Il tema del bullismo è (purtroppo) sempre particolarmente importante ed è stato trattato in diversi videogiochi in maniera centrale e non: tra i più famosi ricordiamo Bully di Rockstar Games, ma ci sono tantissimi altri che riescono ad esplorare questo fenomeno complesso.
In questo approfondimento abbiamo puntato i nostri riflettori sul recente Silent Hill 2 Remake (ha fatto il suo debutto a ottobre ed è disponibile su Amazon, dopo un breve periodo di "sold out"), ma anche su Lost Judgment, Life Is Strange e Concrete Genie.
Questi titoli che abbiamo analizzato da vicino non solo intrattengono il videogiocatore, ma fungono molto bene anche da specchi della società, mettendo in luce ferite invisibili e il dolore che spesso accompagnano le interazioni umani, specialmente in contesti sociali e scolastici che si trovano ad avere a che fare con il bullismo.
Insomma, quando decidono di trattare apertamente il bullismo, i videogiochi come lo fanno e cosa ci raccontano?
Attenzione: questo articolo affronta il tema del bullismo e tocca anche l'argomento del suicidio. Raccomandiamo di interrompere la lettura in caso di particolare sensibilità verso i temi trattati.
Il bullismo rappresentato nel mondo di Silent Hill
Silent Hill 2 è ritornato sotto i riflettori grazie al bellissimo remake ad opera di Bloober Team (qui la nostra recensione) e, nei suoi anfratti, tratta il tema del bullismo e le sue conseguenze, mostrando come l’abuso psicologico possa corrodere lentamente la mente di una persona e trasformare il dolore in rabbia incontrollabile.
Il bullismo subito da Eddie, principalmente per il suo aspetto fisico e la sua insicurezza, non è soltanto un evento traumatico passato, ma è una ferita che continua a sanguinare durante gli eventi di gioco.
Tale isolamento è una delle conseguenze più profonde del bullismo: le vittime spesso sviluppano una distorta visione del proprio io e degli altri, credendo che il mondo intero le giudichi o disprezzi. Il crollo del personaggio di Eddie è credibile in quanto non avviene in un “vuoto”, bensì in un contesto sociale che spesso ignora o sottovaluta le sofferenze delle persone che hanno bisogno di aiuto.
La fittizia e sinistra Silent Hill, ricca dei suoi simbolismi e con le sue oscure manifestazioni della psiche umana, esprime questo fallimento sociale: la città si nutre delle paure e delle sofferenze degli individui, offrendo una visione spaventosa delle conseguenze di traumi non risolti.
La storia di Eddie, insomma, serve come un avvertimento su come l’abuso ripetuto e non affrontato possa distruggere la sanità mentale di una persona che finirà per distorcere il suo dolore in odio.
Il suo arco narrativo è tra i più interessanti ma è anche un inquietante esplorazione sul bullismo che – se non riconosciuto e trattato – può portare non solo all’isolamento sociale, ma anche ad una tragica escalation di disperazione e abbandono.
Rimanendo ancora nella fortunata serie survival horror di Konami, Silent Hill ha affrontato in maniera profonda il tema del bullismo nel suo recente free-to-play Silent Hill: The Short Message.
Malgrado portasse il gravoso peso sulle spalle di essere qualcosa di diverso dalla classica tetralogia uscita sulle prime Playstation, The Short Message propone un’avventura abbastanza lineare, considerato anche l’esiguo budget sul progetto e la sua formula gratuita.
Il progetto non è stato altro che un motivo per invogliare i nuovi giocatori a familiarizzare con le tematiche care a Silent Hill: la protagonista, Anita si trova in un edificio fatiscente nel cuore della Germania, un luogo dove si è uccisa la sua migliore amica, Maya.
Maya è stata vittima di bullismo a scuola e la sua storia mette in luce l’impatto devastante con le vessazioni e gli sfottò da parte dei suoi compagni – mostrando, appunto, come il bullismo possa portare ad isolamento, autolesionismo e pensieri suicidi.
The Short Message riesce a dividersi in due parti: la prima è più narrativa, didascalica e formativa, proprio per rafforzare la volontà di inviare determinati messaggi ai videogiocatori, specialmente i più giovani.
La seconda invece è puramente da “Silent Hill”, in cui creature demoniache e manifestazioni del proprio inconscio prendono forma e sostanza. Il titolo ha diviso la community degli appassionati: alcuni lo considerano un gradito ritorno dopo episodi fallimentari, altri invece identificano The Short Message come un videogioco “lontano” dalla saga.
Malgrado queste opinioni divergenti, il titolo riesce bene nell’intento di porre l’attenzione su alcune tematiche sensibili e attualissime.
Lost Judgment e il fenomeno del bullismo in Giappone
Il fenomeno del bullismo nelle scuole giapponesi, noto come ijime, si riferisce a comportamenti di manipolazione sociale e vessazioni di gruppo verso compagni più deboli o vulnerabili.
