MILANO – Anche quest’anno si è svolta la nuova edizione della Milan Games Week & Cartoomics, manifestazione che da alcuni anni unisce il mondo dei videogiochi e del fumetto in un unico grande evento, ormai collocato sempre nella finestra di fine novembre. L’edizione 2023 ha visto la partecipazione di numerosi ospiti legati al mondo dei videogiochi, soprattutto provenienti dall’estero. Tra questi c’era anche Sebastian Kalemba, importante membro del team di CD Projekt RED.
Kalemba non solo ha ricoperto il ruolo di direttore delle animazioni durante lo sviluppo di Cyberpunk 2077, ma di recente è diventato anche il Game Director della futura nuova trilogia dedicata a The Witcher – di cui al momento non sappiamo quasi nulla, se non che, secondo le ultime informazioni rilasciate, il primo capitolo ha il nome in codice di Polaris e si focalizzerà sulla scuola della Lince.
Dopo la conclusione dello sviluppo di Phantom Liberty, l’espansione di Cyberpunk 2077 che abbiamo recensito poco tempo fa, ora Kalemba si potrà dedicare completamente al progetto legato a The Witcher, di cui è a capo. Approfittando della sua presenza durante la fiera milanese abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui, per parlare del suo lavoro con Cyberpunk e anche di qualcosina riguardo al suo progetto futuro.
La carriera di Kalemba
La nostra chiacchierata è iniziata con una domanda molto classica, ossia come Sebastian Kalemba abbia deciso di lavorare nel settore videoludico:
«Io sono un giocatore sin da quando ho memoria. Nella mia vita ho giocato a un po’ di tutto: giochi di ruolo, da tavolo, digitali. Ho sempre amato il gioco e ho sempre voluto lavorare nel mondo dell’intrattenimento.
A un certo punto, ho deciso di fare l’animatore e ho iniziato a costruire il mio portfolio. Il primo gioco che ho creato era un browser game in 3D di cui avevo curato il combattimento, ed è da questo che ho iniziato».
Spinti dalla curiosità, chiediamo dunque a Kalemba quando è entrato a far parte di CD Projekt RED: “Sono entrato in CD Projekt RED all’incirca dieci anni fa. Ho iniziato come lead animator per The Witcher e Cyberpunk, poi sono diventato l’Animation Director e successivamente l’Head of Animation di Cyberpunk 2077: ero responsabile del dipartimento legato alle cinematiche, al gameplay e anche alla realizzazione del motion capture, in pratica tutto ciò che nel gioco aveva a che fare con il movimento» ci ha spiegato.
«Dopo Cyberpunk, sono stato di recente promosso a Game Director per la nuova trilogia di The Witcher. Questa finora è stata la mia carriera all’interno della compagnia».
Il lavoro su Cyberpunk 2077
Viste le competenze tecniche di Kalemba, ci addentriamo più nello specifico nel suo lavoro di animatore, chiedendogli quali sono state le differenze di approccio nel creare le animazioni per un gioco in terza persona come The Witcher e uno in prima persona come Cyberpunk 2077 (di cui potete già trovare la Ultimate Edition su Amazon).
Sorridendo, Kalemba ci dice:
«Ci sono tantissime differenze. Per noi è stata una bella sfida, dato che non avevamo mai realizzato videogiochi in prima persona. Ci sono molte difficoltà e sfide a livello tecnico per quanto riguarda la resa dei personaggi.
Innanzitutto, nella realizzazione di giochi in prima persona si bara davvero tanto. Ad esempio, quando vedi solo l’arma nell’inquadratura, dietro c’è solo la telecamera, non c’è realmente il modello di un personaggio.
Questo viene fatto per agevolare il lavoro, perché si vogliono rendere le animazioni più fluide, evitare che la telecamera si sovrapponga al modello creando problemi – e così diventa anche più facile passare poi dall’azione a un filmato».
Degli interessanti retroscena, dunque, che per i giocatori sono impossibili da notare durante il gioco.
Kalemba continua raccontandoci poi dell’approccio utilizzato in Cyberpunk 2077:
«In Cyberpunk abbiamo deciso di avere il modello del personaggio sempre presente, in modo che l’azione fosse più immersiva e più organica nel passaggio alle cutscene. La scelta del gioco in prima persona è stata fatta per rendere la città più d’impatto e per farla percepire dai giocatori come se fosse un’antagonista.
