Ve lo ricordate quando un esercito di boblin dal copia-e-incolla facile giravano per il Web, in tutte le lingue del mondo, a dire che The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom fosse un «more of the same»?
Una di quelle definizioni imparate da qualche content creator/influencer probabilmente, ripetute allo sfinimento e diventate un non-termine come ogni cosa che si dice al solo scopo di farsi notare in un mondo che viaggia velocissimo e non ha tempo per aspettare tutti noi.
Sembra passata una vita, vero? Eppure è trascorso solo un anno.
Il 2023 lo ricordiamo come un anno in cui è uscito un quantitativo di videogiochi impressionante, con una qualità media altissima, tra cui The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom.
Il titolo pubblicato su Nintendo Switch il 12 maggio 2023 è stato un nuovo capolavoro, termine che non uso a sproposito ma con profonda cognizione di causa e competenza, in una softeca per la console ibrida sempre più ampia di titoli di pregio.
Eppure, un anno dopo, sembra quasi che non sia nemmeno uscito.
Intendiamoci, Tears of the Kingdom ha piazzato facilmente le sue agili 20 milioni (e oltre) di copie vendute, pertanto non mi riferisco al successo intrinseco della produzione. Anche in quanto a giudizi della critica è stato elogiato abbondantemente, al punto di arrivare rapidamente in alto tra i best of di sempre.
Oggi, però, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom sembra scomparso. Come se avessimo dato per scontato il suo valore, per la serie "sì tanto anche il primo era un capolavoro, tutti gli Zelda sono belli e anche questo lo è".
Forse è così, perché Tears of the Kingdom è uscito in una condizione più unica che rara per Nintendo. Non era mai capitato che un The Legend of Zelda uscisse 1) come sequel e 2) per una console dal successo smisurato al punto di diventare un fenomeno di costume popolare.
Il cortocircuito per cui un videogioco seminale come The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è scomparso rapidamente dalle cronache quotidiane, forse, arriva da qui.
Al di fuori degli user generated content, su cui Nintendo aveva puntato consapevolmente, con le creazioni dei giocatori che hanno fatto parlare del gioco per le stranezze che il gameplay permetteva di generare, Tears of the Kingdom è finito nell'ombra dopo pochi mesi.
Di Baldur's Gate 3, complice la sua uscita nella seconda metà dell'anno, abbiamo continuato a parlare intensamente fino ad oggi, mentre Tears of the Kingdom sembra quasi un ricordo lontano (nonostante anche su Amazon abbia venduto benissimo).
Chissà cosa sarebbe successo se le produzioni Larian e Nintendo si fossero scambiate di posto nel calendario delle uscite? Difficile immaginarlo con certezza, ma forse la forza della scia di popolarità si sarebbe invertita.
Il che è paradossale, visto che parliamo di una produzione che è al primo posto su Metacritic e Open Critic per quanto riguarda i migliori videogiochi del 2023: com'è possibile che sparisca dalla circolazione così in fretta?
La colpa è del mercato videoludico. O meglio, del momento storico del mercato videoludico.
Il mercato dei videogiochi non ha più tempo per i videogiochi
Nel 2023, lo dicevo poco sopra, sono usciti tanti videogiochi, con un livello qualitativo medio altissimo.
All'inizio dell'anno ho giocato Hi-Fi Rush convinto di avere per le mani un candidato GOTY facilissimo. Sulla carta lo è ancora (una triste consapevolezza viste le ultime notizie dal fronte Xbox...), ma non potevo e non potevamo prevedere ciò che sarebbe successo nei mesi successivi.
Da Baldur's Gate 3, passando per Alan Wake 2, per Super Mario Bros. Wonder, per Pikmin 4, Street Fighter 6 e Octopath Traveler II, per produzioni più piccole come Cocoon, Sea of Stars, Dave the Diver, Jusant, Tchia e Chants of Sennaar, per l'eccellente remake di Resident Evil 4 o per quello di Dead Space, per l'ottimo esordio di Diablo 4. E poi Marvel's Spider-Man 2, Starfield, Star Wars Jedi: Survivors e Armored Core 6, per chiudere il racconto di un 2023 densissimo.
Dite la verità: quanti dei videogiochi citati ricordavate fossero usciti lo scorso anno, senza doverli rileggere nella lista qui sopra?
Un mercato già saturo di suo, che in 365 giorni ha "esagerato" portando a compimento il ciclo di sviluppo di tanti progetti che sono usciti tutti insieme, costringendo i giocatori e l'opinione pubblica a scegliere cosa giocare e cosa raccontare.
Così, Tears of the Kingdom è stato fagocitato dal ciclo produttivo e comunicativo di un'annata che ha visto la pubblicazione di, forse, troppi videogiochi. E se ci è finito il prodotto di una multinazionale, che ha venduto comunque oltre 20 milioni di copie, figuratevi cosa può succedere con un titolo "minore".
Non necessariamente minore inteso come un videogioco indie, prodotto in condizioni precarie, da una forza lavoro esigua o solitaria, con storie strappalacrime e/o intense che ci svelano il grande sacrificio di chi vuole raccontare qualcosa con i videogiochi. Ma "minore" come Alan Wake 2, che a sei mesi dal lancio non ha ancora recuperato i costi di sviluppo e marketing perché ci siamo scordati anche del capolavoro di Remedy.
Se nel 2023 sono usciti troppi videogiochi, parlando di games industry abbiamo anche dovuto investire del tempo per contare il numero grottescamente alto di licenziamenti di massa attuati ad ogni livello. Un altro problema nonché risultato di un settore che sta andando troppo veloce e che dovrebbe sensibilmente rallentare.
Mentre celebravamo tantissimi videogiochi bellissimi, i creatori di quei videogiochi hanno dovuto fare i conti con un mondo che non riconoscevano più. Un mondo fatto di illusioni dissolte e promesse fagocitate da una macchina che trita le speranze e restituisce amare consapevolezze.
Un mondo dei videogiochi che non ha più tempo per i videogiochi.
Il videogiocatore che parla per sentito dire perché non vuole costruire un pensiero proprio, lo sviluppatore che lavora non sapendo cosa ne sarà di lui da lì a sei mesi, il The Legend of Zelda migliore di sempre: tutti vivono nello stesso mondo.
Un mondo dei videogiochi che è velocissimo e non ha tempo per aspettare tutti noi. Nessuno di noi.