Microsoft ha fatto il grande passo: Xbox Game Pass includerà i titoli first-party provenienti dagli studi interni nel suo servizio in abbonamento, fin dai rispettivi day one. Questo vuol dire che, anziché acquistare una copia del gioco, potrete pagare i 9,99 euro previsti per ottenere la sottoscrizione da un mese ed ottenere così Crackdown 3, State of Decay 2, Sea of Thieves, e “i nuovi episodi delle saghe che hanno segnato la storia di Xbox come Halo, Forza e Gears of War”. Una mossa che porta con sé un impatto da non sottovalutare sul mondo dei videogiochi: non stiamo pagando più il possesso di un titolo, infatti, ma il tempo che ci passeremo. E, in tal senso, non è un caso che ciò stia avvenendo proprio in un momento in cui il colosso di Redmond si appresta a lanciare giochi dalla forte componente multiplayer; sono avventure che sostanzialmente non finisci mai, ci ritorni per godertele insieme agli amici o, se da solo, per aumentare il livello del tuo personaggio ad libitum oppure completare la nuova missione integrata con una soluzione seamless, tramite aggiornamento, dallo sviluppatore di turno.
Implementando questo genere di esperienze, Microsoft si assicura quindi di ridurre le percentuali di “rimbalzo” degli utenti che sottoscrivono un abbonamento a Xbox Game Pass: al di là di quanti, come il sottoscritto, che dimenticano di disabilitare il rinnovo automatico, ci rimarranno per più tempo anche quei giocatori che adesso immaginano di farsi un mese contato e poi svignarsela con il loro bagaglio di un mese di gameplay. Senza contare, ovviamente, l’assicurazione di una userbase quantomeno sostanziosa per titoli che non hanno la vendibilità di un Halo o di un Gears of War, e che adesso partiranno da un quantitativo minimo di player garantito. Estendere questa base agli abbonati a Xbox Game Pass significa alimentare per i primi tempi, che avrebbero potuto essere scoraggianti, un gioco come Sea of Thieves e affidare il suo futuro a qualcosa di più concreto del labile passaparola. E poco male se i giocatori opteranno per un mese di Pass e non per la copia fisica o il download della nuova produzione Rare; anziché celebrare il successo dell’uno, festeggeranno quello dell’altro, in casa Microsoft. Sarà ugualmente una vittoria.
In aggiunta, sarà possibile giocare qualunque titolo della collana Xbox Play Anywhere non solo su Xbox One ma pure su Windows 10, il che estende di fatto la validità di Xbox Game Pass alla piattaforma PC. Ciò vuol dire tendere la mano ad un tipo di utenza che ha già fatto il callo alle sottoscrizioni, con Origin Access e Humble Monthly per i videogiochi ma anche e soprattutto a Netflix e Amazon Video od affini, e dunque è più propensa ad impegnarsi per un lasso di tempo variabile tra il mese e i sei mesi – modello che dovrebbe arrivare anche dalle nostre parti più avanti quest’anno – senza mettere mano al portafogli per altre spese videoludiche. Nel breve termine, questa filosofia va di pari passo con il lancio di Sea of Thieves, che Rare vuole veder girare “anche su una patata” e svincola quindi dalle logiche della costosissima console high end o dalla console sic et simpliciter; basta un laptop, una copia dell’ultimo Windows, e siete subito della partita, che sia a 540p non importa a nessuno.
E domani?
Per quanto la stiamo considerando per il breve-medio termine, una mossa del genere è chiaramente destinata ad aprire degli spiragli rivoluzionari per il mondo del gaming. Un futuro di quelli senza console, in cui Xbox e PlayStation non sono altro che dei servizi in abbonamento o delle app per i nostri dispositivi smart (non che le due soluzioni siano in antitesi, anzi), passa innegabilmente da piccoli grandi esperimenti come questo. Microsoft non ha fatto mistero di stare sviluppando una piattaforma che permetta di passare dal download allo streaming dei videogiochi, che secondo EA sarà pronta intorno al 2020, e sarà quello il passo successivo; con o senza console è ancora presto per dirlo, e valutando il successo in termini relativi, non assoluti, del progetto Xbox One saremmo per la prima ipotesi – le console nel bene e nel male vendono ancora, e le architetture sempre più simili ai PC le rendono investimenti su cui non svenarsi particolarmente in fase ingegneristica.
A Redmond credono, inoltre, che la loro offerta in questo formato possa diventare “il catalizzatore perfetto attraverso il quale sviluppatori ed editori potranno reinventare il modo in cui i giochi vengono creati e distribuiti, dando così vita a nuovi modi di giocare e vivere l’esperienza”. È un ammiccamento, l’ennesimo, alla volontà del team di Phil Spencer di influenzare le modalità in cui i videogiochi saranno creati in futuro; che siano episodi lanciati mese per mese sul servizio in abbonamento, oppure giochi AA lanciati in esclusiva, a tempo o completa, l’impressione è che così come ha fatto con i first-party Microsoft abbia in mente di arricchire un giorno il catalogo di XGP, guardando non soltanto al passato di Xbox 360 e Xbox One ma anche, e soprattutto, al futuro delle loro librerie software.
Xbox Game Pass nasce come una fase intermedia, dall’esigenza di accelerare i tempi di una risposta tecnologica al principale competitor, e paradossalmente rischia di diventare una proposta non tanto più allettante, quanto più realistica e vicina alle possibilità di un’utenza eterogenea su scala globale. Il 2018 ci aiuterà a comprenderlo appieno, e gli darà una definizione che segnerà il successo suo e dell’idea di “piattaforma” che Xbox sta portando avanti fin dal post-Don Mattrick. Aspettando di capirci di più, godiamoci il ritrovato interesse in una lineup primaverile che in tanti, forse in maniera prematura, avevamo considerato povera e riscopriamo paurosamente conveniente.
Secondo Pachter, Xbox Game Pass non avrà un impatto sulle vendite di Xbox One; il nostro parere è che in Microsoft non ci hanno neppure pensato ad un’ipotesi del genere. L’interesse non è rivolto alla “scatola” ma al servizio e alla piattaforma come modalità di incremento delle ore spese su un videogioco first-party: il valore a stretto giro di questa mossa si misurerà con il numero dei nuovi abbonati e il tempo che decideranno di dedicare a titoli che, affondando le proprie radici nel multiplayer, ne avranno un notevole bisogno.