Volevamo che la città risultasse più imponente rispetto alla prima versione. Già il primissimo prototipo di Cyberpunk era in prima persona, anche se era stato temporaneamente realizzato con le conoscenze tecniche e gli strumenti di The Witcher. A un certo punto, all’incirca dopo un anno dall’inizio dello sviluppo, abbiamo deciso di seguire uno stile che valorizzasse maggiormente l’esperienza narrativa che avrebbero dovuto vivere i giocatori».
Kalemba ci conferma dunque che lo sviluppo di un gioco cambia moltissimo a seconda che questo sia in prima o in terza persona, sia come approccio allo sviluppo stesso che nella struttura dei livelli e delle mappe.
Cyberpunk 2077 inoltre è stato anche il primo titolo sviluppato da CD Projekt a introdurre i veicoli come moto e auto: una difficoltà ulteriore per il team, che ha dovuto imparare a rendere le animazioni dei personaggi mentre sono a brodo.
A tal proposito, Kalemba ci spiega: «Durante la creazione avevamo come principio quello che le animazioni fossero molto fisiche e sentite dal giocatore. Per fare ciò abbiamo prestato molta attenzione a rendere al meglio le varie situazioni sul set della motion capture, in modo che l’attore replicasse perfettamente le movenze di V. In questo modo potevamo trasferire in modo molto preciso le movenze fisiche dell’attore, di quando per esempio apre una portiera ed entra in un’auto, nella versione in tre dimensioni che sarebbe poi finita nel gioco».
Lo sviluppo di Cyberpunk 2077 è stato parecchio duro per tutto il team, tanto che è stato possibile sistemare e perfezionare il gioco solo con l’uscita della recente espansione, come sappiamo.
Visto che si parlava di momenti in salita, abbiamo poi chiesto a Kalemba quale sia stata la sfida più dura che ha dovuto affrontare durante lo sviluppo del gioco nel suo ruolo come Head of Animation. «Sicuramente una delle cose più complesse è stato rendere il passaggio tra gameplay e filmati fluido e senza dei veri e propri stacchi che rovinassero l’immersione dei giocatori» ha rievocato.
«La seconda cosa più difficile probabilmente è stata rendere i combattimenti con le armi da fuoco allo stesso tempo molto fisici nella percezione e divertenti. Quello è stato impegnativo».
Kalemba ci ha anche raccontato dell’aspetto che lo ha reso più fiero nello sviluppare il gioco:
«Probabilmente il nuovo sistema di cut-scene, perché è stato realmente innovativo. Nessuno ha fatto qualcosa di simile prima d’ora, ma è stato anche molto difficile da creare.
Non avevamo nessun mezzo per imbrogliare o qualche scorciatoia da prendere, non c’erano tagli o qualcosa di simile che ci permettesse di rendere i filmati più semplici da mettere in scena, perché nel frattempo il motore di gioco continua a lavorare e a rendere il mondo vivo – quindi riuscire a fare in modo che questi due aspetti continuino ad andare avanti contemporaneamente senza problemi è stato davvero complicato».
Il futuro con la nuova trilogia di The Witcher
Purtroppo ci è stato subito detto che al momento è ancora troppo presto per parlare della nuova trilogia di The Witcher: i lavori proseguono e la speranza è quella di vedere presto qualcosa di nuovo del progetto Polaris, così da valutare come sarà questo nuovo capitolo della saga fantasy che ha reso famosa CD Projekt RED.
Abbiamo però chiesto a Kalemba come si sentisse a essere il nuovo game director di una delle saghe più importanti della storia recente dei videogiochi: «Sai, è una responsabilità enorme, a dire poco. Le aspettative dopo The Witcher 3 – dei fan ma anche di noi stessi del team – sono davvero folli.
All’interno della compagnia c’è una pressione davvero enorme, perché sappiamo di dover fare qualcosa di incredibile: ogni nuovo gioco deve essere migliore di quello precedente, ed è una sfida davvero dura, ma nonostante questo sono elettrizzato da questa situazione, perché amo le sfide».
