E così ieri, con qualche ora di anticipo rispetto alla tabella di marcia imposta da Ubisoft, i server di Tom Clancy’s: The Division hanno finalmente aperto. Iniziamo questo articolo dedicato alle prime impressioni del gioco con questa frase per un’unica ragione: al momento, non siamo nelle condizioni di recensire il gioco. Ubisoft ha scelto di aprire i server ad appena 10 ore dal lancio ufficiale del gioco (aprendoli di fatto 14 ore prima), impendendo cioè a qualunque giornalista di avere a disposizione un tempo sufficiente per recensire il gioco. Così, appena installato il gioco sulla nostra PS4, ci siamo fiondati in questa esperienza online cercando di intravederne i limiti e le potenzialità.
Welcome to Midtown, Manhattan
Non ci giriamo attorno: le prime impressioni di The Division sono positive. Tralasciamo per un momento il discorso tecnico soffermandoci esclusivamente sul gameplay e sulla componente narrativa. The Division racconta la storia di una New York isolata dal resto del mondo, in cui un’epidemia trasmessa attraverso banconote da venti dollari contaminate da qualche bioterrorista durante il Black Friday trasformano per sempre la metropoli, rendendola una zona di guerra in cui la città è in preda ai saccheggiatori. Per restituire Manhattan ai newyorkesi, il governo decide di scomodare una sorta di organizzazione segreta – La Divisione – un manipolo di militari ultra addestrati capaci di fronteggiare nemici in sovrannumero e, allo stesso tempo, di indagare su ciò che sta realmente avvenendo in città.
Così, dopo un breve excursus a Brooklyn dove apprendiamo le basi del gioco, eccoci catapultati a Manhattan, nella zona dell’eliporto collocato nei pressi del quartiere di Chelsea, sul corso del fiume Hudson. Da qui, scopriamo immediatamente i limiti della mappa di The Division: il gioco non solo non include tutta New York, ma non arriva includere la totalità Manhattan. The Division si svolge a Midtown, a sud di Central Park e a nord del Flatiron District, tagliando fuori tutta Downtown, West e East Side e Uptown. Nonostante questi limiti, parliamo comunque di una mappa vastissima, che gli sviluppatori hanno impreziosito con la possibilità di esplorare molti tetti (che talvolta celano ottimi loot) e svariati interni, oltre a passaggi sotterranei e zone che si attivano solo in alcune specifiche missioni. L’atmosfera che si respira nella Manhattan di The Division è eccellente, e la New York d’inverno ritratta da questo gioco – nonostante il caos dell’epidemia – riesce a ricalcare in misura alquanto spettacolare la vera metropoli americana. Alcuni landmark tipici della città sono presenti e visitabili, mentre vi sono aggiunte fantasiose ben inserite nell’ambiente urbano, che non spezzano in alcun modo il senso di immersività innescato da questo gioco. Allo stesso modo, non vi è completa libertà nell’esplorazione: molte strade sono bloccate da transenne, auto di traverso o macerie, e in generale i percorsi esplorativi sono abbastanza guidati. Si tratta, però, di un compromesso più che accettabile: il gioco fa di tutto per portarci sempre più lontani dai rifugi iniziali, e ben presto si inizia ad apprezzare la vastità e la varietà degli ambienti. Il passaggio dagli esterni agli interni è senza soluzione di continuità – fatta eccezione per alcuni caricamenti mascherati da decontaminazione negli avamposti – e si continua a restare sorpresi dagli ambienti offerti nelle varie missioni di questo gioco.
Ottima progressione
Sebbene le prime ore di gioco non ci abbiano dato modo di sviscerare completamente il sistema di progressione del gioco, le prime impressioni sono buone. Ogni area viene chiaramente contraddistinta dal livello dei nemici che essa contiene, e il giocatore è libero di affrontarla a prescindere dal proprio livello. Naturalmente, muoversi sottolivellati non è una buona idea: The Division ha presentato sin da subito un’intelligenza artificiale molto aggressiva, capace di aggirare il giocatore che si mantiene troppo a lungo in copertura. Oltre alle consuete granate e lacrimogeni pensati per stanare chi gioca dai propri rifugi, il gioco mette in campo dei nemici ultra aggressivi che si scagliano contro di noi armati di mazza da baseball, che ci costringono a distrarci dai nemici dotati di armi da fuoco e possono causare il panico quando compaiono all’improvviso. Ubisoft, in altre parole, sembra avere agito in maniera piuttosto furba per metterci in difficoltà anche in momenti apparentemente tranquilli, spezzando la monotonia di un gioco che – in caso contrario – si sarebbe potuto giocare interamente in copertura senza mai correre dei veri rischi. Con il giusto equipaggiamento e un buon uso del cover system, in ogni caso, le prime fasi di gioco scivolano via senza troppe preoccupazioni. Per nostra fortuna, ogni missione principale può essere affrontata in multiplayer cooperativo e con livelli di difficoltà più elevati, capaci di rendere la sfida davvero impegnativa.
Al momento è troppo presto per capire se The Division sia un gioco fruibile ignorando completamente la componente cooperativa, e per le prime cinque o sei ore il sistema funziona perfettamente anche in single player. Allo stesso modo, alle difficoltà più elevate ci è sembrato decisamente più approcciabile (e divertente) se giocato in gruppo, dove la presenza di obiettivi progressivi agevola il gioco di squadra e impedisce ai lupi solitari di correre verso la conclusione della missione ignorando i propri compagni. Anche in assenza di comunicazione vocale, il sistema sembra funzionare molto bene e crediamo che il gioco abbia un ottimo potenziale persino per i giocatori inclini a fare gruppo ma sprovvisti di amici a cui dare un appuntamento fisso. Per quanto concerne il PvP, invece, rimandiamo il discorso a un futuro articolo, poiché il nostro scarso livello dopo le prime ore di gioco ci ha impedito di prenderne parte.
