si conosceva bene il percorso di entrata e di uscita del nido, l’operazione poteva anche riuscire al primo colpo, e ci si poteva dimenticare dei notturni per un po’. Una delle possibili difficoltà era costituita proprio dalla conformazione del nido, che di norma richiedeva la discesa (e la successiva scalata) di grotte. Se la propria abilità con il rampino non era proprio ai massimi livelli (come nel mio caso), poteva capitare di fare cilecca e mancare un appiglio, perdendo tempo e diventando preda degli zombi. Con un minimo di abilità, in ogni caso, si poteva riuscire nell’impresa in tempo relativamente breve, salire in macchina e andare a sbattere fortissimo contro un albero, come mi capitava quasi sempre dopo qualche curva presa un po’ troppo allegramente, specie di notte.

I notturni di Dying Light rappresentano sicuramente una delle idee distintive del mondo di gioco creato da Techland. La liberazione dei nidi di queste pericolose creature non era sicuramente esente da difetti, e c’è da dire che alcune scelte di game design potevano essere forse considerate un po’ frustranti. Con un po’ di pazienza, e magari l’aiuto di un amico, anche queste sfide potevano essere portate a termine con una certa disinvoltura. In ogni caso, qual era il vostro approccio con i notturni di Dying Light? Li evitavate come la peste o avevate voglia di entrare nei loro nidi, magari di giorno?

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