Tolkien, il videogioco e l'Anello

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a cura di Gottlieb

Quando John Ronald Reuel Tolkien morì, nel settembre del 1973, Pong era stato pubblicato da appena un anno. Un lasso di tempo talmente breve per la vita del glottoteta più famoso dei secoli recenti che l’intreccio tra il videogioco e le sue opere non poté nemmeno sfiorare la mente di Tolkien. Il successo che ebbe lo scrittore anglosassone è stato dirompente e il suo essere diventato mainstream è sicuramente ricollegabile alla grande influenza che il cinema ha avuto su Il Signore degli Anelli, la sua opera più nota e ispirata: un modo come un altro per riscattarsi di quella ingiuria che nel 1961 lo tenne fuori dalla candidatura al Premio Nobel, nonostante la segnalazione di Clive Lewis: non c’era valore letterario in quello che offriva Tolkien al mondo con le sue opere, a detta della giuria svedese. Eppure a oggi la saga de Il Signore degli Anelli ha fatto emozionare tantissime generazioni, consegnandoci delle icone che sono diventate archetipo dell’immaginario fantasy. Icone che non potevano non rientrare nel mondo del videogioco.

Gli albori dell’AnelloI primi tentativi di ambientare un videogioco nella Terra di Mezzo, il palcoscenico sul quale si è posata l’arte di Tolkien, si ebbero nel 1982. Erano passati meno di dieci anni dalla morte dell’autore inglese, e il tentativo di Melbourne House fu quello di creare delle avventure testuali che partissero da Lo Hobbit per poi proseguire con La Compagnia dell’Anello nel 1986, con Le Ombre di Mordor nel 1987, finendo con La Rottura del Fato. Un primo tentativo che vide Interplay – l’azienda che nei primi anni ’90 fece in modo che il videogioco di ruolo iniziasse a prendere forma – riprovarci nel 1990 con il supporto di Electronic Arts, pronta tra l’altro a riscattare i diritti sulla trilogia al cinema. Il progetto si arenò, purtroppo, con il secondo volume, dedicato a Le Due Torri, pubblicato su PC e su Amiga, mentre la versione per SNES venne impostata in modo tale che potesse quasi emulare The Legend of Zelda, che in quel periodo iniziava a farsi conoscere e apprezzare dal mercato internazionale. Inutile dire che tutti i tentativi non ebbero il successo sperato, nonostante le intenzioni di Brian Fargo, fondatore e primo uomo chiave di Interplay prima di Tim Cain e di Chris Avellone, fossero più che lodevoli. Fu necessario attendere il sogno di Peter Jackson per tornare a parlare de Il Signore degli Anelli e di Tolkien nelle opere multimediali, per ridare linfa vitale alla saga fantasy creata dall’autore inglese. Nel 2001, dopo La Compagnia dell’Anello, il regista neozelandese, che nel 2004 con la chiusura della trilogia sbancò anche agli Oscar con una tripletta storica, sovvertì completamente il modo di vedere e di immaginare La Terra di Mezzo. Orlando Bloom, Elijah Wood, Ian McKellen, Viggo Mortensen, Cate Blanchett divennero i portavoce di quella che venne eletta come la saga cinematografica più appassionante degli anni 2000, concedendo a tutti di scoprire e di riscoprire il fascino de Il Signore degli Anelli