Questo problema ha iniziato a ricevere una crescente attenzione pubblica a partire dagli anni Ottanta; un ragazzo delle medie, Hirohumi Shikagawa fu bersaglio da parte dei bulli in modo sistematico per circa otto mesi. In questo periodo, i bulli lo costrinsero a subire diverse vessazioni, lo obbligarono a correre e cantare nei corridoi della scuola e prendere a pugni un ragazzino di un’altra classe. Organizzarono persino un finto funerale per il ragazzo, al quale partecipò anche un insegnante.
Tuttavia, nel 1991, il tribunale distrettuale di Tokyo archiviò il caso come il risultato di un singolo episodio di bullismo, una sentenza scioccante che stride con i racconti dei testimoni e delle persone vicine al ragazzo. Anche gli insegnanti non denunciarono apertamente le vessazioni nonostante, secondo le testimonianze, ne fossero stati non solo a conoscenza ma anche attivamente partecipi.
Questo senso di generale indifferenza è dovuto al fatto che, se un insegnante in Giappone segnala degli episodi di bullismo nella sua classe, ciò implica che l’insegnante stesso ha poco “polso” e potere di controllo sui ragazzi, e quindi diminuirebbe la sua possibilità di essere promosso a ranghi superiori. Come una sorta di auto-denuncia di una propria negligenza, insomma.
Lost Judgement, sequel di Judgment (serie spin-off di Yakuza/Like A Dragon) mostra in modo preciso ed efficace il fenomeno di ijime nelle scuole giapponesi. Takayuki Yagami, protagonista della serie, indaga su un caso legato al suicidio di Toshiro Ehara, uno studente vittima di bullismo che si è tolto la vita a seguito delle violenze subite dai suoi compagni di classe.
Va da sé che questo evento riecheggia tragici episodi reali, come quello anticipato poc’anzi o uno più recente successo a Otsu (cittadina nei pressi di Kyoto) nel 2011.
Proprio come accade nella realtà, Lost Judgment non si limita a mostrare le violenze fisiche e psicologiche, ma pone l’accento anche sull’indifferenza o la complicità degli adulti nel perpetrare il sistema oppressivo.
Nel titolo, gli insegnanti e le autorità scolastiche sono ritratti spesso come figure distanti, incapaci o riluttanti di fronte al bisogno di affrontare il problema, preoccupati principalmente di proteggere la reputazione della scuola piuttosto che la sicurezza degli studenti.
Questo, purtroppo è un triste riflesso delle dinamiche reali che è possibile trovare nel sistema scolastico giapponese – il quale, per quanto efficace a livello organizzativo e strutturale, ha gravi lacune nella gestione e prevenzione del bullismo, e anzi incarna con convinzione alcune dinamiche fortemente competitive.
La cosa che più lascia l'amaro in bocca nel titolo curato da Ryu Ga Gotoku Studio è il fatto che il fenomeno si sviluppa tra le trame del tessuto sociale giapponese, rispecchiando la natura collettivistica della società giapponese.
I bulli agiscono spesso in gruppo, prendendo di mira coloro che deviano dalla norma, e si muovono in un sistema sociale che, proprio come nella realtà, tende a premiare la conformità e a punire chiunque sia percepito come diverso o vulnerabile.
Le conseguenze del bullismo sono devastanti: Ehara non è solo vittima di violenze fisiche, ma viene completamente isolato socialmente, un aspetto che è tipico dell’ijime nella società giapponese, dove le vittime vengono spesso stigmatizzate e ostracizzate.
Il cyberbullismo e le sue conseguenze in Life Is Strange
Il bullismo viene esplorato in un altro videogioco con un sequel diretto arrivato da poco, Life is Strange. Nell’avventura interattiva sviluppata da Dontnod (che, tuttavia, non si occupa più della serie dal secondo titolo), il tema del bullismo assume dei connotati complessi e multiformi, che coinvolgono sia vittime che carnefici, in reti intricate di dinamiche sociali ed emozionali.
Kate Marsh è uno dei personaggi che viene presa di mira nel corso del primo capitolo della storia che ha come protagonista una giovane Max Caulfield mentre cerca di ambientarsi nella città immaginaria di Arcadia Bay – nella quale scopre il suo potere che guideranno la sua storia, ovvero quello di poter riavvolgere il tempo.
Kate è una studentessa della stessa scuola di Max, ha una profonda fede religiosa e diventa – suo malgrado – vittima di cyberbullismo. Durante una festa organizzata da alcuni studenti, precisamente appartenenti al Vortex Club, Kate fa uso di sostanze e questo abuso la porta ad assumere comportamenti che non avrebbe mai messo in atto da lucida.
Tutto questo viene filmato e postato in Rete, diventando virale tra gli studenti. Questo “vortice” la rende bersaglio di scherni e umiliazioni da parte dei suoi pari, sia dal vivo che sui social media.
