Total War ha rivoluzionato la strategia. La serie nata dalle menti di Creative Assembly non è il capostipite né della strategia a turni e non ha inventato la strategia in tempo reale, ma la sua formula capace di mixare i due stili di gioco ha dato vita ad un sottogenere unico, imitato ma mai qualitativamente raggiunto da altre produzioni. C’è un prima Total War e un dopo Total War, uno spartiacque per il PC gaming e non solo. Per rimanere salda sul suo trono, la saga si è però dovuta evolvere e modificare, senza mai tradire le proprie origini e basta guardare indietro, a dove è iniziato il percorso oltre quindici anni fa, per accorgersi di quanta strada abbiano fatto Creative Assembly, Total War e, accanto ad esse, SEGA. Total War – o guerra totale – non è più solo una celebre definizione tratta dalle memorie di Erich Ludendorff sulla Prima Guerra Mondiale – passo a cui chiaramente Creative Assembly si è ispirata – ma è oramai sinonimo di strategia, anzi è oramai la chiave identificativa di un genere quasi a sé stante: questo speciale si prefigge l’arduo compito di ripercorrere le tappe della nascita, della crescita e dell’affermazione di Total War, dai primi passi mossi con Shogun: Total War, fino al recentissimo Total War: Warhammer II.
Dove tutto ebbe inizio
Uno legge Total War e la mente corre veloce a Creative Assembly e, di conseguenza, a SEGA, publisher e spalla oramai storica dello strategico, ma non è sempre stato così. Un breve ripasso: Creative Assembly nasce nel 1987 a Horsham, Inghilterra, fondata da Tim Ansell e, dopo un periodo di incubazione nell’ambito dei porting – fra cui anche Shadow of the Beast – la software house entra nell’orbita di Electronic Arts, specializzandosi negli sportivi di “seconda fascia”, come Rugby World Cup e Cricket World Cup. Il primo anno di svolta è il 1996, quando, al fianco di Ansell, entra a far parte del team anche Michael Simpson, primo creative designer di Total War, il secondo è il 1999, anno in cui la software house ottiene maggiori fondi e riconoscimenti da parte di Electronic Arts per ideare una serie strategica inedita. Qui inizia la storia di Total War, con il capostipite Shogun: Total War, il primo vero progetto ad alto rischio di Creative Assembly. Non c’è bisogno di spiegare cosa sia Shogun: Total War, ma forse occorre spiegare cosa fu quando arrivò sugli scaffali nel giugno del 2000, dopo uno sviluppo piuttosto travagliato a cavallo tra gli oramai obsoleti motori 2D e l’avanzare dei nuovi engine a tre dimensioni. Il titolo inizialmente era stato immaginato come un “classico” RTS, composto da sole battaglie in tempo reale, ma Simpson si accorse ben presto del corto respiro che queste avevano e decise così di inserire anche le fasi a turni, il collante che doveva tenere uniti i vari scontri: nacque così quella formula che sarebbe divenuta il marchio di fabbrica per la serie. Il vero valore aggiunto fu l’arrivo nel team di Stephen Turnbull, studioso di storia militare che coaudiuvò il lavoro, facendo della ricostruzione storica uno dei tratti caratteristici e più apprezzati di Total War, elemento che è stato (momentaneamente) abbandonato solo l’anno scorso con l’arrivo di Total War: Warhammer. Shogun: Total War metteva infatti in scena il reale contesto storico-culturale del Giappone tra il XV e il XVII secolo, in quello che viene definito come il periodo Sengoku, un idea di cornice videoludica diametralmente opposta ai già celebri StarCraft e Command & Conquer, ma anche molto lontana dalla storia vaga e generale dei due Age of Empires. Il titolo fu subito un successo e venne accolto favorevolmente dal pubblico – in termini di vendite – e dalla critica, tanto da meritarsi premi e nomination come uno dei migliori giochi dell’anno e ricevette nel giro di un anno l’espansione Mongol Invasion. La stella di Total War era appena nata e già iniziava la sua ascesa.