I diritti di Electronic ArtsCome avevamo già anticipato, fu Electronic Arts a fiondarsi sui diritti cinematografici della saga di Peter Jackson, producendo immediatamente Il Signore degli Anelli: Le Due Torri e Il Signore degli Anelli: Il Ritorno del Re, pubblicati rispettivamente nel 2002 e nel 2003: attraverso determinate battaglie, a mo’ di missioni, ci veniva data la possibilità di combattere nei panni di Aragorn, Legolas, Gimli e Isildur, che nel prologo vestiva i panni di tutorial combattendo le forze di Sauron a Mordor. Afflitto da una scarsa longevità, il titolo riuscì comunque a conquistare parte dell’utenza, galvanizzata dal periodo fortemente incentrato sulla saga di Tolkien, portando per la prima volta nel mondo dei videogiochi i personaggi così come li aveva raccontati e scelti Peter Jackson, che dalla sua, però, si dichiarò insoddisfatto del lavoro compiuto. La scelta di Electronic Arts di utilizzare i diritti soltanto dal secondo film in avanti lasciò completamente scoperta La Compagnia dell’Anello, che venne quindi raccontata da Sierra: non potendo però attingere al materiale cinematografico, l’azienda californiana dovette accontentarsi dei diritti della Tolkien Enterprises, che permise alla compagnia di lavorare sulla storia nuda e cruda. Da un lato parte della trilogia era quindi fondata su uno stile di gioco molto più immediato, votato alla spettacolarità, ma privo degli elementi principali su cui si basava l’opera di Tolkien, dall’altro, invece, c’era un titolo senza gli elementi cinematografici, ma che era pregno delle ambientazioni raccontate dallo scrittore inglese, con elementi storici molto più significativi e riprodotti fedelmente. Insomma una dicotomia che non si risolve né a favore dell’uno né dell’altro, fino a quando Electronic Arts non iniziò a battere con più forza sull’incudine calda e a sfruttare quei diritti che negli anni le hanno permesso di realizzare tantissime altre iterazioni basate su Il Signore degli Anelli. Poco dopo, infatti, nel 2004, a raccogliere la scia del successo di Peter Jackson agli Oscar, ci pensò La Terza Era, videogioco di ruolo ambientato allo stesso modo durante le vicende narrate nel film ma dagli occhi di personaggi completamente nuovi e originali: Berethor, membro della guardia armata della fortezza di Minas Tirith e Idrial, elfa al servizio di Galadriel su tutti. Con un sistema di combattimento a turni e la storia intervallata da scene prese direttamente dal film, La Terza Era venne acclamato dalla critica come un prodotto ottimamente riuscito dal punto di vista del gameplay, salvo qualche intoppo nell’eccessivo utilizzo delle scene del film e dei personaggi che non avevano creato alcun tipo di breccia all’interno del cuore dell’utenza. La Terza Era, però, fu il primo titolo originale che arrivò sul mercato, un ante litteram di quello che è stato realizzato da Monolith pochissimi anni fa, con L’Ombra di Mordor. Ma per quello ci sarà tempo. 

L’ultima goccia dell’AnelloSempre nel 2004 Electronic Arts continuò a spremere i propri diritti e dalla sua divisione di Los Angeles arrivò il primo videogioco di strategia in tempo reale basato sul film di Peter Jackson. Utilizzando lo stesso motore di Command & Conquer: Generals, EA lanciò La Battaglia per la Terra di Mezzo, che permetteva al videogiocatore di scegliere da che lato schierarsi, se con gli Eroi del Bene o quelli del Male. Il successo fu tale che da Los Angeles, due anni dopo, arrivò anche il sequel, che inserì la nuova modalità Guerra dell’Anello e la possibilità di creare un eroe completamente personalizzato da utilizzare in quest’ultima modalità: per la prima volta, tra l’altro, si vide all’interno di un videogioco una riproduzione di Tom Bombadil, uno dei personaggi più misteriosi ed enigmatici dell’universo di Tolkien, evocabile come bonus per poi sfruttare i suoi poteri mistici tra canti e balli. A mo’ di intermezzo tra questi due capitoli arrivò anche un titolo per PsP, sviluppato da Amaze, che esasperava ulteriormente l’aspetto strategico de La Battaglia arrivando a produrre un vero e proprio tattico, nel nome e nel genere affrontato. L’epopea Electronic Arts si infranse, poi, su due altri progetti, uno dei quali venne cancellato prima che potesse vedere la luce: si trattava de Il Bianco consiglio, titolo open world che aveva come obiettivo l’inserimento ultimo proprio nel Bianco consiglio: EA decise di cancellare il progetto per concentrare tutte le forze di produzione su Conquest, che nel 2009 fu l’ultimo titolo prodotto con i diritti de Il Signore degli Anelli. L’action sviluppato da Pandemic Studios, già al lavoro su Battlefront, ancora una volta sfruttava le licenze cinematografiche di Peter Jackson, partendo dall’ascesa di Sauron fino alla conclusione al Monte Fato, con annessi DLC che integravano le location di Amon Hen e l’Ultima Alleanza. 