Questa vicenda rappresenta una denuncia diretta del cyberbullismo e del modo in cui internet può amplificare – a volte senza freno – gli effetti di questo comportamento abusante, rendendo impossibile per la vittima sfuggire agli attacchi e alla “pubblica gogna”.
Il cyberbullismo – rappresentato appunto in Life Is Strange – non è solo limitato agli insulti e ai commenti cattivi che denigrano la vittima, ma ha conseguenze devastanti anche sulla psiche. Ad esempio, il videogioco mostra con efficacia il lento declino emotivo di Kate Marsh, che culmina in un tentativo di suicidio da parte della ragazza, un drammatico evento che il giocatore ha la possibilità di prevenire attraverso le proprie scelte.
È un aspetto fondamentale nella storia del titolo, ma anche educativo per il giocatore stesso in quanto viene portato a riflettere sulle reali conseguenze del bullismo e del cyberbullismo – e sull’importanza dell’intervento volto ad aiutare chi ne è vittima.
D’altro canto, il famoso titolo sviluppato da Dontnod mostra anche il lato del “bullo”, incarnato da Nathan Prescott; appartenente ad una delle famiglie più influenti di Arcadia Bay, Nathan utilizza la sua influenza e la sua popolarità per intimidire e controllare chiunque minacci la sua reputazione o i suoi interessi. Il personaggio rappresenta il tipo di bullo che agisce spinto non solo dal desiderio di ferire, ma anche dalla necessità di mantenere il controllo in una gerarchia sociale scolastica.
Matite e mostriciattoli contro i bulli in Concrete Genie
Concrete Genie è un gioco del 2019 arrivato su PS4 e racconta la storia di Ash, un ragazzino che ama disegnare e che fa ritorno alla sua città natale, Denska: quest'ultima, però, versa in uno stato di totale abbandono, dopo che una strana oscurità ha preso il sopravvento.
Oltre ad Ash, però, c’è anche un gruppo di bulletti che – approfittando della desolazione della città – bighellona per le strade vandalizzando tutto.
Questi ragazzini prendono di mira anche Ash e lo fanno strappando via le pagine del suo album da disegno; questo evento traumatico risveglia in Ash uno strano potere, ovvero la capacità di poter dar vita a tutto ciò che disegna tramite un pennello magico. Egli sarà accompagnato da Luna, una piccola creatura di luce che lo aiuterà nel dar lustro e colore alla città abbandonata che verrà esplorata in lungo e largo.
Possiamo dire con certezza che Concrete Genie, nella sua semplicità ludica e narrativa, si pone come una sorta di “videogioco di formazione” per i più piccoli, in cui vengono toccati temi molto delicati come il bullismo e l’isolamento – ma senza andare fino in fondo. Tuttavia, questo non macchia il gioco di superficialità: anzi, si carica sulle spalle l’idea che anche un videogioco, semplice e alla portata di tutti, può sensibilizzare su tematiche rilevanti.
Spesso , il videogioco è ancora visto come un medium che alimenta l’isolamento sociale e il cyberbullismo, soprattutto quando questo coinvolge l’interazione online con altri videogiocatori.
Concrete Genie, nella sua piccola durata di circa sei ore, riesce a racchiudere un messaggio importante e – così come in Life Is Strange – dona un background credibile anche ai bulli, a loro volta vittime di soprusi e situazioni familiari molto più grandi di loro. Purtroppo, però, le avventure di Ash finiscono qui: Pixelopus (lo studio di sviluppo che ha curato l’opera) è stato chiuso da PlayStation nel 2023.
Quindi?
Per concludere, l’analisi del bullismo attraverso il medium videoludico dimostra quanto sia fondamentale affrontare questa tematica con sensibilità e serietà; i videogiochi che abbiamo presentato hanno fatto parte di una “cernita”, vista la discreta presenza di opere sul tema.
Durante la scrittura di questo speciale, personalmente mi sono confrontata anche con un videogioco “atipico”, Kind Words: in caso ve lo foste perso al momento dell'uscita (e da poco ha avuto un sequel) è un piccolo indie game che, spogliato dalle meccaniche ludiche più classiche, si pone come uno spazio intimo e virtuale in cui è possibile lasciare messaggi positivi, sfoghi, considerazioni gentili e così via, inviati nell’”etere” e letti da persone da tutto il mondo che hanno effettuato l’accesso a quel gioco e che hanno bisogno di qualche parola di gentilezza.
Insomma, ancora una volta i videogiochi si “reinventano”, diventando uno spazio sicuro e talvolta anche un’opportunità di apprendimento per i videogiocatori, evidenziando l’importanza di riconoscere e affrontare il bullismo in tutte le sue forme – e l'importanza di essere gentili verso il prossimo.
È un aspetto interessante di cui tenere conto: spesso visti come scenario pericoloso per il cyberbullismo che può annidarsi nelle community online, i videogiochi possono invece diventare alleati preziosi che invitano i videogiocatori – di tutte le età – a comprendere le esperienze altrui e a promuovere cambiamenti positivi all’interno della nostra complessa società.