Perché Dynasty Warriors Origins cambia tutto? Ce lo spiega chi lo ha creato

Abbiamo fatto una chiacchierata con Omega Force sulle grandi novità di Dynasty Warriors Origins: ecco la nostra intervista.

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a cura di Marino Puntorieri

Redattore

Dynasty Warriors è sicuramente un brand ricco di fascino, con il merito di aver dato linfa a un genere – ovvero quello dei musou – apprezzato da una nicchia molto solida di videogiocatori. Parliamo di progetti che dal 1997 ad oggi sono riusciti, nonostante limiti più o meno evidenti, ad entrare nei cuori degli appassionati e creare con loro una certa fidelizzazione.

Un risultato tutt’altro che scontato, che premia l'impegno profuso dal team di sviluppo nei confronti della sua opera ma anche dei suoi fan – ormai legati indissolubilmente a quelle vicende della Cina dei Tre Regni.

A ridosso dall’uscita del prossimo Dynasty Warriors Origins, capitolo che ci ha già sorpreso durante il nostro corposo provato in anteprima (e mentre è in arrivo la nostra recensione definitiva), abbiamo avuto l’occasione di fare una chiacchierata con una figura del calibro di Tomohiko Sho, producer di quest’ultimo capitolo e capo della stessa Omega Force Studio. La nostra missione? Scoprire qualcosa di più sulle genesi e le idee dietro Origins.

Le origini del cambiamento

Abbiamo deciso di cominciare questo scambio domanda-risposta incuriositi dal titolo stesso del gioco, chiedendo quale fosse la motivazione dietro la scelta del team di focalizzarsi su un evidente ritorno alle origini. Scelta che a nostro parere è un vero e proprio cambio di rotta rispetto al precedente Dynasty Warriors 9 e il suo approccio open world – che aveva condotto peraltro a un risultato finale che ricordiamo essere stato un po’ al di sotto delle aspettative.

«Ci viene fatta spesso questa domanda ma, quando abbiamo iniziato a sviluppare Dynasty Warriors Origins non era minimamente nostra intenzione 'resettare' quello che era stato fatto con il nono capitolo. Abbiamo deciso di concentrarci fin da subito sul gameplay. Per il tipo di esperienza e di coinvolgimento che cercavamo abbiamo pensato fosse meglio, per questa volta, accantonare l’idea del mondo di gioco aperto». 

Effettivamente, quando abbiamo giocato al predecessore la sensazione evidente è stata proprio quella di trovarsi davanti a un progetto forse troppo ambizioso per le risorse al tempo disponibili, troppo dispersivo nonostante le premesse interessantissime.

Proprio focalizzarsi sul gameplay del singolo guerriero impavido contro mille uomini, stratificandolo ulteriormente, può essere il giusto tassello da sistemare alla base di una nuova visione per l'intero brand. Chissà, magari poi con l'ambizione di tornare, in futuro, a un open world, o a più macro-aree completamente esplorabili.

Raccontare la battaglia

Un ulteriore aspetto sulla quale è stato posto l’accento per Dynasty Warriors Origins è ovviamente il comparto narrativo che pone al centro un nuovo e unico protagonista.

Si tratta di un misterioso guerriero obbligato a recuperare i propri ricordi tra una battaglia e l'altra, interagendo a modo suo con combattenti e generali che in quel periodo hanno lasciato un segno indelebile per la propria grandezza. Proprio per questo non potevamo non domandarci il motivo di questa scelta e se ci fosse il rischio che l’utente potesse essere quasi messo in disparte: in che modo il nostro alter ego, affetto da una amnesia da manuale, può essere memorabile, in mezzo a una schiera così venerabile di personaggi leggendari?

In realtà, Tomohiko Sho ha subito voluto chiarire come la scelta per questa tipologia di protagonista sia stata lunga e complessa, ed è stata ritenuta essere la soluzione migliore per trasmettere il fascino del Romanzo dei Tre Regni ai fan di vecchia data, senza porre limiti a chi volesse approcciarsi al brand per la prima volta.

«Abbiamo deciso fin dall'inizio che il protagonista sarebbe stato un personaggio affetto da amnesia, in Dynasty Warriors Origins», ci spiega l'autore. «C'è voluto un po', però, per decidere il modo migliore di rendere uniche la sua personalità e la sua storia, in modo tale da poter trasmettere il fascino dei Tre Regni in modo chiaro».

Il motivo è presto detto, dato che «uno degli elementi di maggior fascino dei Tre Regni è rappresentato proprio dagli eroi che appaiono nella storia e, via via che il protagonista si lega a loro e li conosce meglio, riguadagna i suoi ricordi. E, in questo, anche i suoi sentimenti e le sue emozioni cambieranno» ci anticipa Sho, quando gli domandiamo se non ci sia la paura di un personaggio che finisce per essere solo un "veicolo" per condurci nelle diverse battaglie.

«In ogni caso sei tu, il giocatore, a decidere a chi e a quali forze fare affidamento. Speriamo che i giocatori si godranno i cambiamenti nelle loro decisioni e nelle loro sensazioni!».

Il capo di Omega Force studio ha insomma ribadito che il protagonista può sviluppare la propria personalità a seconda dei legami che sceglie di andare a costruire con i condottieri delle principali fazioni in gioco. Quindi, in sostanza, ciò legherà indissolubilmente l’utente, con le sue scelte fatte pad alla mano, al protagonista, con l’intento di creare una certa empatia tra i personaggi coinvolti.

Ovviamente per fare ciò non si potevano avere altre distrazioni, come modalità online di alcun tipo: tutti gli sforzi erano mirati alla storia e al gameplay plasmato sull'esperienza di un singolo utente.