La definitiva consacrazione
Nello stesso anno, le strade di Creative Assembly e di Electronic Arts si separarono, con la prima, forte del successo ottenuto, già al lavoro sul loro secondo progetto, non un sequel di Shogun: Total War, ma un titolo che, riprendendo la formula di gioco collaudata, esplorasse altri orizzonti, individuati dal team in quelli dell’Europa Medievale, in un arco di tempo più espanso – finora imbattuto in tutta la serie – dal XI al XV secolo. Il gioco in questione lo conoscete bene, si tratta di Crusader: Total War. No, non è un errore, questo era in principio il nome previsto per il futuro Medieval: Total War – uscito infine nel 2002 – che assunse le sue vere sembianze solo dopo vari ripensamenti da parte di de Plater, Taglione e Simpson, insoddisfatti della prima scelta che non rispecchiava bene la geografia e il periodo temporale più allargati del titolo. La decisione sull’ambientazione fu invece molto più semplice, perché il desiderio del team era quello di inserire nel titolo assalti alle mura, assedi alle città e campi di battaglia più allargati, insomma, tutto ciò che una tipica battaglia del 1300 offriva. Le tante migliorie alla fase in tempo reale permisero a Medieval: Total War di battere il suo predecessore e il prodotto fu per lunghe settimane il titolo più venduto sul suolo britannico; come Shogun, anche Medieval: Total War venne allargato con una corposa aggiunta, Medieval: Total War – Viking Invasion, ambientata un paio di secoli prima rispetto al titolo base, nel bel mezzo delle invasioni dei popoli del nord. La consacrazione definitiva avvenne però nel 2004, con l’arrivo di Rome: Total War, titolo che sancì l’inzio del sodalizio vincente tra Creative Assembly e il publisher nipponico SEGA, alla ricerca in quegli anni di un rilancio sul suolo europeo, anche se inizialmente Rome: Total War fu pubblicato Activision, che perse però i diritti sul titolo nei mesi successivi. La scelta di SEGA fu vincente perché, ad oggi, il titolo rimane una delle pietre miliari fra gli strategici ed è il Total War con il metacritic più alto (92/100), grazie all’introduzione di una mappa dinamica anche durante le fasi a turni, una ricostruzione storica che comprendeva le più famose battaglie del periodo della Roma repubblicana e soprattutto per via di un motore grafico innovativo e ridisegnato da zero che, curiosità, venne anche adottato da History Channel per il suo documentario chiamato Decisive Battle e da BBC Two, nell’ambito del programma Time Commanders. Il successo di Rome: Total War valse al titolo e al team numerosi riconoscimenti, fra cui spiccano quelli a Jeff van Dyck, che compose la colonna sonora e che divenne una delle colonne portanti per il futuro della saga. Rome: Total War fu il turning point, non solo per le nuove vette qualitative raggiunte, ma anche perché fu il primo titolo della serie ad aprire i portoni alla community dei modder che, ancora oggi ad oltre dieci anni di distanza, non sono stanchi di creare nuovi contenuti per l’opera.
