Come nasce un'avventura, spiegato dal papà di Broken Sword

Nella splendida cornice del Lucca Comics & Games 2024 abbiamo avuto l'occasione di intervistare Charles Cecil, il creatore di Broken Sword.

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a cura di Silvio Mazzitelli

Redattore

LUCCA – La recente uscita di Broken Sword: Shadows of the Templars Reforged (ecco la nostra recensione) ha riacceso i riflettori su una serie di avventure punta e clicca che ha fatto la storia del genere. Lo scorso anno, durante la Summer Game Fest, sul palco di Microsoft è stato annunciato anche l’arrivo di un capitolo inedito chiamato Broken Sword: Parzival’s Stone, il primo a distanza di più di dieci anni dall’ultimo episodio realizzato.

Tra i tanti ospiti con cui abbiamo avuto l’occasione di chiacchierare durante il Lucca Comics & Games 2024 – come il capo animatore di Arcane – c'è stato anche Charles Cecil, creatore di tutta la saga di Broken Sword e fondatore di Revolution Software, la casa di sviluppo che ancora oggi si occupa di questa serie di storici punta e clicca.

Abbiamo approfittato dell'occasione per scoprire un po' di retroscena sulla nascita delle avventure di George e Nico.

Prima di Broken Sword

Abbiamo chiesto a Cecil cosa lo abbia spinto a lavorare nel mondo dei videogiochi e, nello specifico, a raccontare delle storie ancora oggi memorabili.

Il creatore di Broken Sword torna molto indietro nel tempo, portandoci con lui:

«Negli anni ’80, dopo aver lasciato la scuola, aspiravo a diventare un grande ingegnere, ispirato dai progettisti britannici dell’epoca vittoriana. Ottenni una sponsorizzazione da Ford, ma scoprii presto che il lavoro non era come l’avevo immaginato.

Diventai amico di qualcuno con cui, la sera, andavamo in cerca di pub con giochi arcade come Space Invaders. Un giorno, questo ragazzo mi disse di aver appena avviato un’azienda di videogiochi per computer domestici e mi propose di scrivere una storia per un’avventura che lui avrebbe programmato. Accettai e da lì ebbe inizio la mia avventura nel mondo dei videogiochi.»

Cecil continua il suo racconto parlandoci poi degli albori della sua carriera:

«Eravamo proprio agli inizi del boom dei videogiochi nel Regno Unito, quando Clive Sinclair lanciò il ZX Spectrum. I computer dell’epoca, come il Sinclair ZX81, con solo 1K di memoria, erano incredibili: su quella memoria limitata riuscimmo persino a scrivere un programma di scacchi!

Quello fu il primo periodo d’oro per i videogiochi britannici, e io scrissi vari giochi d’avventura e cloni di giochi arcade popolari, tra cui Galaxians e Pac-Man. A quel tempo, il concetto di diritti di licenza era ancora vago, e riuscimmo a produrre e pubblicare questi titoli senza che nessuno ci fermasse

Era un'epoca in cui avvenne qualcosa che, come vedremo più avanti, si ripete ciclicamente nel mondo dei videogiochi.

«All'epoca ho visto persino la West Coast Computer Fair a San Francisco, nel 1983, dove erano presenti addirittura Bill Gates e Steve Wozniak. Forse era anche presente Steve Jobs, non ricordo, ma comunque erano anche gli albori di Apple. Se allora avessi saputo quello che so oggi avrei tanto voluto parlare con queste persone incredibili» ci ha raccontato Cecil. 

«Da questo punto in poi, però, le grandi compagnie americane entrarono nel mondo dei videogiochi, facendolo diventare soprattutto un business, più orientato al fare soldi. Si può discutere sul fatto che già in quel momento la passione svanì e il mercato divenne tutto legato alle licenze: le conseguenze però furono che la mia compagnia, Arctic, collassò e io andai a lavorare per la US Gold».

Cecil continua a ricordare un’epoca forse lontana dalla nostra, ma in cui ritroviamo diverse dinamiche familiari:

«Dopo aver lavorato per US Gold e Activision, dove ero responsabile dello sviluppo, mi resi conto che mi mancava creare giochi miei.

