In questi ultimi giorni Fallout è tornato a far parlare di sé, complice lo straordinario successo della serie che ha debuttato il 10 aprile su Amazon Prime Video (qui la guida su come vederla).
È un periodo abbastanza prolifico per gli adattamenti televisivi tratti da videogiochi di successo. Citiamo giusto qualche esempio: l’anime Cyberpunk 2077 Edgerunners prodotto da Studio Trigger e uscito su Netflix, la serie targata HBO di The Last of Us con due incredibili interpreti nei panni di Joel ed Ellie, ovvero Pedro Pascal e Bella Ramsey.
Anche la serie di Fallout ha ricevuto valutazioni estremamente positive da critica e pubblico, soprattutto per la fedeltà e l’accuratezza che la produzione ha avuto nel ricreare perfettamente ambientazioni, oggetti celebri (come la Nuka Cola o il detergente Abraxo), le tute del Vault, il mondo desolato post-guerra nucleare, le fazioni, i ghoul e qualche temibile nemico frutto dell’inospitale mondo compromesso dalle radiazioni atomiche.
Per noi appassionati è stato facile creare una linea di “continuità” nella nostra mente: in pratica, la serie televisiva di Fallout è così ben fatta che ci ha fatto sentire la mancanza del videogioco di ruolo post-apocalittico. Quella sensazione di uscire dal Vault per la prima volta e viverla sulla nostra pelle per andare alla scoperta di un mondo nuovo ci ha presi alla sprovvista ma Bethesda – avendo già fiutato il “ritorno di fiamma” – ha preparato giù una versione next-gen di Fallout 4 e ha proposto in sconto gli altri titoli più “vecchiotti”, ma non per questo dimenticati.
Anche il primo videogioco multiplayer online ambientato nel mondo della Zona Contaminata, Fallout 76 (che ha debuttato nel 2018, ma all'epoca era pieno di problemi tecnici e non) ha vissuto una nuova rinascita, con un boom di giocatori attivi, anche grazie alle nuove patch correttive che si sono susseguite nel corso degli anni e nuove espansioni che hanno aggiunto trame, sottomissioni e soprattutto NPC con cui interagire.
Tuttavia, nonostante l’incredibile successo negli anni e l’impennata di popolarità ottenuta nelle ultime settimane, c’è chi non ha ancora provato l’incredibile esperienza videoludica di Fallout e c’è stata spesso confusione riguardo la “paternità” del titolo.
Ad oggi, la persona a capo del progetto è Todd Howard, dipendente di Bethesda Softworks sin dagli anni Novanta: dopo aver supervisionato i lavori su The Elder Scroll: Daggerfall e Morrowind, passò al ruolo di game designer per Fallout 3.
Prima di Fallout 3, la gestazione del gioco di ruolo post-apocalittico è stata travagliata, dopo diversi cambi di progetti, idee e persone a capo dello sviluppo. Tuttavia, una cosa è certa: la paternità di Fallout è unica e appartiene al game designer Timothy Cain del quale – ad oggi – vanno premiate la caparbietà e la forza di volontà nel portare avanti un progetto che sembrava fallito in partenza.
La nascita di Fallout tra Pizza e Nuka-Cola
Fallout è considerato all’unanimità il sequel spirituale di uno dei primi videogiochi di ruolo a tema post-apocalittico, Wasteland. Sviluppato dalla stessa casa madre dei primi due Fallout e Fallout Tactics, Interplay Entertainment, e pubblicato da Electronic Arts nel 1988, il gioco di ruolo è ambientato in un futuro distopico dopo una guerra nucleare globale.
Il giocatore assume il controllo di un gruppo di Ranger del deserto incaricati di mantenere l'ordine nella terra devastata. Tra gli autori c’è anche Brian Fargo, fondatore della piccola software house con sede ad Irvine, California.
Quasi dieci anni più tardi, Fargo decise di dare un seguito a Wasteland ma i diritti erano nelle mani di EA: optò quindi di creare una sorta di sequel spirituale, mantenendo sempre la stessa impostazione da gioco di ruolo post-apocalittico. Interplay inizialmente non diede molto peso al progetto e l’azienda decise di provare nuovi approcci videoludici.
L’idea di Fargo, presidente di Interplay, fu quella di creare un videogioco basato su un sistema di gioco di ruolo flessibile e generico creato da Steve Jackson Games, il “GURPS”.
