Death Stranding, che cosa ci dice il trailer

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a cura di Filippo "Xsin" Consalvo

Se c’è una certezza nella conferenza E3 di Sony di questa notte, sicuramente è che il trailer di Death Stranding è stato pensato e realizzato da Kojima stesso, diventato ormai un maestro del mistero, delle immagini criptiche e del confonderci le idee.

Kojima continua a giocare con noi e a buttarci fumo negli occhi, mentre nel frattempo sta preparando la grigliata più sensazionale della sua vita; o forse no, sta bruciando tutto e non se ne rende conto, ma da uno chef stellato non ti aspetti certo che rovini il suo lavoro più importante. Quando due anni fa è salito sul palco e ha annunciato il suo ritorno sapevamo tutti che stavolta sarebbe stato libero: Sony è un attore importante nel panorama videoludico, ma la sua posizione nel mercato di questa generazione e il recente passato di Kojima alle prese con Konami rendevano chiaro che questo matrimonio s’aveva da fare solo se il game designer giapponese avesse avuto via libera nel dare sfogo alle proprie idee. 

Dopo 30 anni passati a lavorare su Metal Gear, Hideo aveva il bisogno di dare voce alla sua mente, a tutto quello che aveva potuto immaginare e maturare in tutto quel tempo, soprattutto adesso che ha i mezzi economici e tecnici per realizzare la sua visione. Sul fatto che il risultato finale di Death Stranding si rivelerà sorprendente siamo pronti a metterci la mano sul fuoco, più in positivo che in negativo, ma quello che sta rappresentando il rischio più grande all’interno di questo connubio Sony-Kojima è la strategia comunicativa di quest’ultimo, davvero troppo criptica e contorta. 
In tre anni non abbiamo visto nulla che chiarisca di che gioco si tratterà, quale sarà il gameplay, i temi affrontati, nè figurarsi una possibile finestra temporale di uscita.

Di certo questa confusione non crea hype, anzi, dopo il trailer di ieri sono rimasto un po’ “meh” e nemmeno il gameplay di Spider-Man è riuscito a risollevarmi, ritrovandomi a fine conferenza quasi dispiaciuto, quando invece lo show di Sony non è stato da buttare. Diversi minuti dopo, però, il mio spirito critico ha prevalso e, soprattutto conoscendo Kojima, mi sono detto che doveva esserci qualcosa di più, così sono andato a rivedere e rivedere ancora il trailer, tirandone fuori una prima analisi che sicuramente non sarà la più completa (lì fuori c’è gente che sta male e fa cose…) magari è quella più rivolta al pubblico che in fin dei conti vuole un gioco, non un puzzle-rebus-enigma.

La premessa è accettare che dietro quanto visto nei trailer sparsi in questi anni c’è un intero mondo, perché il dubbio non deve riguardare queste camminate infinite in distese desertiche o i neonati dentro i contenitori, ma il perché esiste tutto questo, perché Sam (Norman Reedus) trasporta “cose” (tra cui anche un umano), perchè lo fa in distese inabitate, perchè vediamo edifici distrutti, natura incontrastata, un bracciale al polso di Sam quando è sotto la doccia. Il trailer si apre con Sam che viene interrogato da una donna non conosciuta, la quale gli parla di una “chiral allergy”, un concetto che qualora si rifacesse alla chiralità chimica sarebbe davvero complicato da spiegare, ma che nel nostro interesse si traduce con dei “poteri” o Dooms, come li chiama la donna, ottenuti da Sam e che anche la donna possiede. “Puoi vederli, vero?”, “No, ma riesco a sentirli”, anche se non ci è veramente chiaro a chi si stia riferendo esattamente Sam. Facendo un salto nel trailer, infatti, pare esistano diverse entità soprannaturali in Death Stranding: – le creature invisibili che lasciano le impronte a forma di mano sulla sabbia nera, apparentemente in grado di riconoscere le forme di vita dal loro respiro, il cui passaggio fa nascere e morire rapidissimamente le piante attorno a loro (ma solo sulla sabbia nera)

