Dopo aver iniziato la settimana con il reveal piuttosto deludente della nuova Xbox One, soprattutto per via della penuria di giochi mostrati, abbiamo capito che bisognerà attendere l’E3 per avere delle certezze sui titoli che accompagneranno l’uscita delle nuove console Microsoft e Sony. Fortunatamente ci ha pensato The Last of Us a riportarci al presente e soprattutto a ribadire ancora una volta che l’attuale generazione di console è tutt’altro che finita, visti i titoli di peso che da qui all’autunno andranno ad arricchire un 2013 che dal punto di vista videoludico si sta rivelando un eccellente canto del cigno per le nostre attuali home console. Invitati da Sony a Milano ad assistere all’evento di presentazione del nuovo titolo targato Naughty Dog, abbiamo (ri)provato con mano il codice preview e fatto due chiacchiere con il lead game designer del gioco. Ecco com’è andata.
Sopravvivere è una cosa seriaIn questi ultimi anni, Sony ha puntato molto sulla creazione di una forte community di fedelissimi che vedono nel colosso giapponese la prima, e in molti casi anche unica, scelta in termini videoludici. Il legame con la propria fan base è andato rinforzandosi progressivamente soprattutto grazie alle numerose iniziative dedite a mettere al centro dell’attenzione gli utenti PlayStation Plus che, oltre ad avere accesso a contenuti e sconti esclusivi nonché a molti titoli in maniera del tutto gratuita, hanno anche la possibilità di partecipare a contest ed iniziative atte a far provare con mano ad alcuni fortunati utenti selezionati le nuove esclusive Sony prima che vengano rilasciate sul mercato. Era successo a Roma per God of War: Ascension ed è successo nuovamente a Milano per The Last of Us. In una location allestita a dovere, il lead game designer e il community strategist del titolo si sono prodigati in una presentazione del loro nuovo lavoro, così da preparare gli astanti alla successiva prova pad alla mano. Come detto, la versione messa a disposizione dei presenti era la stessa cui avevamo avuto modo di giocare giorni addietro, e di cui abbiamo raccolto le nostre impressioni in questa dettagliata anteprima. Le missioni di Lincoln e Pittsburgh ci hanno dato solamente un piccolo assaggio di quello che ci spetterà il prossimo 14 giugno, ma siamo più che fiduciosi sull’ottima qualità del prodotto finale. Sia Sony che gli stessi sviluppatori si sono dimostrati piuttosto restii a svelare nuove informazioni su ulteriori personaggi presenti nel titolo, e soprattutto hanno tenuto le bocche cucite sulla tanto chiacchierata quanto latitante modalità multiplayer, ad oggi confermata ma mai mostrata in nessuna occasione. Abbiamo avuto però la ghiotta possibilità di rifarci con una piacevole chiacchierata in compagnia di Ricky Cambier, lead game designer di Naughty Dog, con il quale abbiamo approfondito diversi aspetti sulla genesi del titolo e sulle decisioni prese dal team di sviluppo durante gli anni di lavorazione.
SpazioGames: Com’è nata l’idea di sviluppare un survival action game come The Last of Us e quando avete iniziato a lavorare a questo titolo?Ricky Cambier: Abbiamo iniziato a lavorare al progetto durante lo sviluppo di Uncharted 2, precisamente quando abbiamo lavorato alla sequenza di Drake e Tenzin. Nel gioco i due sono chiamati ad affrontare insieme una situazione di pericolo, ma non riescono a comunicare tra loro per via della lingua differente. Superando questo ostacolo, riescono a risolvere enigmi e a sopravvivere aiutandosi l’un l’altro fino ad arrivare a creare un forte legame, una connessione che viene trasmessa anche al giocatore. È questa l’idea alla base di The Last of Us, sviluppare un titolo con al centro due persone che non si conoscono, ma che sono obbligate ad affrontare insieme una situazione molto pericolosa.
SG: Anche per questo un’età così diversa?RC: Esatto! Mentre nel caso di Uncharted abbiamo puntato sulla differenza culturale, qui abbiamo pensato di mettere insieme due personaggi dalla storia molto differente, anche per via della loro età. Joel ha visto com’era la vita prima dell’infezione, mentre Ellie è nata quando l’epidemia era già scoppiata. Mettere la vita di una ragazzina nelle mani di un adulto che conosce appena e di cui non si fida appieno, ci è sembrato il giusto punto di partenza per la nostra esplorazione delle relazioni umane. Ovviamente a tutto questo concorrono anche un’ambientazione e un mondo che sembrano in tutto e per tutto reali, in modo da aumentare ulteriormente l’immersività.
