Abbiamo lasciato Diana Prince assieme a Bruce Wayne, dopo la (presunta) morte dell’Uomo d’Acciaio, a interrogarsi su cosa il futuro riserverà loro di li a poco. Ciò che è destinato ad accadere, ora, lo sappiamo molto bene, e si chiama Justice League, il film di Zack Snyder (e Josh Whedon) che vedrà i celebri eroi DC riuniti al gran completo per respingere la minaccia che risponde al nome di Steppenwolf. E non solo. Ben prima delle avventure di Batman assieme alla Lega della Giustizia, a fare il suo trionfale ritorno al cinema nel suo film da solista è proprio la Principessa delle Amazzoni,
Wonder Woman, nella pellicola omonima diretta da Patty Jenkins, nota ai più per “Monster” e “The Killing”, che vede anche il ritorno dell’affascinante Gal Gadot nei panni della Dea Guerriera. Basterà questo a rendere il film prodotto da Charles Roven e Zack Snyder un tassello fondamentale del DC Extended Universe?
“Se nessun’altro difenderà il mondo, allora dovrò farlo io”Diversi anni prima degli eventi che hanno sconvolto Gotham City e Metropolis, Diana era la giovane principessa del regno di Themyscira, un’isola ben nascosta agli occhi dell’uomo. Qui, la futura eroina è addestrata a diventare una guerriera invincibile, sino al giorno in cui un pilota americano precipita al largo delle sponde dell’isola, svelando a Diana di un terribile conflitto scoppiato nel mondo a lei ancora sconosciuto. Intenzionata a porre fine alla minaccia, l’Amazzone parte alla volta della terra ferma, scoprendo i suoi veri poteri e il mistero che si nasconde dietro a tutto ciò. Wonder Woman parte proprio da qui, da quella fotografia in bianco e nero che Bruce Wayne consegna a Diana Prince in Dawn of Justice, svelandone la sua identità segreta. Ma non c’è traccia di Batman o Superman nel film della Jenkins: tutto ruota infatti attorno alle vicende della Principessa e dei suoi compagni di avventura, primo dei quali il capitano Steve Trevor, interpretato da Chris Pine.
Da ragazzina curiosa e un po’ scavezzacollo, la figlia di Themyscira ben presto svela tutta la sua personalità divenendo poi la guerriera che tutti noi abbiamo imparato a conoscere. Il film si divide quindi in tre parti ben distinte: la prima, sull’isola delle Amazzoni, il luogo in cui Diana viene addestrata e dove incontrerà il primo uomo che abbia mai visto in vita sua. Si tratta sicuramente della parte più debole della pellicola, scandita da un ritmo lento e dei dialoghi inutili, specie considerando che sappiamo tutti benissimo che le vicende si sposteranno ben presto altrove, non appena la situazione lo richiederà. La seconda parte è invece tutta in quello che potremo definire come il “mondo devastato dalla guerra”, una Londra antica caratterizzata da signorotti e generali, ossia il momento esatto in cui la pellicola Warner Bros. Pictures tende a prendersi meno sul serio, anche grazie alla presenza di un paio di personaggi di contorno dalla battuta facile. Ma durerà poco: la terza parte, quella puramente bellica e che punta tutto sull’azione, si avvicina seriamente a quanto visto in The First Avenger, sia come timbro registico che come estetica, rappresentando giocoforza la parte più interessante del film (complice anche il solito, roboante combattimento finale tra lampi ed esplosioni di ogni genere).
Il Dio della GuerraPurtroppo, nonostante la presenza statuaria di Gal Gadot/Wonder Woman, il film patisce un ritmo incostante, frammentato, che spesso distrae e fa perdere il filo degli eventi. I personaggi sembrano di tanto in tanto andare da un posto all’altro senza capirne bene il motivo, magari solo perché un determinato momento del film lo richiede. Così come i comprimari, villain inclusi, si riducono spesso a mere ombre sullo sfondo, rischiarate solo ed esclusivamente della scintillante armatura di Diana, una presenza che trasfigura e modella a suo piacimento qualsiasi altro personaggio presente a schermo, per tutta la durata della pellicola (basti pensare anche ai personaggi iconici di Connie Nielsen e Robin Wright presenti sull’isola di Themyscira, vanificati in circa mezz’ora di film).
Anche dal versante degli effetti speciali, il film di Patty Jenkins sembra viaggiare sempre con il freno a mano tirato, salvo un paio di eccezioni più o meno funzionali al contesto (e inevitabili, visto che non si sarebbe potuto risolvere in altro modo). La fotografia di Matthew Jensen, la scenografia di Aline Bonetto e i costumi di Lindy Hemming non restano particolarmente impressi, considerando inoltre che spesso e volentieri il film abusa di un effetto slow motion che, per quanto lo si possa comprendere ai fini registici (specie nelle sequenze di lotta), dopo la quinta volta diventa piuttosto stomachevole. Buco nell’acqua, quindi, per Wonder Woman? Non esattamente: la motivazione che muove Diana a confrontarsi con la sua nemesi è tutto sommato nobile e coraggiosa, tanto che intriga il modo in cui mitologia e realismo bellico si fondono in un unico contesto, assolutamente verosimile (pur non dimenticando che si tratta pur sempre di un film tratto da un fumetto a stelle e strisce). Così come è più che buono il fatto che un’attrice decisamente giovane come la Gadot riesca – da sola – a sorreggere oltre due ore di film senza interruzioni (in Batman V Superman la sua presenza era infatti relegata solo alle battute finali della pellicola, specie in quelle del rocambolesco scontro a tre contro Doomsday). Se questo basterà a saziare la vostra fame di supereroi DC, in vista della Justice League, sta a voi deciderlo.