Freedom Wars Remastered nuota in un mare di rimpianti

La rimasterizzazione di Freedom Wars, vecchia esclusiva per PlayStation Vita, riaccende il dibattito sulle console portatili e sulle scelte di Sony.

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

In questi giorni sugli scaffali (in Occidente solo virtuali, purtroppo, ma questo è un discorso per un'altra volta) è giunto Freedom Wars Remastered, riedizione in alta definizione di uno dei titoli di maggior successo per la compianta PlayStation Vita, nonché uno dei pochi ad essere ancora imprigionato nel limbo dell'esclusività per la sfortunata console portatile di mamma Sony.

Più che proporne una recensione nel senso più classico del termine, vogliamo condividere con voi qualche pensiero sulla scarsa lungimiranza di Sony, sull'inevitabile ritorno delle macchine da gioco portatili e su quanto questo titolo fosse all'avanguardia per i suoi tempi.

Potenzialità inespresse, lungimiranza e mancanza di coraggio

Dieci anni fa come adesso, il punto forte di Freedom Wars Remastered è rappresentato dalla sua narrativa: in un mondo arido e sempre più inospitale, dove le materie prime e le risorse scarseggiano, la concezione cristiana di "peccato originale" assume un contorno tutto nuovo, sicché solo venire al mondo rappresenta il peggiore dei crimini.

Qualsiasi neonato, a prescindere dal sesso e dal luogo di nascita, nell'atto di venire alla luce guadagna una condanna ad un milione di anni di reclusione, che può essere abbreviata solamente mettendosi al servizio del potere costituito, rappresentato dai Panopticon.

Peccato che le missioni che possono garantire uno sconto di pena sono spesso mortali, con mostri alti come grattacieli da affrontare per garantire la sicurezza dei pochi presidi dell'umanità rimasti.

In un Giappone sempre più popolato, che all'epoca della pubblicazione peraltro non attraversava uno dei suoi migliori momenti a livello economico, questa storia distopica ma tremendamente affascinante fece molta presa sul pubblico, garantendo al titolo il secondo miglior lancio di sempre per quanto concerne il software pubblicato su PlayStation Vita.

Che non sarà molto, ma significherà pur sempre qualcosa.

Il messaggio di cui Freedom Wars si faceva latore era duplice: se il pubblico recepì fin troppo bene quello che gli scrittori di Dimps volevano veicolare, tanto da rendere possibile questa rimasterizzazione anni dopo in seguito alle continue richieste della community più affezionata, da quest'orecchio Sony non ci sentì (o meglio, non volle sentirci).

Quando Freedom Wars fu pubblicato, infatti – durante l'estate del 2014 in patria e ad inizio autunno nel resto del mondo – ai piani alti era già stato deciso un graduale disimpegno dal supporto first-party promesso a Vita, le cui vendite non avevano fin lì soddisfatto Sony, che si aspettava quantomeno di bissare le vendite di PSP, incurante del fatto che, nel frattempo, Nintendo e gli smartphone stavano mangiando larghe fette del mercato a cui la loro console portatile voleva parlare.

E, dato che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, prima il successo di vendita di Freedom Wars, che rimase per qualche settimana ai primissimi posti nelle classifiche di vendita in Giappone (evento più unico che raro per un titolo per Vita), e poi la buona accoglienza che tanto la critica quanto il pubblico occidentale riservarono al titolo non bastarono a prolungare il ciclo vitale della console portatile Sony.

Di lì a qualche mese, purtroppo, il colosso giapponese avrebbe comunque staccato la spina, interrompendo, di fatto, la pubblicazione di titoli first-party e abbandonando la macchina a se stessa e alla buona volontà degli sviluppatori terze parti.

Anche rivisitata oggi, la narrativa di Freedom Wars è palesemente monca, perché l'idea iniziale, quando lo sviluppo ebbe inizio e Sony non aveva ancora gettato la spugna con la sua console portatile, era di farne un franchise composto da più episodi, che esplorassero le sconfinate potenzialità di un'ambientazione distopica che ancora oggi mantiene inalterato tutto il suo fascino.

Considerando quanto moderno fosse il design di PlayStation Vita, possiamo dire che Sony ci vide lungo, ma non ebbe il coraggio di continuare a credere nelle sue idee.
Considerando quanto moderno fosse il design di PlayStation Vita, e quante delle sue caratteristiche siano poi state riprese dalle console portatili che spopolano sul mercato odierno (assai più che le due console portatili a doppio schermo di Nintendo, che pure vendettero molto meglio), non è peregrino affermare che Sony ci vide lungo
, ma non ebbe poi il coraggio di continuare a credere nelle proprie idee quando le acque si fecero più agitate.

Perchè, e su queste pagine lo andiamo dicendo da un decennio buono, videogiocare con il proprio smartphone va benissimo, perché consente di non portarsi dietro ulteriori device e lo si può fare anche solo per cinque o sei minuti per volta semplicemente raggiungendo la tasca con la mano – ma la comodità di un device dedicato, con controlli fisici ed una batteria, rimane un'esperienza superiore in termini ergonomici, visivi, probabilmente anche ludici (e lo vediamo numeri alla mano).

Nintendo non ha mai smesso di crederci, ed è stata premiata dall'immane successo di Switch che si augura di bissare con l'appena annunciato Switch 2 – ma anche Valve, Lenovo, ASUS e tutti gli altri produttori di PC portatili da gaming stanno cavalcando l'onda.