Il nuovo Witcher, inoltre, sarà anche il primo gioco di CD Projekt a essere sviluppato tramite l’Unreal Engine 5 invece che con il REDengine, motore proprietario della compagnia.
Su questo punto Kalemba afferma: «È un engine davvero ottimo! Inoltre abbiamo un buonissimo rapporto con i ragazzi di Epic Games. Certo, c’è sempre un momento in cui devi fare in modo che l’engine si adatti alle tue esigenze, ma è molto semplice da usare e mi sta piacendo. È un motore che riesce a creare un ambiente di sviluppo molto stabile in cui lavorare».
Visto che eravamo in tema di aspetti tecnici dello sviluppo, ci è venuta la curiosità di sapere se il cambio da un motore a un altro consista sempre in una ripartenza da zero per gli sviluppatori o se la facilità nel passare da un motore a un altro dipenda anche dagli engine con cui si lavora.
Kalemba ci conferma che dipende molto dai motori:
«Ogni engine offre molti tool con cui lavorare e anche molti sistemi, come ad esempio Metahuman nel nuovo Unreal Engine.
Nella creazione di un gioco ci sono dei contenuti provenienti maggiormente dalla parte creativa che è difficile trasferire, ma ci sono molte cose che si possono trasferire facilmente da un engine all’altro, come ad esempio le animazioni. Magari non puoi trasferire la logica con cui sono programmate per funzionare, ma il contenuto sì. Non è dunque come partire da zero, nella maggior parte dei casi».
I problemi dell’industria videoludica
Con l’ultima domanda per Sebastian Kalemba abbiamo voluto conoscere la sua opinione sull’attuale status del mondo videoludico, in cui, nonostante abbiamo appena vissuto un anno con uscite incredibili, si sono visti molti problemi per gli studi – tra chiusure e licenziamenti in tante compagnie.
I videogiochi stanno diventando d’altronde sempre più complessi da sviluppare e gli sviluppatori fanno fatica a completare i lavori per tempo, dovendo fare ore e ore di straordinari – e in passato, lo sappiamo, si è parlato tanto del tema anche in merito a CD Projekt.
Abbiamo dunque chiesto al game director del futuro The Witcher cosa si dovrebbe fare secondo lui per rendere la vita degli sviluppatori più semplice e sostenibile:
«È una domanda molto difficile. In linea generale la pandemia ha scosso l’industria e il modo in cui i giochi vengono sviluppati, e anche noi ne abbiamo risentito. Le tecnologie inoltre sono in costante evoluzione, rendendo sempre più difficile calcolare rischi e aspetti che erano sconosciuti fino a poco tempo fa e che ora invece sono da mettere sul tavolo quando si crea un videogioco.
Credo che allo stato attuale molto dipenda anche da come ci si adatta. Come ci si possa adattare a questi tempi difficili, come si possa riuscire a creare un modello sostenibile è quello che bisogna chiedersi per il futuro.
Dal canto nostro, stiamo cercando di creare una sorta di ricetta per essere il più possibile stabili, ma ovviamente è tutto molto complesso. I rischi e la complessità di questo periodo sono parte della sua stessa definizione. Siamo in un momento in cui le compagnie stanno ancora cercando di individuare e capire questa complessità».
I metodi di sviluppo sono in costante cambiamento e sono differenti non soltanto tra una compagnia e l’altra, ma anche tra un gioco e un altro, come ci conferma Kalemba, che aggiunge:
«Attualmente siamo in una situazione in cui si continua a imparare, man mano che si va avanti con lo sviluppo. Provi qualcosa di nuovo: se funziona allora è ottimo, se invece non funziona hai imparato una lezione e si prova qualcos’altro cercando di non ripetere gli errori passati.
È un processo che spinge a migliorare di anno in anno e credo che prima o poi si arriverà a un punto in cui le cose si stabilizzeranno. Se ripenso alla compagnia otto anni fa era totalmente diversa da come è oggi. L’evoluzione è costante e stiamo ancora cercando di adattarci a questo mondo post pandemia».
Ringraziamo dunque Sebastian Kalemba per il tempo concessoci e rimaniamo in attesa di vedere cosa sarà in grado di realizzare per il prossimo gioco della saga di The Witcher.