Zombi U

Avatar

a cura di Mugo

San Francisco – Il lancio di Wii U non è stato come se lo figuravano in quel di Kyoto. Certo era impensabile ripetere lo strabiliante successo del Wii, ma le difficoltà di Nintendo nel creare un’immagine forte per la sua ultima console domestica sono state capaci di un effetto opposto a quello sperato, rappresentando un prodotto complicato ed approssimativamente identificato. Anche la penuria di titoli d’impatto ha giocato la sua parte nel deludente avvio della carriera di Wii U, con giusto un paio di produzioni in grado di farsi notare per spessore. Una di queste produzioni è stata Zombi U, titolo Ubisoft che, sebbene non privo di difetti, ha saputo giocare bene le sue carte nonostante un percorso di sviluppo non proprio lineare. Alla GDC 2013 abbiamo scoperto qualcosa di più sull’aspetto narrativo della produzione Ubisoft, cosa si nasconde dietro ai non morti? 

Dai Rabbid agli zombie 
Il titolo Ubisoft pensato per accompagnare il lancio di Wii U ha fatto la sua prima apparizione durante l’E3 di due anni fa: si trattava di Killer Freaks From Outer Space, shooter nel quale si aveva a che fare con un’invasione aliena ad opera di creaturine saltellanti, fondamentalmente versioni horror e splatter degli ormai notissimi Rabbids. Cos’è successo, dunque, per trasformare gli alienucci zompettanti in zombie affamati di cervella? La motivazione è più semplice del previsto, e risiede tutta nelle meccaniche di multiplayer asimmetrico mostrate da Ubisoft in contemporanea con la prima presentazione del titolo. L’asimmetricità, tanto apprezzata dalla critica, si è rivelata non sposarsi alla perfezione con il gameplay tipico di creature piccole e veloci come i Freaks, richiedendo invece, per rendere al meglio, un ritmo più lento. 
Il passaggio agli zombie è stato quasi obbligato dunque, anche se ha portato con se diverse altre problematiche legate soprattutto a un genere non più fortunato come un tempo come quello dei survival horror, e alla necessità di differenziare i propri zombie dalla pletora di concorrenti sul mercato. 
Chi ha detto Dan Brown? 
Più o meno tutti conosciamo Il Codice Da Vinci, il best seller di Dan Brown che, forte di un sapiente miscuglio tra finzione e realtà storiche, ha saputo conquistare milioni di lettori in tutto il mondo. Nella creazione dei retroscena narrativi di Zombi U è stato seguito un percorso non dissimile, complice anche la necessità di affrancarsi dal tema ricorrente dello zombie infettato da un virus, per riallacciarsi alla ricchissima storia del Regno Unito. La scelta di John Dee, misterioso personaggio del sedicesimo secolo, come profeta per l’epidemia zombie, ha permesso di creare una grande quantità di materiali credibili nella loro finzione, e di dare al reparto marketing non pochi spunti per una campagna pubblicitaria vincente. Certo, mancava un vero e proprio protagonista, ma la caratterizzazione del Prepper e, soprattutto, la forte personalità della premessa narrativa, hanno saputo accontentare i pubblicitari. 
Permadeath 
Il legame tra giocatore e avatar è fondamentale, serve per creare un rapporto emotivo capace di unire un videogioco al suo fruitore, serve per avere qualcuno con cui identificarsi. La scelta di uccidere definitivamente i personaggi caduti nelle grinfie dei non morti ha dunque creato il panico negli uffici di Ubisoft Montpellier, e ha rischiato di essere messa da parte in diverse occasioni, per poi rivelarsi una delle caratteristiche più forti del tiolo. La definitiva affermazione di questa scelta di game design è arrivata con la realizzazione che, con la morte dei vari avatar di transizione, veniva esaltato il ruolo del vero protagonista dell’esperienza: il giocatore. Chiunque abbia provato Zombi U saprà, infatti, che la morte del proprio personaggio di turno porta con se quasi uno shock, ma la successiva uccisione del proprio io passato riesce a fungere da collante tra gli avatar sottolineando come l’esperienza che conta, quella del giocatore, sia in realtà senza soluzione di continuità. Non che manchino le difficoltà, attenzione, su tutte quella di garantire una narrativa fluida che salti agevolmente da un alter ego all’altro: per farlo, l’idea del notebook dei sopravvissuti ha risolto la maggior parte delle questioni, costituendo uno strumento immortale capace di collegare le esperienze, tacendo poi della narrazione effettuata tramite npc. 
Un’idea vincente? 
Ora non ci resta che vedere se l’idea alla base di Zombi U abbia saputo imporsi sul mercato, anche perché, al netto di tutte queste belle cose, non si può dire che il titolo Ubisoft Montpellier sia privo di difetti quali un sistema di controllo impreciso, un gameplay ripetitivo, e una realizzazione tecnica sufficiente solo a tratti. L’impressione è che, nonostante le vendite di Wii U non siano pienamente soddisfacenti, Zombi U si sia ritagliato un ruolo di primo piano nell’ancora scarna ludoteca della console Nintendo. La scommessa sul ritorno dei survival horror è stata vinta, così come quella sulla morte permanente dei personaggi (tra le caratteristiche più amate dai giocatori) e quella sul multiplayer asimmetrico (purtroppo sfruttato solo marginalmente in modalità inspiegabilmente ridotte). Una vittoria dovuta alla concorrenza scarsa o legata ai meriti del titolo? 

Zombi U è stato uno dei titoli più interessanti del lancio di Wii U, forse il più interessante. Quello capace di sfruttare in maniera convincente l’hardware Nintendo e di riportare sotto i riflettori il genere dei survival horror. Si tratta di un titolo privo di difetti? Certo che no, ed è per questo che speriamo che un eventuale secondo episodio possa essere in grado di tenere i tanti buoni aspetti del primo, andando a lavorare con impegno su quelli meno convincenti.

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