I videogiochi non nascono dall'oggi al domani: è una cosa che gli appassionati sicuramente hanno compreso, ora che le porte dell'industria sono molto più aperte che in passato e, complici i moderni mezzi di comunicazione, è molto più facile comprendere quanti passaggi siano necessari prima che un titolo arrivi nelle mani dell'utente finale.
Qualcuno diceva che ogni videogioco che riesce a uscire è una sorta di piccolo miracolo. In un certo senso è così. A tal proposito, abbiamo deciso di indagare un po' su questi piccoli miracoli facendo una chiacchierata con Andrew Shouldice, l'uomo-tutto dietro alla realizzazione di Tunic.
Pubblicato il 16 marzo su PC e console Xbox (compreso Xbox Game Pass), questo piccolo grande indie vi mette nei panni di una volpe chiamata a salvare il mondo, come vi ha raccontato Daniele Spelta nella nostra recensione.
Ma come fai a creare Tunic tutto da solo? Quali sono i modelli a cui devi guardare e di cosa devi tenere conto, quando le cose vanno bene e soprattutto quando le cose vivranno i momenti in cui vanno male? Lo abbiamo chiesto direttamente all'autore.
Partire dalla semplicità
Quando gli ho chiesto se si possa dire che Tunic volesse meramente ispirarsi a The Legend of Zelda, o se dietro la sua direzione artistica e il suo stile ci sia molto di più, Shouldice ha rimarcato che l'idea iniziale era chiara: dare al gioco un aspetto semplice, senza dettagli extra. Con il procedere dei lavori, però, spesso è necessario fare degli aggiustamenti alla visione iniziale, ed è accaduto anche in questo caso.
«Fin dall'inizio, Tunic doveva avere un aspetto semplice. Lo stile artistico originale era estremamente geometrico, con davvero poche texture» mi racconta l'autore. «Nel corso dello sviluppo, è diventato chiaro che, per riuscire a trasmettere l'idea di un mondo in rovina, fosse necessario aggiungere ulteriori dettagli».
Quando, però, cominci da un punto e ti rendi conto che ci sono delle modifiche da fare, non è mai facile. I cambiamenti in medias res richiedono aggiustamenti ed è una di quelle cose – a maggior ragione se lavori da solo – che può rendere complicato, per usare un eufemismo, traghettare in porto la tua idea di gioco.
«È stata una sfida bilanciare tutto questo» ricorda Shouldice. «Riuscire ad avere un comparto grafico che fosse sufficientemente interessante da dare l'idea di essere completo, ma al contempo non così denso da far perdere di vista l'estetica basata sulle forme geometriche».
Dal momento che Tunic ha tutta l'aria di un The Legend of Zelda con protagonista una volpe, non ho potuto esimermi dal chiedergli come sia nata, invece, l'idea di questo peculiare eroe. Con mia sorpresa, Shouldice mi ha spiegato che anche il protagonista è scaturito dalla priorità data alla direzione artistica scelta.
«Anche la volpe era partita come modello molto semplice e geometrico» ricorda, «quando cominciai a lavorare al gioco, non mi fidavo particolarmente delle mie capacità di modellazione, quindi non ero sicuro di riuscire a tirare fuori un essere umano che fosse ben fatto».
Più semplice, allora, provare a lavorare su un animale: «aveva senso che fosse un animale e, senza pensarci troppo su, ho iniziato a lavorare sull'idea di una volpe».
Semplicità nella direzione artistica non vuol dire semplicità nella sfida
Quando vengono presentati giochi dall'aspetto adorabile, come in questo caso, è facile pensare che siano titoli che strizzano l'occhio a tutti. Intrigati dalla direzione artistica, molti si tuffano sull'esperienza scoprendo poi che è più complessa e spietata di quanto si sarebbero aspettati.
Come vi abbiamo raccontato nella review, potrebbe essere anche il caso di Tunic, per alcuni videogiocatori che si aspettano magari un'avventura guidata e permissiva, cosa che il gioco invece non è.
«Ci sono sicuramente delle sfide complesse che ti attendono là fuori, nel mondo di gioco» mi racconta Shouldice, non senza una punta di soddisfatto orgoglio. «Tunic parla dell'esplorare una strana terra in rovina, combattere contro dei forti mostri e scoprire dei segreti. Una parte importante dell'essere coraggiosi risiede nell'affrontare quelle sfide, anche quando quelle sfide sembrano troppo grandi per te».
Una frase che, effettivamente, ben si lega a come faccia a nascere un videogioco creato da una persona sola, e a venire per giunta così bene.