"GURPS" sta per "Generic Universal Role-Playing System". Le caratteristiche dei personaggi in GURPS includono attributi come Forza, Destrezza, Costituzione, Intelligenza e Carisma, che influenzano le capacità e le azioni del personaggio.
Tim Cain, sviluppatore ventinovenne di Interplay e grande appassionato di D&D e di giochi di ruolo, decise di creare da zero un suo videogioco di ruolo con le regole del GURPS.
Dopo aver abbandonato le prime bozze relative ad un RPG fantasy, Tim pensò ad un videogioco di ruolo ambientato in un futuro distopico, con visuale isometrica. I primi concept abbozzati da Cain riguardavano un futuro spaventoso che contemplava i viaggi nel tempo, l’estinzione del genere umano e la presenza di temibili dinosauri. Malgrado molte idee bizzarre e appena accennate, il filo conduttore che accomunava tutte era l’idea di un rifugio sotterraneo nel quale il protagonista si era nascosto per sopravvivere; sia il personaggio che il videogiocatore non avevano idea del mondo che avrebbero trovato all’esterno del rifugio.
Tuttavia, Cain non riuscì a stare al passo con la sua opera e – dopo mesi di lavoro in solitaria – decise di andare, dopo l’orario di lavoro, in sala riunioni con un cartone di pizza. Qualche giorno prima aveva invitato i colleghi Leonard Boyarsky, Jason Taylor e Jason Anderson ad incontrarsi dopo il lavoro per prendersi una pizza e per parlare del progetto. Questi incontri divennero sempre più frequenti e – con il passaparola – attirarono altre persone.
Cain rispose che i colleghi accettavano spontaneamente il loro coinvolgimento nel progetto e che non impattava nessun altro lavoro della compagnia. Questo convinse il presidente, che decise di lasciarlo libero di confrontarsi con altri game designer, confermando Boyarsky e Anderson nel team.
Tuttavia, Tim Cain decise di cambiare location, abbandonando definitivamente la sala riunioni e la pizza da asporto e scegliendo un tranquillo diner fuori città, il Coco’s Bakery.
Una delle tante sere dei loro incontri, Boyarsky rimase imbottigliato nel traffico a causa di un incidente sulla strada e – mentre rifletteva sull’ambientazione per il videogioco – si domandò: «E se il gioco di ruolo fosse ambientato in futuro simile a quello che le persone avrebbero potuto immaginare negli anni Cinquanta?».
Mostri, mutanti, ma anche una tecnologia futura in qualche modo intrappolata in un’estetica retrò. L’idea fu promossa dal resto del team e il rifugio sotterraneo si tramutò in un rifugio anti-atomico, creato per essere popolato da esseri umani in fuga per la sopravvivenza.
La creazione faceva capo alla Vault-Tec, azienda arricchitasi a dismisura per aver venduto i posti nei vault ad una popolazione disperata. Fu proprio quella la chiave di svolta per quello che sarebbe stato il primo Fallout.
Arriva il 1995 e il team si espande, arrivando da tre a quindici persone, e lo sviluppo procede molto bene – fino al 1996 in cui il team si arricchisce nuovamente arrivando a trenta persone, con a capo Fergus Urquhart come producer.
Ma ci sono ancora problemi per lo sfortunato progetto: Steve Jackson, l’autore del sistema GURPS decise di non dare i diritti al videogioco post-apocalittico di Interplay. La motivazione sta nel fatto che il videogioco è molto cupo e cruento, motivo per cui non gli concede il nullaosta. A Tim Cain crolla il mondo addosso e ha una sola possibilità per portare alla luce la sua opera: creare da zero in due settimane un sistema di gioco proprietario, abbandonando il GURPS.
Lo sviluppatore Chris Jones, riprendendo una bozza che aveva creato su un gioco di ruolo creato in adolescenza, torna da Tim con un nuovo sistema di gioco: lo S.P.E.C.I.A.L.: un sistema di attributi per il personaggio, l’acronimo sta per S: Forza (Strength), P: Percezione (Perception), E: Costituzione (Endurance), C: Carisma (Charisma), I: Intelligenza (Intelligence), A: Agilità (Agility), L: Fortuna (Luck).