Come ci è stato spiegato:

«Un’esperienza così tanto focalizzata sulla storia, tra intrighi e ribaltamenti di fronte di ogni sorta da vivere di capitolo in capitolo, non poteva poi permettersi distrazioni su modalità online di alcun genere. Infatti, Dynasty Warriors Origins è un’esperienza da vivere in solitaria, ma l’intento è quello di gettare le basi per un nuovo futuro ancora più ambizioso. 

Sin da Dynasty Warriors 3 la proposizione di una modalità cooperativa è sempre stata una sfida accolta da tutto il team con estremo piacere, per questo se avremo l’opportunità in futuro di creare un sequel di Dynasty Warriors Origins faremo tutto il possibile per includere una coop online all’altezza».

Quest'ultima affermazione ha destato in noi molto più di un semplice interesse: potrebbe essere un piccolo sogno che si avvera, ricordando gli esperimento simili del passato, dove finalmente potremmo giocare le battaglie insieme ad altri amici, ma con un gameplay finalmente più rifinito.

Battaglie e gusti personali

A questo punto abbiamo deciso di concentrarci proprio sul gameplay del nuovo progetto di Omega Force e su una delle novità più apprezzate fin dall’annuncio, ovvero le battaglie su larga scala e i risvolti  da vivere direttamente su schermo. Non potevamo esimerci dal chiedere quali siano state le sfide nell’implementazione di un elemento così unico e fresco, tra rischi nel bilanciamento generale e la necessità di attirare nuovi utenti senza tradire i fan di vecchia data.

Tomohiko Sho ha quindi ammesso che non è stato per nulla semplice riuscire a far funzionare gli scontri tra eserciti così grandi e variegati nelle formazioni. Soprattutto nelle prime fasi dello sviluppo, gli autori si erano accorti di come il semplice lasciare i numerosi commilitoni a combattere a viso aperto – con il giocatore che aveva invece piena libertà di movimento nel concatenare mosse ad ampio raggio di ogni sorta – non sarebbe bastato a creare un vero senso di coinvolgimento.

Dopo svariati tentativi, il team è riuscito ad implementare secondo i propri criteri i vari elementi più tattici, alternandoli sapientemente a quelli più frenetici, per obbligare il giocatore ad essere il più astuto possibile e a non gettarsi solo a testa bassa contro il nemico come in passato.

«È stato molto complicato integrare delle battaglie tra grossi eserciti, insieme alle azioni del personaggio principale e del giocatore, negli scontri. Nelle prime fasi di sviluppo, vedere semplicemente grossi distaccamenti combattere gli uni contro gli altri non dava una sensazione realistica del campo di battaglia», ricorda Sho, «né rendeva il gioco più interessante. Abbiamo dovuto trovare un modo per creare un'azione interessante e avere elementi tattici in battaglie così grandi. E, anche se è stato un processo fumoso, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo per trial and error».

A forza di reiterare, provare e cambiare, il team ha insomma raggiunto il risultato che sperava. Tutto ciò non può che farci pensare, soprattutto a fronte di ciò che è stato riscontrato fin dalla demo di Dynasty Warriors Origins, che gli sviluppatori abbiano dimostrato grande tenacia, nel tentativo di inseguire (e soprattutto di realizzare) la visione che si erano imposti. Nonostante il rischio che si crei un certo e confusionario caos sia sempre dietro l’angolo, il livello di coinvolgimento durante questi scontri campali è incredibilmente alto.

Parliamo di un aspetto rimarcato a più riprese dalle parole dello sviluppatore tanto sul piano emotivo quanto su quello tattico; ci si concentra su determinati obiettivi rispetto ad altri non solo per il proprio tornaconto, ma per aiutare durante la missione l’esercito alleato che stiamo effettivamente supportando: un elemento che in passato era tutt’altro che scontato.

Preferenze personali

A questo punto, in attesa della recensione più completa su tutti gli aspetti che coinvolgono Dynasty Warriors Origins, abbiamo deciso di lanciarci in un’ultima domanda più personale per chiudere l’intervista con un pizzico di curiosità: abbiamo chiesto al veterano della saga quali fossero la sua fazione e il suo personaggio preferiti nell’intera serie, e se questa preferenza valesse anche nel nuovo capitolo.

Inizialmente Sho, forse sorpreso in positivo dalla domanda sollevata, ha iniziato a rispondere senza scomporsi e mantenendo un certo equilibrio, specificando come adori allo stesso modo tutti i casati e i guerrieri presenti nella saga perché tutti dotati di un proprio e caratteristico fascino.

Dopo qualche parole, però, è riuscito anche ad aprirsi un po’ di più e sbilanciarsi in merito:

«… se dovessi dire un nome in particolare per il personaggio preferito, quello sarebbe sicuramente Zhuge Liang!»

Parliamo dell’incredibile stratega che si unisce al clan degli Shu capitanato da Liu Bei e che ha giocato un ruolo fondamentale, con le sue innovative tattiche di guerra, nel cambiamento dei vari assetti geopolitici della Cina dei Tre Regni.

«Mi piacciono il suo incredibile intelletto ed il suo modo di vedere la vita fin da quando è stato descritto con minuzia ne Il Romanzo dei Tre Regni.

Comunque, io sono un game designer professionista, quindi non devo mica portare i miei sentimenti personali nello sviluppo di un gioco!».

Vi ricordiamo che Dynasty Warriors Origins è in uscita il 17 gennaio su PC, PS5 e Xbox Series X|S e ringraziamo Koei Tecmo e Tomohiko Sho per l'intervista.

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