Per chi, comunque, teme che Tunic potrebbe "maltrattarlo" un po' troppo, l'autore si affretta a sottolineare che sono state integrate alcune opzioni, come «quella di disattivare i danni durante i combattimenti», che vi eviteranno così delle spietate morti in caso non vi sentiate molto agili con il combat system.
Come si crea, da soli, un gioco così
Come accennavamo in apertura all'articolo, creare un videogioco è a suo modo un viaggio e, come tutti i viaggi (ma anche tutte le storie) è fatto di momenti di slancio ed entusiasmo affiancati ad altri di scoramento in cui sembra che tutto sia perduto e da buttare. Considerando che Tunic ha richiesto sette anni, prima di riuscire ad approdare sul mercato, è un concetto che Shouldice conosce bene.
«È stato un viaggio davvero lungo» rievoca, nella nostra chiacchierata. «Ho cominciato a lavorare su Tunic sette anni fa e ho imparato molto. Sapevo che sarebbe stato difficile, ma all'inizio sapevo solo che ci sarebbero state delle sfide, non di che tipo di sfide si sarebbe trattato».
Ecco perché toccare con mano lo sviluppo, anche quando le cose si fanno così difficili da non vedere apparenti vie d'uscita, è sempre il modo migliore per garantire una vita non solo al progetto in essere, ma anche a quelli futuri. Ha senso anche qualora il gioco in cantiere non arrivasse mai all'uscita: sviluppando si impara tanto non solo sui mezzi tecnici della creazione dei videogiochi, ma anche su come rapportarsi al lavoro che si sta facendo.
«La più grande sfida, fin dall'inizio e fino alla release, è stata imparare come gestire la mia stessa felicità e le mie stesse aspettative» spiega Shouldice, che non lesina dettagli sulle difficoltà, anche emotive, del percorso richiesto per dare vita a Tunic.
«Ci sono stati dei momenti in cui era davvero facile lasciarsi andare alla tristezza, pensando a quanto lavoro ci fosse ancora da fare, a quanto il tutto fosse stato rischioso, a quanto tempo avesse portato via» elenca. «Quelle emozioni sono reali, ma lasciare che diano il via a una spirale negativa non è d'aiuto. Faccio del mio meglio per mantenermi realista e ho un sacco di supporto».
I momenti duri, insomma, non mancano, ma la lucidità (e, perché no, il supporto del publisher, in questo caso Finji) è di grande aiuto per tenere chiaro in mente l'obiettivo: far uscire Tunic e realizzare la propria visione iniziale, quella di un gioco dalle linee geometriche nette che porti alla scoperta di misteri in un mondo avventuroso.
E se ho fatto un bel gioco, ma non lo conosce nessuno?
Non ci sono solo gli scogli tecnici o la gestione emotiva delle proprie aspettative, però: anche quando un gioco riesce a procedere di buon passo, nel panorama delle produzioni indipendenti è tanto difficile avere visibilità, farsi scoprire dai videogiocatori. Ci sono migliaia di videogiochi, su cataloghi come Steam, che nessuno gioca perché semplicemente nessuno li conosce.
Come si fa a provare ad aggirare questo rischio? Shouldice è riuscito ad avere una buona visibilità per il suo Tunic, e non a caso mi racconta «mi sento davvero fortunato che così tante persone abbiano già sentito parlare di Tunic».
«Ci sono tantissimi giochi là fuori. Sicuramente, è di tentazione pensare che se qualcosa ha un aspetto abbastanza perfetto, allora riuscirà a guadagnare visibilità. Penso, però, che la fortuna e la persistenza giochino un ruolo chiave».
Il fatto che Shouldice parli apertamente del fattore fortuna sottolinea in modo particolare la trasparenza dell'intervista che ci ha concesso: puoi impegnarti quanto vuoi ma, a volte, senza una congiunzione astrale che giochi in tuo favore, anche un bellissimo titolo può fare fatica ad emergere.
Per provare ad aiutarsi da sé, sperando che la fortuna faccia il suo corso, però, Shouldice suggerisce agli altri sviluppatori di puntare sull'unicità. Se è vero che ci sono decine e decine di videogiochi sul mercato, lo è anche che molti magari si somigliano troppo e sono sovrapponibili. È più facile dimostrare di avere qualcosa da dire, se si crea qualcosa di diverso.
«Penso che avere qualcosa che ti differenzi, qualcosa che possa essere visto e compreso nel giro di due secondi, probabilmente sia necessario. Ma no, non è sufficiente per attirare l'attenzione di per sé».
Tunic è disponibile su PC, Mac, Xbox One, Xbox Series X e Xbox Series S. È accessibile anche in abbonamento su Xbox Game Pass, dove supporta il gioco in cloud.
Potete abbonarvi a Xbox Game Pass approfittando del prezzo ridotto su Instant Gaming.