– le creature volanti nere, quelle che alla fine circondano e abbattono Sam, che potrebbero anche essere le stesse che camminano sulla sabbia nera, le cui intenzioni sono decisamente ostili e la cui presenza è riconoscibile solo tramite il detector che Sam monta sulla spalla, alimentato dal contenitore con il neonato all’interno (e solo quando non sta camminando, apparentemente)
– le creature volanti trasparenti, che si intravedono nella scena in cui Sam e l’attrice Lea Seydoux escono dalla caverna, le stesse a scatenare quella che potrebbe essere una reazione allergica, le lacrime (le Tears di cui parla la donna all’inizio del trailer); creature che tuttavia, dal comportamento degli spuntoni nella tuta della Seydoux, che si ritraggono alla loro vista, potrebbero essere entità buone e non malvagie.
La scena finale merita la seconda analisi più profonda: lo scambio di battute tra un uomo in contatto radio e Sam ci fa capire che le creature nere lo stanno cercando, che lui è rimasto intrappolato e che deve trovare il modo di allontanarsi prima di essere scoperto. La pioggia non gli è amica: dall’effetto che ha sulla sua mano nella scena della foto e da quello che ha sulle piante nella sabbia nera nella scena immediatamente successiva, sembra che abbia la proprietà di far invecchiare in maniera terribilmente veloce qualunque organismo con cui entri in contatto, teoria confermata da quanto Sam sia coperto nella scena successiva e dalle parole della Seydoux che parla di una “Timefall” che “manda avanti velocemente tutto ciò che tocca”, ma non può avere effetto sul passato (inteso come quello di Sam, dove apparentemente è accaduto qualcosa di brutto che riguarda le persone nella foto con lui). 
Quest’ultimo passaggio poi conferma che la Seydoux, che ricordiamo essere vestita con una tuta brandizzata “Fragile, Handled with Care” (un’azienda?), conosce Sam e anche il suo passato.
Tornando all’uomo in contato radio, ascoltiamo chiaramente che “se una di quelle cose ti mangiasse, scateneresti un voidout (un’esplosione?); tu torneresti, certo, ma l’intera area si trasformerebbe in un cratere”. Da lì, Sam decide di sfruttare il potere di quello che probabilmente era il suo pacco da consegnare per cercare di sfuggire alla ricerca delle creature nere, con un risultato che secondo noi non è stato un successo.
Questo è il passaggio che ci lascia più dubbi, perchè non ci è chiaro cosa accadrebbe realmente a Sam: in che senso “torneresti”? che tipo di esplosione? dov’era diretto per la sua consegna Sam? Cosa stava davvero consegnando? Perchè le creature nere erano lì e perchè sembra così importante non trasformare in un cratere un’area apparentemente abbandonata?

Concludiamo l’analisi con qualche parola per tutti gli altri elementi finora non toccati: in una breve scena, la Seydoux mangia quello che sembra un tardigrado, ritenendolo in grado di scacciare via gli effetti della timefall (vecchiaia?). Nel primo dialogo, la donna chiede a Sam di andare a lavorare per lei, ma lui rifiuta spiegando di essere un semplice fattorino; parlando del “livello” della sua allergia, Sam spiega di avere “il fattore estinzione”, ma non ci è chiaro cosa possa significare.
In altre scene si vede Sam trasportare varie valigette e una volta addirittura un corpo, con indosso una tuta arancione, la stessa che ha alla fine del trailer e che riporta sulla spalla la sigla “CDT” (corpse delivery team? consegna cadaveri?). Infine, la versione giovane dell’attrice Lindsay Wagner appare nella stessa spiaggia già vista nei primi trailer, a nostro avviso il luogo dove ci si risveglia dopo essere stati “mangiati” dalla creature nere, una sorta di purgatorio dal quale, a detta dell’uomo che parlava alla radio, si ritorna.

Non siamo mai stati così confusi, soprattutto considerando la certezza che in questa confusione esiste un filo conduttore a riportare tutto in ordine.

Quanto il pubblico di videogiocatori sia pronto a cercare, capire e tirare questo filo è un’incognita che Kojima starà sicuramente tenendo in considerazione, ma saperlo completamente libero, senza particolari freni “editoriali”, lascia qualche preoccupazione. Per fortuna a supervisionare tutto c’è Sony: non dimentichiamoci che dietro a Kojima c’è un intero team di sviluppo, che Guerrilla sta dando una mano con l’engine, e che Sony non è l’ultima arrivata e non farà certo naufragare una delle tre esclusive più importanti di questo periodo nel fumo delle visioni Kojimiane.

Insomma, dietro ci sono i soldoni, non è comprensibile pensare che Kojima non abbia niente nelle mani; più probabilmente, la sua strategia comunicativa ha intrapreso una linea che non è classica.

Infine, quanto analizzato in questo articolo ci fa capire che la sostanza c’è: Kojima sta creando un setting, dei personaggi, un mondo e la sua serie di regole che secondo noi diverranno chiari solo quando il cd sarà dentro la nostra PS4…o PS5?

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