Il passato prossimo
Da qui in poi è tutta discesa per Total War. Nel 2005 avvenne la definitiva unione tra Creative Assembly e SEGA, che ottenne i diritti su Rome: Total War e pubblicò le due espansioni Barbarian Invasion e Alexander. Nel novembre del 2006 arrivò sugli scaffale il primo sequel diretto di uno dei capitoli già usciti negli anni passati, quel Medieval II: Total War di cui molti fan nel 2017 auspicano un nuovo episodio. Il progetto rappresentò lo sforzo maggiore mai profuso da parte di Creative Assembly e venne diretto non più da Michael Simpson, ma da Robert Smith, che guidò lo sviluppo di un gioco ancora più ambizioso dei suoi predecessori, con numerose differenze sia nella fase gestionale – con l’introduzione di due tipi di insediamenti, le città e i castelli – sia durante le battaglie in tempo reale, con i modelli delle unità arricchiti con numerosi dettagli e molto più differenziati che nel passato. Come il primo Medieval, anche per questo sequel venne adottato il medesimo periodo storico, oltre tre secoli di guerre e battaglie fra l’Europa e il Medio Oriente, a cui poi si aggiunsero anche gli scenari delle Americhe, grazie all’espansione Medieval II: Total War – Kingdoms. Nonostante qualche critica legata all’IA e ad una ricostruzione storica con qualche lacuna ed un punteggio Metacritic leggermente inferiore al precedente Rome: Total War, Medieval II divenne il titolo più venduto della serie. L’enorme successo di Creative Assmebly portò il team verso altri lidi, con lo sviluppo di Viking: Battle of Asgard, un action hack’n slash per console che riprese alcuni stilemi utilizzati nel poco noto Spartan: Total War, spin-off che ben presto finì nel dimenticatoio. Oramai Creative Assmebly voleva dire strategia e, dopo una pausa più lunga del solito, nel corso di due anni – nel 2009 e nel 2010 – arrivarono sul mercato Empire: Total War e Napoleon: Total War, il secondo un’espansione stand alone, che divenne una formula standard per il futuro della saga. Il senso della misura e la portata di Empire: Total War vengono descritte dalle sue vendite, più del doppio rispetto a Rome e Medieval II nella finestra lancio, con il titolo che divenne uno fra i maggiori successi dell’anno. Il XVIII secolo fu la vera chiave del gioco, un periodo storico ricco di cambiamenti culturali e sociali che, a detta di James Russell, permise al team di inserire una feature che ad oggi non è stata ancora abbandonata, quella della ricerca tecnologica, assieme alle spettacolari e inedite battaglie navali che segnarono il successo delle potenze europee. L’anno successivo fu la volta di Napoleon: Total War, un titolo che, nonostante la sua qualità e l’attenzione maniacale posta sulla figura dello storico generale e poi imperatore francese, ricevette anche qualche critica per via di un raggio d’azione – sia temporale che geografico – molto ristretto e per una IA deficitaria, ma a cui va di certo riconosciuto il merito di aver implementato nuovi meccanismi, come il rifornimento per le truppe, e di avere adottato le tecnologie grafiche più avanzate, con effetti particellari capaci di stupire anche ad anni di distanza. Total War era oramai diventato un appuntamento annuale e nei due anni successivi vennero pubblicati Shogun II: Total War e l’espansione stand alone Total War: Shogun 2 – Fall of the Samurai. Il primo fu un vero e proprio ritorno alle origini, non solo per il setting nipponico che lanciò la serie ad inizio millennio, ma anche per una dimensione più contenuta della mappa e per un gameplay lontano dallo stile grand strategy di Empire. Total War: Shogun 2 – Fall of the Samurai non è invece una semplice espansione, perché rappresenta nella timeline il punto più avanzato nella serie, essendo ambientato nel XIX secolo, durante la “conquista” dell’occidente sul Giappone. Il primato vale però solo se si escludono le mod, perché fra quelle di maggior successo e che tanto fanno sognare i fan, vi è la famosa The Great War, il revamp completo di Napoleon: Total War. Servirebbero molte righe per descrivere quello che sono le mod nell’universo di Total War, ben più che dei semplici ritocchi estetici o piccole modifiche alle meccaniche, ma quasi dei giochi a sé stanti, capaci di proiettare sulla serie l’ombra di universi come quello del Signore degli Anelli o, più di recente, del Trono di Spade. Total War: Rome II è una storia a parte e può essere considerato il presente di Creative Assembly e di Total War. Arrivato sugli scaffali nel settembre del 2013, il titolo fece suonare parecchi campanelli d’allarme e non ricevette le stesse acclamazioni dei suoi predecessori a causa di un’ottimizzazione che lo rese difficile da digerire da quasi tutti i PC, effetto di un nuovo motore di gioco non ancora pronto al 100%. Il titolo è anche ricordato per la sua – e di Creative Assembly ovviamente – politica aggressiva in fatto DLC, decisamente più numerosi che in tutti gli altri titoli della lunga serie. I punti sollevati non ebbero però un effetto tangibile sulle vendite e Total War: Rome II diventò il capitolo più venduto, grazie al netto passo concretizzatosi nelle battaglie in tempo, con la fusione delle battaglie di terra e in mare. Il successivo Attila: Total War arrivò dopo un anno e mezzo – febbraio 2015 – e, nonostante utilizzasse le stesse tecnologie di Rome II, il suo lancio risultò decisamente meno complicato. Anche se viene visto come un figlio minore a causa della sua natura di espansione, il titolo merita un posto di riguardo, perché mise per la prima volta il giocatore non nel ruolo del conquistatore, bensì in quello del aggredito, con l’Impero Romano d’Occidente e quello d’Oriente alle prese con le invasioni delle orde barbariche.