Dopo un tour de force di due settimane, i due sviluppatori riuscirono ad implementare il nuovo sistema di gestione delle perk del personaggio, diventato poi un punto fondamentale dell’intera saga (pensate che sono stati anche resi noti i punti dei personaggi delle serie televisiva!).
La colonna sonora con brani della prima metà del Novecento è proprio opera di Tim Cain; lo sviluppatore decise di inserire all’interno del gioco una canzone dei The Ink Spots, precisamente I Don't Want to Set the World on Fire, la canzone preferita di suo nonno. Tuttavia, i costi per l’acquisizione si rivelarono proibitivi e si optò per Maybe, sempre dello stesso gruppo. Fu un grande successo e la colonna sonora ricca di brani jazz e swing del passato è diventata in poco tempo uno dei marchi di fabbrica del titolo.
Il travagliato sviluppo dei primi due Fallout
Malgrado il sentiero irto di difficoltà, il gioco (che passò dal provvisorio Vault-13 a Fallout sotto suggerimento di Fargo) uscì definitivamente su PC nel 1997 diventando un punto di svolta per il genere. Tuttavia, il team di sviluppo non poteva ancora permettersi di tirare un sospiro di sollievo: Interplay navigava nei debiti e la direzione marketing decise di avviare i lavori del sequel ancor prima di rilasciare il gioco principale. Ci fu – quindi – una corsa a dover ricreare tutto mantenendo i punti fondamentali dell'engine e dell’interfaccia.
Cain, Boyarsky e Taylor però decidono di lasciare l’azienda nonostante il buon successo di Fallout, mettono insieme giusto un concept per il seguito e il nuovo team di sviluppo, orfano dei suoi padri e messo in piedi da Urquhart, ha davvero poco spazio per la manovra creativa. L’obiettivo è produrre un nuovo gioco in meno di un anno, un’impresa a dir poco impossibile.
Fallout 2, miracolosamente, viene pubblicato nel 1998, non esente da bug e glitch che vanno a minare l’esperienza di gioco; tuttavia, la sua qualità a livello di trama e ambientazioni è una conferma di quanto ben fatto dal suo predecessore.
Fallout diventa uno dei migliori videogiochi di ruolo ad ambientazione post-apocalittica; eppure, neanche il suo sequel uscito a ridosso del primo riesce a risanare la situazione di Interplay Entertainment che vende parte delle sue azioni del publisher francese Titus Interactive nel 2001.
Qualche anno più tardi, nel 2004, la Titus va in bancarotta e i diritti e gli assets vengono venduti all’asta, tra cui la licenza di Fallout; la nuova azienda di Cain e compagnia (la Troika Games) provò a ricomprare l’IP, ma l’asta fu vinta da Bethesda Softworks, azienda con sede a Rockwell già all’opera con il gioco di ruolo The Elder Scrolls.
Todd Howard, sviluppatore in forza in Bethesda fu uno dei più grandi fan dei due Fallout e fu proprio lui – così si mormora – a spingere l’azienda a comprare i diritti. Una volta ottenuti, Todd si ritrovò un post-in sulla sua scrivania con poche parole lapidarie: «Fallout è tuo». Il resto è storia e l'arrivo di Fallout 3 nel 2008 a firma Bethesda Game Studios, caldamente accolto, segnò la nuova direzione del franchise.
Da “Project Van Buren” a Fallout: New Vegas
Fallout 3 era in fase embrionale già dai tempi di Interplay sotto il nome di “Project Van Buren” creato con un nuovo engine (Jefferson, inizialmente pensato per la primordia versione di Baldur’s Gate III) con Chris Avellone e Josh Sawyer alla guida del progetto (avevano già supervisionato i lavori del secondo episodio della saga).
Van Buren, sempre progettato con visuale isometrica, con un sistema ibrido tra gioco a turni e in tempo reale, getta le basi per una storia totalmente inedita e slegata dai predecessori, uno scenario che prende piede nelle lande deserte americane, precisamente nel Midwest.
Il titolo era quasi completo fino a che Interplay, ormai piegata dai debiti, iniziò a vacillare. Feargus Urquhart lascia la nave, seguito poco tempo dopo da Avellone, Saywer diventa temporaneamente capo del progetto ma anche la Black Isle (divisione di Interplay dedicata ai CRPG) viene successivamente chiusa.
