Elden Ring: Shadow of the Erdtree mi ha lasciato un grande vuoto dentro

Elden Ring: Shadow of the Erdtree è un contenuto colossale che mi ha soddisfatto appieno: non voglio altri soulslike, ma un'altra opera di FromSoftware.

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Non è bastato portarlo a termine, parlarvene in modo lusinghiero nella recensione e avere avuto bene in mente che non c'è nulla di così colossale nell'ambito delle espansioni per un gioco in single player: Shadow of the Erdtree mi ha lasciato addosso un grande, enorme senso di vuoto che raramente si prova.

Non è lo stesso tipo di vuoto che ho sentito dopo The Last of Us Parte 2. Si tratta di qualcosa di profondamente diverso. Il capolavoro di Naughty Dog ha fatto terra bruciata attorno a sé perché ha alzato l'asticella in modo clamoroso, ponendosi oggettivamente come un picco per l'industria che ancora oggi non è mai stato raggiunto.

In quel caso specifico, un critico degno di questo nome e un giocatore illuminato (e non sguaiatamente polemico), capisce benissimo che c'è un prima e un dopo TLOU 2. Il vuoto è rappresentato dalla consapevolezza che si è vissuto qualcosa di ineguagliabile, e che ci si approccia alle opere successive in maniera diversa e con un bagaglio di esperienza che cambia giocoforza i metri di paragone.

Con l'espansione di Elden Ring mi è arrivata letteralmente addosso la certezza che solo FromSoftware è in grado di far avanzare il genere. Di cambiare le sue regole mentre puntella i punti di forza. Di spingersi oltre mentre accresce la grandezza di ciò che anni fa per prima propose.

Shadow of the Erdtree: mistero, dubbio, scoperta e sfida

Ormai vivo ogni nuovo gioco di FromSoftware come un evento irripetibile. Se è vero che negli anni sono arrivati tanti epigoni, cloni, emuli ed esperimenti che volevano in qualche modo avvantaggiarsi di quella scia dorata, è vero anche che nessuno si è mai avvicinato a quella qualità

I giochi di FromSoftware hanno diversi difetti che non andrebbero mai minimizzati, soprattutto tecnici. Nonostante ciò, nemmeno le case di sviluppo più strutturate hanno provato a invadere il campo e proporsi come valide alternative o pretendenti al trono. In verità, molti non si avvicinano nemmeno alla lontana a Shadow of the Erdtree, che non è nemmeno un gioco completo.

I veri soulslike degni di nota, al contrario, sono arrivati dal sottobosco. Di recente, solo con l'ottimo Lies of P ho provato sensazioni simili, e se pensiamo che si tratta di una compagnia prima semisconosciuta, è facile immaginare importanti evoluzioni nei prossimi anni. Nioh è stato qualcosa di diverso, e il brutto vizio di Koei Tecmo di riciclare continuamente la stessa cosa ha di fatto distrutto il mio interesse per ciò che verrà creato fino a quando non decideranno di presentare una nuova base da usare per i giochi dei dieci anni successivi.

Quando arriva un gioco di FromSoftware non sai bene cosa aspettarti. Con Sekiro quest'affermazione è ancora più vera, perché ricordo ancora distintamente le lacrime di sangue versate durante i giorni impiegati per la recensione. Ecco, parliamo proprio di questo e del perché – per me – questi giochi sono speciali. 

Quando sei sotto embargo non c'è assolutamente nulla che possa venire in tuo soccorso. Nessun video, nessuna guida, nessun aiuto. Per me questa è la quintessenza di un soulslike: la solitudine totale provata quando il mondo attorno a te è ostile e spietato, quando non ci sono mani tese nella tua direzione.

Tutti i giocatori, o comunque una percentuale piuttosto consistete, tende a usare guide, video e motori di ricerca per trovare modi più o meno leciti per superare gli ostacoli più aspri. Quando sei sotto embargo, ossia quando ancora nessuno ha in mano il gioco, all'infuori di altri colleghi, non c'è assolutamente nulla che possa venire in tuo soccorso.

Sei completamente da solo con te stesso, ti senti come abbandonato al tuo destino, puoi contare solo sulle tue abilità e sulle tue intuizioni e sei costretto a sperimentare senza nessuno che lo abbia fatto prima di te. Non esistono aiuti, facilitazioni, consigli, build da usare, trucchetti, sfruttamento di debolezze strutturali del gioco o di bug.

Se non ci riesci ce la devi fare lo stesso, se non sai come arrivare in un punto devi provare di tutto, non puoi mollare, non puoi riprendere dopo qualche giorno e l'intera avventura assume le sembianze di un'impresa che ti senti in dovere di superare, stimolato dalla consapevolezza che in fondo non è colpa di quel boss, ma del tuo approccio sbagliato e delle tue disattenzioni.