Il gunplay dà una buona soddisfazione: il peso e il comportamento delle varie armi ottenute si fa davvero sentire, e in generale siamo rimasti sorpresi dalle mod applicabili ad ogni arma che ne modificano (anche brutalmente) le caratteristiche. La mancata precisione di alcuni fucili e l’auto-aim meno incisivo del previsto (seppur presente) danno buone sensazioni nei momenti di maggior panico, quando ci si trova annaspanti dietro a un riparo nel tentativo di districare una situazione potenzialmente mortale. La mancanza di un sistema che rigenera l’energia in toto semplicemente entrando in copertura, inoltre, rende le cose decisamente più intriganti nei conflitti a fuoco più accesi: i kit per curarsi saranno pressoché indispensabili nel corso dell’avventura.
Infine, è necessario spendere qualche parola sul sistema di loot: benché randomico, il loot è proporzionale alla difficoltà della missione affrontata e dei nemici incontrati, oltre al livello consigliato dell’area in cui ci si trova. Oltre ai nemici e ai boss che droppano oggetti e consumabili, l’esplorazione – come detto – può premiare i giocatori con loot davvero succulenti. Esplorando i tetti dell’area di Chelsea – la prima area del gioco – siamo incappati in un giubbotto antiproiettile raro di livello 4, con una capacità di assorbire i danni di gran lunga superiore a qualsiasi altro oggetto incontrato nel corso delle missioni precedenti. In breve, il giocatore sarà presto invogliato a raggiungere luoghi solitamente ignorati dai rusher e a prendersi il proprio tempo per trovare dei tesori: un’idea che dà un ritmo inaspettatamente lento ad alcune fasi di gioco e che, francamente, abbiamo apprezzato come deviazione dal consueto grinding per ottenere l’equipaggiamento migliore.
I vendor presenti negli avamposti consentono di acquisire armi, armature e mod per l’arsenale in maniera semplice, ma il costo in denaro di ogni oggetto acquistato è proibitivo per le prime cinque o sei ore di gioco. Come in Destiny, i vendor sembrano destinati a fornirci oggetti rari che compaiono ciclicamente nei negozi: visitarli di tanto in tanto (e con una buona disponibilità economica) potrebbe portare ad alcune belle sorprese.
Il sistema di leveling dell’eroe è basato sulla raccolta di punti esperienza, proporzionale alla tipologia di nemico ucciso e alla difficoltà impostata. Non vi è un vero e proprio sistema di classi, ma il giocatore può scegliere quali talenti e quali azioni speciali assegnare al proprio personaggio per plasmarne le peculiarità, il tutto con un respec parziale a portata di mano: talenti, abilità e perk sono riassegnabili in qualsiasi momento, mentre l’aspetto del personaggio è legato alla nostra scelta iniziale. Se la faccia del vostro alter ego inizia a non piacervi più, in ogni caso, ogni account supporta fino a quattro slot per i personaggi: potrete ricominciare l’avventura con i vostri amici principianti in futuro.
L’annosa questione del downgrade
Premettendo che il gioco da noi testato è giunto in versione PS4, siamo abbastanza sicuri che un buon numero di giocatori continuerà a toccare il tasto del presunto, possibile o palese downgrade grafico del gioco dal momento della prima presentazione avvenuta all’E3 di qualche anno fa.
Inutile girarci attorno: su console, il The Division del reveal non è certo il gioco che oggi arriva nei negozi. Ma ciò non significa che sia un titolo meno impressionante del previsto da un punto di vista strettamente tecnico. Quando ci si muove per le strade di New York durante una fitta nevicata, mentre i fuochi delle rivolte brillano tra la foschia in lontananza e il vento sembra ghiacciare la nostra faccia, questo gioco dà davvero il meglio di sé. Pensare che tutto questo è inserito in una struttura MMO – per quanto istanziata – rende la cosa estremamente impressionante, anche se paragonata alla famigerata presentazione dell’E3 che aveva lasciato a bocca aperta schiere di giocatori che stavano per approcciarsi a una nuova generazione di console.
L’unico rimpianto, semmai, riguarda la mancata distruttibilità degli ambienti davvero troppo leggera rispetto a quanto ci saremmo aspettati e che, crediamo, resterà inalterata anche nella versione PC. Certo, le gomme dei veicoli esplodono, alcuni vetri vanno in frantumi e gli oggetti più leggeri possono volare per aria sotto le nostre raffiche di mitra, ma non vi sono momenti in cui le coperture provvisorie dei nemici (o le nostre) possano essere demolite per costringerli a trovare riparo, e manca totalmente la possibilità di aprirsi strade alternative ai corridoi imposti dal design della mappa di gioco.
Nonostante questi limiti, The Division funziona comunque molto bene da un punto di vista artistico, e crediamo che la New York di questo gioco sia la più bella e realistica mai vista in un qualsiasi videogioco. E questo dovrebbe essere un punto da tenere sempre in seria considerazione.
Le prime ore in compagnia di Tom Clancy’s: The Division ci lasciano una buona sensazione. Crediamo che il gioco abbia un grande potenziale e che, una volta metabolizzato dai giocatori, possa attirare attorno a sé una community molto vasta. Ambientazione, storia e sistema di progressione sembrano all’altezza delle promesse, e la componente tecnica del gioco – senza raggiungere le vette paventate al momento della prima presentazione – si comporta egregiamente. Non ci resta che buttarci a capofitto in questa esperienza in attesa di giungere a voi con un giudizio definitivo. Se le cose continueranno così, The Division potrebbe davvero lasciare il segno.