È il 2009 quando Bethesda, impegnata nello sviluppo del nuovo capitolo di The Elder Scrolls, Skyrim, contattò gli ufficio di Obsidian per proporre a Urquhart e compagnia di ritornare ancora una volta nella Zona Contaminata. La sfida venne subito accolta proprio per la grande familiarità degli sviluppatori con il mondo di gioco: iniziarono i brainstorming tra Urquhart, Avellone e Saywer che avevano unito le loro forze per Van Buren e decisero senza indugi di ritornare a sviluppare un capitolo nel deserto, quello del Mojave.
Las Vegas, icona degli eccessi sfrenati a stelle e strisce diventa palcoscenico decadente e spietato del nuovo capitolo; Fallout New Vegas prende a piene mani l’eredità dei primi due Fallout e accoglie caldamente le richieste dei fan di lunga data. Se la direzione data da Bethesda in Fallout 3 era molto più incentrata su meccaniche d’azione e FPS, New Vegas fa un salto alle origini, implementando un ben congegnato sistema di fazioni e meccaniche ruolistiche.
La trama, articolata e longeva, è impattata dalle scelte compiute dal videogiocatore, il che rende Fallout New Vegas molto più di un semplice capitolo “riempitivo”.
Tim Cain, creatore dei primi due Fallout, ha mostrato in diverse interviste il suo amore per il lavoro dei colleghi con cui ha collaborato in Interplay, svelando di aver finito il gioco e anche i DLC, sentendo uno stretto legame tra i primi capitoli e New Vegas.
Ha anche apprezzato la serie TV di Fallout (qui la sua opinione) dicendo che è riuscita a ricreare lo spirito del gioco e che – secondo lui – era una sfida difficile da poter replicare così bene.
Cain e Boyarsky, i principali creatori che hanno portato l’universo di Fallout e la sua lore alla luce, hanno ritrovato i loro vecchi colleghi in Obsidian e hanno lavorato a The Outer Worlds, gioco di ruolo ambientato nello spazio; proprio come i primi capitoli di Fallout, The Outer Worlds è caratterizzato da umorismo nero, dalle scelte morali complesse e da una narrativa coinvolgente.
I fan hanno trovato nel gioco creato dagli ex di Interplay il rivale perfetto del Fallout di Bethesda, alimentando alla fine una guerra (infondata, secondo quanto dichiararono Cain e Boyarsky in un’intervista) tra le due software house, adesso di proprietà di Microsoft.
I don't want to set the world on fire...
La storia di Fallout, guidata dalla caparbietà di Timothy Cain e dal lavoro di Todd Howard, ha ridefinito il genere dei giochi di ruolo occidentali, lasciando un'impronta duratura nel mondo videoludico.
I consensi super positivi della serie TV hanno garantito alla saga una nuova rinascita, insieme alla rinnovata popolarità dei titoli più recenti come Fallout 4 (dal 25 aprile disponibile in versione next-gen) e Fallout 76.
Tuttavia, la cosa che più stupisce di questa storia sta nelle circostanze non spesso favorevoli (pensiamo al crunch in cui gli sviluppatori si trovarono nei momenti di consegne strettissime per la crisi di Interplay) ma vincenti.
La creazione di un mondo complesso e credibile in un ambiente informale, davanti una pizza oppure magari grazie all’ascolto di un brano di Billie Holiday mentre si resta imbottigliati nel traffico appena fuori Los Angeles, ha dato un’impennata creativa ad un gruppo di giovani sviluppatori.
Come ha detto Tim Cain in un recente video sul suo canale YouTube, creare un videogioco così vasto e con una lore così ricca non è semplice. E rimanere coerenti dopo tanti anni e dopo tantissimi cambi di rotta non è facile, ci sono stati momenti, nel lungo e travagliato sviluppo della saga, in cui ci sono stati ripensamenti, punti morti, fasi concitate, retcon, cambi di rotta e intuizioni a dir poco geniali e davvero in anticipo sui tempi (in Fallout 2 si potevano avere romance con personaggi dello stesso sesso).
Fallout è stato – e siam certi che sarà ancora – tutto questo: un piccolo atomo di idrogeno pronto a scoppiare in una bolla videoludica che invece talvolta è statica e troppo poco ispirata.
Nota dell'autrice: per questa retrospettiva cito il bellissimo ed esaustivo approfondimento sulla storia di Fallout firmato da Andrea Porta nel podcast Storie di Videogame, che mi ha permesso di arricchire la stesura di questo articolo.