SG: Provando il gioco mi sono trovato in difficoltà a fronteggiare i nemici in gruppo, vista la loro capacità di individuarti e di attaccarti da più parti, aggirando gli ostacoli. È stato difficile arrivare ad un risultato simile in termini di intelligenza artificiale?RC: Posso dirti che sviluppare l’IA è stata una delle maggiori sfide che abbiamo affrontato durante la realizzazione del titolo, ma eravamo consci che The Last of Us sarebbe riuscito a trasmettere al giocatore quello che volevamo solo grazie ad un’intelligenza artificiale all’altezza. L’unico modo per farlo era mettere il giocatore contro altre persone anch’esse in cerca di un modo per sopravvivere. L’IA è un tentativo da parte nostra di creare persone sufficientemente intelligenti, che prestino attenzione a te nello stesso modo in cui tu la presti a loro. Per esempio se sentono il rumore della pistola che spara a vuoto perché hai finito i colpi, ti si butteranno addosso aggredendoti direttamente senza darti la possibilità di cambiare arma o ricaricare.
SG: Ho notato anche una certa brutalità negli scontri, soprattutto in quelli corpo a corpo. Avete avuto pieni poteri nella decisione dei vari aspetti del gioco, o avete subito qualche pressione esterna?RC: Nulla di tutto ciò. Il gioco arriverà al pubblico così com’è stato concepito da noi in fase di sviluppo, con tutte le sue situazioni crude, corpi mutilati, sangue e quant’altro. Per quanti riguarda le armi da mischia abbiamo lavorato molto per ricreare alla perfezione la pesantezza dei colpi e l’impatto con i corpi dei nemici e siamo molto soddisfatti del risultato che abbiamo ottenuto.
SG: Quanta libertà verrà lasciata al giocatore?RC: Il giocatore avrà il pieno controllo delle situazioni che andrà ad affrontare, decidendo ogni volta autonomamente come fronteggiare i nemici, anche in relazione alle armi presenti nel suo inventario. Inoltre i vari materiali raccolti potranno essere utilizzati in maniera differente, ad esempio per creare un medikit oppure una molotov. Questa è la libertà che abbiamo voluto lasciare al giocatore. Sul fronte della storia, The Last of Us punta a raccontare le vicende di Joel e Ellie così come sono state concepite dal team di sviluppo, quindi da quel punto di vista abbiamo pensato a tutto noi, prendendo per mano il giocatore a accompagnandolo nel corso di tutta l’avventura.
SG: Solitamente vi presentate al lancio di una nuova console Sony con una nuova ip. Perché in questo caso avete deciso di uscire con un nuovo titolo alla fine del ciclo di vita della console? RC: Il titolo è stato in sviluppo per più di due anni e mezzo e abbiamo faticato a mantenere il segreto quando abbiamo iniziato a lavorarci, perché volevamo prima concludere la trilogia di Nathan Drake e solo successivamente svelare il progetto. Il fatto che sia partito durante lo sviluppo di Uncharted 2 è fondamentalmente per via delle idee che abbiamo avuto. Il concept era interessante, così come la storia, quindi ci siamo detti: perché aspettare? Iniziamo subito.
SG: La saga di Uncharted è prettamente basata sulla modalità single player, però avete trovato spazio anche per il multiplayer, così come in The Last of Us. Perché avete deciso di inserirlo? Pensi che oggigiorno sia necessario per un titolo tripla A puntare anche sul multiplayer?RC: Personalmente penso che in un videogioco il single player avrà sempre la priorità su tutti gli altri contenuti, ma solo se c’è realmente una storia da raccontare. Come ti dicevo prima, noi di Naughty Dog diamo molta importanza alla stesura della storia e il nostro obiettivo è proprio quello di immergervi il giocatore nella maniera più completa possibile, creando una connessione con i personaggi su schermo. Anche il multiplayer ha la sua importanza e, se sviluppata accuratamente, può essere coinvolgente in egual misura. Aspettatevi proprio questo tipo di esperienza da The Last of Us.
Manca poco meno di un mese all’inizio dell’infezione e Joel ed Ellie sembrano in ottima forma per affrontare al meglio il lungo viaggio verso la salvezza. Grazie alla disponibilità di Sony e di Naughty Dog abbiamo potuto provare nuovamente The Last of Us e fare una piacevole chiacchierata con il lead game designer del titolo che ci ha svelato alcune interessanti informazioni sulla genesi del titolo. Un ottimo modo per ingannare l’attesa, ma non vediamo l’ora di mettere le nostre manacce sulla versione finale di un titolo che ha tutte le carte in regola per regalare l’ultimo indimenticabile acuto a questa generazione ormai al tramonto.