Il passaggio a Warner Bros.Terminato il florido periodo di Electronic Arts, che dai diritti de Il Signore degli Anelli era riuscita a estrapolare tutto ciò che era possibile fare in tantissime varie salse, il 2010 segna l’arrivo di Warner Bros. Interactive sull’opera di Tolkien. Il primo esperimento realizzato portava la firma di Headstrong Games, pronto a raccontare le storie di Aragorn. C’era un momento, tra Le Due Torri e Il Ritorno del Re, nel quale Frodo interrogava Sam sulla possibilità, un giorno, di raccontare tutte le storie della Compagnia alle taverne della Contea: a questo quesito preciso risponde L’Avventura di Aragorn, che venne pubblicato per Wii e per PlayStation 3 con risultati, però, decisamente disastrosi, anche a causa di una narrazione grossolana e lasciata troppo libera dall’assenza di vincoli dell’opera originale. Warner, però, un anno dopo decise di riprovarci con La Guerra del Nord, gioco di ruolo basato sugli avvenimenti contemporanei alla Guerra dell’Anello, basati fondamentalmente su delle appendici dei libri di Tolkien. Ripercorrendo quanto compiuto già da La Terza Era di Electronic Arts, Warner Bros. mise il giocatore nei panni di un drappello di eroi chiamati a sconfiggere Agandaur, il braccio destro di Sauron nel Nord: il lavoro compiuto fu nettamente superiore a quanto visto con L’Avventura di Aragorn, riuscendo a proporre anche degli elementi di loot molto interessanti, che all’epoca, più di sei anni fa, riuscirono a conquistare parte della critica. Prima di arrivare, però, all’Ombra di Mordor, che eleggiamo a titolo meglio riuscito dell’ammiraglia dedicata a Il Signore degli Anelli, Warner Bros. si permise una variazione sul tema che non poteva mancare: affidata alle sapienti mani di Traveller’s Tales, arrivò Lego Il Signore degli Anelli, un’iterazione che riuscì a coprire tutti e tre i capitoli della saga di Tolkien, con una rosa di personaggi molto vasta e tanti altri disponibili attraverso numerosi DLC. Con la classica irriverenza del mondo Lego, il futuro soprattutto di Gandalf, nella sua iterazione a mattoncini, è stato roseo, avendolo ritrovato poi anche in The Lego Movie e in tutti i titoli collegati al brand, tra cui anche Lego Dimensions. Un modo refrigerante per proporre un brand che dopo trent’anni di videogiochi aveva bisogno di Warner Bros., capace di riscrivere il modo di intendere La Terra di Mezzo.

L’arrivo de L’Ombra di Mordor ha segnato un’importante stacco con il passato: Warner Bros. con il supporto di Monolith Studios è riuscita a rispondere adeguatamente a quanto fatto da Electronic Arts, che nonostante fosse forte dei diritti cinematografici provò a creare qualcosa di originale. Warner, che che oltre al personaggio di Aragorn ha sempre proposto elementi ispirati alla Terra di Mezzo e mai ripercorsi pedissequamente, ha impiegato qualche anno in più prima di trovare la giusta formula. Con Celebrimbor e con Talion ora la strada è in discesa: L’Ombra di Mordor è stato il miglior titolo mai realizzato per Il Signore degli Anelli e con L’Ombra della Guerra ci aspettiamo un risultato ancora più soddisfacente.

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