Insieme a Tony Warren, un programmatore che avevo conosciuto, decidemmo di fondare Revolution Software. Avevamo grandi ambizioni: pensavamo di poter migliorare il modello dei giochi d’avventura rispetto a Sierra On-Line, aggiungendo una narrativa più coinvolgente e puzzle logici, e inventando un sistema chiamato 'Virtual Theatre', in cui i personaggi si muovevano autonomamente all’interno del gioco.»

Restiamo affascinati dal racconto di Cecil, che anche mentre ci parla della storia della sua vita dimostra quanto sia un grande narratore nello spiegare le vicende principali che hanno portato poi alla realizzazione di Broken Sword.

La parte successiva della sua storia conferma le nostre impressioni, dato che sembra uscita da un film:

«Il nostro primo gioco, che poi venne chiamato Lure of the Temptress, iniziò a prendere forma. Conoscevo una persona in una grande casa editrice, Mirrorsoft, che mi disse che avevano bisogno di giochi e che, se fosse stato buono, l’avrebbero pubblicato.

Ricordo uno dei momenti decisivi della mia vita: i due programmatori, Tony e il suo amico David Sykes, scesero dalla città di Hull con un PC 386, al top della gamma, che avevo comprato appositamente per lo sviluppo. Era talmente prezioso che dissi loro di metterlo sul sedile posteriore con la cintura di sicurezza. Arrivarono a Londra e ci incontrammo.

Dopo una serata a parlare del progetto, la mattina seguente mi accorsi che qualcuno aveva rotto il finestrino della macchina per rubare la radio, ma, per fortuna, il computer era ancora al suo posto sul sedile posteriore. Se il ladro avesse saputo quanto valeva, oggi Revolution non esisterebbe.

Così portammo il PC da Mirrorsoft, dove un gruppo internazionale visionò il teatro virtuale e le funzionalità che permettevano di dare comandi ai personaggi. Alla fine della presentazione, ci fu un silenzio seguito da un applauso spontaneo e tutti si alzarono in piedi. Fu in quel momento che capii quanto speciale fosse il nostro lavoro.

In quel periodo avevamo a cuore la rappresentazione dei personaggi femminili, spesso stereotipati nei videogiochi degli anni '80. Volevamo protagoniste femminili forti, quindi è ironico che il primo gioco si chiamasse Lure of the Temptress, un titolo che suggeriva tutt’altro. Avevo suggerito il nome come battuta, ma la responsabile marketing Alison Beasley lo adorò e insistette affinché cambiassimo il gioco per adattarlo al titolo

Una storia decisamente avvincente, che porta poi al consolidamento di Revolution con due dei titoli più famosi della software house:

«Successivamente, con il supporto di Virgin, creammo Beneath a Steel Sky, un gioco cyberpunk a cui lavorammo con Dave Gibbons, celebre fumettista co-creatore di Watchmen. Fu un’esperienza straordinaria e Gibbons fu una collaborazione fondamentale per il nostro progetto.

Anche se il gioco ebbe grande successo in Europa, non riuscì a sfondare negli Stati Uniti. Il nostro editore, quindi, ci chiese di puntare ancora più in alto per il titolo successivo.

Con Broken Sword, decidemmo di realizzare un’avventura di punta e clicca con valori di produzione elevatissimi, per competere con i migliori giochi di LucasArts e Sierra. Il risultato fu un gioco con ben 30.000 fotogrammi di animazione, un traguardo ambizioso per l’epoca.

Questa esperienza mi ha insegnato quanto sia importante innovare e mantenere viva la passione in ogni progetto, anche quando il settore diventa più orientato al profitto che alla creatività.»

Ancora ricordiamo il fascino trasmesso all'epoca dal primo Broken Sword, dato che sembrava di giocare veramente con un cartone animato interattivo: è uno dei motivi che lo hanno reso indimenticabile per generazioni di videogiocatori.

La storia è ciclica

Abbiamo accennato poco fa al discorso fatto con il creatore di Broken Sword riguardo all’arrivo, in passato, di grandi compagnie nel settore videoludico, cosa che ha trasformato il mercato, che si è votato sempre più al profitto.

