Non tanti, tra noi videogiocatori un po' più anziani, fanno i salti di gioia all'idea di un gaming completamente immateriale: siamo abituati a toccare con mano la nostra collezione, a stringere la confezione del gioco che abbiamo appena acquistato, e ammettere che in realtà compriamo solo una licenza d'uso del gioco – e non il gioco, come ci insegna il caso di The Crew – è complicato.
I numeri però continuano a virare verso il digitale, anche in Italia, e i servizi in abbonamento per accedere ai giochi on demand, senza doverli acquistare singolarmente, si fanno bonariamente la guerra. Un vantaggio, per i consumatori, certo: se PlayStation Plus risponde a Xbox Game Pass, l'offerta può solo migliorare.
Mi domando se, da qui a qualche anno, non migliorerà così tanto da scollare anche i più affezionati giocatori console (su PC devo ammettere che ci siamo già allontanati da tempo dal retail) dall'abitudine del gioco fisico e dell'acquisto singolo: le ultime settimane di Game Pass, in tal senso, fanno riflettere.
Ci giochi qui e ora, per il domani vedremo
Qualche settimana fa, dopo anni (non è un iperbole, intendo davvero almeno due o tre anni), ho deciso di riattivare per un mese PlayStation Plus Premium (trovate il credito su Amazon). L'ho fatto perché stavo sottoponendo a nuove prove PlayStation Portal, che ora supporta il cloud, ma anche perché ero incuriosita all'idea di giocare Lost Records, incluso dal day-one nel catalogo di casa PlayStation.
In pratica, ho unito due necessità: ho pagato una cifra unica, quantomeno per un mese, per completare i miei test su PS Portal e contemporaneamente giocare in cloud un gioco che mi interessava, e che da solo mi sarebbe costato un acquisto di 40 euro circa. Certo, se paghi i 40 euro il gioco rimane nella tua libreria e puoi rigiocarlo in futuro, mentre con i 16,99 euro che ho pagato io una volta trascorso il mese non mi rimarrà niente – se non il fatto, beh, di averci giocato.
Ma ci rigiocherei davvero in futuro? La differenza tra il prezzo dell'abbonamento e il prezzo dell'acquisto definitivo l'avrei sfruttata? Non so rispondere a questa domanda, francamente: dipende sempre dal singolo gioco.
Probabilmente, in questo momento così fitto 40 euro per Lost Records non li avrei nemmeno spesi – mentre tramite l'abbonamento ho potuto accederci senza troppi patemi, concedendomi anche di rispolverare qualche classico dal catalogo di PSOne.
Ma perché parlo di PlayStation Plus in un articolo che vuole riflettere sugli arrivi di Game Pass? Perché questi ragionamenti diventano ancora più imponenti quando nel catalogo ti ritrovi i due migliori giochi dell'anno fino a oggi.
E se sul catalogo ti finiscono i migliori?
Nel giro di pochi giorni, il catalogo di Xbox Game Pass Ultimate (lo trovate su Amazon) è diventato l'hub delle uscite più apprezzate o più chiacchierate: la sorpresa Blue Prince, capace di conquistare anche il nostro severo Domenico Musicò, è stata inclusa nel catalogo di Microsoft (e in PlayStation Plus) fin dal day-one. Entrambi i servizi ci hanno visto giusto: il gioco ha avuto uno straordinario successo di critica ed è il migliore dell'anno per media voto, con buona pace dei giganti AAA.
Il punto è che, nei giorni successivi, Game Pass ha rincarato la dose: è arrivato lo shadow-drop (ossia, l'annuncio e il lancio immediato) del segreto peggio custodito di sempre, The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered, che dopo quasi vent'anni ci riporta a Cyrodill rifacendosi il trucco in Unreal Engine 5.
Lecito aspettarsi che anche gli utenti di Game Pass Ultimate si siano tuffati a chiudere i cancelli dell'Oblivion, o che molti nostalgici si siano detti «perché comprare il gioco a prezzo pieno se posso prendere Game Pass Ultimate a 17,99 euro?», e che quindi si siano abbonati per scaricare il gioco.
A cosa succederà tra un mese, quando l'abbonamento magari scadrà e bisognerà pagare il rinnovo, ci penseranno poi. Ma se anche pagassero per giocare due mesi, fino a soddisfare quella voglia di esplorare tutta Cyrodill, spenderebbero comunque 35 euro per l'esperienza.