Il presente e il futuro
In questo lungo racconto che ha ripercorso la storia di Total War e, in parallelo, di Creative Assembly, sono state elencate alcune date cruciali, come lo è stata anche il 6 dicembre 2012, giorno in cui SEGA annunciò la sua partnership con Games Workshop ed il fatto che i titoli nati da questa intesa sarebbero stati sviluppati da Creative Assembly. Anche a causa di alcuni teaser più o meno voluti, non ci volle molto ad intuire quale sarebbe stato il finale, un finale che stiamo tuttora vivendo attraverso la saga di Total War: Warhammer, non un semplice spin-off fantasy, ma una vera e propria trilogia nata con l’ambizione di racchiudere nelle tre opere tutto il mondo del celebre board game. I primi trailer di Total War: Warhammer crearono subito due fazioni, da un lato i puristi della serie in chiave storica, dall’altra gli amanti del fantasy che vedevano realizzarsi il proprio sogno in Total War: Warhammer. L’uscita del gioco mise d’accordo quasi tutti, con il Vecchio Mondo capace di dar vita e di ospitare le sanguinose faide tra Non Morti, Nani, Umani e Pelleverde, a cui si unirono poi attraverso molteplici DLC anche gli Elfi Silvani, il Chaos, le tribù della Norsca, i regni di Bretonnia e gli Uomini Bestia. Total War: Warhammer è stato il punto di partenza di un progetto allargato, che solo nel corso dei prossimi anni troverà il suo compimento e che è stato arricchito lo scorso 28 settembre con Total War: Warhammer II, il secondo capitolo della trilogia, ambientato nel Nuovo Mondo, fra le terre di Naggaroth, Lustria, Ulthuan e le Southland. Qui si interrompe la retrospettiva che, nei prossimi articoli, analizzerà il secondo pilastro di Total War: Warhammer, ossia il board game nato dalla mente di Games Workshop, per passare infine ad un’analisi dettagliata delle fazioni presenti nel secondo episodio, approfondendo il loro background e il loro stile di gioco.
Dal lontano Giappone fino a Ulthuan, la parabola di Total War è ben lungi dall’essere terminata e forse il modo migliore per seguirla è quella di osservare le immagini riportate in questo articolo: con questa retrospettiva abbiamo cercato di riassumere le tappe della crescita che hanno portato al successo la saga strategica e che hanno trasformato Creative Assembly dal piccolo studio di Horsham fino ad essere uno dei maggiori astri nell’Olimpo del PC Gaming, attualmente impegnato nello sviluppo della saga di Total War: Warhammer, ma non solo. Il finale – se e quando ci sarà – è ancora tutto da scrivere e, proprio nel momento in cui viene pubblicato questo articolo, già siamo a conoscenza dello sviluppo di un nuovo Total War storico e del primo capitolo di Total War: Saga. Insomma, gli amanti della serie possono dormire sonni tranquilli.