Da appassionati di avventure punta e clicca ricordiamo anche un periodo della storia in cui i grandi publisher avevano decretato la fine di questo genere che, secondo loro, non vendeva più, fino a quando, grazie a vari progetti su Kickstarter – tra cui Broken Sword 5, voluto sulla piattaforma di crowdfunding dallo stesso Cecil e dalla sua software house Revolution – venne dimostrato il contrario.

Abbiamo dunque chiesto a Cecil cosa ne pensa della crisi attuale del settore videoludico e di come ha percepito in passato quel calo d’interesse verso il genere a cui si era sempre dedicato. La sua risposta, ovviamente, è ricca di spunti interessanti:

«Sono più di quarant'anni che scrivo videogiochi e, nonostante i grandi cambiamenti, vedo come il settore tenda a girare in cicli.

Negli anni ‘80, c’è stata una 'golden age' in cui la creatività esplodeva, finché non arrivarono le grandi aziende americane, con i loro investimenti e le loro licenze, spingendo il settore verso il guadagno più che verso l’innovazione. La storia si ripeté negli anni ‘90, quando Viacom acquisì Virgin, trasformando nuovamente tutto in una questione di profitto.

La vera svolta è arrivata con la distribuzione digitale nel 2005, grazie a piattaforme come iTunes e Steam, che ampliarono gli 'scaffali' dei negozi da poche centinaia di titoli a uno spazio virtualmente infinito. Invece di puntare su pochi giochi 'tripla A' e 'doppia A', ci fu finalmente spazio per i titoli indie.

Questo ha portato al fallimento di grandi editori come THQ, ma ha dato nuova vita alla creatività, permettendoci di passare dal 12% al 70% dei profitti sulle vendite, anche se con il rischio e il costo di dover autofinanziare e autopromuovere i giochi.

Con l’ascesa dei social media, poi, abbiamo potuto comunicare direttamente con la nostra community

Il momento storico in cui finalmente non ci furono più intermediari tra sviluppatori e pubblico è stato importante e ha reso possibili progetti normalmente impossibili agli occhi delle classiche “money people” dedicate al mero marketing.

Cecil continua a raccontarci:

«Quando nel 2010 abbiamo lanciato Broken Sword Director’s Cut su iPhone, organizzammo un evento all’Apple Store di Londra, senza sapere se qualcuno sarebbe venuto. Alla fine, si presentarono centinaia di persone, persino dall’Italia.

È stato meraviglioso scoprire di avere un rapporto diretto con i nostri fan. Prima ci si affida agli editori e ai rivenditori, ma ora possiamo parlare direttamente ai giocatori, ascoltarli e creare qualcosa di più vicino ai loro desideri

Nei suoi oltre quarant'anni di carriera, Cecil ha praticamente vissuto quasi tutta la storia dell’industria videoludica e per questo riesce a guardare con grande lucidità all’evoluzione che questa ha avuto:

«È sempre stata una questione di soldi contro creatività: spesso succede che ci sia un punto di rottura che stravolge tutto, come ad esempio è successo con l’avvento del digitale, così si ritorna a un momento di purezza in cui la creatività torna a essere il fulcro dell’industria.

Ma poi torneranno di nuovo i “money people”, che riporteranno ancora una volta tutto a un momento di rottura e distruzione. È un continuo ciclo anche in questo caso.»

Da Broken Sword Reforged al futuro con Parzival’s Stone

Broken Sword sta vivendo una nuova vita grazie al recente arrivo di Reforged e, in futuro, del sesto capitolo della serie. Cecil ha voluto raccontarci come è nato il progetto di Reforged, accennando poi a cosa accadrà dopo il rifacimento di questo primo capitolo.

«Quello che è successo due anni fa è che i nostri fan, una community meravigliosa, continuavano a chiederci quando avrebbero potuto giocare a Broken Sword 1 sulle nuove piattaforme e quando ci sarebbe stato un Broken Sword 6.

Abbiamo lavorato su entrambi e la risposta a Broken Sword Reforged è stata assolutamente fantastica. La nostra visione per il gioco era chiara: non volevamo cambiarne l’essenza, ma mantenerlo lo stesso gioco, solo molto più rifinito, ad alta risoluzione.