Per me, questa è la vera quintessenza di un soulslike: la solitudine provata quando il mondo attorno a te è ostile e spietato, la determinazione che rifiuta ogni arrendevolezza, la certezza che non ci saranno mani tese nella tua direzione – e, soprattutto, l'analisi attenta di un design di gioco che si nota maggiormente, poiché passa attraverso processi di studio di mappe, posizionamenti, movenze, incastri di puzzle nell'inventario e tutto ciò di cui è composta l'opera.

Perché non ci si stanca mai?

Attenzione: questa sezione contiene piccole anticipazioni sui contenuti di Shadow of the Erdtree. Non leggete oltre se non avete completato l'espansione.

Con Shadow of the Erdtree mi sono sentito di nuovo a casa e ho provato al contempo nuove sensazioni. Tutto ciò non è affatto scontato quando si parla di un'espansione, soprattutto dopo essere stati abituati a contenuti estrapolati dal gioco completo e venduti a parte. 

Non è solo una questione di grandezza o di dimensioni per un contenuto extra che equivale a un gioco intero, ma di densità. La grandezza fine a se stessa non serve più; è inutile, tende alla dispersività e ti costringe a ripetere le stesse mansioni fino allo sfinimento. Perché allora Shadow of the Erdtree funziona?

Quando non trovavo l'ultimo frammento di mappa per scoprire la zona dei boschi abissali e mi ostinavo a girare attorno senza ottenere risultati, stavo sperimentando e al contempo stavo comprendendo l'incredibile lavoro svolto con le mappe. Dislivelli, sviluppo della verticalità, anfratti e pertugi infilati in vallate sterminate, collegamenti da zone completamente diverse e un gusto per la complessità che fa delle aree un mastodontico dungeon a sé stante.

Non sono rimasto strabiliato solo da questo, ma dal passo in avanti che gli sviluppatori hanno compiuto, costringendo i giocatori a non adagiarsi più su schemi consueti che conducono alle medesime soluzioni. Allo stesso modo, l'introduzione di un nuovo sistema di crescita è stato l'unico vero metodo per non rendere il tutto sin troppo semplice per chi ormai aveva raggiunto un livello di esperienza fuori scala.

Ma se c'è qualcosa che non riesco ancora a trovare negli altri soulslike, oltre a tutta quella bellezza che è lì per essere scoperta pian piano, con la circospezione di chi sa di essere sempre in pericolo e la smania di chi sente il bisogno di vedere cosa c'è oltre il luogo in cui ci si trova, questa è certamente la grande epica impareggiabile che solo FromSoftware è in grado di offrire.

Si potranno fare tutte le giuste critiche all'ermetismo eccessivo, al non detto di quei buchi spacciati per lore da ricostruire, all'ottimizzazione ballerina su PC, alle sbavature del bilanciamento della difficoltà che comunque non sfocia mai nella scorrettezza e a tutti gli altri problemi noti, ma una cosa non può mia essere negata: a ogni nuovo gioco pubblicato, FromSoftware dimostra cosa significano per un'azienda la crescita e l'evoluzione.

La bellezza della Costa Cerulea, la segretezza dei luoghi più nascosti, le rivelazioni su elementi narrativi lasciati in sospeso, il grande gusto per l'esplorazione, la difficoltà che ti accoglie con brutalità fin quando non capisci come dominarla e le nuove sfide, bastano da sole per surclassare ogni altro soulslike di altre software house che negli anni hanno provato invano a replicare lo stesso successo.

E poi c'è quel clamoroso scontro con Bayle Il Terribile. Quella lotta selvaggia che reca con sé alcune citazioni dotte tratte da Moby Dick, dove Igon è il capitano Achab che è ossessionato dalla vendetta, che vuole far perire la colossale bestia con un arpione, un uomo che nel romanzo aveva perso la gamba in un precedente scontro, ma che come un ironico ribaltamento di ruoli vede Bayle vittima di una oscena mutilazione che non gli impedirà di splendere di ira ruggente mentre dispiega le sue smisurate ali in una seconda fase che è picco artistico di impareggiabile bellezza.

"Curse you, Bayle!" E Curse you, FromSoftware, perché so che dovrò aspettarti ancora troppo tempo per sentire addosso il brivido della sfida e della scoperta, per avvertire sensazioni che nessuno è stato in grado di offrire nella stessa misura e nella stessa maniera. Shadow of the Erdtree mi ha lasciato un grande vuoto dentro, e forse adesso ci sono altre venticinque milioni di persone che non sanno ancora quando potrà essere colmato.

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