Il gioco da solo – che, ribadisco, però rimane per sempre nella tua libreria, a meno di disastri come per The Crew – invece avrebbe richiesto da subito 54,99€. Ossia, il corrispondente di tre mesi di Game Pass. Chi lo ha pagato a prezzo pieno, tra tre mesi ci starà ancora giocando? Credo che sia qui la risposta chiave alla futuribilità o meno dei servizi in abbonamento, in un'epoca dove videogiocare costa un occhio della testa e il consumatore è attento al soldo.
Se il gioco non è mio nemmeno quando lo compro, perché pagarlo di più per tenerlo in una libreria digitale dove magari non lo avvierò mai più da qui a due mesi?
Alla bontà di Blue Prince dal day-one, e alla convenienza del giocarsi Oblivion in abbonamento anziché comprandoselo, si è aggiunta la perla che non ti aspetti: quando Microsoft si è presa sotto l'ala protettrice Clair Obscur: Expedition 33, annunciando che sarebbe stato su Game Pass dal day-one, ci aveva visto lunghissimo.
Il gioco di ruolo a turni di Sandfall Interactive è una perla di grandissima bellezza e, con Blue Prince, si è preso lo scettro di gioco dalle recensioni più entusiaste dell'anno. In un 2025 dove tutti aspettavano i giganti, due piccole grandi perle ci hanno fatto rinnamorare del gaming. Ed entrambe sono arrivate sul catalogo Xbox a pochi giorni di distanza, intervallate da Oblivion.
A poche settimane, peraltro, dal lancio di Doom: The Dark Ages, che a sua volta esordirà nell'abbonamento. Un periodo d'oro per quanto concerne le release riservate agli utenti di Game Pass, insomma, che fa gioco all'idea di Microsoft: ogni cosa è una Xbox, ogni gioco può girare ovunque e il prezzo di ingresso in questo mondo è pari a quanto ti costa mensilmente Game Pass Ultimate.
Spendere di meno è anche spendere meglio, qui?
Se è vero che le produzioni first-party di casa Microsoft non sono ancora riuscite a ingranare – sono spesso piene di personalità, come Hellblade II, Avowed e South of Midnight, ma ancora non indimenticabili nelle idee ludiche e nei sistemi di gioco, vero Starfield? –, lo è anche che questo 2025 può essere un anno di grande svolta proprio per Game Pass.
L'industria ha ribadito anche ai più nostalgici di noi, casomai ce ne fosse bisogno, che ciò di cui disponiamo è una licenza d'uso del gioco e che videogiocare costa. È vero, se guardiamo l'inflazione i prezzi sono stabili, ma oggi è molto più difficile, nel contesto socio-economico in cui siamo immersi, tirare fuori 70, 80 o 90 euro a cuor leggero per un singolo videogioco.
Di contro, la spesa per un abbonamento che mi propone dal day-one quelle che si scoprono essere le migliori release dell'anno, sembra tenderti una mano. Con poco più di 30 euro, tra PS Plus Premium e Game Pass Ultimate, nell'ultimo mese avrei giocato Lost Records, Blue Prince, Oblivion e Clair Obscur.
La risposta secondo me dipende dal singolo gioco: se un'opera mi piace particolarmente e mi ci "lego", voglio poterla ritrovare. Se mi interessa solo giocarla, e a fine avventura la sensazione è la stessa, non ho bisogno di comprarla per "tenerla con me". In alcuni casi così si rischia di pagare due volte – l'abbonamento e poi l'acquisto singolo –, ma si giocano molti più giochi rispetto all'acquisto singolo e si comprano quelli di cui ci si innamora.
O, almeno, questo è il ragionamento che faccio di solito quando attivo un servizio in abbonamento. E di sicuro, se riuscirà a tenere un ritmo simile, questo è un anno in cui Game Pass potrebbe riuscire a convincere nuove persone a fare lo stesso.
Ché videogiocare costa, e se mi fai pagare l'accesso ai migliori giochi dell'anno meno di quanto mi costano i miei giga sul cellulare, un pensierino come consumatore va a finire che ce lo fai. Una perla alla volta, magari.