Mi piace far vedere alle persone la versione in 4K e sentirmi dire 'Oh sì, è proprio come lo ricordo', poi premo il tasto tab e gli mostro com'era in 640x480, molto pixellato e grezzo. È una cosa bellissima da fare, perché le persone sorridono quando si accorgono che le ho ingannate!

Il gioco ha 30.000 fotogrammi di animazione e a un certo punto ci siamo chiesti se usare l'intelligenza artificiale, ma è chiaro che non funziona bene in questo contesto: per un semplice sprite può essere utile, ma che dire dei movimenti degli occhi che ti aspetti di vedere in 4K?

Non si notano a bassa risoluzione, ma in alta risoluzione si può vedere l’occhio muoversi, il sorriso che emerge, le espressioni sottili. È fantastico, e abbiamo 15 animatori molto appassionati che hanno ridisegnato ogni dettaglio, introducendo la caratterizzazione che le persone ricordano di aver visto nel gioco originale, anche se in realtà non c'era.

Al momento, e potrebbe cambiare, la versione per PlayStation 5 ha un punteggio di 87 su Metacritic, ed è meraviglioso. Mi rende orgoglioso vedere tutta questa passione. Alcuni visitano il nostro studio e parlano con noi, raccontandoci che hanno giocato con i loro genitori e ora giocano con i propri figli.

Quando PlayStation, per il suo 25° anniversario, mi ha chiesto cosa immaginavo per i prossimi 25 anni, ho risposto che mi piacerebbe pensare che Broken Sword, con questa nuova versione in 4K, possa rimanere rilevante per una nuova generazione

La cosa che più ci incuriosisce è quindi se questo procedimento potrebbe essere ripetuto anche per gli altri episodi passati della serie e Cecil prontamente ci dice:

«Per rispondere alla tua domanda, ora siamo in una posizione meravigliosa. Sì, possiamo riproporre i nostri giochi e crearne di nuovi, ma lo facciamo alle nostre condizioni.

Se avessimo collaborato con un editore, avrebbe imposto una scadenza e non avrebbe mai investito la somma che abbiamo speso noi. È fantastico essere sviluppatori ed editori allo stesso tempo, perché possiamo prendere le decisioni da soli e non basarle necessariamente solo sul profitto.

Certo, dobbiamo fare soldi, ma la cosa più preziosa che abbiamo è la relazione, la lealtà e il supporto della nostra community. Un editore non si preoccuperebbe di questo legame, ma noi possiamo prendere le migliori decisioni grazie alla passione e alla gioia che i nostri giochi suscitano nella nostra community.»

Dunque le possibilità di rivedere anche i capitoli successivi al primo ci sono, ma Cecil e la sua casa di sviluppo non hanno fretta e giustamente vogliono fare le cose con i giusti tempi, per garantire ai tanti appassionati la qualità che meritano.

Interessante anche come sottolinei il pregio di essere indipendenti, che permette al suo team di creare alle sue condizioni. Un aspetto che sempre più creatori di giochi stanno sottolineando, di recente.

Abbiamo quindi voluto concludere l’intervista chiedendo a Cecil se ci poteva raccontare qualcosa su ciò che ci dovremo aspettare dal sesto capitolo, ossia Broken Sword: Parzival’s Stone, annunciato appena un anno fa.

L'autore si è sbottonato un po':

«Su Parzival’s Stone devo essere completamente onesto: l’abbiamo annunciato un anno fa, quando c'era molta disponibilità di fondi, ma poi l'intero ambiente è cambiato. Abbiamo fatto un po' di lavoro, ma non tantissimo.

La cosa positiva di questa situazione è che mi ha dato l'opportunità di fare un passo indietro, guardare il design, la storia, e veramente mettere in discussione cosa funziona bene e cosa no.

Quindi sono assolutamente convinto che, quando il gioco sarà finito, sarà migliore, perché abbiamo avuto la possibilità, io ho avuto la possibilità, di riflettere su tutto

Probabilmente ci vorrà ancora del tempo prima di poter vedere questo sesto capitolo, ma la cosa più importante è che Cecil e il suo team possano lavorarci nel miglior modo possibile, così da creare un titolo all’altezza del primo storico Broken Sword.

E, chissà, che possa a sua volta rimanere nell'immaginario di intere generazioni di videogiocatori.

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