Stando alle voci più recenti, che nel caso del reveal di Switch 2 ci hanno preso quasi in toto, persino Microsoft, fin qui aliena al mercato portatile, si appresta a lanciare (magari nel corso del 2026) un device da gioco dedicato.

Dopo anni, timidamente, Sony è tornata sul luogo del delitto con PlayStation Portal, che nonostante conclamati limiti al lancio, cui si è parzialmente posto rimedio con patch recenti, rappresenta un successo commerciale che dovrebbe far riflettere più di una persona nelle alte sfere del colosso giapponese. 

Scarsa convinzione

La riapertura dei server della versione originale, chiusi nel 2021, quando erano ancora discretamente popolati, porterà oggi moltissimi giocatori a sperimentare al meglio anche il comparto multigiocatore, un altro dei punti di forza del titolo: come per Monster Hunter e tutti i giochi che ne rappresentano in qualche modo delle propaggini (solo su Vita ricordiamo anche Soul Sacrifice, God Eater e Toukiden), coordinarsi con altri giocatori per abbattere bestie colossali in maniera efficiente restituisce sempre delle grandi soddisfazioni – e potenzialmente aggiunge decine di ore di gioco alla trentina necessaria per arrivare all'insoddisfacente epilogo della campagna per giocatore singolo.

Nel tempo, l'aggiunta di contenuti end-game o di nuove mappe popolate da nemici inediti restituirebbe davvero una seconda vita al prodotto, aprendo magari la strada ad un seguito e garantendo una fanbase piuttosto solida, qualora davvero Sony apra alla possibilità di utilizzare PlayStation Portal in modi altri da quelli attuali – o, come diversi rumor sosterrebbero, si tuffi nuovamente nel fiorente mercato dei device da gioco portatili.

Questa rimasterizzazione, a cui è stato dedicato evidentemente un budget striminzito spinto da una convinzione forse ancora minore, acquisterebbe d'improvviso molto più senso – e, fatte le debite proporzioni, potrebbe dar vita ad una community non troppo diversa da quella che ha sorretto per anni titoli come Destiny 2, giusto per rimanere in ambito Sony.

Il livello qualitativo di Freedom Wars è inferiore rispetto allo sparatutto in prima persona di Bungie, sia chiaro, eppure rimaniamo convinti che le potenzialità inespresse sopravanzino di parecchio quelle che realmente il titolo ha sviluppato tanto su Vita quanto (se non soprattutto) in questa rimasterizzazione.

Rinse and repeat

La ripetitività rappresentava il tallone d'Achille principale della produzione, e su console casalinghe questa problematica è addirittura acuita: non abbiamo avuto modo di mettere le mani sulla versione per Nintendo Switch, l'unica che possa catturare il vero feeling, le tempistiche e le modalità di fruizione dell'originale su PlayStation Vita.

Comunque, su PS5, nonostante la risoluzione a 4K e la stabilità del frame rate, ancorato a 60 fps, la noia arriva molto prima di quanto ricordassimo delle nostre sessioni di gioco di dieci anni or sono.

In una sessione di gioco anche solo di un paio d'ore ci si potrebbe ritrovare a combattere tre o quattro volte mostri molto simili in scenari altrettanto difficili da distinguere, mentre su PlayStation Vita ci si limitava a venti o trenta minuti di gioco, magari durante un viaggio in treno, e si manteneva la freschezza e l'episodicità della fruizione.

Laddove franchise come Monster Hunter sono andati incontro ad una pluriennale evoluzione per ovviare (quantomeno parzialmente) a questo problema, Freedom Wars Remastered (lo trovate su Instant Gaming) rimane ancorato al suo essere originario, ed è quindi consigliabile fruirlo in parallelo ad un altro titolo o comunque in sessioni brevi e diluite nel tempo per non incappare in una fastidiosa sensazione di deja vu.

Eppure, se il mercato odierno e futuribile ci ha detto qualcosa, è che il rinnovato entusiasmo per i dispositivi portatili, in cui la stessa Sony non credette, nonostante il successo commerciale di PSP, porterà sugli scaffali (di nuovo, speriamo non solo virtuali) prodotti che richiameranno la struttura di Freedom Wars Remastered, pensati per una fruizione episodica prolungata nel tempo, che non abusi dei pochi minuti liberi del giocatore né della già provata batteria del device di turno.

E quindi? Quindi rimpianti a palate

Chissà cosa sarebbe stato di Freedom Wars e di PlayStation Vita se Sony non avesse gettato la spugna tanto presto, lasciando a morire uno dei device tecnologicamente più avanzati della sua recente storia.

Per quanto possibile, questa rimasterizzazione aumenta i rimpianti invece di placarli, soprattutto in un mercato che, dieci anni dopo, ha virato decisamente sulle macchine da gioco portatili, che portino sulla scocca la grande N di Nintendo o l'inconfondibile marchio di Windows.

I più speranzosi tra i nostri lettori potrebbero vedere questa riedizione e il recente aggiornamento dedicato a Portal come indizi di un rinnovato interesse da parte del colosso giapponese verso il gaming in movimento, ma la scarsità di fondi concessi al team responsabile di Freedom Wars Remastered (edito da Bandai Namco) e la ritrosia di Sony nell'assumersi rischi in ambito portatile ci portano ad essere cauti per il futuro.

In ogni caso, anche solo per la preservazione del medium videoludico e di giochi altrimenti imprigionati nel limbo dell'esclusività, siamo contenti della ripubblicazione di un gioco sottovalutato che, a sua volta, uscì su una console ancora più sottovalutata.

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